Research Institute di Palo Alto3, California. Da questa asserzione si snoda la
P.N.L. disciplina di recente studio che occupa un territorio di indagine molto
vasto nel campo del verbale, non verbale e paraverbale della comunicazione.
La Programmazione Neuro Linguistica è un modello di quel particolare mondo
di magia e illusione costituito dal comportamento e dalla comunicazione
umana. Essa è lo studio delle componenti della percezione e del
comportamento che rendono possibile la nostra esperienza4. Anche se ci
rifiutiamo di comunicare verbalmente non possiamo evitare di tenere un
comportamento, poiché il nostro corpo occupa una porzione di spazio,
atteggiandosi inevitabilmente in qualche modo5. Si può dunque giungere al
secondo presupposto, diretta conseguenza del primo: “ogni comunicazione è
comportamento, ed ogni comportamento è comunicazione”6. Presupposto che
punta la sua attenzione sulla pragmatica, disciplina appartenente alla semiotica
che analizza le strategie di costruzione del discorso, i meccanismi di
costruzione e di scambio dei significati attraverso testi che possono essere di
varia natura (verbali – orali e scritti -, iconici, sonori, audiovisivi, ecc.)
distinguendo tra una manifestazione superficiale e una struttura profonda, a
3
La Scuola di Palo Alto è una scuola di psicoterapia statunitense che trae il suo nome dalla
località californiana dove sorge il Mental Research Institute, centro di ricerca e terapia
psicologica fondato da Don D. Jackson negli anni cinquanta del Novecento, a sua volta
largamente ispirata dalla Terapia della Gestalt di Fritz Perls. La cosiddetta terapia breve (o
brief therapy) è uno dei risultati più significativi fra le innovazioni introdotte dagli
psicoterapeuti della Scuola di Palo Alto. Non casualmente, sarà proprio in California che negli
anni settanta nascerà la Programmazione neuro linguistica, concepita dai suoi fondatori
Richard Bandler e John Grinder proprio nel tentativo di modellare gli straordinari risultati
della terapia della Gestalt di Fritz Perls.
4
Stefano Santori e Raffaele Galasso, Practitioner, Catania 2001
5
Watzlawick, Beavin e Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Roma, Astrolabio, 1971
6
Stefano Santori e Raffaele Galasso, Practitioner, Catania 2001
livello della quale operano i dispositivi di significazione7. Ci sono due modi
per studiare i fenomeni della comunicazione umana come descrivono
Watzlawick, Beavin e Jackson. Il primo consiste in una indagine
particolareggiata di questi fenomeni per tentare di considerarli in tutta la loro
naturale ricchezza. La difficoltà di questo approccio risiede nell’enorme
complessità della comunicazione che necessariamente obbliga il ricercatore a
limitarsi, per il venerando procedimento scientifico di isolamento delle
variabili. Dopo anni di faticoso lavoro non si può, però, mai avere la sicurezza
che le variabili scelte per l’isolamento non possano rivelarsi un “rumore” più
che dei “segnali”. L’altro approccio possibile è diametralmente opposto. E’
basato sull’assunto che la comunicazione umana, e quindi l’interazione,
devono fondarsi su un codice, o su un qualcosa di simile ad una grammatica,
un calcolo o un algoritmo per avere un qualche senso, e che tutti i partecipanti
all’interazione sono tenuti a rispettare questo insieme di regole della
comunicazione8. La pragmatica della comunicazione umana rappresenta un
tentativo di formulare alcuni degli assiomi di base di questo presunto calcolo
che è la comunicazione, per mostrare come essi determinino l’interazione
umana. Questo concetto di pragmatica si pone come base dello studio fatto
sulle interviste oggetto della tesi, ma trattandosi di interviste video l’attenzione
è focalizzata sulla pragmatica intesa come studio degli effetti comportamentali
dell’interazione tra la giornalista ed il reo, dove entrano i gioco non solo le
7
Chiara Giaccardi, La comunicazione interculturale, Edizione Il Mulino, 2007
8
Paul Watzlawick, Jhon H.Weakland, Psiche e coscienza, La prospettiva relazionale, Roma
Astrolabio 1978. Traduzione a cura di Camillo Loriedo e Amedeo Ruberto
parole. Gesti, respiri, sguardi, postura del corpo; tutti segnali che ottengono una
reazione da parte di tutte e due gli attori della comunicazione.
