2
Nel secondo capitolo si illustrano le variabili fondamentali di un piano di stock
option che le imprese in sede di progettazione devono attentamente valutare,
poiché per ciascuna di esse si presentano varie alternative che possono
modificare sensibilmente i benefici e i costi che derivano dal piano, come
premessa necessaria per poi entrare nel dettaglio delle caratteristiche in
virtù delle quali i piani di stock option possono essere classificati. Accanto ai
piani di stock option in senso stretto, si analizzano poi i tratti essenziali
di ulteriori forme di incentivazione azionaria, entrando nello specifico
delle Restricted Stock , degli Stock Appreciation Rights (SAR) e delle
Phantom Stock. Il secondo capitolo si conclude con l‟analisi delle disposizioni
previste dal codice civile, nel rispetto delle quali le quali le imprese possano
emettere un piano di incentivazione.
Dopo aver delineato un quadro di riferimento chiaro e completo dei
piani di stock option ed aver analizzato il loro funzionamento e le
possibili varianti alla tipologia di base, l‟analisi si è concentrata sulla
valutazione e la rappresentazione contabile degli stock options. Il richiamo
dei principali modelli elaborati per la valutazione delle opzioni è di
importanza strumentale per discutere l‟impatto dei piani di stock option sui
bilanci delle imprese; per questo il terzo capitolo si apre con un
paragrafo dedicato alla determinazione del valore delle opzioni e prosegue
richiamando i principali modelli di option pricing adottati per determinare il
loro valore, nonché i rispettivi limiti per renderli uno strumento pienamente
efficiente nella valutazione degli stock options.
Il problema contabile viene affrontato analizzando dapprima le soluzioni
proposte negli Stati Uniti, i cui documenti, sono: l’Accounting Principle
Board (APB) Opinion n. 25 del 1972 ed il Financial Accounting
Standard Board (FASB) Statement n. 123 del 1995, per poi passare ad
illustrare il principio contabile emanato dallo IASB (International Accaunting
Standards Board) IFRS 2 Share Based Payment al quale le imprese devono
conformarsi nella redazione dei loro bilanci. Il capitolo terzo si conclude
con l‟analisi delle conseguenze legate all‟obbligo di adozione dell‟IFRS 2 sul
3
bilancio delle aziende, in merito alla contabilizzazione del costo degli stock
options.
4
CAPITOLO 1
IL CONTESTO TEORICO DI RIFERIMENTO
INTRODUZIONE
Per comprendere l‟importanza e le ragioni che nell‟ambito della teoria
economica giustificano l‟esistenza di sistemi di incentivazione, ed in
particolare delle stock option, occorre principalmente focalizzare la nostra
attenzione sull‟affermarsi di un nuovo modello di corporate governance,
quello della così detta “public corporation”: società ad azionariato diffuso,
controllate da manager professionisti i quali non ne sono proprietari e le
gestiscono nell‟adempimento di un servizio e non nell‟esercizio di un diritto.
Le ragioni storiche della diffusione delle stock option dobbiamo ricercarle
nella diffusione della separazione tra la proprietà ed il controllo delle imprese.
E‟ difficile individuare una definizione ampliamente condivisa di “corporate
governance”, perché ciascuno analizza il fenomeno da differenti punti di vista,
i quali risentono e riflettono non solo la metodologia di ricerca ma anche quei
fattori ambientali, quali gli aspetti economici, sociali, culturali, istituzionali e
politici che caratterizzano una determinata area geografica in un determinato
momento storico e che influenzano il concetto d‟impresa.1
Ogni studio sul tema della corporate governance prende avvio da un
riferimento d‟obbligo: il contributo in cui nel 1932 Berle e Means2 individuano
nella distinzione tra proprietà (diffusa tra numerosi azionisti) e controllo (nelle
mani di pochi managers) il problema cruciale interno all‟impresa.
1
GROSSI G., La corporate governance delle società miste: l'esperienza in Italia e negli altri
paesi europei, Cedam, 2006.
2
BERLE A. J., MEANS G., The modern corporation and private property, New York, Harcourt,
Brace & World, 1932; la seconda edizione dell‟opera fu pubblicata nel 1968. Il fenomeno fu
studiato anche da altri studiosi prima di Berle e Means, in particolare da VEBLEN nel 1023 (T.
