I primi due, con modalità e intenti diversi, hanno presentato Maria Maddalena come una
prostituta pentita, un’ex peccatrice divenuta poi santa; gli ultimi quattro, invece, l’hanno presentata
come sposa di Gesù.
Questa schematizzazione non tiene però conto del contesto culturale e religioso in cui sono
vissuti questi autori, le loro idee, le opere che li hanno influenzati. Per questo, cercheremo di
analizzare quasi duemila anni di storia, soffermandoci sulle tappe più importanti per
l’interpretazione di Maria Maddalena.
Nella prima parte di questa tesi affronteremo alcuni dei primi testi cristiani: più nello
specifico, i quattro vangeli canonici, alcuni vangeli apocrifi in cui compare Maria Maddalena, e i
due vangeli gnostici citati da Dan Brown ne Il codice da Vinci (Vangelo di Filippo e Vangelo di
Maria Maddalena). Il periodo storico in questione corrisponde grossomodo ai primi tre secoli dopo
Cristo.
Nella seconda parte ci occuperemo della concezione teologica di Maria Maddalena, della sua
lenta ma graduale «trasformazione» in prostituta pentita, analizzando il contesto in cui essa
avvenne. Il periodo storico in questione corrisponde grossomodo a parte dei primi secoli del
cristianesimo e all’intero Medioevo, tra il III e il XIII secolo.
Nella terza ed ultima parte accenneremo brevemente ai cambiamenti culturali dell’era
moderna, analizzando più nel dettaglio il contesto in cui nacque la concezione di Maria Maddalena
come sposa di Gesù.
1.1.11 MARIA MADDALENA NEL VANGELO DI FILIPPO
Il Vangelo di Filippo è uno scritto gnostico; non menzionato dai padri della Chiesa, perduto
con l’estinguersi dello gnosticismo, venne ritrovato in un manoscritto del IV secolo (denominato
Codice II) contenente anche il Vangelo di Tommaso, tra i codici di Nag Hammâdi (Alto Egitto) nel
1945.
La sua composizione viene collocata tra la metà e la fine del II secolo, ed è da attribuire alla
setta gnostica dei valentiniani (così chiamati dal fondatore della scuola, Valentino, vissuto ad
Alessandria d’Egitto nel II secolo). Infatti, oltre alle caratteristiche comuni ai vari gruppi gnostici
(già illustrate), il Vangelo di Filippo si allinea alle credenze valentiniane: una più ampia
accettazione del mito, un più stretto legame con l’ebraismo, e soprattutto lo sviluppo della dottrina
valentiniana della «camera nuziale».
La camera nuziale è il Pleroma, concepito come luogo dei perfetti accoppiamenti delle sizigie
emanate da Dio; alla dottrina gnostica dell’emanazione pura e semplice si sovrappone quella della
generazione e procreazione.
Viene data particolare importanza ai sacramenti del battesimo, dell’unzione, dell’eucaristia e
del matrimonio; il matrimonio materiale deve ispirarsi a quello spirituale degli eoni superiori, per
poter liberare il pneuma.
La lingua di tale scritto è copta, ma probabilmente l’originale era stato scritto in greco; è
suddiviso in 127 logia (sentenze, detti).
Nel Vangelo di Filippo, Maria Maddalena compare al lògos 32:
Erano tre, che andavano sempre con il Signore: sua madre Maria, sua sorella, e la
Maddalena, che è detta sua consorte. Infatti era «Maria» sua sorella, sua madre, e la sua
consorte. [Vangelo di Filippo, 32]
[1]
In tale detto Maria Maddalena appare come discepola privilegiata, ed anzi «koinonòs» (in
greco compagna o consorte); come si vedrà più avanti, e soprattutto dalla lettura integrale del
vangelo, si tratta di un’unione mistica e non materiale (generalmente rifiutata dalla maggior parte
degli gnostici, tranne ad esempio i Valentiniani che la considerava simbolo dell’unione con la
divinità).
Troviamo infatti un altro riferimento al lògos 55:
La Sofia, che è chiamata sterile, è la madre degli angeli. La consorte di [Cristo è Maria]
Maddalena. [Il Signore amava Maria] più di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla
[1]
CRAVERI, I Vangeli apocrifi, cit., p. 517.
