2
1. LA RETORICA
1.1. Breve storia
La retorica (dal greco rhetoriké téchne, arte del dire) è la teorizzazione
dell'oratoria, ovvero del metodo di organizzazione del linguaggio naturale
secondo un criterio per il quale a una proposizione segua una
conclusione.
Nasce a Siracusa verso la metà del V Sec. a.c. quando, dopo la caduta
del tiranno Trasibulo e con il ritorno della democrazia, si tengono
numerosi processi che hanno come oggetto proprietà private finite nelle
mani dei tiranni; questi processi, davanti a giurie popolari, richiedono un
particolare tipo di eloquenza deliberativa di cui furono maestri Corace e
Tisia. Lo scopo della retorica è l’ottenimento della persuasione, intesa
come avallo della tesi dell’oratore da parte di uno specifico uditorio. La
retorica si sposta nel mondo ellenico, in Attica, attorno alla metà del V
secolo a.C., con la presenza di Trasimaco di Calcedonia, Gorgia da Lentini
e altri sofisti. Essi intendevano la retorica come una “forma di
suggestione” allo scopo di ottenere un convincimento basato su
argomenti razionali e sulla presentazione di prove e argomenti a favore.
Nel dialogo platonico che porta il suo nome, Gorgia afferma che l’arte
retorica è l’ “arte della parola” e giustamente Socrate afferma che tale
arte sia “creatrice di persuasione”, una persuasione che “produce un
credere, non una persuasione che insegni sul giusto e sull’ingiusto”. In
questo si caratterizza il ruolo fondamentale della retorica ovvero la
capacità di servirsi della lingua, con la sua forza suggestiva ed emotiva,
per persuadere un uditorio (i giudici, ad esempio) e ottenerne il
consenso.
3
Nel IV secolo a.C., Platone oppose alla concezione sofistica una propria
visione della retorica alla quale attribuiva una funzione pedagogica, quale
strumento in grado di condurre l'anima attraverso argomentazioni e
ragionamenti. L’esercizio della retorica veniva così ricondotto al campo
filosofico dal quale finiva per essere assorbito smarrendo la propria
autonomia. Gli stessi gli interlocutori non erano più né il popolo né i
giudici, e i luoghi, non più assemblee né giudizi.
Aristotele sposta l'attenzione dal concetto di retorica quale arte di
persuadere all’analisi dei mezzi di persuasione intesi come strumenti
indipendenti dall'oggetto dell'argomentare e sviluppa la sua “teoria
dell’argomentazione” la quale si fonda su un particolare ragionamento,
l’entitema, cioè una sorta di sillogismo approssimativo, fatto per il
pubblico a partire dal probabile e da premesse verisimili (eikós), plausibili
(éndoxon). L’ornamento, la seduzione formale, la captatio benevolentiae,
in una parola l’”arte” retorica vale a sostenere la forza suasiva ma
probabilistica dell’entitema e a invogliare l’interlocutore all’assenso:
l’inventio, la ricerca delle argomentazioni, è strettamente legata
all’elocutio (lexis), i modi espressivi della persuasione.
La retorica si riappropria così di una funzione propria, indipendente dalla
filosofia e in stretta simbiosi con la dialettica della quale è da considerare
la controparte. In seguito divenne l'arte dello scrivere corretto e
dell'eloquio fluente. Nel primo secolo a.c. la retorica conquista Roma e fu
materia molto studiata e molto praticata, sia nelle sue applicazioni forensi
che in quelle politiche: ne è un chiaro esempio Cicerone, con le sue
famose Verrine, orazioni scritte da Cicerone contro il propretore della
Sicilia, Verre, e dopo di lui Quintiliano che, con la sua Institutio Oratoriae,
elaborò una vera e propria silloge della retorica classica così come si era
sviluppata fino alla sua epoca.
4
Nel passaggio dalla Repubblica all'Impero la retorica perse la sua
funzione politica e progressivamente anche la sua importanza, pur
rimanendo materia di studio ma solo a livello astratto. Sant'Agostino la
ambiva al servizio della predicazione, mentre fu svelata come disciplina
autonoma nell'umanesimo. Durante il rinascimento, il valore della retorica
fu ritenuto adeguato alla creazione di una nuova forma espressiva
linguistica più consona alla mutata sensibilità culturale. Nel XVII secolo,
la retorica e la poesia coincisero con la tecnica verbale artificiosa, ricca di
metafore e trovate d'ingegno. Dal romanticismo in poi la sua rilevanza si
è progressivamente ridotta.
La retorica è oggi tornata a governare una serie ampia di lavori di ricerca,
soprattutto inerenti alla teoria dell'argomentazione, grazie ai lavori di
Theodor Viehweg, autore di Topik und Jurisprudenz del 1953 e di Chaim
Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca con il loro Traité de l'argumentation.
