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Questo mentre da tempo nel campo della filosofia della scienza è largamente accettata
l’idea che si tratti di una visione del mondo parziale e non “oggettiva”.
Una grande lacuna della visione che la gente comune ha della scienza è per l’appunto
quella di ritenerla diversa da altre visioni del mondo (e quindi più valida) perché oggettiva,
ovvero priva di presupposti metafisici.
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A fronte di questa concezione della gente comune l’epistemologia contemporanea
riconosce la componente metafisica ed irrazionale della scienza: Karl Raimund Popper ne
La logica della scoperta scientifica esprime così la constatazione della mancanza di
fondamenti razionali della scienza: «Dunque la base empirica delle scienze oggettive non
ha in sé nulla di "assoluto". La scienza non posa su un solido strato di roccia. L’ardita
struttura delle sue teorie si eleva, per così dire, sopra una palude. È come un edificio
costruito su palafitte. Le palafitte vengono conficcate dall’alto, giù nella palude: ma non in
una base naturale o «data»; e il fatto che desistiamo dai nostri tentativi di conficcare più a
fondo le palafitte non significa che abbiamo trovato un terreno solido. Semplicemente, ci
fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che almeno per il momento i sostegni siano
abbastanza stabili da sorreggere la struttura.».
Per il sentire comune la scienza nasce come liberazione dai fondamenti metafisici.
Tuttavia ora sappiamo che mentre la cultura popolare vede nella scienza una dottrina
opposta ai dogmi metafisici ed irrazionali ed appare ferma ad una visione oggettivata del
mondo newtoniano, la ricerca epistemologica ci ha mostrato che essa stessa è dotata di
presupposti altrettanto irrazionali e metafisici delle dottrine a cui si oppone
tradizionalmente in virtù di questa sua presunta diversità.
Senza contare che il progresso scientifico stesso ha oltrepassato il modello newtoniano a
cui gran parte della cultura scientifica popolare appare ferma.
Questo mostrando da sé come molte componenti accettate come postulati razionali fossero
essi stessi dei dogmi metafisici.
Parliamo ad esempio dell’assolutezza di spazio e tempo, presupposto fondamentale per la
nascita della fisica moderna, o della diversità sostanziale tra materia ed energia.
Poniamoci quindi ad analizzare tali presupposti metafisici confrontandoli con quelli
monoteisti:
Il monoteismo ha una concezione del tempo lineare, una visione escatologica che prevede
una salvezza alla fine dei tempi, pensa al mondo come ad un’insieme di entità distinte
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create da Dio che sono conoscibili per l’uomo dal momento che quest’ultimo è fatto a sua
immagine e somiglianza, ha una visione della Natura come qualcosa di non sacro ma anzi
collegato al peccato e quindi di cui si auspica il dominio da parte dell’uomo.
La scienza accetta in blocco tutta questa visione del mondo precedente.
Tuttavia introduce nuovi presupposti quali la verifica sperimentale, l’assolutezza di spazio
e tempo e la riduzione delle qualità ad un’unica proprietà della materia, ovvero
all’estensione che ne rende possibile la misurabilità.
La cosmologia monoteista può essere riassunta con l’immagine di una rete di legami
logico-morali al cui centro si trova il fautore di tale creazione, l’assolutizzazione
dell’ordine logico-morale dell’universo (Dio).
Tuttavia se nel monoteismo teologico Dio è rappresentato da una vera e propria identità
personale nel monoteismo tecnologico Dio, attraverso passaggi graduali come il teismo ed
il deismo, tende ad identificarsi con l’ordine logico-morale o la capacità di conoscere e
creare l’ordine stesso (Ragione).
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Questo è evidente in tutte le formulazioni della scienza nascente: in Cartesio, dove Dio è
necessario per l’effettiva veridicità della conoscenza; in Galileo, dove Dio scrive l’universo
come un libro; in Newton, dove tempo e spazio assoluti costituiscono il sensorio di Dio e
garantiscono l’universalità e la necessità delle leggi logiche, formulazioni che tendono a
spostare la garanzia di verità assoluta da un’entità personale esterna all’ordine intrinseco
della conoscenza, come avverrà in seguito.
Il presupposto di un ordine razionale dell’universo dato da un artefice è alla base della
concezione monoteista, come mostra il fatto che i tre rappresentanti della rivoluzione
scientifica citati sopra la condividessero nonostante le differenze di confessione.
Dunque il nuovo orientamento tecnologico mantiene in tutto e per tutto l’impostazione
precedente e cerca di far coincidere Dio, pietra angolare su cui si fondava ogni conoscenza
e realtà, con la conoscenza e la realtà stesse.
