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una persona o una dottrina, dal latino sequi, seguire. Talvolta si fa
intervenire erroneamente l’etimologia secare, tagliare, per indicare
la distinzione della setta come gruppo minoritario dal ceppo
principale da cui si è distaccata. In realtà è però questa la
derivazione che sembra legarsi maggiormente ai tratti distintivi di
una setta: un’organizzazione socio-religiosa formatasi per
separazione rispetto ad una tradizione religiosa storicamente
consolidata.
L’errore implicito in quest’analisi non è presupporre l’esistenza di
un sistema di credenze già istituzionalizzato, al cui interno si
formano gruppi minoritari che se ne dissociano, ma la tendenza a
bollare la nascita di questi gruppi come situazione assolutamente
negativa. In altre parole, qualsiasi formazione nata al di fuori del
ceppo principale (cristiano, ma non soltanto), finisce per essere
considerata ostile, non solo a quel ceppo, ma alla società.
La realtà è che ogni gruppo, ritenendosi superiore rispetto agli altri
con diverse credenze, li bolla come sette. Questo fatto, in ultima
istanza, si può ricondurre al giudizio negativo della religione
dominante rispetto alle minoranze sorte al suo interno, peraltro
tradizionalmente oggetto di persecuzioni. Questo giudizio, colmato
da false accuse, ha contribuito a far percepire le sette come gruppi
pericolosi, al punto che lo stesso termine ha assunto nel tempo un
significato negativo (infatti, oggi “setta”, nel linguaggio comune
finisce spesso per indicare gruppi affini a pratiche sataniche, o
comunque non lecite, perdendo completamente il significato
originale).
Esiste, infatti, una distinzione concreta, sulla quale si basano
numerosi studiosi4, secondo cui la “chiesa” è presentata come
un’istituzione di salvezza, in cui si ha accesso per nascita, con la
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Uno tra questi è Johnson, che scrive in proposito: una chiesa è un gruppo religioso che accetta il
contesto sociale in cui esiste, una setta è un gruppo religioso che rifiuta il contesto sociale in cui
esiste (fonte: www.cronologia.it)
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funzione di redimere gli uomini andando loro incontro nella loro
realtà profana. In questo senso, la Chiesa tende ad accettare
compromessi con le altre istituzioni e con gli ordinamenti del
mondo, pur mantenendosi un’istituzione centralizzata che detiene
la Verità. Per contrasto, la “setta”:
non è una formazione altrettanto naturale: proprio perché si
fonda sulla volontaria conversione di chi vi entra, non preesiste,
è l’individuo adulto che sceglie di entrarvi;
essendo molto radicalista, rifiuta ogni compromesso con il
mondo e con le sue norme, se ne separa, così come impone di
fare ai membri, che rompono drasticamente con le esperienze
passate;
la vita individuale e collettiva è disciplinata in modo molto
rigido: ogni setta ha un codice morale ed una serie di riti e
pratiche funzionali al rafforzamento dei principi basilari su cui
si fonda;
la purezza e la coesione interna del gruppo sono assicurate dal
vigilare costante degli “anziani” o dei “sorveglianti”, che in casi
estremi possono pronunciare l’esclusione di un membro a causa
di debolezza o cattiva condotta.
Il rigore dello stile di vita di certi gruppi si va attenuando negli
ultimi tempi sotto le spinte di una società in continuo progresso,
legata a pratiche sociali che tendono ad imporre sempre maggiori
contatti con l’esterno (al contrario di quella disciplina di semi-
isolamento imposta spesso dalle sette), tuttavia si continua a
descrivere le sette come responsabili della loro autoespulsione dalla
società e della conseguente pericolosità. Forse anche a causa dei
media, emerge un’immagine delle sette che non considera le
motivazioni che le hanno portate alla scissione da un ceppo
principale, bensì un’immagine che tiene conto solamente degli
eventuali atti eclatanti compiuti nel professare una certa credenza
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Passa quasi in secondo piano che, in base alla distinzione
chiesa/setta, lo stesso Cristianesimo assume origini settarie. Nasce
infatti all’interno del Giudaismo, come reazione al ritualismo
formale a cui la classe sacerdotale dell’epoca aveva ridotto la
tradizione biblica. Gesù si propone come portatore di carisma,
innovatore e contestatore dell’ordine costituito, legato all’idea del
necessario sorgere di una nuova comunità fondata sull’amore.
