fino alla mostra del 1980 a Palazzo Reale di Milano (precedentemente a
Palazzo Barberini a Roma). Sulla base di queste testimonianze propongo
delle considerazioni conclusive, necessariamente provvisorie, per le
ragioni che esporrò a suo tempo.
2
1
VITA, OPERE, IDEE
1.1 – La fanciullezza e la prima formazione. Friedrich Stowasser nacque il 15
dicembre del 1928 a Vienna: la madre, Elsa, era di origini ebree; il padre,
di cui non si conosce il nome e che aveva prestato servizio nell’esercito
austriaco durante la prima guerra mondiale, morì quando il bambino
aveva appena un anno.
Friedrich, cresciuto grazie alla madre in un’atmosfera di ricchezza
emotiva e spirituale, compì i primi tentativi di espressione artistica tra i
cinque e i sei anni. Dopo aver frequentato per un anno la scuola
Montessori di Vienna, la madre lo ritirò perché convinta che la scuola non
preparasse il figlio ad inserirsi bene nella società ed a guadagnarsi la vita:
certo non immaginava che Friedrich sarebbe diventato un artista.
Friedrich Stowasser fu battezzato nel 1937; il 12 marzo del ’38 l’Austria fu
invasa dall’esercito tedesco e subito dopo fu proclamata l’Anschluss
(annessione). Costretta a trasferirsi con il figlio nel quartiere ebraico, la
madre, per proteggere sé e Friedrich dalle persecuzioni, lo fece arruolare
nella Hitlerjugend (gioventù hitleriana), cosa possibile perché il fanciullo
era figlio di padre ariano.
All’età di quindici anni, nel 1943, iniziò a raccogliere ed essiccare fiori e a
disegnare dal vero, prima a matita poi a pastello, per lo più scorci della
vecchia Vienna e foreste verdeggianti. Le opere giovanili di Friedrich non
manifestano affatto il clima di estrema violenza di quegli anni; i suoi
disegni sono sereni, calmi e armoniosi: nonostante le condizioni di vita cui
egli e la madre erano costretti dalla guerra e dalla persecuzione degli ebrei
(molti parenti della madre furono deportati nei campi di sterminio, dove
3
perirono), le sue opere giovanili esprimevano un mondo interiore sereno,
quasi fiabesco.
È, peraltro, verosimile che questa serenità apparente fosse il frutto di uno
sforzo, più o meno consapevole, di Friedrich di resistere agli orrori che lo
circondavano, proteggendosi da essi grazie a barriere psicologiche: prima
fra tutte la pittura che gli permetteva di rifugiarsi in un suo mondo di
pace e bellezza. Avendo lavorato per alcuni mesi presso un contadino,
Friedrich Stowasser era stato toccato intimamente dalla bellezza della
natura: le sue prime opere crearono un mondo parallelo, dove egli trovava
rifugio dalla bruttezza di quello reale, nel quale l’uomo era schiavo del
totalitarismo.
Fin da quegli anni giovanili Friedrich Stowasser maturò un atteggiamento
di amore e rispetto per la natura, che avrebbe caratterizzato in seguito
tutta la sua vita, anche al di fuori della produzione artistica: l’armonia, che
egli ravvisava nei cicli naturali, e la creatività spontanea diffusa nel
mondo biologico – soprattutto vegetale – ben presto divennero i temi
ispiratori della sua arte, ma anche la base delle sue teorie estetiche ed
ecologiche che egli avrebbe sviluppato nel corso degli anni.
A causa della guerra aveva interrotto gli studi liceali che poi riprese nel
1945 per concluderli nel ’48; nel 1945, però, il pittore Herbert Böckl (1894-
1966) ebbe occasione di vedere gli acquarelli del giovane scolaro e
convinse la madre che la pittura era la sua vera vocazione
2
. Dopo aver
acquisito le tecniche fondamentali del processo di astrazione figurativa,
del nudo e della pittura dal vero seguendo il corso di Robin Christian
Andersen presso la Wiener Akademie der bildenden Künste, Friedrich decise
di abbandonarla convinto che potesse offrirgli ben poco: infatti, gli
insegnamenti ricevuti non lasciarono traccia nella sua opera, che seguì un
2
Questa notizia è riferita da W. KOSCHATZKY, Stowasser 1943 – Hundertwasser 1980, in E. SANTARELLA (a cura di),
Hundertwasser, Arti Grafiche Leva A&G., cit., p. 1
4
percorso personale e del tutto originale. Il giovane Stowasser, invero,
nutriva una profonda ostilità per il sistema educativo dell’epoca,
ritenendo che esso soffocasse l’innata vitalità dei fanciulli
3
.
