6
Organizzazione e scopi
Nella prima parte della ricerca (“La formazione nell’ottica del
marketing”) si vuole verificare la liceità e l’opportunità di analizzare
le attività universitarie secondo le teorie succitate, paragonandone le
nozioni con la realtà universitaria e ricavandone, se possibile,
indicazioni operative. Va quindi sottolineato che non si tratta di
meccanica trasposizione, bensì di tentativo di applicazione ad un
oggetto nuovo di teorie e nozioni elaborate per oggetti diversi (le
imprese private).
Successivamente - nella seconda sezione, “Strategie
comunicative” - la ricerca si occupa delle relazioni comunicative che
legano l’università ai suoi vari pubblici di riferimento, limitando
l’analisi per evidenti motivi di spazio e tempo a due di essi: gli
studenti potenziali e quelli effettivi. Prima di analizzare nel quarto
capitolo le ‘comunicazioni universitarie’, nel terzo vengono richiamati
gli elementi contestuali che nel prossimo futuro indurranno gli Atenei
ad incrementare le risorse investite in attività comunicative; oltre alla
crescente concorrenza, legata sia alla crisi economica del welfare sia
al calo demografico, ci si sofferma sul rapido sviluppo (normativo e
fattuale) di quella che viene denominata ‘comunicazione pubblica’.
Volendo quindi illustrare per sommi capi la differenza principale
tra le due sezioni del lavoro, si può dire che l’oggetto della prima
risulta essere il sistema di relazioni economiche che legano vari
soggetti in termini di bisogni, interessi, funzioni, valore, costi e prezzi,
mentre la seconda sezione prende in esame le iniziative comunicative
che l’università mette in atto per dialogare con un numero di soggetti
e organizzazioni che evidentemente include quelli esaminati nella
prima parte, ma ne comprende anche altri.
7
Avvertenza
In qualità di rappresentante degli studenti, sono stato membro del
Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Bologna
per quattro anni, dal 1996 al 1999. Da questo punto di osservazione
privilegiato è stato possibile affrontare molte problematiche inerenti lo
sviluppo del sistema universitario e scoprirne la complessità. La
difficoltà riscontrata poi nel comunicare agli studenti quanto deciso
negli Organi Accademici mi ha indotto a riflettere sull’urgenza di un
massiccio intervento in questo campo da parte dell’università stessa.
Dalla ‘genesi’ appena descritta discende una fondamentale avvertenza
per chi legge questo lavoro; le indicazioni operative di cui è
disseminato non sono desumibili strettamente dall’applicazione di
teorie, bensì risentono evidentemente di una frequentazione
quotidiana e prolungata con la realtà dell’Ateneo bolognese. Mi pare
tuttavia indubbia la legittimità di proporre suggerimenti per l’intero
sistema universitario a partire dal caso dell’Alma Mater, date le sue
dimensioni e la rilevanza nazionale.
Ringraziamenti
Infine, mi pare doveroso ringraziare particolarmente il prof.
Marzocchi, per la fiducia concessami e per avermi coinvolto
nell’indagine sulla qualità percepita dagli studenti per i servizi forniti
dalle segreterie didattiche di Bologna. La mia riconoscenza va anche
al prof. Grandi, per l’attenzione riservata a questo lavoro, tradottasi in
proficui suggerimenti. Per concludere non posso non ricordare il dott.
Franceschetti, per l’interesse dimostrato ed i consigli forniti.
Ovviamente la responsabilità di quanto scritto rimane interamente a
carico dell’autore.
8
Sezione I
La formazione nell’ottica del marketing
9
Dopo una breve esposizione delle principali problematiche
attualmente dibattute in merito alla possibilità di applicazione degli
studi di marketing alla gestione dei servizi pubblici, si propone una
definizione teorica dell’oggetto della ricerca, secondo l’approccio
analitico del marketing. In questo senso viene individuata nella
letteratura di settore la definizione di mercato che meglio si presta al il
nostro oggetto, per poi applicarla e discuterne i risultati.
Nel secondo capitolo, sempre partendo dalla letteratura, vengono
illustrati gli elementi di distinzione fra prodotto e servizio (distinzione
per certi versi sempre più labile), concentrandosi in particolare sul
concetto di “servuction”. A questa parte di descrizione delle
peculiarità dei servizi segue l’analisi delle varie attività universitarie -
anzitutto didattica e ricerca. Sono infine riportati alcuni cenni in
merito alle attività di supporto (“back office”), analizzate in base ai
medesimi elementi.