[bocca]. Gli altri discepoli allora gli dissero: - Perché ami lei più di tutti noi? - Il Salvatore
rispose e disse loro: - Perché non amo voi tutti come lei?. [Vangelo di Filippo, 55]
[2]
Il testo tra parentesi quadre è andato perduto, ed è stato ricostruito; da questo detto abbiamo la
conferma che non si parla di nozze fisiche, ma spirituali. Maria Maddalena è l’incarnazione della
Sofia celeste, che da sola è sterile perché capace di generare solo aborti; è madre degli angeli poiché
ha creato il Demiurgo, il quale ha creato appunto gli Arconti.
Il Cristo terreno è l’incarnazione del Lògos eterno; la coppia Maria Maddalena-Gesù Cristo
simboleggia quindi quella dei due eoni Sofia-Soter. Le nozze celesti vengono celebrate grazie al
sacramento della camera nuziale, grazie al quale avviene la riunificazione dell’uomo con la divinità.
Il bacio (probabilmente sulla bocca) è facilmente spiegabile grazie alla lettura del lògos 31:
[Colui che si nutre] dalla bocca, se di lì è uscito il Logos, dovrà essere nutrito dalla bocca,
e diventare «perfetto». Perché il perfetto diventa fecondo per mezzo di un bacio, e genera.
Per questo motivo anche noi ci baciamo l’un l'altro, e concepiamo l'uno dall'altro, per
opera della grazia che è in noi. [Vangelo di Filippo, 31]
[3]
Si tratterebbe quindi di un bacio spirituale e rituale che gli gnostici si scambiavano; così come gli
uomini si nutrono attraverso la bocca, anche i pneumatici avevano nutrimento spirituale attraverso
la bocca.
[4]
[2]
Ibid., p. 521.
[3]
Ibid., pp. 516-517.
[4]
Ibid., pp. 507-508; ERBETTA, Gli apocrifi…, cit., pp. 213-220; MORALDI, I Vangeli gnostici…, cit., pp. 156-182.
2.1.7 UN CONTRIBUTO AUTOREVOLE: GREGORIO MAGNO
La fusione di Maria Maddalena con le altre tre donne che avevano unto Gesù inizialmente non
era universalmente riconosciuta, soprattutto in Oriente. Opinioni contrarie in tal senso (oltre a
quella di Origene, già riportata) si trovano in Clemente d’Alessandria, nel suo Paidagogos
(Pedagogo, fine II secolo); in Tertulliano, nel suo De pudicitia (La pudicizia, 220 circa); in Ilario di
Poitiers, nel suo Tractatus in Psalmos (Trattato sui Salmi, poco prima del 367); in Giovanni
Crisostomo, nella sua Omelia LXII (fine IV secolo); in Ambrogio, nel suo Expositiones in Lucam
(Esposizioni su Luca, 390); in Girolamo, nel suo Commentarii in Matthaeum (Commentari su
Matteo).
Molti famosi padri della Chiesa, quindi, si sono opposti a questa interpretazione del ruolo
passato di Maria Maddalena; finché la questione è stata risolta definitivamente (ed erroneamente)
verso la fine del VI secolo.
In tale periodo (più precisamente fra il 590 ed il 604) fu papa Gregorio I, detto Magno (così
soprannominato per la sua importanza a livello pastorale e politico). Tra le sue numerose opere,
molto interessanti risultano le sue Homiliarum in Evangelia (Omelie sui vangeli).