In questo contesto le puntate sono state scomposte, analizzate, per una
decodifica puntuale. Nel linguaggio ogni singola parola ha un significato ben
preciso: in questa sede ogni parola è stata analizzata all’interno del contesto,
per comprendere le intenzioni e prevedere i comportamenti dei protagonisti,
attori della comunicazione. Un lavoro molto lungo e articolato che ha richiesto
uno studio approfondito del linguaggio verbale, non verbale , paraverbale e di
tutti i tratti della comunicazione interpersonale; intendendo per comunicazione
interpersonale9 una interazione tra due o più soggetti, tendenzialmente in
situazione di compresenza. Tale tipo di comunicazione è caratterizzata dalla
possibilità di feed back, risposta retroattiva in tempo reale, e dalla
interscambiabilità dei ruoli di emittente e destinatario; nonché un’analisi degli
affetti prodotti dal contesto (ruoli, status, norme). Il testimone privilegiato è
rappresentato dalla giornalista Leosini al quale profilo è stato dedicato l’intero
capitolo finale.
9
Chiara Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino
Introduzione
Il giallo in fondo racconta il
grande romanzo della vita,
nel giallo passano
e scorrono tutte le
grandi passioni umane
(Franca Leosini)
Una scrivania, molte carte sul tavolo, giornali nazionali e riviste. Mi trovo nella
redazione di RaiTre a Roma, di fronte Castel Sant’Angelo. Il motivo del mio
viaggio nella capitale è naturalmente quello di intervistare la giornalista Franca
Leosini. Non pensavo che il personaggio in questione avesse questa
disponibilità nell’accogliere uno studente, tesista. Ecco che arriva. Un grande
sorriso. Sono rilassato e pronto per una chiacchierata, non voglio definirla
intervista. I toni si fanno subito confidenziali. Inizia così il mio viaggio alla
conoscenza di un programma televisivo, di una redazione, ma soprattutto di
una forte personalità quale quella di Franca Leosini che ringrazio per aver
accettato di ricevermi. Mi accomodo nel suo studio, ci sediamo l’uno di fronte
all’altro. La situazione è ribaltata, ma il momento comunicativo dello spazio è
uguale. Sono io che adesso mi trovo a fare le domande alla giornalista. Un po’
come accade nelle sue storie maledette!
D: Storie maledette, una trasmissione del palinsesto di Raitre di successo ed
interesse che raggiunge un pubblico trasversale. Un percorso lungo le strade
del giallo, attraverso l’inchiesta. Come nasce il programma “Storie
maledette” di cui lei è autrice? Proviamo a partire da questo punto.
R: Ormai storie maledette è diventato un modo di dire, sui giornali lo
virgolettano. Storie maledette nasce dalle mie precedenti esperienze nel
giornalismo. Nasce dalla carta stampata. Sono stata chiamata direttamente dalla
Rai, mi sento in questo senso un caso particolare. Seguivo come commentatore
alcuni grandi processi, in quel periodo lavoravo per il giornale “Il Tempo”. Fui
chiamata quando seguivo il processo Grimaldi che fu uno dei casi trattati nella
trasmissione “Ombre sul Giallo”. Poi Corrado Augias che allora presentava
“Telefono Giallo”, mi chiese di restare in Rai. Facendo telefono giallo mi resi
conto di una cosa: mi interessava l’intelligenza dell’indagine, mi intrigava
molto e mi intriga tutt’ora, ma non meno mi interessava il viaggio nella mente
della persona che aveva commesso il delitto o quello che era stato accusato di
averlo commesso. In fondo un po’ un percorso alla Raymond Chandler10. Non
è importante scoprire l’autore di un delitto, ma seguire il percorso psicologico
di chi lo ha commesso. Da qui “Storie Maledette”, che è soprattutto un
percorso attraverso la psicologia del personaggio.
D: La scelta dei casi. In che modo scegliere il soggetto dell’intervista? Lei ha
trattato casi come la Uno bianca, il Massacro del Circeo. Storie delle più
maledette e sanguinose.
R: I casi li scelgo io. I casi che sono interessanti finiscono per avere interesse
televisivo. Certo non necessariamente. Del collezionista di anoressiche nessuno
se ne era accorto. Non a caso faccio la giornalista e riesco a vedere ciò che gli
altri non vedono. Li scelgo sulla base dell’interesse del caso, della storia che
c’è dietro , a me interessa la storia. Poi mi interessa anche il personaggio,
chiaramente. Ti dico anche un’altra cosa: scelgo i casi anche attraverso delle
tematiche. Io dico sempre questo: il giallo in fondo racconta il grande romanzo
della vita, nel giallo, passano, scorrono tutte le grandi passioni umane, il giallo
racconta la società nei suoi estremi. Prospetta una immagine della società
italiana, diciamo, in tutti i suoi segmenti sociali e culturali. Il delitto è
trasversale; si chiama Gucci, ma si chiama come quella ragazzina di 14 anni di
San Severo di Puglia che è stata tenuta chiusa in un casolare, legata e violentata
per cinque giorni, ma non per ucciderla, per sposarla. Racconta di una Italia
che ancora qualche anno fa aveva in queste sacche sociali, culturali e
10
Raymond Thornton Chandler (Chicago, 23 luglio 1888 – La Jolla, 26 marzo 1959) è stato uno scrittore
statunitense di romanzi giallo-polizieschi