10
1. Il mercato della formazione
1.1. Marketing e pubblica amministrazione
È una tendenza ormai diffusa e riconosciuta studiare gli enti
pubblici con l’ausilio di strumenti analitici e concettuali creati
nell’area del marketing; questi studi sono anche da ritenersi
l’indispensabile contesto culturale necessariamente preliminare ai
concreti tentativi di riformare la pubblica amministrazione in questi
ultimi anni (legge n. 341/90 e le c.d. “Bassanini” in primis). Con
‘contesto culturale’ intendiamo l’instaurarsi di una mentalità per la
quale la soddisfazione dei bisogni del cittadino diventa obiettivo
primario e consapevole dell’azione della p.a., in opposizione al
comportamento prettamente autoreferenziale che ne aveva in
precedenza caratterizzato l’operato, sino ai giorni nostri.
Sull’argomento, Cesari e Garofani scrivono:
“Un’organizzazione pubblica dovrebbe quindi essere fortemente
interessata al marketing, proprio per evitare la tendenza
all’autoreferenzialità tipica dei sistemi chiusi agli stimoli ambientali e
delle organizzazioni di tipo burocratico.”
1
1
Cesari, M. e Garofani, A. (1991), Il marketing nei servizi pubblici, Milano, ETAS, p. 28.
11
Ma l’applicazione del marketing e dei suoi principi all’azienda
pubblica è oggetto di accesi dibattiti sull’opportunità di una meccanica
e completa assimilazione del cittadino a “cliente”, contrapposta alla
necessità di una rielaborazione adattiva dei suddetti concetti alle
perduranti peculiarità del rapporto che intercorre tra p.a. e cittadino.
Ancora nel 1991 Cesari e Garofani potevano scrivere:
“non esiste tuttora un atteggiamento univoco da parte dei teorici
del marketing sulla possibilità di utilizzare questa metodologia nelle
organizzazioni che non operano sul mercato in regime di concorrenza
e che non perseguono fini di lucro.”
2
Non si tratta soltanto di un dilemma terminologico (il “cittadino”
può vantare alcuni diritti nei confronti dello Stato in quanto suo
“cliente”, oppure è il consumatore che gode di alcune garanzie nei
confronti delle aziende in quanto cittadino, garantito dallo Stato?);
dietro ad esso infatti si ritrova il dibattito sopra richiamato. Meloni
afferma:
“premesso che si reputa di grande utilità l’uso intelligente delle
teorie organizzativo-gestionali elaborate con riferimento al sistema
delle imprese anche per la comprensione delle organizzazioni
pubbliche (tanto che si concorda sull’ipotesi che una delle cause del
differenziale di efficienza tra pubblica amministrazione e imprese [...]
stia nell’inadeguatezza della strumentazione analitica con cui
vengono affrontate le problematiche della prima rispetto alle
seconde); che pertanto in sede scientifica si reputa corretto l’utilizzo
per analogia della struttura della relazione fornitore/cliente in
riferimento al rapporto amministrazione/cittadino e,
conseguentemente, anche l’uso del termine cliente; ciò nonostante
non si reputa opportuno utilizzare tale termine nell’ambito della
pubblica amministrazione, perché costituisce elemento di ambiguità
2
Cesari, M. e Garofani, A. (1991), p. 28.
12
anziché di auspicata chiarezza per l’identificazione della nuova
posizione di protagonista giustamente rivendicata dal cittadino.”
3
Concordiamo con Meloni nel riconoscere l’esistenza di
differenze costitutive tra la logica seguita dall’azienda e quella dello
Stato. L’obiettivo dell’impresa resta il profitto, da perseguire
utilizzando svariate strategie, tra cui l’attenzione per la soddisfazione
del cliente, ritenuta oggi il modo più efficace per difendere nel lungo
periodo una posizione di vantaggio da una concorrenza sempre più
agguerrita.
Nella pubblica amministrazione, invece, la soddisfazione del
cittadino utente dovrebbe essere (almeno teoricamente, data
l’autoreferenzialità sopra menzionata) lo scopo stesso dell’azione,
anche quando ciò comportasse scelte estranee (e addirittura opposte)
alla logica del profitto. Come sottolineato da Meloni, tuttavia, questa
differenza strutturale non preclude il tentativo di conciliare le due
logiche tutte le volte che ciò risulti possibile, esigenza accentuata dalla
attuale crisi finanziaria del modello di welfare state.
