Andrea Gotti | matricola 734359 | Corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali
2
così spingendo sempre più imprese, quantomeno quelle maggiormente dinamiche, a
trasformarsi in veri e propri «service business».
Questa integrazione prodotto-servizio rende perciò sempre meno netta la distinzione
tra la gestione ed il marketing delle imprese manifatturiere e quello delle imprese di
servizi: il management delle prime deve infatti integrare strumenti tipici di gestione delle
seconde, si trova ad affrontare le medesime criticità, ed è spesso costretto a modificare
persino le metriche su cui si basano le misurazioni dei risultati ottenuti. Ciò nonostante, la
letteratura di management ha iniziato solo in un periodo relativamente recente ad
occuparsi della questione, così che l’argomento, nonostante i numerosi contributi da
parte di diversi autori, risulta ad oggi mancare di una vera e propria «sistematizzazione» a
livello teorico. Peraltro, anche nella letteratura relativa specificamente alla gestione ed al
marketing dei servizi, si può rilevare un campo di analisi relativamente poco studiato: si
tratta del processo di internazionalizzazione delle imprese di servizi. Ciò è dovuto
probabilmente alle difficoltà ed ai vincoli che hanno storicamente limitato la
commerciabilità dei servizi in ambito internazionale. Eppure, così come le imprese
manifatturiere si trovano ad affrontare i problemi tipici delle imprese di servizi quando
decidono di offrire una componente di service ai propri clienti in ambito domestico, dal
momento in cui le stesse imprese decidono di svolgere tali attività anche sui mercati
esteri, a complemento della vendita dei propri prodotti, esse si ritrovano a dover
affrontare le problematiche tipiche dell’internazionalizzazione delle imprese di servizi che
però, come si è detto, hanno ricevuto scarsa attenzione fino ad ora.
Un argomento «scoperto» dal punto di vista teorico, sul quale sono limitatissimi i
contributi della letteratura, è quindi proprio quello specifico «a cavallo» tra i due
argomenti accennati in precedenza: ovvero, il ruolo che i servizi (pre- e post-vendita)
svolgono in campo internazionale per le imprese produttrici di beni fisici. Nel capitolo
terzo si cerca così di capire se, ed in quali casi, le imprese decidono di offrire una
componente di servizio anche sui mercati esteri, in che modo esse decidono di entrare sul
mercato ed organizzare la loro presenza con riferimento alle attività di service, ed infine in
base a quali elementi decidono per una soluzione di erogazione diretta piuttosto che per
una soluzione in outsourcing. Il tutto nell’ottica, caratterizzante l’intero lavoro, delle
imprese produttrici di beni di consumo durevoli, anche se i riferimenti e gli spunti dal
campo B2B sono molteplici, in considerazione della maggiore «esperienza» che
Università degli Studi di Milano | Facoltà di Scienze Politiche | Tesi di laurea
3
contraddistingue queste imprese nell’offerta di servizi post-vendita, anche a livello
internazionale.
Ultimo scopo di questo lavoro è infine quello di analizzare a livello empirico il
comportamento e l’approccio strategico di alcune imprese manifatturiere italiane con
riferimento proprio al tema dei servizi ed in particolare alla loro offerta in ambito
internazionale. È stato quindi individuato un settore, quello della cantieristica nautica da
diporto, che oltre ad essere uno dei punti forti della produzione made in Italy, presenta
caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto ad una analisi come quella
dell’argomento in esame. Si tratta infatti di un settore (a) altamente internazionalizzato
(nel 2007 oltre il 56% della produzione cantieristica è stata destinata ai mercati esteri) e
(b) in cui il servizio al cliente svolge un ruolo fondamentale per la competitività delle
imprese e la fidelizzazione della clientela. Così, dopo un’introduzione al settore della
nautica da diporto nel capitolo quarto, si passa nel capitolo successivo all’analisi dei
«comportamenti» dei cantieri nautici di un distretto, quello del Sebino, che ha
storicamente ricoperto un ruolo di primo piano nella cantieristica italiana. Esso infatti,
nonostante manchi ancora di un riconoscimento «formale» della propria esistenza a
livello di cluster, vede la presenza di nomi importanti del panorama cantieristico nazionale
ed internazionale come, fra gli altri, Sessa Marine, Uniesse, Cantieri di Sarnico, e la storica
Riva, oltre ad una filiera produttiva altamente specializzata.
