Lo scopo di questa tesi è definire il tema dell’educazione
interculturale che si delinea attraverso tre capitoli: 1) Migrazioni e
Educazione interculturale; 2) La Cultural Diversity in Europa.
Iniziative interculturali dell’Unione Europea; 3) L'educazione
interculturale nella scuola italiana.
Nel primo capitolo si cercherà di fornire una panoramica del
fenomeno della globalizzazione e delle migrazioni in Europa e in
Italia, al fine di introdurre l’educazione interculturale e i concetti
ad essa collegati.
Questa si qualifica come “educazione alle differenze” che ci sono
dentro ciascuno di noi, negli altri e nel contesto sociale. E’
soltanto nella relazione che comprendiamo l’altro e capiamo
meglio noi stessi.
Mentre la dimensione multiculturale, che appare oramai come
dato di fatto, mette in risalto il mutuo rispetto e la tolleranza per
le differenze culturali all’interno dei confini di una nazione,
Intercultura significa qualcosa di più. Si tratta di una dimensione
che va oltre il multiculturalismo, non si accontenta della
compresenza e della semplice tolleranza (che rischia,
ambiguamente, di perpetuare complessi di superiorità o di
diventare indifferenza) ma cerca l’interazione, il confronto, lo
scambio e l’arricchimento reciproco, che bisogna saper
riconoscere, attraversare e gestire con le conoscenze, le
competenze giuste, nel rispetto dell’integrità e della dignità di noi
2
stessi e degli altri. Per tale ragione bisognerebbe sviluppare un
pensiero nomade e migrante, capace di spostarsi tra idee diverse, di
capire le differenze, di cercare le possibili connessioni e
integrazioni, di coniugare dialetticamente insieme identità e
alterità, uguaglianza e differenza, vicino e lontano.
L’intercultura, del resto, nasce dall’incontro tra persone e non tra
le culture astrattamente intese e si può intendere come fase
propedeutica al processo di integrazione socio-culturale ed alla
costruzione di network interculturali, in modo da rappresentare
un ottimo contributo alla comprensione internazionale e alla
gestione dei problemi posti dal fenomeno migratorio, al fine di
promuovere la diversità culturale orientata al dialogo
interculturale.
Si procederà, quindi, nel secondo capitolo con la definizione
del concetto di Cultural Diversity che sta riguardando sempre più
l’Europa.
L’allargamento dell’Unione Europea, la deregulation delle leggi
sulla politica migratoria e la globalizzazione hanno contribuito ad
accrescere la multiculturalità in molti Paesi, con il risultato di
incrementare il numero di lingue, religioni e tradizioni etniche e
culturali presenti nel continente. Data la situazione, il dialogo
interculturale inizia a svolgere un ruolo sempre più importante
nell’incoraggiare l’identità e la cittadinanza europea. Infatti, il
2008 è stato dichiarato “Anno Europeo del Dialogo Interculturale
3
(AEDI)” per incoraggiare tutti coloro che vivono in Europa ad
esplorare tradizioni culturali diverse.
Nel terzo capitolo verrà rappresentato il ruolo
dell’educazione interculturale nella scuola italiana, attraverso il
percorso normativo avviato dal Ministero della Pubblica
Istruzione a proposito dell’integrazione scolastica degli alunni
stranieri. Infatti, la scuola rappresenta un vero e proprio “magico
mosaico dell’intercultura”, assumendo un ruolo importante nel
percorso di integrazione socio-culturale degli immigrati.
Essa costituisce il terreno privilegiato per creare quello spazio di
scambio tra sistemi culturali in grado di permettere una reale
comprensione delle differenze ed un’adeguata integrazione, senza
svalutare l’alterità dell’altro, né considerare impossibile il
confronto. Inoltre, ha il compito di elaborare un processo
educativo e didattico capace di realizzare il passaggio da un
pensiero chiuso a un pensiero inter-trans-culturale.
Al fine di approfondire le condizioni dell’accoglienza e
dell’integrazione scolastica in Italia di bambini e ragazzi stranieri,
sarà fondamentale l’esame del documento dell’ottobre 2007
elaborato dall’ “Osservatorio nazionale per la scuola
interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri”, nel quale la
classe interculturale si presenta, in sintesi, come un luogo di
scambio con l’esterno, uno spazio di costruzione identitaria di
tutti gli alunni, dove compito dell’insegnante sarà di favorire
4
l’ascolto, il dialogo, la comprensione nel senso più profondo del
termine.
A conclusione del terzo capitolo verrà presentata la metodologia
della “progettazione di azioni interculturali”, la quale è venuta
progressivamente maturando come intervento su situazioni-
problema in base alle tempistiche e alla loro consistenza/gravità.
Ogni intervento è inteso sempre come tentativo di migliorare la
situazione.
E’ parso utile inquadrare la trattazione del fenomeno
migratorio e delle problematiche scolastiche, presentando anche
alcuni dati statistici, particolarmente indicativi, che consentono di
inserire gli interventi e le soluzioni progettuali in un quadro
d’insieme, chiarendo meglio la portata del tema trattato e le sue
implicazioni.