Dal punto di vista psicologico si tratta di una riduzione dell’intelletto dell’uomo non più a
riflesso di un ordine cosmico e divino (come è nei monoteismi) ma a semplice appendice
strumentale.
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Si vedano a tale proposito i lavori di H. Floris Cohen e E. A. Burtt.
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Si può considerare il sistema hegeliano che giustifica e contiene se stesso come lo sviluppo alle sue logiche
conseguenze di questa tendenza presente all’interno della visione scientifica.
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Questo si traduce nel fatto che l’uomo che vive all’interno della visione scientifica non si
sente più padrone dei propri pensieri
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, restringe la sua identità escludendo il flusso di
pensieri, soprattutto quelli che non sono associati in modo lecito, ovvero secondo regole
stabilite.
Questo processo è quello che Freud denominò come terza «mortificazione» intesa come
perdita di valore dell’uomo e che identificò con sua scoperta dell’inconscio;
l’uomo, come dice Freud, «non è più nemmeno padrone in casa sua» ovvero nella sua
personalità, divenuta divisa tra conscio ed inconscio.
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Ora, messi in luce questi punti focali, dobbiamo porci innanzitutto una domanda di
carattere storico: perché la scienza è nata nel diciassettesimo secolo in Europa?
Domanda che tra gli altri si pone Joseph Needham nel suo Scienza e civiltà in Cina,
cercando di capire il perché in Cina non si sia mai sviluppato autonomamente un metodo
scientifico
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.
La sua risposta ha attinenza con il concetto di legge diversamente inteso in occidente ed in
oriente: «[…]Nell’ambito della civiltà occidentale le idee di legge naturale (in senso
giuridico) e di legge di natura (nel senso delle scienze naturali) risalgono a una radice
comune. Nel pensiero cinese, viene da chiedersi, vi fu un’evoluzione analoga a questa?
Fu per i Cinesi più difficile pervenire al concetto di leggi di natura cui ottempera ogni
creatura? Infatti non vi è dubbio che una delle più antiche nozioni possedute dalla civiltà
occidentale era quella dell’analogia esistente tra i legislatori imperiali che sulla terra
emanavano codici di diritto positivo cui gli uomini dovevano obbedire, e la divinità
creatrice celeste, dotata di suprema razionalità, che aveva formulato una serie di leggi cui
dovevano adeguarsi i minerali, i cristalli, le piante, gli animali e le stelle nel loro corso. ».
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Basti pensare che il modo principale di concepire il pensiero della visione scientifica è l’associazionismo
ovvero il concepire i pensieri come entità che si associano tra loro in un modo più o meno meccanico; la
correttezza di un pensiero consiste nella legalità del legame così stabilito.
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Alan W. Watts in Natura uomo donna p. 127 si esprime così: «[…] Siamo come tagliati fuori, confinati per
un verso in un centro limitato di attenzione, che è l’“Io”, e per un altro in un sterminata complessità organica,
che conosciamo solo attraverso sensazioni inquietanti ed indescrivibili, oppure attraverso i tecnicismi della
biologia , e che è il “me”. Lungo la sua storia, l’uomo plasmato dalle culture occidentali si è singolarmente
allontanato da se stesso, e dunque dall’ambiente naturale a cui il suo organismo appartiene.»
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Si parla anche di una scienza cinese e lo stesso Needham non distingue chiaramente il metodo scientifico
occidentale propriamente detto dalle conoscenze possedute prima della sua introduzione in Cina.
Esiste una vasta letteratura di studi che parla di una scienza cinese, una indiana e così via; tuttavia in questo
lavoro ci riferiamo alla scienza unicamente come al metodo scientifico propriamente detto.
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La scienza sarebbe quindi indissolubilmente col concetto di legge positiva emanata da un
Creatore della natura; l’assenza di un Creatore per il pensiero cinese quindi ha causato
l’impossibilità dell’applicazione del concetto di legge all’universo e quindi ha impedito la
nascita della scienza in Cina.
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Tuttavia la visione comune della scienza risponde a questa domanda inquadrandola
nell’ottica del concetto di progresso.
Ovvero che la nascita della scienza sia la conseguenza diretta dello sviluppo tecnologico
che ad un certo punto sfocia in un metodo per rendere più efficaci le ricerche e le
applicazioni tecniche.
Questa soluzione contiene l’errore palese di considerare la tecnologia solo da un punto di
vista scientifico.
In tale prospettiva è lecito chiedersi quali tecnologie abbiano contribuito in modo decisivo
ad un tale cambiamento di paradigma.