VEBLEN, Absentee Owneership and Business Enterprise in Recent Times, The Case of America,
New York, B. W. Huebsch, 1923) e da Keynes nel 1926 (J. M. KEYNES, The End of Laissez
Faire, London, Hogarth Press, 1926). GUALTIERI P., Dirigenti e capitali d’impresa: i piani di
stock option, Bologna, Il Mulino, 1993.
5
Governance è sinonimo di esercizio di autorità, direzione e controllo3. “I temi
di corporate governance emergono in un‟organizzazione ogni volta che si
verificano due condizioni. In primo luogo quando si è in presenza di un
problema di agenzia, ovvero di un conflitto di interessi, che coinvolge i
membri dell‟organizzazione - siano i proprietari, i manager, i lavoratori o i
consumatori. In secondo luogo, quando i costi di transazione sono tali che
questo problema di agenzia non può essere risolto attraverso un contratto.”4,
ovvero situazioni in cui è necessario riconoscere un principio di autorità.
La letteratura economica ci presenta due correnti di pensiero, i cui fautori
sono Alchian e Demsetz Fama, Jensen e Meckling –FMJ e per l‟altra
Grossman e Hart.5 I due filoni di ricerca, condividono un‟area tematica
comune, che è quella della contrattazione incompleta. Solo che, nel primo caso
si tratta di riferire i fallimenti contrattuali ai rapporti interni all‟impresa, quelli
stipulati tra il principale (proprietario) ed il suo agente (manager). Nel
secondo, invece, i difetti contrattuali si manifestano nel mercato ed è in gioco
la dimensione dell‟impresa e, quindi, l‟estensione del principio di autorità che
ad essa è connaturato, in quanto l‟impresa viene esaminata nei suoi confini
esterni. La prima sostiene che l‟impresa è un “nexus of contracts”6,
accentuando il ruolo dei contratti nei rapporti sia interni che esterni, cosicché si
cercherà di risolvere le questioni organizzative utilizzando i modelli riferiti al
c. d. “rapporto di agenzia”7. La seconda corrente sostiene che l‟impresa è “a
collection of physical assets that are jointly owned” (un insieme di beni
3
ZINGALES L., Corporate Governance, in The New Palgrave Dictionary of Economics and the
Law, University of Chicago, NBER & CEPR, 1998.
4
HART O., Corporate governance: some theory and implications, in The Economic Journal, Vol.
105, 1995.
5
REGALLI M., Stock option e incentivazione del management. opportunità, profili critici,
incentivi perversi, il contesto internazionale e il nuovo diritto societario italiano, Il Sole 24 Ore
S.p.a., 2003.
6
FAMA E., Agency Problems and the Theory of the Firm, in The Journal of Political Economy,
Vol. 88, No. 2, pp. 288-307, Apr. 1980
7
Con l‟accezione “rapporto di agenzia”, si definisce il rapporto che intercorre tra due o più
soggetti, chiamati rispettivamente agente (nel nostro caso: il mangement) e principale ( nel nostro
caso: gli azionisti), in cui il primo è chiamato a svolgere una determinata attività per conto e
nell‟interesse del secondo, a fronte del percepimento di una retribuzione erogata nelle forme e
secondo le modalità convenute tra i soggetti stessi. BOZZI S., Stock Options, EGEA Università
Bocconi Editore, 2006.
6
materiali che sono in comproprietà), enfatizzando il ruolo degli investimenti,
concentrandosi sugli assetti proprietari e cioè sulle diverse modalità di
attribuzione dei diritti residuali8.
1.1 LA TEORIA DELL‟AGENZIA
INTRODUZIONE
La teoria dell‟agenzia costituisce uno dei costrutti teorici che ha maggiormente
influenzato gli studi economici negli ultimi quarant‟anni: dalla finanza
all‟accountig, dall‟organizzazione al management. 9 I primi studi sul fenomeno
di “agency”, possono essere fatti risalire ad Adam Smith nel lavoro “La
ricchezza delle nazioni” del 1776. In quell‟ opera, il problema riguardava la
separazione tra proprietà e controllo, l‟autore immaginava i manager di una
società per azioni comportarsi meno diligentemente nella gestione aziendale,
rispetto ad una società gestita direttamente dai suoi proprietari, in quanto, in tal
caso, essi amministravano il denaro altrui. Ma è nel 1932, con il lavoro di
Berle e Means10, che il problema di agenzia comincia a delinearsi in una
visione più precisa.