Nelle note conclusive saranno elaborate le considerazioni finali e
tracciate le linee di tendenza futura.
L’Appendice offre, infine, come motivo di approfondimento, i
riferimenti relativi ai documenti citati nel corso della tesi.
5
CAPITOLO I
Migrazioni e Educazione interculturale
Negli ultimi anni la <<globalizzazione>> è divenuta un
argomento familiare: popoli e culture, un tempo sconosciuti,
diventano sempre meno estranei. Agli inizi degli anni Novanta, il
sociologo A.Giddens ha dato il suo significativo contributo alla
diffusione del concetto di globalizzazione, definendolo come
“l’intensificazione di relazioni sociali mondiali che collegano tra
loro località distanti facendo sì che gli eventi locali vengano
modellati dagli eventi che si verificano a migliaia di chilometri di
distanza e viceversa”
1
.
Questo fenomeno implica un declino dei confini statali come
barriere formali o informali ai flussi e alle interazioni economiche
e culturali.
La maggior parte dei processi generati dalla globalizzazione
vengono attribuiti ai mutamenti che provoca nella sfera
economica: un’accresciuta importanza dei mercati mondiali per
le economie nazionali, derivata dalla liberalizzazione del
commercio internazionale, dall'integrazione dei mercati
1
A.Giddens, Le conseguenze della modernità, il Mulino, Bologna, 1990, p.71.
6
finanziari mondiali e dalla riorganizzazione spaziale della
produzione. Per tutte queste motivazioni si potrebbe affermare
che la globalizzazione risulta un fenomeno esclusivamente
economico, ma esiste anche una forte connessione tra il processo
di globalizzazione, la mobilità delle persone e la loro cultura.
Infatti, la globalizzazione rappresenta anche un fenomeno
culturale, che viene richiamato dalla diffusione dei mezzi di
comunicazione e delle nuove tecnologie informatiche, le quali
fanno sì che la sfera culturale assuma un ruolo di primo piano
nell’ambito della globalizzazione. Ne sono un esempio i
movimenti sociali a carattere internazionale, i sempre più
consistenti flussi turistici e soprattutto il fenomeno migratorio che
determina l’incontro tra culture, tradizioni e storie diverse
2
.
Le migrazioni sono un evento piuttosto frequente nella storia
dell’umanità. Uomini, donne, bambini, anziani, lasciano luoghi
familiari e si incamminano verso nuove mete. La migrazione è
un’esperienza composita che presenta luci e ombre sia per le
comunità e i paesi di origine che per quelli di accoglienza, e
anche per gli stessi migranti
3
.
Le grandi migrazioni internazionali non rappresentano nulla
di nuovo nella storia dell’uomo, se non fosse per l’importanza e le
2
Cfr. Andreatta F., Clementi M., Colombo A., Koenig-Archibugi M., Parsi
V.E., Relazioni internazionali, il Mulino, Bologna, 2007.
3
Cfr. UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione), Lo stato della
popolazione nel Mondo 2008. Punti di convergenza:cultura, genere e diritti umani,
Edizione italiana a cura di AIDOS, 2008.
7
dimensioni che il fenomeno sta assumendo sempre di più. Esse
giocano un ruolo di estremo rilievo nell’attuale processo globale
di cambiamento sociale, economico e politico e rappresentano, al
tempo stesso, il fattore trainante e conseguenza di tali
trasformazioni globali. Si può parlare di una <<globalizzazione
delle migrazioni internazionali>>
4
che si manifesta attraverso la
graduale crescita del numero di paesi interessati (sia di
provenienza sia di arrivo), e registra l’intervento all’esperienza
migratoria di paesi e popoli che prima ne erano esclusi. Infatti,
nella fase attuale, la spinta a emigrare è diffusa quasi in tutti i
paesi del Sud del mondo, i quali rappresentano i nuovi
protagonisti del processo migratorio, diversi da quelli del passato,
poiché la grande “impresa” migratoria era vissuta dagli europei.
Inoltre è difficile individuare chiaramente la direzione dei flussi
dominanti, poiché i flussi che si originano dai paesi del Sud del
mondo, si dirigono dappertutto.
Un punto fondamentale per spiegare questo passaggio e
interpretare la natura dei processi, che hanno luogo
nell’economia mondiale e che determinano i flussi migratori, è
comprendere che le moderne migrazioni sono in rapporto diretto
con il problema del sottosviluppo che affligge un gran numero di
Stati nel mondo: ciò indica una tipologia delle spinte migratorie,
4
M.I.Macioti, E.Pugliese, L’esperienza migratoria. Immigrati e rifugiati in Italia,
Editori Laterza, Roma-Bari, 2006, p.4.
8
ovvero lo spostamento di masse di persone da aree disagiate ad
aree economicamente più floride. Gli Stati destinatari dei flussi
migratori, ed economicamente più sviluppati, non sono
“semplicemente protagonisti passivi di questo processo”
ma,
l’immigrazione contribuisce alla gestione delle strette
interconnessioni esistenti tra il mercato del lavoro, la produttività
ed il governo di un’economia globale.