L’analisi empirica è stata svolta mediante la somministrazione alle imprese di un
questionario semi-strutturato. I risultati, data la limitatezza del campione analizzato (11
questionari
1
) non hanno naturalmente alcuna pretesa di generalizzazione: essi intendono
semplicemente descrivere come un gruppo di imprese attive in un settore in forte
relazione con i mercati esteri approcci la questione del ruolo dei servizi all’interno della
propria offerta, in particolare in ambito internazionale. Come si vedrà, alcuni risultati
confermano, almeno in parte, le ipotesi elaborate della letteratura di riferimento (così
come presentate nel capitolo terzo). Tuttavia, si deve anche rilevare un complessivamente
limitato orientamento al servizio da parte delle imprese analizzate, contrariamente a
1
Pari tuttavia ad una percentuale di risposta del 68,8% rispetto al numero di cantieri individuati
inizialmente, e rappresentanti nel loro complesso il 64,4% del valore della produzione cantieristica
del distretto.
Andrea Gotti | matricola 734359 | Corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali
4
quanto ci si potrebbe aspettare da un settore in cui, come richiamato in precedenza, il
servizio al cliente svolge un ruolo centrale nell’offerta delle imprese. E ciò si è di
conseguenza ripercosso sui risultati dell’indagine in merito all’erogazione dei servizi in
ambito internazionale.
Infine, l’ultimo capitolo tenta di trarre le conclusioni generali sull’argomento in
esame, sintetizzando i risultati emersi nella parte teorica del lavoro (capitoli da 1 a 3) e
nella parte empirica (capitoli 4 e 5).
Università degli Studi di Milano | Facoltà di Scienze Politiche | Tesi di laurea
5
1. Il ruolo del servizio al cliente nell’offerta
delle imprese
1.1 La moderna economia dei servizi
Uno dei fenomeni che negli ultimi decenni ha caratterizzato e modificato la struttura
delle moderne economie occidentali è stato il costante aumento del peso relativo dei
servizi all’interno della produzione nazionale, a scapito del settore manifatturiero. Il
settore dei servizi costituisce oggi infatti oltre il 70% del prodotto interno lordo (PIL) nei
paesi dell’OCSE, con punte che arrivano a sfiorare l’80% in alcune delle economie più
avanzate, come quella statunitense (Wölfl 2005). Fino agli anni settanta, invece, il peso
dei servizi all’interno dell’economia poteva essere stimato all’incirca in una percentuale
compresa tra il 50 ed il 55% del PIL. Per tale motivo, diversi autori hanno iniziato a definire
l’economia moderna come una vera e propria «service economy».
Come afferma Anita Wölfl in un rapporto del 2005 relativo proprio all’economia dei
servizi nei paesi OCSE, sono diversi i fattori che possono influire sulle dimensioni del
settore dei servizi all’interno dell’economia, e quindi contribuire a spiegare il fenomeno
appena descritto. Tra questi, due meritano particolare attenzione. Una prima spiegazione
si basa sulla osservazione che la crescita relativa del settore dei servizi appare
strettamente correlata all’aumento del PIL procapite. La crescita del reddito procapite
produce infatti un aumento della domanda di servizi quali quelli di intrattenimento,
benessere, health care, educazione, viaggi, servizi finanziari, e tutte quelle attività la cui
richiesta è connessa ad una crescente disponibilità economica dei consumatori. Una
seconda spiegazione appare invece collegata alla crescente interazione tra settore
manifatturiero e servizi: questi ultimi vengono infatti crescentemente utilizzati come input
intermedi per la produzione di beni, o inglobati nella loro offerta, aumentando quindi la
quota di valore aggiunto attribuibile ai servizi. Normann e Ramírez (1993) affermano che
una delle implicazioni di questo fenomeno è che la distinzione tra prodotti fisici e servizi
sta svanendo: l’offerta delle imprese prevede sempre più una combinazione dei due.