Circa l’applicabilità degli strumenti di marketing allo studio della
pubblica amministrazione, una posizione interessante è quella tenuta
da Mele; egli infatti non solo ritiene corretta questa trasposizione in
quanto “La presenza dello Stato [...] non può modificare la «relazione
tra l’impresa ed i suoi consumatori»”, ma ne ribalta la prospettiva:
“Del resto anche nelle aziende private il marketing non è
considerato una pratica speculativa. [...] Il marketing non è una
pratica «antisociale» anche e soprattutto perché non può ignorare
taluni vincoli quali: il rispetto dell’etica degli affari (dell’azienda e
dei suoi dipendenti), della legalità, delle esigenze sociali, delle
responsabilità sui prodotti, ecc.”
4
3
Meloni, R. (1996), Progetto di un’attività formativa per il miglioramento della qualità dei servizi
amministrativi resi all’utenza dell’Ateneo cagliaritano, in “Formazione pubblica a confronto”,
Torino, CELID, p. 160.
4
Mele, F. (1993), Strategie e politiche di marketing delle imprese di pubblici servizi, Padova,
CEDAM, pp. 53-54.
13
La connotazione del marketing espressa da Mele ci introduce ad
un elemento che favorisce la tendenza ad una ‘cooperazione’ tra
modelli teorici e gestionali aziendali e riorganizzazione della p.a.; si
tratta dello sviluppo, all’interno della disciplina, del “marketing
sociale”. Questo nuovo filone (che si può fare risalire in primis a
Philip Kotler) si occupa di un fenomeno in costante crescita e sempre
più diffuso (le organizzazioni “non profit”), che per sue caratteristiche
peculiari non rientrava nei sistemi concettuali fino a quel momento
elaborati nell’ambito del marketing classico.
Lambin, richiamando le ipotesi implicite del lavoro di Kotler,
molto simili alla posizione di Mele, così le riassume:
“I desideri dei consumatori non coincidono per forza di cose con
i loro interessi di lungo termine, né con quelli della collettività. I
consumatori accordano la loro preferenza alle organizzazioni che
danno prova di preoccuparsi realmente sia del benessere del singolo
che di quello della collettività. Lo scopo primario dell’organizzazione
è adattarsi ai mercati in modo da generare non solamente la
soddisfazione, ma anche il benessere individuale e collettivo, al fine di
attirare e rendere fedele la clientela.”
5
Se da un lato è evidente che lo Stato non si può identificare
interamente con l’organizzazione non profit, dall’altro ne condivide
alcuni tratti; il marketing sociale costituisce pertanto un interessante
esempio di trasposizione e adattamento di concetti elaborati nell’area
del profitto ad organismi che ne sono estranei.
Il ricorso al marketing sociale non si rivela utile solamente per
chi intende studiare la complessità della Pubblica Amministrazione,
ma ancora più auspicabile sarebbe la sua adozione da parte della p.a.
stessa come primo passo della sua riorganizzazione. In tal senso, una
definizione ‘operativa’ di marketing sociale ci viene proposta da
Cesari e Garofani:
“ ...lo strumento finalizzato ad orientare il sistema organizzativo
a fornire servizi alla collettività che rispondano realmente,
5
Lambin, J.J. (1996), Marketing strategico, Milano, McGraw-Hill, p. 47.
14
tempestivamente e flessibilmente ai concreti bisogni soggetti a
continui cambiamenti in un ambiente a sua volta mutevole, con ritmi
sempre più accentuati. [...] Il marketing sociale deve, infatti,
impegnare l’ente pubblico a monitorare costantemente i bisogni e le
aspettative dei cittadini”.
6
In questo ambito, brevemente richiamato, si collocano gli studi
sui servizi forniti dagli enti pubblici, sulla loro qualità, sui loro costi e
sul livello di soddisfazione percepito dalla cittadinanza che ne fruisce;
si tratta del primo risultato concreto di una (nuova o riscoperta)
doverosa attenzione al giudizio dei cittadini - utenti.
Sono ormai numerose ad esempio le ricerche sui complessi e
delicati servizi sanitari (da cui partono tentativi per una loro
complessiva riorganizzazione), così come frequenti risultano essere
quelle commissionate dalle aziende municipalizzate sulla
soddisfazione per il sistema di trasporti pubblici urbani. Infine vanno
ricompresi in questo ambito gli studi svolti sul sistema ferroviario e
postale, o sulle modalità di pagamento di tutti i tipi di contributi
erariali.