In sintesi, la globalizzazione che, come già affermato, influisce
sempre di più nell’economia, nella politica, nel mercato del
lavoro ma anche sugli scambi culturali, raffigura quei significativi
cambiamenti, registrati sia in Europa, sia su scala globale, che
hanno inciso profondamente sul carattere delle migrazioni
internazionali e sulla collocazione degli immigrati nelle società di
arrivo.
9
1.1 Il governo delle politiche migratorie nel quadro
dell’Unione Europea
La breve analisi del processo di globalizzazione,
precedentemente delineata, permette di comprendere la
situazione dell’Europa relativa al fenomeno migratorio in
generale, e poi rispetto al percorso normativo dell’Unione
Europea in materia di immigrazione, che verrà tracciato in
maniera dettagliata; ne conseguirà, al paragrafo successivo, la
descrizione delle caratteristiche del movimento migratorio in
Italia.
Nel secolo XIX e i primi decenni del XX, le migrazioni
riguardavano principalmente persone originarie delle zone più
depresse dell’Europa, dirette verso paesi caratterizzati da un forte
sviluppo economico e industriale.
Inizialmente, l’Europa si sente minacciata dal susseguirsi di
ondate migratorie che vorrebbe impedire, difendendo le sue
frontiere; in modo particolare all’interno dei paesi di
destinazione, si rivela la mancanza di una tradizione in materia
di politiche di immigrazione.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, inizia soprattutto per l’Europa
nord-occidentale, un periodo di industrializzazione rapida, e si
registra da parte delle imprese una forte domanda di lavoro non
qualificato. Ma nel 1973, la crisi petrolifera e il periodo di
10
recessione che ne segue sono alla base del turning-point delle
politiche migratorie dei paesi dell’Europa nord-occidentale, i
quali attuano una vera e propria inversione di tendenza e iniziano
a adottare le prime politiche di stop, più restrittive nei confronti
dei nuovi ingressi di immigrati. Inizia a diffondersi quindi, un
orientamento piuttosto rigido delle politiche migratorie volto a
regolamentare e tutelare la presenza e l’inserimento degli
immigrati nel contesto della società di accoglienza, che si rende
esplicito attraverso un aumento progressivo dei requisiti e delle
condizioni che questi paesi pretendono dai loro potenziali
immigranti per l’ammissione e la permanenza nel paese. Infatti,
la caratteristica tipica di tutti i paesi d’Europa (sia quelli di antica
che quelli di nuova immigrazione), riguarda l’istituzione di una
politica di rigoroso controllo degli ingressi legali. Anche gli
organismi internazionali iniziano a elaborarne una propria che ha
un peso sempre maggiore nell’orientamento delle politiche
migratorie (verranno analizzate in proposito, le tappe
fondamentali del percorso normativo intrapreso dalla Comunità
Europea, in materia di politica migratoria)
5
.
A tal proposito, la sociologa M.I.Macioti crede che sia
…meglio, comunque, muoversi secondo linee di apertura e
comprensione, in accordo con i tempi; (...) Meglio
ipotizzare e tentare le vie per un’Europa aperta alle istanze
che giungono da altre popolazioni, che si proponga di
5
Cfr. M.I.Macioti, E.Pugliese, op.cit.
11
offrire la possibilità di inserimenti dignitosi, a vari livelli, a
chi la abita, piuttosto che relegare gli immigrati nei più
bassi livelli della scala lavorativa e sociale, che vivere in
un’Europa delle diseguaglianze erette a sistema
6
.
Negli ultimi vent’anni, dopo la caduta del muro di Berlino, ed a
seguito di profondi mutamenti della società postindustriale
(rivoluzione microelettronica, espansione del terziario e aumento
dei lavori part-time), si assiste ad una modificazione e ad un
riassestamento della geografia delle migrazioni internazionali. Un
primo cambiamento ha invertito la tendenza dell’Europa, che da
Paese di emigrazione come nel passato, è divenuta un Paese mèta
di flussi migratori.
In un primo momento, i paesi che accolgono il maggior numero
di immigrati sono Francia, Svizzera, Belgio, Gran Bretagna,
Germania e Svezia. Solo negli anni Settanta appare una “grande
novità”
7
, che caratterizza l’immigrazione in Europa,
rappresentata da paesi come l’Italia, la Spagna, il Portogallo e la
Grecia che divengono meta di flussi migratori.
Progressivamente, l’esponenziale aumento della immigrazione in
Europa, è caratterizzato da parte di popolazioni dei Paesi in via
di sviluppo. La tendenza globale è comunque una migrazione
6
M.I.Macioti (a cura di), Per una società multiculturale, Liguori Editore, Napoli,
1995, p.17.
7
M.I.Macioti, E.Pugliese, op.cit., p.4.
Si intende definire con precisione che si tratta di una novità ormai consolidata
da trent’anni, per quanto riguarda questi paesi dell’Europa meridionale, che
hanno alle spalle un passato di emigrazione.
12