Esperienza decisiva per Stowasser fu l’incontro con le opere di Egon
Schiele avvenuto nel 1948, in occasione del trentesimo anniversario dalla
morte, presso la Collezione d’Arte Grafica dell’Albertina di Vienna dove
era stata allestita una mostra commemorativa. Nello stesso anno, egli
visitò – sempre all’Albertina - un’esposizione di opere del pittore tedesco
Walter Kampmann (morto a Berlino nel 1945 e poco noto), e fu affascinato
dalle raffigurazioni di alberi, frequenti nelle sue opere, che gli parvero
luminosi e trasparenti, come se rivelassero un’aura.
In effetti, nell’opera pittorica giovanile dell’Artista si avvertono di volta in
volta l’influenza di Schiele, manifesta nella ricerca di un’espressività libera
da qualsiasi condizionamento, e quella di Gustav Klimt, dal quale egli
apprese il gusto per la ricchezza dell’ornamento (sia pure accolta in un
ordine astratto): del primo ammirava l’ingegnoso virtuosismo, la capacità
di strutturare la superficie, mentre era affascinato dalla bellezza cromatica
del secondo, dal quale apprese la tecnica di configurare il dipinto come un
mosaico, colmando ogni vuoto
4
.
1.2 – La giovinezza: gli anni Cinquanta. L’attacco all’architettura moderna. Nel
1949, dopo avere tenuto un discorso a Salisburgo nel quale affermava la
sua esigenza che l’arte fosse creativa, si recò in Italia. A Genova dipinse
“Via Porta Soprana con Grattacielo” (fig. 1): la veduta di una strada lunga e
stretta ombreggiata in fondo alla quale la visione della turrita porta
medievale è dominata dalla luminosa immagine del grattacielo
3
W. SCHMIED, Hundertwasser 1928 – 2000 - Personality, Life, Work, Taschen, Köln 2005, p. 11.
4
IBIDEM, p. 115 ss.
5
piacentiniano, posto in forte contrasto con l’ambiente raccolto e umile
della via.
In Toscana conobbe tre pittori francesi, Brô, Bernard e Micheline, con i
quali dapprima si recò in autostop fino in Sicilia per poi trasferirsi a Parigi
dove rimase per tutto l’anno seguente, nel corso del quale poté visitare le
gallerie d’arte e tenersi al corrente delle tendenze artistiche del momento,
che a Vienna erano praticamente ignote
5
; lì espose per la prima volta e
lavorò nello studio di Brô con il quale realizzò due pitture murali: “Paese
degli uomini, degli uccelli e delle navi” (fig. 2) e “La pesca miracolosa” (fig. 3).
Entrambe le opere sono caratterizzate da una voluta semplificazione
formale delle immagini – di aspetto quasi infantile – e da una forte
contrapposizione di colori vivaci: il risultato espressivo sfugge ad ogni
realismo, disegnando un mondo fantastico e colmo di suggestioni.
Sempre nei primi anni ’50 Hundertwasser realizzò altre opere pittoriche –
come “Veduta urbana (metà Siena, metà Parigi)”, “La linea ferroviaria per
Sceaux” e “Piroscafi che cantano” – nei quali gli influssi di altri maestri
6
, pur
evidenti, sono superati in uno sforzo di rappresentare la meraviglia che il
mondo suscita nella mente dell’artista, rifuggendo da inutili abbellimenti.
Analogamente, nell’acquarello intitolato “Uccello che canta su un albero in
città” (fig. 4), la lezione di Paul Klee è evidente nelle fasce di verde che
percorrono la scena, ma la personalità di Hundertwasser si manifesta nella
centralità dell’albero che appare come l’origine della vita nella città
7
; in
”Malghe nel verde” il pittore, memore dello stile di Egon Schiele,
rappresenta attraverso trasparenti gradazioni di verde un florido
paesaggio rurale; in “Paesaggio alpestre” egli mostra di conoscere ed
apprezzare l’opera di Vincent Van Gogh, pur manifestando una
5
H. RAND, Hundertwasser (trad. it. di L. Borro e A. Barrella), ed. Taschen, Köln 2005, p. 20, ricorda l’ambiente cupo
della capitale austriaca negli anni del dopoguerra e dell’occupazione straniera.
6
IBIDEM, p. 22, coglie nella quieta attesa del mattino, che metterà in movimento le navi ora dormienti, un influsso di G.
Klimt.
7
IBIDEM, p. 29.
6
condizione spirituale per nulla angosciata
8
; in “Cattedrale (I)” (fig. 5)
Hundertwasser, attraverso il rifiuto della prospettiva, s’impegna in un
gioco di forme e colori di grande immediatezza che, in qualche modo,
rinvia ai primitivi toscani.