La nouvelle rhétorique del 1958.
Nella proiezione di Perelman, se si comunica “bene”, si persuade
l'interlocutore, come aveva già intuito Epitteto quando sosteneva che «le
opinioni, non i fatti, muovono gli uomini».
1.2. Nemici interni e nemici esterni
Nel momento stesso in cui nasce, la retorica è già in pericolo di vita. Sin
dalle sue origini essa è stata osteggiata e non le sono mancati agguerriti
antagonisti. Interessante è l’analisi di Francesca Piazza che individua
almeno due tipi di nemici della retorica: uno per così dire “interno” alla
stessa storia della disciplina e uno invece “esterno”.
Per nemico interno il riferimento è al fenomeno della cosiddetta
restrizione della retorica, ovvero alla sua progressiva riduzione a un
sistema di classificazione di figure. Prima di tale riduzione, il sistema
5
retorico era composto da cinque parti, ciascuna addetta all’analisi di
queste diverse fasi:
Inventio o éuresis: trovare cosa dire,
Dispositio o táxis: mettere in ordine ciò che si è trovato,
Elocutio o léxis: esporre con ornamento il discorso,
Actio o ipócrisis: recitare il discorso con gesti e dizione appropriati,
Memoria o mneme: mandare a memoria il discorso.
L’inventio ha come base fondamentale la ricerca delle prove (písteis),
delle vie di persuasione: soprattutto l’exemplum o l’entimema (con le sue
premesse: l’indizio sicuro, il verosimile, il segno). Notevole rinforzo
all’inventio è la considerata la topica, cioè l’insieme dei luoghi comuni o
tópoi.
La dispositio si riferisce alle quattro parti del discorso retorico: l’esordio,
con la captatio benevolentiae mediante la quale si cerca di stimolare
l’uditorio; la narratio (diégesis), cioè il racconto dei fatti, che può seguire
l’ordine normale in cui si sono svolti (ordo naturalis) o partire non
dall’inizio ma in medias res (ordo artificialis); la confirmatio o resoconto
degli argomenti; l’epilogo o perorazione, ossia la conclusione del discorso,
con l’appello ai sentimenti del giudice e dell’uditorio.
L’elocutio riguarda l’espressione, il linguaggio, la scelta delle figure con
cui abbellire il discorso. La stessa ha assunto sempre più una posizione
indipendente e privilegiata, in particolare nella codificazione dei traslati o
tropi, costituendo il contatto tra la poetica e la letteratura.
La memoria e l’actio, meno importanti, si rivolgono soprattutto
all’esecuzione, in qualche modo teatrale, del discorso e potrebbero
pertanto interessare la recitazione, l’arte declamatoria, la tecnica della
gestualità e della mimica.
6
Si rende necessaria una precisazione: nella prospettiva della retorica
classica, soprattutto in quella più antica, tali sezioni non erano “parti”
separate, ma “fasi” di un unico processo discorsivo e proprio la perdita di
questa consapevolezza, a sua volta legata a ragioni storiche e culturali di
portata più generale, che ha portato alla progressiva riduzione del
sistema retorico alla sola elocutio. La restrizione della retorica è un
risultato che deriva direttamente dalla separazione tra gli elementi
argomentativi (l’inventio) e quelli espressivi (l’elocutio). Tale divaricazione
è a sua volta una delle conseguenze di un evento di maggior portata
consistente in un processo di frammentazione che, sin dall’epoca
ellenistica e in particolare da Aristotele, con la teoria dell’argomentazione,
ha condotto a una graduale perdita di unità del sistema retorico,
rivelatasi attraverso la trattazione separata di aspetti prima considerati
strettamente connessi. Questa frammentazione ha prodotto, da un lato,
una sorta d’ipertrofia dell’elocutio, e, dall’altro, il progressivo spostamento
dell’inventio dalla retorica alla dialettica. Di conseguenza, se nella
tradizione classica tutti questi elementi si tenevano insieme, il
consolidarsi di una concezione della retorica come arte del ben parlare
l’ha progressivamente tradotta in teoria del discorso adornato, relegando
solo alla dialettica lo studio degli aspetti logico-argomentativi. Con
l’assorbimento dell’inventio, retorica nella dialettica, la questione sul
modo di reperire gli argomenti cambia aspetto e perde alcuni elementi
che originariamente le erano centrali, come il compito svolto
dall’elemento emotivo e da quello linguistico nella costruzione di un
argomento con finalità persuasive, elementi che nella retorica antica sono
determinanti alla formulazione dell’argomento stesso. È proprio tale unità
che si perde quando l’interesse per l’argomentazione diventa
esclusivamente dialettico. Priva della sua parte logico-argomentativa e