Nell’omelia 25, pronunciata a San Giovanni in Laterano il giovedì della settimana di Pasqua
del 591, Gregorio Magno si occupa del Noli me tangere (Gv. 20:11-18); eccone l’incipit:
Maria Maddalena, che era stata peccatrice nella città, poiché amava la Verità lavò con le
sue lacrime le macchie del peccato; ed è adempiuta la voce della Verità, con cui si dice: Le
sono perdonati molti peccati, perché ha amato molto (Lc 7:47). Infatti colei che prima era
rimasta fredda col peccare, in seguito ardeva forte con l’amare. [GREGORIO MAGNO,
XL Homiliarum in Evangelia 1. II, Hom. XXV; PL LXXVI, col. 1189B]
Maria Maddalena viene quindi identificata con la peccatrice pentita; poco più avanti viene
identificata anche con Maria di Betania:
[…] È là, testimone della divina misericordia, quella stessa Maria di cui parliamo, della
quale il Fariseo diceva, volendo ostruire la sorgente della pietà: Se costui fosse profeta,
saprebbe chi e quale sia la donna che lo tocca, poiché è una peccatrice (Lc 7:39). Ma con le
lacrime lavò le macchie del suo cuore, e del suo corpo e toccò i piedi del suo Redentore,
ella che aveva lasciato le sue vie perverse. Sedeva ai piedi di Gesù e ascoltava la parola
delle sue labbra. Gli era stata accanto mentre era vivo, lo cercava morto. Trovò vivente
Colui che aveva cercato morto. E trovò tanta grazia presso di lui, che annunciò lui anche
agli apostoli stessi, cioè ai suoi annunciatori. [Ibid., col. 1196A]
L’identificazione di Maria Maddalena con la peccatrice viene sostenuta, in base all’accenno
dei sette demoni scacciati dal suo corpo (Lc 8:2), nell’omelia 33, pronunciata a San Clemente il
venerdì delle Quattro Tempora del settembre del 591. In essa Gregorio Magno tratta dell’unzione
della peccatrice, e fin dall’inizio esplicita la sua teoria:
[…] Crediamo dunque che questa donna, che Luca chiama peccatrice e Giovanni indica
con il nome di Maria, sia quella stessa Maria dalla quale Marco attesta che erano stati
scacciati sette demoni [Mc. 16:9, ndr.]. E che cosa viene indicato per mezzo dei sette
demoni, se non tutti i vizi? Infatti, poiché con i sette giorni si intende l’insieme del tempo,
giustamente con il numero sette si raffigura la totalità. Maria ebbe quindi sette demoni nel
senso che fu ricolma di tutti i peccati. [GREGORIO MAGNO, XL Homiliarum in
Evangelia 1. II, Hom. XXXIII; PL LXXVI, col. 1239C]
Infine, poco oltre troviamo delle considerazioni sul rovesciamento peccatrice-santa che,
secondo Gregorio Magno, avrebbe caratterizzato Maria Maddalena:
[…] Perché, fratelli, in precedenza quella donna dedita ai suoi atti illeciti aveva usato
l’unguento per sé, per profumare il proprio corpo. Dunque, ciò che prima aveva
vergognosamente offerto a se stessa, ormai lo offriva lodevolmente a Dio. Con i suoi occhi
aveva bramato le cose terrene, ma adesso umiliandoli attraverso la penitenza piangeva.
Aveva mostrato i capelli per ornamento del suo aspetto, ma ormai con i capelli asciugava
le lacrime. Con le sue labbra aveva detto parole superbe, ma baciando i piedi di Gesù le
imprimeva sulle orme del suo Redentore. Dunque, quanti strumenti di seduzione aveva in
se stessa, altrettanti ne ritrovò quali olocausti di se stessa. [Ibid., col. 1240A-B]
Per comprendere pienamente i perché di questa interpretazione, dobbiamo analizzare il
contesto culturale, sociale e politico in cui Gregorio Magno vive. Egli scrive in un’epoca di crisi, in
cui le invasioni barbariche stanno finendo, e quello che una volta era l’impero romano era pieno di
non cristiani.
La Chiesa deve operare una rievangelizzazione, riportare la pace in un mondo di guerra e di
sangue; c’è bisogno di tolleranza, di comprensione, di perdono. E chi meglio di Maria Maddalena
può incarnare questi valori?
Essa ha molto peccato, ma si è redenta con l’aiuto di Cristo, fino a diventarne discepola. A questo
punto il messaggio di Gregorio Magno ai peccatori è molto chiaro: pentitevi, con l’aiuto della
Chiesa potrete salvare la vostra anima, ed anche il mondo.
[5]
[5]
BURNET, Maria Maddalena…, cit., pp. 32-35; SEBASTIANI, Tra/Sfigurazione…, cit., pp. 1992, 93-98.
3.2.3 I DOCUMENTARI TELEVISIVI DELLA B.B.C.
Nel 1969 il giornalista televisivo Henry Lincoln, mentre si trovava in vacanza in Francia, lesse
Le Trésor maudit de Rennes-le-Château, venendone conquistato; incontrò de Sède e decise di
proporre alla BBC la realizzazione di un documentario su Rennes-le-Château, per il programma
storico ed archeologico «Chronicle».