Andrea Gotti | matricola 734359 | Corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali
6
Queste due spiegazioni con ogni probabilità non si escludono a vicenda, ma piuttosto
rilevano fenomeni operanti in parallelo. A conferma delle conclusioni di Wölfl si rileva in
effetti che l’aumento della quota di servizi sul totale della produzione nazionale deve
essere principalmente attribuita alla crescita dei servizi finanziari ed assicurativi (ovvero
quelli maggiormente legati ad un più alto PIL procapite) e di quelli business-related,
ovvero i servizi alle imprese. Le quote di servizi più «classici» come commercio,
ristorazione, trasporti e comunicazioni è rimasto invece sostanzialmente lo stesso nel
corso dell’ultimo decennio (nel caso delle telecomunicazioni, ad un forte aumento della
loro quota in volume dovuto al loro sempre maggiore utilizzo, ha corrisposto una
diminuzione del loro prezzo relativo, il che si è tradotto in una quota sostanzialmente
invariata di valore aggiunto).
1.2 Un nuovo imperativo per le imprese manifatturiere:
trasformarsi in service business
La crescente importanza economica dei servizi rispetto alla produzione
manifatturiera non è tuttavia un mero fenomeno macro-economico: anche per le singole
imprese produttrici di beni il mondo è cambiato rispetto ad alcuni anni fa, ed esse hanno
dovuto adattare le proprie strategie ed i propri business model ad una nuova realtà. In
numerosi settori, in particolare quelli dei beni durevoli, la sola differenziazione di
prodotto non è più sufficiente a garantire un vantaggio competitivo duraturo. Spesso
innovazioni che sembrano consegnare la leadership competitiva ad un produttore, sono
rapidamente imitate – rivelandosi superiorità solo momentanee. La crescente
commoditization in atto nel mondo della produzione di beni (ovvero la sempre più difficile
differenziazione effettiva tra i diversi prodotti, in termini di performance, prestazioni,
design ecc.) ha così messo sotto pressione i margini delle imprese manifatturiere. Come
riportano Wise e Baumgartner (1999), negli anni novanta, nonostante il prolungato
periodo di espansione economica, dei primi mille più grandi produttori di beni negli Stati
Uniti solamente uno ogni otto ha avuto rendimenti superiori all’indice S&P500, e più di un
terzo di essi ha addirittura visto il proprio valore di borsa diminuire.
Mentre molti produttori si trovavano in difficoltà, tuttavia, altri (come General
Electric, Nokia, Rolls-Royce, Honeywell, Otis) sono riusciti a prosperare, individuando una
nuova e più redditizia attività: l’erogazione di servizi a supporto dei beni prodotti e
Università degli Studi di Milano | Facoltà di Scienze Politiche | Tesi di laurea
7
venduti dall’impresa. Numerosi autori sostengono ormai che, per poter sopravvivere e
prosperare in un ambiente sempre più competitivo, le imprese manifatturiere dovranno
sapersi spostare gradualmente verso il più profittevole mondo dei servizi, trasformandosi
in veri e propri «service business» (Wise e Baumgartner 1999; Dennis e Kambil 2003; Rust
e Miu 2006; Cohen, Agrawal e Agrawal 2006; Koudal 2006).
A sostenere l’opportunità per le imprese di muoversi verso il business dei servizi, in
effetti, contribuiscono diverse ragioni. Anzitutto, i numeri: in alcuni settori il valore del
mercato dei servizi collegati al prodotto appare oggi superiore di diversi ordini di
grandezza rispetto al mercato del prodotto stesso. Come riportano ancora Wise e
Baumgartner (1999), nel settore dei PC ed in quello delle automobili la spesa per
l’acquisto di un nuovo prodotto costituisce solamente un quinto della spesa media totale
annua per mantenere il prodotto in esercizio. La parte preponderante della spesa riguarda
piuttosto attività come amministrazione, supporto tecnico, gestione dei network (nel caso
del settore IT) o per spese finanziarie, carburante, assicurazione, riparazioni (nel caso del
settore automobilistico). Nel settore del trasporto ferroviario, l’acquisto delle locomotive
costituisce addirittura solamente il 5% dei costi totali, mentre la voce operations pesa per
più del 60% delle spese.