Per compiere la sua missione è stato però necessario separarsi
nettamente dalla matrice ebraica preesistente e affermare il
principio settario di conversione consapevole e volontaria al nuovo
messaggio religioso. Ma a tutto ciò non viene mai attribuito in
maniera sostanziale il carattere settario che sarebbe consono,
probabilmente appunto per le sfumature negative che il termine ha
assunto. Evidentemente, la presenza dei valori del Cristianesimo
nella mente occidentale sono talmente radicati nel profondo da
averne occultato le origini che, qualora emergano, risultano
superati dalla consolidazione di quella che oggi è una forte
tradizione, lontanissima dai caratteri riconducibili alle sette
(isolamento, pochi adepti, credenze di nicchia). Si parla spesso di
tradizione giudaico-cristiana per esprimere la continuità tra
Cristianesimo e tradizione ebraica (d’altra parte il Cristianesimo ha
assunto persino il libro sacro ebraico), ma il rango del
Cristianesimo non è più quello di setta, bensì quello di una
tradizione parallela. L’errore, tuttavia, non è quello di
sopravvalutare le dimensioni della cristianità, ma di trascurare le
origini di questa grande espansione.
All’origine di una setta c’è quindi un conflitto, che può sussistere
contro le grandi tradizioni, stabilizzatesi nel tempo attraverso testi
sacri, dirette da un’autorità ritenuta interprete legittimo, con
consenso generale sulle pratiche rituali e sui dogmi (caso delle
sette nate dal ceppo cristiano), oppure può manifestarsi durante la
definizione stessa dei pilastri di una determinata tradizione.
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I conflitti possono investire diversi aspetti della convivenza umana
e sociale, slegandosi dal piano religioso e coinvolgendo anche
quello sociale o politico. Questo accade soprattutto dove la sfera
religiosa tende ad interferire con le altre che compongono la
società, creando una situazione in cui ogni conflitto religioso si
riflette immediatamente sul corso delle altre vicende della
comunità.
Un esempio evidente l’abbiamo di fronte quotidianamente: le
matrici cristiano-cattoliche delle nostre società ci mostrano
maggiormente la presenza di gruppi che se ne discostano, basti
vedere la percezione comune dei Testimoni di Geova5, la cui
separazione dal cattolicesimo implica anche una separazione dalla
società e dalle sue pratiche.
Tentativi di classificazione
Alla complessità di fornire una definizione immediata di “setta”, si
aggiunge quella di riuscire ad enumerare tutti i gruppi oggi
esistenti al fine di classificarli. L’impresa è resa complicata dalla
quantità enorme di sette, più o meno grandi in termini di seguaci,
e dal fatto che moltissime vivono in semiclandestinità portando
avanti attività ai limiti della legalità. A questo si somma la notevole
mobilità dello scenario, in cui nuove sette compaiono rapidamente
ed altre vanno invece svanendo o si evolvono in tempi rapidissimi.
Anche in questo caso è importante non lasciarsi influenzare dai
giudizi personali e dal luogo comune che etichetta le sette, tutte,
come organismi portatori di pericolo, dediti alla distruzione delle
attività consuete che si svolgono nelle società da cui si vogliono
separare.
I tentativi di classificazione da parte degli studiosi sono stati
parecchi, ognuno basato su aspetti diversi e da una prospettiva
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Non bisogna però dimenticare la tendenza dei testimoni ad autoescludersi da alcune pratiche (ad
esempio, il voto) proprio sulla base del loro culto.
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particolare, tuttavia il panorama risulta sempre poco adatto a studi
sistematici e alla creazione di tipologie definitive ed assolute.
Tenendo ben presente questa considerazione, possono essere
riportati alcuni tentativi di dare ordine a quella che si presenta
come una realtà altamente in divenire, dalle mutevoli sfaccettature.
Bryan Wilson traccia una classificazione sottile, considerando
l’atteggiamento delle sette rispetto al mondo esterno:
le sette conversioniste sono quelle che propongono la via della
conversione interiore per guadagnarsi la salvezza;
le sette rivoluzionarie si organizzano intorno alla certezza che il
mondo sta per essere trasformato da un intervento diretto di
Dio;
le sette introversioniste cercano la salvezza ripiegando
sull’esclusività della comunità religiosa, dopo una drastica
rottura con la società corrotta;
le sette manipolatrici cercano mezzi soprannaturali ed occulti
per ottenere la salvezza, ma in molti casi usano anche mezzi
assolutamente umani;
le sette taumaturgiche credono in un salvataggio diretto e
miracoloso di Dio;
le sette riformiste propongono una riforma della coscienza che
sfocerà in una riforma del mondo;
le sette utopiste pensano ad una riforma possibile solo al
termine di una ricostruzione della società a partire dai principi
religiosi.