In quel periodo assunse il suo nome d’arte, traducendo in tedesco la prima
sillaba del suo vero cognome. “Sto” nelle lingue slave significa cento
9
,
come “hundert” in tedesco: l’artista intese chiamarsi “Centoacque”! infatti
ebbe a dire:
«Credo che l’acqua sia un elemento imprevedibile che racchiude infinite possibilità.
L’acqua mi affascina moltissimo, per me rappresenta una specie di rifugio, una costante
via di fuga».
Allo stesso modo, undici anni più tardi, mentre si trovava in Giappone,
avrebbe modificato il suo nome di battesimo, Friedrich in Friederich, poi
in Friedereich e nel 1968 in Friendensreich (si tratta pur sempre di varianti
dello stesso significato: Pacifico, Ricco di Pace, Regno della Pace); in altri
momenti della sua vita assunse altri nomi, convinto che averne molti lo
aiutasse ad esprimere le sue diverse attività.
Dopo aver trascorso l’inverno e la primavera del 1951 in Marocco e
Tunisia, Hundertwasser tornò a Vienna dove divenne socio dell’Art Club
presso il quale espose nel 1952 e nel 1953: proprio in quell’anno egli
dipinse la sua prima spirale, che sarebbe divenuta un elemento ricorrente
della sua arte, simbolo al tempo stesso della sua tendenza all’introversione
e della sua volontà di apertura verso un mondo che egli sperò sempre di
migliorare, per quanto stava nelle sue possibilità di artista
10
.
Hundertwasser, peraltro, attribuiva alla spirale un preciso significato: essa
rappresentava contemporaneamente la vita e la morte, esprimendo
8
IBIDEM, p. 30.
9
P. RESTANY, Il potere dell’arte. Hundertwasser, il pittore delle cinque pelli, (trad. it. di L. Di Lella), ed. Taschen, Köln 2003,
p. 16, riferisce che in seguito l’artista avrebbe scoperto che la prima sillaba del suo cognome originario avrebbe potuto
significare “tranquillo, cheto”.
10
Così V. ARMIENTO, Countdown zum 21. Jahrhundert. Friedensreich Hundertwasser: mediatore tra uomo e natura, tesi di
laurea c/o LUSPIO 2007, p. 13 ss.
7
l’intera creazione
11
; così nel ”Giardino dei morti felici” (fig. 6) la spirale si
trasforma in un’ampia corsia destinata ad accogliere, in singole caselle,
molteplici motivi: i volti colorati, separati l’uno dall’altro, realizzano un
insieme di serena luminosità
12
.
A Parigi Hundertwasser trascorse alcuni anni, di cui approfittò per godere
la vita della metropoli, molto aperta alle correnti artistiche e a pensieri
innovatori; questi anni contribuirono molto alla formazione delle sue
opinioni e dei suoi giudizi. Frequentando mostre, vernissage e caffè
conobbe la Galleria Facchetti, una delle poche gallerie d’avanguardia
aperte alle novità, indipendente dal monopolio imperante dell’École de
Paris e delle consorterie cinetiche e tachistes, che esponeva molti francesi
accanto ad alcuni americani.
Nel 1954, per la prima volta, Hundertwasser espose presso la Galleria
Facchetti a Parigi; nel 1955 a Milano, alla Galleria del Naviglio e l’anno
seguente di nuovo a Parigi da Facchetti; tra il 1956 ed il 1957 pubblicò due
saggi, intitolati “La visibilité de la création automatique” e “La grammatica del
vedere”.
Negli anni tra il 1957 e il 1960 espose a Parigi, presso la Galleria Kamer, si
sposò una prima volta con Herta Leitner, una ragazza alto-atesina, per
divorziarne ben presto
13
, lesse pubblicamente il suo “Manifesto
dell’ammuffimento: contro il razionalismo in architettura”, ottenne premi e
provocò scandali.
Nel “Manifesto” Hundertwasser criticò ferocemente l’architettura
razionalista e funzionalista, paragonando le case costruite secondo i suoi
dettami a gabbie per polli o per conigli, progettate senza alcuna
11
Così intesa, la spirale simboleggia l’incontro degli opposti: cfr. T. ZEPF, La raccolta dei sogni, in S. WEBER (a cura di),
La raccolta dei sogni. Hundertwasser, Art Forum Würth, Roma e Swiridoff Verlag Künzelsau 2008 (Capena (Roma), Art
Forum Würth, 25 febbraio – 18 ottobre 2008), p. 14 ss.
12
H. RAND, Hundertwasser, cit., p. 46. Hundertwasser auspicava che, seppellendo i defunti in ambienti predisposti a
giardino, i loro corpi dessero alimento alle piante, assicurandone così una sopravvivenza del tutto materiale.
13
Nell’intervista compresa in IBIDEM, p. 70, Hundertwasser cerca di negare di avere veramente voluto il matrimonio.
8