È evidente quindi che la capacità di entrare nell’offerta di servizi a supporto del
prodotto, potendo peraltro far leva su una maggiore conoscenza del prodotto stesso, può
aprire alle imprese un mercato enorme. Uno studio ha infatti stimato il mercato mondiale
del post-vendita in circa 1.300 miliardi di euro nel 2005 (Cavalieri et altri 2007), di cui 400
Figura 1.1
Distribuzione
dei costi di
esercizio per
tre tipi di beni
durevoli
Fonte: adattamento da Wise e Baumgartner (1999)
Andrea Gotti | matricola 734359 | Corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali
8
miliardi sul mercato europeo. Si tratta probabilmente di una stima per difetto, posto che
un altro studio stima il mercato delle parti di ricambio e del servizio post-vendita pari
all’8% del PIL negli Stati Uniti, ovvero più di un trilione di dollari solamente nel mercato
USA (in Cohen, Agrawal e Agrawal 2006).
In secondo luogo, diverse ricerche sottolineano il fatto che il mercato dei servizi post-
vendita presenta margini molto più elevati rispetto a quelli conseguibili dalla mera vendita
di prodotti. Cohen, Agrawal e Agrawal (2006) riportano che le imprese in media ricavano il
45% degli utili lordi dalle attività di service, nonostante queste ultime costituiscano
solamente il 24% delle vendite totali. A conclusioni simili arriva uno studio di Koudal
(2006), secondo cui la profittabilità media delle attività di servizio nelle imprese
manifatturiere è di circa il 75% superiore rispetto alla profittabilità media dell’impresa nel
suo complesso. La maggiore profittabilità dei servizi costituisce quindi una forte spinta
verso un cambiamento nei modelli di business delle imprese produttrici di beni fisici.
Una terza motivazione mette in risalto il ruolo strategico del servizio come mezzo per
la fidelizzazione dei propri clienti. La gestione dei servizi post-vendita dà infatti la
possibilità alle imprese di mantenere una relazione continua e duratura con i propri
clienti, durante tutto il ciclo di vita del prodotto. Ciò costituisce inoltre un enorme flusso
potenziale di informazioni vitali riguardanti la propria clientela, in grado di segnalare ad
esempio come viene utilizzato il prodotto, quali sono i problemi che vengono incontrati
più di frequente dall’utilizzatore, quali caratteristiche e quali migliorie sarebbe utile
Figura 1.2
Vendite e
profitti per le
imprese
manifatturiere
service-oriented
Fonte: elaborazione propria su dati di Cohen, Agrawal e Agrawal (2006)
Università degli Studi di Milano | Facoltà di Scienze Politiche | Tesi di laurea
9
apportare. Una oculata gestione del post-vendita è quindi in grado di migliorare la
conoscenza del mercato e dei propri clienti, e di raccogliere dati utili per la progettazione
di prodotti migliori e maggiormente customer-focused. Se sfruttata correttamente, questa
situazione si può trasformare in una ottima occasione di fidelizzazione dei clienti (c.d.
customer retention). Inoltre, la creazione di database contenenti tali (e altre) informazioni
costituisce un’inesauribile fonte di conoscenza sui comportamenti dei clienti – conoscenza
che i concorrenti non possono facilmente acquisire e che, dunque, rappresenta una fonte
di vantaggio competitivo.
