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In vista di un possibile impiego del rotenone in Italia come mezzo alternativo di
lotta ammissibile anche in apicoltura biologica, è stata condotta presso la sezione di
Entomologia del Di.Va.P.R.A. un’indagine di laboratorio mirante a determinare le soglie di
tossicità per l’ape e per il parassita. La sperimentazione ha avuto luogo da fine maggio a
metà settembre 2007. Le prove sulle api sono state condotte per ingestione e per contato
indiretto in gabbiette entomologiche di plexiglas con rilevamenti della mortalità fino a 72
ore, mentre quelle sulla varroa hanno richiesto verifiche per contatto diretto ed indiretto in
capsule Petri di plastica con due controlli a 24 e 48 ore. In entrambi i casi il materiale
biologico è stato posto in una stanza buia con temperatura ed umidità controllate (30°C ed
80% U.R.) per simulare le condizioni ambientali dell’alveare. Nelle prove per ingestione le
api hanno avuto a disposizione per un’ora sciroppo zuccherino contenente rotenone,
mentre in quelle per contatto indiretto sono state esposte per tre ore a foglie
precedentemente irrorate con una sospensione di rotenone in acqua e fatte asciugare. In
prove successive per contatto indiretto sulle varroe si sono adottati come supporti del
prodotto carta da filtro e paraffina, mentre in quella per contatto diretto si sono impiegati
farina e caolino; in entrambi i casi l’esposizione è durata quattro ore.
Le concentrazioni saggiate oscillano fra 50 e 1.000 ppm ed i risultati ottenuti nelle
prove tossicologiche sulle api hanno evidenziato livelli di mortalità non significativamente
superiori a quella naturale per le concentrazioni di 200 ppm per ingestione e 100 ppm per
contatto. La sperimentazione effettuata sulle varroe a tali concentrazioni ha consentito di
confermare l’efficacia acaricida del rotenone, grazie ad una elevata mortalità degli
individui in tutte le prove. Resta la necessità di completare questa indagine effettuando
prove sperimentali direttamente negli alveari, al fine di accertare l’effettiva mortalità di api
ed acari in situazioni esterne a quelle di laboratorio e di verificare l’eventuale accumulo di
residui nei prodotti dell’alveare che esporrebbe il consumatore a rischi non trascurabili.
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1. Introduzione
1.1 Cenni di apicoltura
L'ape è un Imenottero sociale organizzato in famiglie poliennali, matriarcali e
monoginiche che arrivano ad avere all'inizio dell'estate anche più di 80.000 individui. Le
api allevate in Europa e diffuse in buona parte del mondo (Africa, Americhe ed Oceania)
appartengono alla specie Apis mellifera L. che comprende razze tropicali, diffuse in Africa,
e temperate, diffuse in Europa e Medio Oriente. Fra le razze europee, le più importanti da
un punto di vista economico sono A. m. mellifera L., A. m. carnica Pollmann ed A. m.
ligustica Spinola, quest'ultima originaria della penisola italiana anche se oggi è diffusa in
molte zone del mondo.
L'uomo ha da lungo tempo scoperto le proprietà nutrizionali e curative dei prodotti
dell'alveare ma, solo a partire dalle civiltà mesopotamiche ed egizia, circa 6.000 anni fa, lo
sfruttamento del lavoro delle api è passato ad una forma di allevamento, che garantiva
produzioni più cospicue rispetto alle precedenti tecniche di caccia e saccheggio delle
colonie selvatiche; queste tecniche sono tuttora praticate in molti paesi in via di sviluppo di
Africa e sud-est asiatico in cui mancano sia adeguate conoscenze sulla biologia dell'ape sia
mezzi tecnici e finanziari per praticare un'apicoltura sviluppata.
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1.1.1 La vita nell'alveare
Divisione in caste e sviluppo preimmaginale
In una famiglia si trovano tre forme distinte di individui (Fig. 1.1): una femmina
feconda, la regina, molte migliaia di femmine sterili, le operaie, e qualche centinaio di
maschi fertili, i fuchi, presenti solo nella bella stagione. Le caste sono due, e sono
rappresentate dagli anfigonici, regina e fuchi, e dagli individui sterili, le operaie. A livello
genetico i maschi si distinguono dalle femmine perché sono aploidi (n=16), sviluppandosi
da uova non fecondate, mentre regina ed operaie sono diploidi (2n=32) e geneticamente
uguali fra loro; le profonde differenze morfologiche e fisiologiche esistenti fra esse sono
originate unicamente dal diverso regime alimentare durante lo sviluppo preimmaginale e
dall’azione di parecchi feromoni che interagiscono con complessi meccanismi.
Fig. 1.1 – Regina, operaia e fuco di A. mellifera L.
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Lo sviluppo preimmaginale (Fig. 1.2) delle operaie si compie nelle cellette di
covata che occupano entrambe le facce dei favi (per A. m. ligustica circa 400 celle/dm2 su
ciascun lato) nell'arco di 21 giorni, con una certa variabilità a seconda delle condizioni
ambientali, passando per cinque età larvali, una fase prepupale ed uno stadio di pupa, fino
ad arrivare allo sfarfallamento della giovane ape adulta; alle larve viene somministrato per
i primi tre giorni un secreto ghiandolare di consistenza gelatinosa prodotto dalle operaie
nutrici cui viene aggiunto, per i restanti due giorni antecedenti l'opercolatura, un impasto di
polline, miele ed acqua.