Emerge chiaramente un fatto: si tende a considerare la società
come la “retta via” che la setta abbandona, preferendo attività più o
meno lecite, ma in ogni caso differenti dalla maggioranza. Ma
questo, all’estremo, non equivale a giustificare le persecuzioni
imposte a chi si discosta dalle opinioni e dai culti prevalenti in una
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data società? In questo senso, i cristiani oggetto di persecuzioni
sarebbero stati giustamente repressi da una maggioranza
detentrice della Verità, mentre avrebbero avuto ragione ad adottare
l’Inquisizione una volta che la loro dottrina è risultata dominante.
Ovviamente questo è un caso al limite del paradosso, in cui la
violenza gioca oltremodo un ruolo non trascurabile.
Ma, immaginando che tali repressioni fossero portate avanti in altri
modi più accettabili, fino a far scomparire i culti di minoranza,
sarebbero state legittime? Ovviamente no. Eppure, ponendosi
anche involontariamente dal punto di vista delle dottrine
prevalenti, si finisce per fornire loro un alibi, al contrario di ciò che
accade per le altre, quelle settarie, delle quali si tende a notare solo
i lati negativi.
Anche la figura del profeta ha assunto ormai connotati positivi,
nonostante sia collegata al momento della separazione della setta.
Per definizione, la setta nasce come movimento di protesta verso
un sistema preesistente, che ha bisogno quanto meno di essere
riformato. Per dare vita alla nuova formazione è però necessario un
personaggio dotato di particolare carisma, che si dichiari ispirato
dallo Spirito o da una qualche entità soprannaturale, al di fuori
della quotidianità che tutti hanno di fronte. In questa ottica la
figura del profeta si connota come quella di un personaggio dotato
di forze, qualità e carisma superiori al comune, a cui i fedeli
attribuiscono origini soprannaturali. Questo accade anche per i
fondatori delle sette, tuttavia non ci si riferisce a loro praticamente
mai con il termine “profeta”, preferendo usare altri termini, anche
se non sempre negativi (“capi”, “maestri”, ma anche “santoni”…)6.
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A conferma di quanto le dimensioni in termini di proseliti contino, Maometto è un “profeta”.
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Perché aumentano i gruppi settari?
Gli adepti delle sette e dei movimenti religiosi oggi esistenti
sembrano essere in continuo aumento. Si potrebbe imputare
questa situazione alle problematiche del mondo contemporaneo,
troppo veloce nei suoi ritmi perché tutti riescano a stare al passo.
Tuttavia, è più opportuno concentrarsi su ciò che le sette offrono,
sulle risposte che sembrano dare immediatamente ad un individuo
che, all’interno della nostra società, finisce col sentirsi sempre più
isolato e frustrato. Tutto ciò, in contrasto con la religione
tradizionale, incapace di stare al passo coi tempi e di “assecondare”
le esigenze di un individuo immerso in una società che, per quanto
malsana si possa considerare, è comunque la realtà con la quale
l’individuo si deve confrontare ogni giorno.
Le società industriali creano strutture spersonalizzanti che
causano crisi a livello personale e collettivo. Questo provoca
bisogni ed aspirazioni che le sette dicono di poter soddisfare
facilmente. Mancano valori, non solo religiosi ma anche di
realizzazione, di affermazione, sepolti dallo stress e dalle paure
davanti ad un futuro incerto, segnato dal rapido cambiamento. Le
sette si propongono come via per colmare queste necessità, ma
spesso rispondono ai bisogni affettivi oscurando quelli intellettuali.
Un aiuto alle sette è giunto poi dal clima di attesa inquieta di
un’apocalittica fine del mondo, culmine di un secolo di stermini e
catastrofi: i 55 milioni di morti durante la Seconda Guerra
Mondiale, le carestie e la situazione del Terzo Mondo, il caso
Chernobyl, la Guerra Fredda, la minaccia ripetuta di una nuova
guerra nucleare.