Ad esempio si potrebbe considerare il ruolo della balistica e dell’idraulica per Galilei, della
meccanica e della matematica per Cartesio, dell’astronomia per Keplero e Newton e
dell’ottica geometrica per tutti i pensatori di questo periodo.
Basti ricordare come il metodo della prospettiva sia strettamente legato al modus operandi
dell’osservazione scientifica
9
.
Inoltre dall’ottica deriva anche la definizione stessa di res extensa come materia
caratterizzata dalla lunghezza, la larghezza e l’altezza, concetto base per la quantificazione
e dunque l’indagine scientifica.
Senza dimenticare tutti gli strumenti ottici per investigare i corpi celesti o le cellule e quelli
per la misurazione che trasformano fenomeni non percepibili o percepibili con altri sensi
(ad esempio il peso o la pressione) in fenomeni ottici e quantizzabili (la tacca o il numero
scritto sulla bilancia) .
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Il Cinese ha due termini per indicare il concetto di legge: fa e li.
Tuttavia solo il termine di fa traduce propriamente il concetto di legge prescrittiva, ovvero il concetto
occidentale di legge.
Needham propone di tradurre il termine li come “organizzazione”, riferendosi esso ad un ordine intrinseco
delle cose, al quale non si può non aderire e per estensione gli usi e i costumi tradizionali.
Il termine fa applicandosi solamente alle norme positive emanate da un’autorità, non poteva essere utilizzato
nel campo della natura, come accadde in occidente dove l’autorità era quella del Creatore che come un
monarca imponeva le sue leggi all’universo.
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Si veda a tal proposito E. Panowsky, La prospettiva come forma simbolica.
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La prospettiva geometrica può essere definita la rappresentazione visiva della realtà propria della visione
scientifica.
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Tuttavia si potrebbe dimostrare facilmente come tali innovazioni tecnologiche siano venute
a contatto con i pensatori della rivoluzione scientifica nel loro stato embrionale, ovvero
quando erano del tutto prive di formulazione metodologica, dunque secondo la concezione
scientifica quando non erano ancora tecnologie.
Oltre a questo tali prassi vennero prese ad esempio per aspetti diversi dalla funzione pratica
alla quale assolvevano.
Keplero ad esempio mise il sole al centro del suo sistema per ragioni mistiche derivanti da
una concezione del cosmo pitagorica e neoplatonica; Cartesio scelse la geometria e la
matematica come linguaggio del metodo per il senso di certezza che gli ispiravano; allo
stesso modo Newton ipotizzò delle leggi fisiche universali ed eterne che sopperivano al suo
bisogno di sicurezza; Galilei pensava con l’uso della matematica di poter tradurre a colpo
sicuro il linguaggio del libro della natura.
A questo punto è giusto chiarire cosa intendiamo con tecnologia e con scienza.
Con tecnologia si indichiamo un’insieme di mezzi e strategie volti al raggiungimento di
uno scopo.
Nell’accezione comune di tecnologia si intende la tecnologia indirizzata dalla scienza e
dunque solo una piccola porzione del concetto di tecnologia qui definito.
Per scienza, di contro, intendiamo la metodologia che ha per fine l’acquisizione di nuove
conoscenze.
La definizione di tecnologia data sopra comprende molte prassi che comunemente non
vengono incluse in tale concetto.
Ad esempio le pratiche religiose intese come tecniche psicologiche per ottenere vari
benefici (sicurezza in sé stessi, accettazione dell’ambiente in cui si vive eccetera), la
medicina tradizionale, la mitologia, la predizione del futuro.
Nell’accezione comune la tecnologia è tanto più valida quanto permette il raggiungimento
di uno scopo con il minor sforzo possibile, ovvero con il minor impiego possibile di risorse
e di tempo.
Come ha sottolineato il Panowsky ne La prospettiva come forma simbolica, la prospettiva geometrica è stata
la prima scienza a darsi una formulazione matematica rigorosa.
Il processo conoscitivo scientifico è modellato sul paradigma mentale della prospettiva geometrica:
innanzitutto produce una desacralizzazione dello spazio, traducendo una serie di relazioni complesse come
sopra, sotto, dentro, vicino in una serie di proporzioni logicizzate.
In terzo luogo è chiara la relazione della prospettiva con la divisione tra res cogitans e res extensa; il soggetto
è ridotto ad un unico punto di vista immobile ed immateriale identificabile con la res cogitans e la visione è
concepita in competo distacco dove le passioni e i desideri sono visti come fonti di errore.