Il primo documentario, intitolato The Lost Treasure of Jerusalem? (Il tesoro perduto di
Gerusalemme?) andò in onda il 12 febbraio 1972, avendo un grande successo; fu inevitabile un
secondo documentario, intitolato The Priest, the Painter and the Devil (Il prete, il pittore e il
diavolo), andato in onda il 30 ottobre 1974.
L’estrema complessità della vicenda costrinse Lincoln a cercare dei collaboratori, trovati nel
1975 nel romanziere Richard Leigh (specializzato in letteratura comparata, appassionato di
filosofia, psicologia ed esoterismo) e nel giornalista Michael Baigent (laureato in psicologia e
ricercatore dilettante).
Il terzo documentario, infine, intitolato The Shadow of the Templars (L’ombra dei Templari),
andò in onda il 27 novembre 1979.
The Lost Treasure of Jerusalem? presentò al grande pubblico i misteri di Rennes-le-Château e
la figura di Bérenger Saunière, attingendo a piene mani da Le Trésor maudit de Rennes-le-Château.
Lincoln ipotizzò che il curato avesse scoperto quello che originariamente era il tesoro del Tempio di
Salomone, passato nelle mani dei Romani prima e dei Visigoti poi; inoltre Rennes-le-Château
sarebbe collegata con il re merovingio Dagoberto II (morto assassinato nel 679), il cui figlio
Sigeberto sarebbe stato condotto in salvo proprio a Rennes-le-Château dal conte di Ràzes.
The Priest, the Painter and the Devil introdusse il fantomatico «Priorato di Sion»,
un’organizzazione collegata ai cavalieri templari; secondo Lincoln le iniziali di questa società
segreta (P.S.) comparirebbero in calce alla seconda pergamena trovata da Saunière. Il tesoro del
Tempio di Salomone sarebbe poi stato custodito dai Templari ed infine dai Catari (un movimento
eretico medievale), naturalmente a Rennes-le-Château.
Un’altra sorprendente novità del documentario fu la decifrazione delle due pergamene trovate
da Saunière, pur restando incomprensibile il significato dei messaggi ricavati da esse.
Il metodo usato per codificare la prima pergamena era la cosiddetta Tavola di Vigenère
(inventata nel XVI secolo), un metodo complicatissimo che richiede una parola chiave (nella
seconda pergamena ce ne sono addirittura due). Inoltre, le lettere del messaggio cifrato vanno
ordinate secondo la dinamica della mossa del cavallo degli scacchi.
La spiegazione completa del metodo richiederebbe troppo spazio, ci limitiamo quindi a
riportare il messaggio nascosto nella pergamena:
A DAGOBERT II ROI ET SION EST CE TESOR ET IL EST LA MORT.
Esiste un’evidente ambiguità nella possibile traduzione, che può suonare : QUESTO
TESORO APPARTIENE A DAGOBERTO II RE E A SION ED EGLI QUI GIACE,
oppure : QUESTO TESORO APPARTIENE A DAGOBERTO II RE E A SION ED È LA
MORTE. [BILL PUTNAM - JOHN EDWIN WOOD, Il tesoro scomparso…, cit., p. 71]
Per decifrare la seconda pergamena, bastava isolare dal testo le lettere che risultavano disposte
leggermente più in alto rispetto alle altre parole della stessa riga. Il codice della prima pergamena
diede questo risultato:
BERGERE, PAS DE TENTATION, QUE POUSSIN TENIERS GARDENT LA CLEF.
PAX DCLXXXI. PAR LA CROIX ET CE CHEVAL DE DIEU, J’ACHEVE CE
DAEMON DE GARDIEN A MIDI. POMMES BLEUSES.
La punteggiatura non è ricavabile ovviamente dalla decifrazione della lettera, ma è stata
aggiunta dopo per una migliore comprensione del testo che potrebbe essere tradotto così:
«Pastorella, nessuna tentazione, che Poussin e Teniers hanno la chiave. Pace 681. Sulla
croce e questo cavallo di Dio io completo [distruggo] questo demone del guardiano a
mezzogiorno. Mele blu» [Ibid., pp. 78-79]
The Shadow of the Templars approfondì ulteriormente la storia dei Templari, dal
riconoscimento del loro ordine (1118) fino al loro arresto da parte del re di Francia Filippo il Bello
(13 ottobre 1307). Venne poi ripresa la storia di Dagoberto II e di suo figlio Sigisberto IV,
affermando che Goffredo di Buglione, il condottiero che avrebbe strappato nel 1099 Gerusalemme
ai saraceni, fosse un loro discendente.