Infine, ma non da ultimo, un maggiore focus sui servizi al cliente è in grado di
mettere l’impresa in una posizione migliore nell’affrontare gli andamenti ciclici del proprio
settore e dell’economia in generale. In una certa misura, il service è in effetti un business
anti-ciclico (Capgemini 2007). I servizi al prodotto, e ciò vale in particolar modo per i beni
durevoli, risentono meno degli andamenti altalenanti dell’economia, in quanto in
momenti di crisi la loro richiesta diminuisce in misura inferiore rispetto alla domanda di
beni (Koudal 2006). Anzi, sotto alcune condizioni la loro domanda aumenta: i consumatori
possono decidere di posticipare nel tempo l’acquisto di un nuovo prodotto, investendo
maggiormente in servizi di maintenance & repair per allungare il ciclo di vita del prodotto
che già possiedono. Si pensi al mercato automobilistico: un periodo economico negativo
può indurre i consumatori a posticipare l’acquisto di una nuova automobile, ma non a
rinviare l’acquisto dei servizi necessari al mantenimento di quella di cui sono già in
possesso. Naturalmente, queste condizioni si verificano prevalentemente in presenza di
beni dal valore particolarmente elevato, e con un prezzo dei servizi collegati
relativamente basso rispetto a quello del prodotto.
1.3 I motivi di un potenziale ancora inespresso
Apparentemente, quindi, la trasformazione in service business delle imprese
manifatturiere sembrerebbe un processo naturale ed irresistibile. Eppure numerose
imprese ancora faticano ad abbracciare questa mentalità ed a progettare un’offerta
coerente di servizi per la propria clientela. Koudal (2006) nel suo studio rileva che in circa
il 67% delle imprese analizzate le attività di service crescono ad un tasso pari o inferiore a
quello dell’impresa nel suo complesso. Date le potenzialità viste in precedenza, ciò
Andrea Gotti | matricola 734359 | Corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali
10
significa che tali imprese stanno gestendo un business ad alta potenzialità di crescita
(«star») alla stregua di un «cash-cow»
2
a basso tasso di sviluppo (si veda la figura 1.3).
Il problema principale è che troppe imprese, legate forse ancora ad una concezione
prodotto-centrica, vedono il servizio al cliente come un «male necessario» piuttosto che
come un’opportunità di business (Lele 1997). Tutt’al più, il servizio è avvertito (ed offerto)
come un’aggiunta al prodotto fisico, con il compito di rendere più appetibile l’acquisto del
prodotto stesso (Rust e Miu 2006), laddove il servizio, per essere efficace, deve piuttosto
essere integrato nel concetto del prodotto fin dalla sua fase di progettazione (Cavalieri et
altri 2007, Koudal 2006). In sostanza, le imprese devono iniziare ad offrire soluzioni invece
che semplici prodotti, e ciò comporta il dover ripensare al prodotto come ad una offerta
integrata, basata al medesimo tempo su fattori tangibili ed intangibili. D’altra parte, il
passaggio da una offerta basata sul solo prodotto ad una che integri tra loro prodotto e
servizio non è semplice da realizzare.
Un primo problema consiste nella difficoltà della gestione efficiente di un’offerta di
servizi pre- e post-vendita. I servizi, per le ragioni che vedremo di qui a poco, sono
2
Questi termini fanno riferimento alla celebre matrice BCG (Boston Consulting Group), che categorizza le atti-
vità delle imprese in base alla quota di mercato relativa detenuta dal prodotto, ed il tasso di crescita di tale
mercato. Nello specifico, le attività «cash cow» sono quelle caratterizzate da una quota di mercato relativa
elevata ed un basso tasso di crescita del mercato: si tratta di attività affermate e di successo, il cui manteni-
mento richiede investimenti limitati, e che generano quindi ingenti profitti. Le attività «star» sono invece quel-
le in cui la quota di mercato relativa detenuta dall’impresa è elevata, ma all’interno di un mercato ad alto tas-
so di crescita e che richiedono elevati investimenti per il loro sviluppo (si tratta di attività che potenzialmente
si potranno trasformare in cash cows nel futuro).
Impresa nel suo complesso Divisione service and parts Migliori divisioni service and parts (25% top performers)
Fonte: Koudal (2006) p. 5, su dati Deloitte basati sulla «Global Service and Parts Management Benchmark Survey»
Figura 1.3
Profittabilità e
tassi di crescita
medi delle divi-
sioni service
nelle imprese
manifatturiere