Le larve destinate a diventare regine vengono invece allevate in apposite celle reali,
costruite a partire da cupolini distribuiti normalmente lungo i bordi dei favi, in caso di
preparazione alla sciamatura naturale, o nel caso in cui la famiglia sia rimasta orfana,
anche in mezzo ad essi, a partire da cellette contenenti uova precedentemente deposte dalla
vecchia regina o larve di età non superiore ai tre giorni. Lo sviluppo preimmaginale dura
16 giorni e la dieta delle larve è costituita esclusivamente da “gelatina reale”, di
composizione leggermente diversa rispetto a quella somministrata ad operaie e fuchi.
Il lasso di tempo intercorrente fra la deposizione di un uovo non fecondato e lo
sfarfallamento di un fuco è di 24 giorni, e lo sviluppo avviene in cellette simili a quelle da
operaia, ma di dimensioni leggermente superiori e poste in zone periferiche dei favi. Anche
l'alimentazione è analoga a quella ricevuta dalle larve di operaia.
Fig. 1.2 – Sviluppo preimmaginale di operaie, fuchi e regine.
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Compiti
L'individuo fondamentale dell'alveare è la regina, l'unica in grado di deporre le
uova, fecondate o meno, per garantire la sopravvivenza della colonia nel tempo. In casi
eccezionali la deposizione può raggiungere valori di 3.000 uova al giorno. Tutti gli
individui di una famiglia sono figli della stessa regina, di conseguenza la sua attività
influisce sulla consistenza della popolazione ed il suo genoma influenza tutte le
caratteristiche genetiche delle api presenti; per questo nell'apicoltura razionale si pone
particolare attenzione alla selezione e fecondazione delle regine. La regina produce una
moltitudine di feromoni che regolano l'attività della colonia, ne garantiscono la coesione e
consentono di stabilire le gerarchie anche grazie all'inibizione ovarica nei confronti delle
operaie, alcune delle quali, dette operaie ovificatrici, potrebbero in particolari casi essere
altrimenti in grado di deporre uova, ovviamente non fecondate. Le regine hanno
un'aspettativa di vita di cinque anni, ma già a partire dal terzo l'efficienza di ovideposizione
cala notevolmente, per cui nell'apicoltura professionale si tende a sostituirla ogni due anni.
Il principale compito dei fuchi è quello di accoppiarsi con le regine vergini, benché
possano contribuire anche al riscaldamento della covata ed alla circolazione degli alimenti
all'interno dell'alveare. Gli accoppiamenti avvengono in volo, in luoghi ben definiti, in
giornate calde, soleggiate e senza vento dalla primavera alla tarda estate, dove si radunano
in gruppi con volo caotico migliaia di fuchi, provenienti da vari apiari nel raggio di quasi
10 km. Quando una regina vergine esce in volo da un alveare decine di maschi la
inseguono come una nube a forma di cometa; uno alla volta, fino ad una ventina di fuchi si
possono accoppiare con essa consentendole di immagazzinare fino a sette milioni di
spermatozoi nella spermateca, sufficienti a garantirle tre o quattro anni di ovideposizione.
Il fuco dopo l'accoppiamento è destinato a perire a causa della rottura dell'endofallo
durante la fase di distacco dalla regina dopo l'accoppiamento stesso. La durata media della
vita di un fuco è di una cinquantina di giorni e la piena maturità sessuale viene raggiunta
intorno al trentesimo.
I compiti delle operaie sono estremamente numerosi e vari, ed in linea di massima
possono essere correlati all'età dell'ape adulta, benché anche individui in età differenti
possano adattarsi a svolgere determinati compiti se ciò si rende necessario. Si parla di
polietismo temporale delle operaie (Fig. 1.3). La vita dell'ape nello stadio immaginale può
essere principalmente suddivisa in due fasi, ciascuna della durata teorica di 21 giorni: la
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prima in cui svolge i lavori all'interno dell'alveare (ape di casa), e la seconda in cui diventa
esploratrice e bottinatrice (ape di campo). L'ape di casa per i primi tre giorni successivi allo
sfarfallamento si dedica fondamentalmente alla pulizia delle cellette che dovranno ospitare
nuova covata; dal quarto al tredicesimo giorno diventa nutrice, occupandosi prima delle
larve più anziane offrendo loro l'impasto di polline, miele ed acqua di cui necessitano ed in
seguito somministrando gelatina reale, prodotta grazie alle ghiandole ipofaringee
particolarmente sviluppate in questo periodo, alle larve di meno di tre giorni di età ed alle
larve in fase di sviluppo nei cupolini reali. In seguito le ghiandole ipofaringee regrediscono
mentre si attivano quelle ceripare, per cui l'ape diventa ceraiola e si dedica alla costruzione
e riparazione dei favi destinati ad ospitare covata e scorte. Per i restanti quattro o cinque
giorni prima di diventare bottinatrice svolge gli importanti compiti di ricezione ed
immagazzinamento nei favi di nettare e polline, di difesa della colonia dagli intrusi (ape
guardiana), e di ventilazione, essenziale per regolare temperatura, umidità e tenore di
anidride carbonica all'interno dell'alveare. Durante tutto questo periodo l'ape compie dei
voli di orientamento al fine di capire il posizionamento del proprio nido e per ispezionare
la zona circostante alla ricerca di fonti di alimenti o acqua (ape esploratrice). Per altre tre
settimane circa compie frequenti voli di bottinamento fino ad una distanza di 3 km
dall'alveare per fornire alla colonia nettare, polline, acqua e propoli. Approssimativamente
un terzo delle api di una colonia sono bottinatrici, anche se tale proporzione aumenta in
famiglie molto consistenti.