Un misterioso gruppo religioso, denominato Nostra Signora di Sion, gli avrebbe poi offerto la
corona del regno di Gerusalemme, da lui rifiutata; questo gruppo sarebbe stato collegato ai
Templari, da cui si sarebbero però staccati durante la terza crociata, fondando il già noto Priorato di
Sion.
Venne anche intervistato il presunto ultimo Gran maestro del Priorato di Sion, ordine quindi
ancora esistente ai giorni nostri: si trattava di un certo Pierre Plantard di St. Clair. Tutte le
informazioni riguardanti l’allora sconosciuto Priorato di Sion si basavano su alcuni documenti
scoperti nella Biblioteca Nazionale di Parigi, di cui ci occuperemo più avanti.
Dopo la presentazione di questi tre documentari Michael Baigent, Richard Leigh ed Henry Lincoln
decisero di intensificare le loro indagini, pubblicando infine nel 1982 Il Santo Graal: una catena di
misteri lunga duemila anni.
[6]
[6]
Ibid., pp. 54-81; BAIGENT – LEIGH - LINCOLN, Il Santo Graal…, cit., pp. 7-11.
3.4.3 IL FEMMININO SACRO E IL CULTO DELLA DEA
La donna, un tempo celebrata come un'essenziale metà dell'illuminazione spirituale, era
stata bandita dai templi del mondo. Non c'erano rabbini ortodossi di sesso femminile, né
sacerdotesse cattoliche, né donne di religione — imam — islamiche. L'atto, un tempo
sacro, dello hieros gamos, l'unione sessuale naturale tra uomo e donna, con cui ciascuno
dei due acquisiva l'unità spirituale, era stato ridefinito come peccato. Gli uomini di fede,
che un tempo avevano bisogno dell'unione sessuale con le loro equivalenti femminili per
entrare in comunione con Dio, adesso temevano i loro naturali impulsi sessuali e li
vedevano come opera del demonio, il quale operava in collaborazione con la sua complice
preferita... la donna. [DAN BROWN, Il codice…, cit., pp. 150-151]
Anticamente, il rapporto sessuale era l'atto attraverso cui uomo e donna avevano
l'esperienza di Dio. Gli antichi credevano che il maschio fosse spiritualmente incompleto
finché non avesse avuto conoscenza carnale del femminino sacro. L'unione fisica con la
donna rimaneva il solo mezzo attraverso cui l'uomo poteva diventare spiritualmente
completo e giungere infine alla gnosis, la conoscenza del divino. Dai giorni di Iside, i riti
sessuali erano stati considerati l'unico ponte che portava dalla terra al cielo.
«Attraverso la comunione con la donna» proseguì Langdon «l'uomo poteva raggiungere un
momento culminante in cui la sua mente si svuotava completamente ed egli poteva vedere
Dio.» [Ibid., p. 363]
Gli studenti ebrei di Langdon rimanevano senza parole quando diceva loro che l'antica
tradizione ebraica comprendeva rituali sessuali. "E nel Tempio, nientemeno." Gli antichi
ebrei credevano che il sancta sanctorum, nel tempio di Salomone, ospitasse non solo Dio,
ma anche una divinità femminile, potente e uguale a lui, Shekinah. Gli uomini che
cercavano la completezza spirituale si recavano nel tempio per fare visita alle sacerdotesse
— o hierodule — con cui si congiungevano e avevano l'esperienza del divino attraverso
l'unione fisica. Il tetragramma ebraico YHWH — il nome sacro di Dio — derivava infatti
da Yahweh ovvero Geova, androgina unione fisica tra il maschile "Jah" e il nome
preebraico di Eva, "Hawah" o "Havah".