Viene messa in evidenza, la relazione che intercorre tra gli azionisti, il
management e i dipendenti di un impresa ad azionariato diffuso, la quale viene
ricondotta alla relazione di agenzia che si instaura tra due o più soggetti
chiamati rispettivamente agente e principale, in cui il primo è chiamato a
svolgere una determinata attività, caratterizzata dal raggiungimento di
determinati obiettivi e funzioni, per conto e nell‟interesse del secondo, a
8
Il diritto residuale, si compone di due parti:
a) il diritto residuale di controllo , che rappresenta il diritto ad assumere ogni decisione
riguardante l‟uso del bene, quando questa non è specificamente fissata da norme o spetti
ad altri per contratto;
b) il diritto residuale di rendimento, che conferisce il diritto di escludere gli altri dal
rendimento oltre i debiti e le spese associate agli impegni contrattuali, cioe' il diritto a
ricevere i rendimenti del bene al netto degli oneri contrattuali assunti
in BARCA, F., Impresa in cerca di padrone. Proprietà e controllo nel capitalismo italiano,
Laterza, 1994
9
PUGLIESE A., Percorsi evolutivi della corporate governance, CEDAM, Padova, 2008.
10
BERLE A., MEANS G., The Modern Corporation and Private Property, New York, Harcourt,
Brace &World, 1932, ed. It.: Società per azioni e proprietà privata, Einaudi, Torino, 1966.
7
fronte di una retribuzione erogata nelle forme e modalità convenuti tra i
soggetti, e il secondo è colui che detiene il poter volitivo e i diritti di proprietà
sul complesso degli asset aziendali11. Una caratteristica delle aziende moderne
è la separazione tra proprietà e controllo;12 separazione che apporta dei
vantaggi, come la mobilità del capitale finanziario e la diversificazione del
rischio d‟investimento, ma anche degli svantaggi come i costi di agenzia
sostenuti per cercare di allineare gli interessi del principale con quelli degli
agenti spesso non coincidenti. Questi costi sono:
- costi di sorveglianza e incentivazione, necessari per controllare,
valutare ed orientare il comportamento dell‟agente;
- costi di obbligazione o rassicurazione, sostenuti dagli agenti per
convincere i mandanti che le decisioni intraprese sono nell‟interesse di
questi ultimi;
- parte residua o costi residuali, ovvero la differenza tra l‟utilità
derivante dal comportamento effettivo dell‟agente e l‟utilità derivante
dal comportamento che avrebbe dovuto adottare.13
- riduzione del valore dell’impresa, come minor valore di mercato dei
titoli di proprietà detenuti in portafoglio dagli azionisti, derivanti da
scelte inefficienti da parte dei manager o dovuto al consumo di risorse
aziendali per uso personale da parte degli stessi manager.
In particolare, in primo luogo, mentre gli azionisti vorrebbero massimizzare la
loro ricchezza, il management potrebbe decidere di investire il denaro in spese
o per conseguire benefici non strettamente necessari14. Anche l‟orizzonte
temporale del processo decisionale, può differire, ad esempio se i manager
cambiano azienda più frequentemente rispetto ai proprietari, è probabile che
essi tendono a massimizzare le prestazioni e quindi la retribuzione a breve
termine anche a scapito del successo nel lungo periodo.
11
GALLINARO S., Il contributo della teoria dell'agenzi', in Le parole dell'impresa, a cura di
CASELLI L., 1995.
12
BOLDIZZONI D., PAOLETTI F., Gestione Delle Risorse Umane, APOGEO S.r.l., 2006.
13
JENSEN M.C. & MECKLING W.M., Theory of the firm: Managerial Behavoir, Agency Costs
and Ownership Structure, in Journal of Financial Economics, pg.308, October, 1976.
14
Come l‟acquisto di uno jet aziendale.