1.1.1 Il servizio pubblico ‘formazione universitaria’
Rispetto alla tendenza ora descritta, risulta più difficile rinvenire
studi in tal senso aventi per oggetto il servizio pubblico ‘formazione
universitaria’; l’opinione pubblica sembra avere poca coscienza del
fatto che le Università sono strutture pubbliche tanto quanto le
Ferrovie dello Stato o le Poste Italiane.
Ciò in larga parte è certamente da ricondurre alla enorme
differenza dei rispettivi campi di attività, così come alla spiccata
individualità che ciascun Ateneo ha sviluppato nei confronti del
sistema universitario nazionale.
Permane dunque l’impressione di una difficoltà a focalizzare la
formazione universitaria nella sua natura pubblica, intesa sia come un
6
Cesari, M. e Garofani, A. (1991), p. 33.
15
interesse collettivo da tutelare sia (e soprattutto) come massiccio
utilizzo di denaro pubblico per finanziarla. Si pensa infatti che le tasse
pagate dagli studenti costituiscano la principale fonte di finanziamento
delle Università, questo giudizio rivelando la persistente difficoltà dei
cittadini a percepire i reali costi dei servizi pubblici (essendo
relativamente pochi gli anni trascorsi da quando si è iniziato a
concepire lo Stato come azienda guidata dai principi di efficienza ed
efficacia). A ciò probabilmente contribuisce anche il numero -
relativamente esiguo - di fruitori, che può ulteriormente allontanare,
nella percezione collettiva, tale servizio dalla nozione di ‘pubblico’
nell’accezione di ‘generale’.
Da un punto di vista storico, inoltre, quasi tutti i servizi pubblici
sopra citati sin dall’origine sono stati prerogativa dell’intervento
statale, mentre le Università sono nate ‘libere’ e questa loro
caratteristica si ritrova anche oggi nel particolare regime di autonomia
di cui godono garantito dallo Stato, pur dipendendone quasi
totalmente per quanto riguarda le risorse.
In ogni caso, qualunque ne sia la causa, non ritroviamo ricerche
sui servizi universitari con la frequenza che riscontriamo nel caso di
altri servizi pubblici.
1.1.2 Definizione del campo di analisi
Dopo questa preliminare ricostruzione del contesto nel quale si
vuole situare il presente lavoro, possiamo iniziare a circoscrivere la
nostra attenzione sull’oggetto specifico del nostro studio: la
formazione universitaria.
“Formazione” è termine molto diffuso in questo periodo e, come
spesso accade, l’uso frequente di una parola può portare con sé rischi
di abuso e quindi incertezze sul suo reale significato. Occorre chiarire
il concetto generale e, successivamente, quello dei termini
“formazione professionale”, “formazione permanente”, “superiore”,
“aziendale”. Dove si colloca la formazione universitaria? La nostra
ricerca si concentrerà principalmente su quest’ultima, senza tuttavia
16
porre limiti troppo rigidi, dato che la definizione di “mercato” che
utilizzeremo consentirà prospettive trasversali.
L’università è un’organizzazione molto complessa sia dal punto
di vista delle persone coinvolte (si pensi alle differenze tra la
professione di docente e quella del personale tecnico-amministrativo,
alla figura dello studente, del ricercatore, del docente a contratto) sia
riguardo alle attività che in essa si svolgono (anzitutto didattica e
ricerca). Conseguentemente uno studio che volesse verificare la
soddisfazione dell’utenza nei confronti di questo particolare servizio
pubblico necessita di un’elaborata ricerca preliminare di
identificazione delle attività universitarie e dell’utenza di ciascuna di
esse.
Va infine precisato che l’ambito spaziale della presente ricerca
sarà principalmente il sistema universitario italiano (ed in particolare
l’Università di Bologna); questo perché, trattandosi di uno studio
eminentemente qualitativo, un confronto significativo con sistemi
universitari (considerati nella loro globalità) di altri Paesi
comporterebbe una conoscenza particolarmente approfondita e
completa non solo di dati quantitativi circa le principali variabili in
gioco (quadro normativo, consistenza della popolazione studentesca
commisurata al numero di abitanti, percentuale di studenti in corso,
rapporto immatricolati - laureati ecc.) ma anche del concreto
svolgimento quotidiano delle attività universitarie. Questo tuttavia non
esclude di tenere presenti le situazioni di altri Paesi nell’analizzare
singole caratteristiche e/o problematiche dell’università italiana.