«Per la Chiesa delle origini» spiegò Langdon «l'impiego del sesso per comunicare
direttamente con Dio costituiva una seria minaccia al suo potere. Smentiva le affermazioni
della Chiesa, che si era proclamata unica via capace di portare a Dio. Perciò, per ovvie
ragioni, si era data duramente da fare per demonizzare il sesso e presentarlo come un atto
disgustoso e peccaminoso. E le altre principali religioni fecero lo stesso.» [Ibid., p. 364]
Nelle principali religioni pagane politeistiche esistevano effettivamente divinità maschili e
divinità femminili; generalmente però la divinità più importante era maschile. Emblematica in
questo senso è la mitologia greca: delle dodici divinità principali, sette erano maschili (Zeus,
Apollo, Poseidone, Ermes, Efesto, Ares, Dioniso) e «solo» cinque erano femminili (Era, Atena,
Artemide, Afrodite, Demetra). Per quanto le dee fossero importanti e influenti, il signore degli dei
nonché dio del cielo rimaneva Zeus, spesso chiamato «pater» (padre).
Lo Hieros Gamos era un rito sessuale praticato soprattutto in Frigia (Asia Minore), in onore
della dea della natura e della fertilità Cibele; non aveva niente a che fare con il cristianesimo.
Ricordiamo che quest’ultimo infatti prese le mosse dall’ebraismo, prima religione monoteista; il
Dio ebraico, Yahweh, non ha mai avuto a che fare con rituali orgiastici (o comunque sessuali),
tantomeno nel Tempio. Una tale pratica sarebbe stata considerata un’abominevole profanazione
(Deut. 23:18): prima di entrare nel Tempio, bisognava evitare il contatto con sperma e sangue
mestruale (altamente contaminanti), osservando le norme di purità giudaiche.
Shekinah non era il corrispettivo femminile di Yahweh, ma indicava «la presenza di Dio» o
«la gloria di Dio», intesa spesso come «manifestazione epifanica di Dio ai suoi fedeli».
Inoltre, è il termine Geova che deriva dal tetragramma YHWH, non il contrario: Geova era la
lettura cristiana (sbagliata) di YHWH. Gli Ebrei hanno sempre chiamato Yahweh Adonai o Elohim
(Signore), poiché non si ritenevano degni di pronunciarne il nome.
Per quanto riguarda la sessualità come peccato, c’è da dire che la Chiesa l’ha sempre trattata
con rispetto; il cattolicesimo ritiene che l’essere umano sia l’unione di corpo e anima, e che
entrambi sopravvivranno dopo la morte e la risurrezione della carne. Di conseguenza anche le
pulsioni sessuali sono ritenute naturali, un dono di Dio; ed essendo un dono di Dio la sessualità va
trattata con rispetto ed usata con saggezza.
È falso anche che la Chiesa abbia discriminato le donne: già nei Vangeli ci si accorge della
grande importanza data da Gesù ad esse (ha delle discepole, parla con la samaritana, salva
l’adultera, si fa ungere dalla peccatrice…). Nel I secolo la società era patriarcale, e le donne
accolsero con gioia il messaggio cristiano: esso era rivolto a tutti, a uomini e donne, liberi e schiavi,
ricchi e poveri.
Nelle prime comunità cristiane le donne avevano un ruolo rilevante; ciò si evince
particolarmente dalla lettura della Lettera ai Romani di Paolo, in cui egli saluta diversi membri della
congregazione. Tra questi ultimi si trovavano molte donne, pur essendo di meno rispetto agli
uomini: viene citata Febe, diaconessa (ministro) della chiesa di Cencre; Prisca, che ospita una
congregazione a casa propria; Maria, una compagnia di Paolo che opera tra i Romani; Trifena,
Trifosa e Perside, che «hanno lavorato per il Signore»; Giunia, «una degli apostoli insigni».
Pur non potendo parlare di vera e propria rivoluzione sociale (che non sarebbe stata possibile
nel contesto dell’epoca), possiamo quindi dire che fin dagli inizi del cristianesimo la donna è stata
vista sotto una luce diversa. La distanza che la separava dell’uomo è stata, nei limiti del possibile,
colmata dal messaggio di amore e di uguaglianza di Gesù. [7]
[7]
BROWN, Il codice…, cit.; EHRMAN, La verità…, cit., pp.154-163 e 170-175; FABO, Contro…, cit., pp. 60-64 e
106-112; HAAG - HAAG, Guida completa…, cit., pp. 45-58; FILORAMO - MENOZZI, Storia del cristianesimo…,
cit., pp. 30-37.