E’ quindi comprensibile l’affermarsi di movimenti che speculano
sulla fine di un’era e l’inizio di un nuovo tempo in cui vivranno solo
coloro che si sono convertiti. Ogni setta propone allora una
soluzione particolare all’annientamento cosmico provocato
dall’uomo stesso e dalla sua smania di progresso. In questo
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scenario si colloca, come già accennato, anche il mutare della
relazione dell’individuo con le strutture religiose. Un tempo, parlare
di esperienza religiosa significava riferirsi ad un Dio personale con
cui ci si confrontava dall’infanzia. Oggi la situazione non è più
tanto chiara ed affiorano forme nuove di culto molto meno legate
alla religione, intesa come ricerca di una dimensione
trascendentale. Si va dalla ricerca della saggezza alla corsa verso
l’anima, ma indipendentemente da un Dio personale e con l’idea di
un raggiungimento della salvezza successivo al risultato di tecniche
di perfezionamento interiore, concentramento e meditazione. Basti
vedere il successo dello Zen in Europa. In tutti i casi, la questione
religiosa non è risolta, da qui il nomadismo perenne da un gruppo
all’altro e la voglia crescente di indagare di persona, con i mezzi che
offrono le sette di volta in volta.
Accanto a quest’irrazionalità portata all’estremo, le nuove religioni
manifestano però anche il desiderio di fregiarsi di un marchio
scientifico, come fosse un passaggio obbligato per avere diritto ad
un riconoscimento sociale. Ad esempio, la Chiesa di Scientology si
definisce “Scienza della Conoscenza” e, ad un livello più vicino alla
fantascienza, Rael rilegge la Bibbia nel quadro delle realizzazioni
tecniche contemporanee.
In definitiva, nonostante le radici del pensiero occidentale siano
saldamente affondate nel terreno della religione cristiana, il fascino
delle sette e di nuovi modi di intendere la vita risulta crescente.
Alla faccia della medaglia che mostrano i media, quella legata
soprattutto ai fatti tragici di cui si macchiano le sette (reati,
crimini), ne va legata un’altra che vede sempre più individui
cercare conforto in organizzazioni stabili, che lo seguano nei propri
desideri piuttosto che costringerli in modi di vivere arcaici. In
buona sostanza, il timore e l’avversione tradizionali di certi attori
alle formazioni di nicchia è bilanciato dall’entusiasmo di altrettanti
attori a cui le stesse formazioni offrono una speranza di riscatto.
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Dipende dai punti di vista ma, proprio per questo, è necessario
compiere un’analisi che sia il più obiettiva possibile.
Pericolosità o pregiudizio?
Come si è visto, non c’è un giudizio univoco sulla pericolosità
dell’azione dei nuovi movimenti sulla psiche degli individui
coinvolti e sulla società nel suo insieme.
Da un lato, alcuni ne proclamano l’innocenza totale e lodano il loro
notevole sostegno a supporto di chi fatica ad adattarsi alla
comunità. In questo senso le sette portano speranza, fraternità e
sicurezza; rappresentano una comunità d’amore.
Dall’altro lato, emergono però le testimonianze scomode di chi ne
ha subito l’influenza, attirato da false promesse e ritrovatosi in un
gruppo perverso, separato da famiglia e società, con una
sensazione di fallimento e solitudine. Sono soprattutto queste
testimonianze che vengono portate alla luce, screditando tutto il
panorama settario ed il sistema di valori di cui le sette sono
portatrici. Sarebbe sbagliato difendere l’azione di certi gruppi,
specialmente quando affondano le radici nell’illegalità, tuttavia è
altrettanto sbagliato giudicare a priori, senza indagare in
profondità e cogliere le cause primarie della loro formazione.
Eppure, lo stesso mondo mediatico sembra appoggiare la società
quando sceglie il suo capro espiatorio, o quando si scaglia contro
tutto l’ambiente settario a causa di qualche gruppo responsabile di
reati o crimini. Soprattutto, i media parlano immediatamente delle
sette non appena viene commesso un atto al di fuori della legalità,
sottolineando solo il lato criminoso delle attività di questi organismi
ed ignorando l’apporto benefico in favore di molti individui. Questo
fatto non deve però stupire: il mondo mediatico è costantemente a
caccia di notizie eclatanti, per quanto a questo corrisponda una
situazione per cui “sette” finisce a coincidere sempre più con l’idea
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di gruppi criminali senza altri fini se non quelli illeciti di cui si
macchiano, riportati sulle pagine dei quotidiani.
Un esempio di articolo sulle sette, apparso su La Repubblica
(Fonte: www.freesouls.org)
Due esempi di azioni eclatanti possono aiutare a comprendere
come siano solo questi episodi eclatanti a diventare le loro
caratteristiche uniche agli occhi della gente comune.
Il 5 ottobre 1995 radio e televisioni di tutto il mondo diffondono la
notizia del ritrovamento di venti persone uccise in circostanze
oscure a Chery, in Svizzera. Tutte le vittime facevano parte di una
stessa organizzazione religiosa, l’Ordine del Tempio Solare. L’evento
si ripete anche in altre due località: Salvan, sempre in Svizzera, e
nel Québec. L’inchiesta giudiziaria porta alla luce che, accanto a
membri suicidatisi, ci sono i corpi di altri membri che invece sono
stati uccisi, all’interno di un vero e proprio rituale legato alle
finalità della setta: se il mondo corrompe e rende impuri senza
alternative, non resta che sperimentare una via “alta” di passaggio
ad un altro mondo.
Nel marzo del 1995, dall’altra parte del globo, a Tokyo, gli aderenti
ad una setta neobuddhista, Aum Shinrikyo (Suprema Verità),
spargono gas nervino nella metropolitana, provocando morti e feriti
gravi. Dopo qualche mese, la polizia arresta il capo della setta e
smantella il santuario-rifugio, trovandovi armi e contenitori di gas.
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Il gesto sarebbe stato finalizzato a salvare più persone possibile
dall’Armaghedon finale e dal suo prossimo scatenarsi a causa della
lotta tra le due potenze mondiali USA e URSS.
Il ricorso alla violenza sacra non è semplicemente collegabile alla
pazzia: sarebbe una soluzione rapida e a buon mercato, ma non
quella più realistica. La violenza serve a consolidare il nucleo duro
di una setta e, allo stesso tempo, a rafforzare ulteriormente il
carisma del capo. Inoltre, ogni sacrificio compiuto nell’ambito di un
gruppo religioso, tende ad essere percepito come prova di forza e di
potenza del gruppo stesso. Senza contare che, se l’atto non viene
condannato in sede penale (e questo accade spesso), la setta
acquista fama, così come accade proprio grazie all’attenzione
riservatale in queste occasioni dai media.
Alcuni adepti dell'Ordine del Tempio Solare e il luogo della
strage-sacrificio di Salvan (Fonte: www.sectes-infos.net)
Ma, al di là dei casi estremi, come e perché si entra in una setta?
Non si può individuare un motivo unico, contribuisce almeno un
ordine duplice di fattori.
In primo luogo, come già visto, la storia dell’individuo stesso, una
storia di disagio, insoddisfazione e malessere all’interno della
società. In secondo luogo, il modo di procedere dei reclutatori.
Le sette fanno uscire dall’anonimato, promuovono la
partecipazione, l’impegno, la spontaneità, la responsabilità, con
contatti, visite a domicilio, sostegno e direzione continua. Fanno in
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modo di possedere un uso convincente della parola che mettono
abitualmente in pratica, il loro approccio è basato spesso su test
della personalità gratuiti per svelare i punti deboli dell’individuo da
reclutare, con lo scopo nascosto di accentuarne le inquietudini
sull’avvenire e promuoversi come valvola di sfogo e riscatto. In
questo senso, è molto facile affermare drasticamente che la
persona è manipolata psicologicamente, isolata, schiacciata dal
fascino del leader, alterata nella sua coscienza mediante la
ripetizione e l’esaltazione spirituale. In effetti, esistono delle
pratiche precise, studiate a lungo dagli psicologi, che le sette e
gruppi simili mettono in atto per conquistare la fiducia di nuovi
affiliati. Su tutti primeggia un metodo in quanto ad efficacia, il
cosiddetto love bombing. Secondo questo trattamento, chi viene
avvicinato da un membro della setta sarebbe appunto
“bombardato” di gentilezze, attenzioni, frasi ammirative e
manifestazioni di stima. Tutto ciò continuando a fargli notare come
nella setta sia valorizzato, al contrario di quanto finora sia
accaduto nella società corrotta. Al di fuori del gruppo tutto è
cattivo: quando questo è interiorizzato dall’individuo, che spesso
quindi subisce un vero e proprio lavaggio del cervello, il gioco è
fatto. Molte volte si finisce per dedicarsi esclusivamente al gruppo,
si cambia lavoro, persino nome, ci si allontana dagli affetti e dal
mondo reale. Anche se qualcuno intuisse di essere caduto in un
baratro e decidesse di uscirne, non avrebbe i mezzi, psicologici
prima di tutto, a disposizione. Teme una nuova condanna sociale,
ha vergogna, ma soprattutto ha paura della reazione della setta.
Non di rado ci si trova di fronte a suicidi indotti. Sono questi gli
aspetti che tutti evocano pensando alle sette, probabilmente
influenzati dalle immagini televisive di “casi umani” vittime
dell’azione del gruppo di cui facevano parte. Sono persone per cui
si prova pena, sentimento che può portare all’indignazione o