“sulla disciplina igienica degli alimenti, si applicano in ogni caso le disposizioni
penali in tali articoli previste, anche quando i fatti stessi sono puniti da disposizioni
amministrative che hanno sostituito disposizioni penali speciali” (Correra C. 1987).
Ulteriore importanza alla Legge n. 283/62 è stata data dalla Legge del 30 aprile 1999
n. 507 "Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio” che
nei suoi articoli 1-8 esonera da tale depenalizzazione i reati elencati nella Legge in
oggetto.
Una adeguata tutela della qualità e salubrità degli alimenti è una esigenza
particolarmente avvertita sia dal consumatore che dal produttore. Il primo pretende
informazioni chiare sugli alimenti che acquista, il secondo, invece, utilizza le
caratteristiche qualitative e nutrizionali del proprio prodotto per competere sul
mercato, richiedendo di essere tutelato da comportamenti fraudolenti lesivi perpetrati
dalla concorrenza. A tale proposito si è reso necessario un sistema che assicuri la
rintracciabilità del prodotto lungo tutta la filiera agro-alimentare, a partire dalla fase
della produzione passando dalle fasi di trasformazione e distribuzione, fino al
commercio ed alla somministrazione. Tale rintracciabilità diviene elemento
imprescindibile in tutti i prodotti agroalimentari e il legislatore comunitario ne
sancisce l’obbligatorietà dal 1° gennaio 2005 con il Reg. CE n. 178/2002,
estendendone la portata anche ad animali vivi e mangimi ad essi destinati. Parte
integrante del sistema di rintracciabilità è rappresentata dalla etichettatura dei
prodotti alimentari, regolamentata dal D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, a cui si
aggiunge il D. Lvo 181/2003. L’etichettatura dei prodotti alimentari ha lo scopo di
informare il consumatore e tutelarlo dalle pubblicità ingannevoli. Tramite l’etichetta,
quindi, vengono assicurate al consumatore informazioni corrette e trasparenti sulle
caratteristiche dell’alimento, evitando diciture ingannevoli che potrebbero
influenzarne la scelta e indurlo in errore. Il produttore deve infatti obbligatoriamente
inserire in etichetta ad esempio informazioni relative a: denominazione di vendita,
elenco degli ingredienti, quantità netta, termine minimo di conservazione o data di
scadenza, sede dello stabilimento di produzione o confezionamento, ecc.
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CAPITOLO 1. Le frodi alimentari: cenni storici
La frequenza e la gravità delle frodi alimentari aumentano nel Novecento,
specialmente durante le due guerre mondiali. In questo periodo le frodi riguardavano
già molti alimenti: il latte veniva diluito con acqua; il pane prodotto con farine poco
costose anziché con farina di grano ed addirittura appesantito con gesso; gli oli di
semi erano spesso sostituiti al più costoso olio di oliva. Un ulteriore incremento di
questo fenomeno si ebbe a partire dalla metà del secolo scorso. Una campagna di
stampa della rivista settimanale “Espresso” negli anni 1957-59, denunciò la
scandalosa situazione dell’epoca. L’olio di té, poco costoso e prodotto in Cina, per le
sue caratteristiche merceologiche assimilabili a quelle dell’olio di oliva, con abili
manipolazioni veniva spesso venduto come tale, con enormi guadagni per gli
importatori. In altri casi era commercializzato olio di oliva “sintetico”, ottenuto
trattando con glicerina (processo di “esterificazione”) acidi grassi animali per uso
industriale importati a basso prezzo. In altri casi ancora oggetto della frode erano
stati il burro, sofisticato con grassi scadenti e poco costosi e le paste alimentari che
invece di essere prodotte con semola di grano duro, come la legge prescrive, erano
ottenute impiegando la meno costosa farina di grano di semola, trattata con coloranti
sintetici e addizionata con colla di pesce per assicurarne una buona resistenza alla
cottura. Nella lotta alle frodi erano impegnati molti laboratori chimici e merceologici
delle Università e delle strutture pubbliche: i “Laboratori Provinciali di Igiene e
Profilassi”. La scandalosa situazione dell’epoca, denunciata in convegni, conferenze
e articoli di stampa, provocò la prima grande presa di coscienza da parte dei cittadini
e rese chiara la necessità di rivisitare la normativa vigente, rendendola più rigorosa
nei contenuti e potenziando, al tempo stesso, i servizi di repressione.
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CAPITOLO 2. Le frodi alimentari: definizioni e terminologia
La frode, in senso lato, è un “raggiro diretto ad ingannare qualcuno sorprendendone
la buona fede” (Lorusso e Porcu, 1989). Con l’espressione “frode alimentare” ci si
riferisce ad una pluralità di condotte illecite volte alla adulterazione, sofisticazione,
falsificazione, contraffazione e alterazione dei prodotti alimentari.
Si intende per alimento, prodotto alimentare o derrata alimentare: “qualsiasi sostanza
o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad
essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da
esseri umani” (Reg CE 178/2002).
Le frodi vengono così definite:
- Adulterazione: questa espressione include tutte quelle operazioni che
determinano modificazioni nella composizione analitica del prodotto alimentare,
attuate mediante l’aggiunta o la sottrazione di alcuni componenti, allo scopo di
ottenere un maggior tornaconto economico. Un esempio classico è dato dal latte
scremato o parzialmente scremato venduto come intero.
- La sofisticazione è quell’operazione fraudolenta che consiste nell’aggiungere
all’alimento sostanze estranee alla sua composizione con lo scopo di migliorarne
l’aspetto o di coprirne difetti o di facilitare la parziale sostituzione di un alimento
con un altro. Si configura il reato di sofisticazione alimentare quando l’utilizzo
di alcune sostanze (additivi, coloranti e aromatizzanti) è finalizzato a mascherare
materie prime di cattiva qualità o difetti nei procedimenti produttivi.
- La falsificazione è quell’operazione fraudolenta che consiste nella sostituzione
totale di un alimento per un altro (margarina al posto del burro).
- Per contraffazione si intende l’atto di ”far apparire qualcosa come diversa dalla
sua effettiva intrinseca consistenza”. Può essere, quindi ricondotta
all’adulterazione e alla sofisticazione. Per contraffazione in ambito alimentare si
intende la messa in vendita di prodotti industriali con nomi, marchi o segni
distintivi nazionali od esteri atti ad indurre in inganno il compratore sull’origine,
provenienza o qualità del prodotto. Il comportamento scorretto di chi consegna
un bene qualitativamente diverso da quello dichiarato, comporta discredito del
nome commerciale e deprezzamento del marchio.
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- L’alterazione è quel processo che si verifica quando una sostanza alimentare
subisce una modificazione della composizione originaria a causa di fenomeni
degenerativi spontanei determinati da cattiva conservazione o da conservazione
troppo prolungata.
Un’altra classificazione delle frodi alimentari è quella che distingue: le frodi
quantitative e quelle qualitative.
Le frodi quantitative danneggiano il consumatore solo da un punto di vista
economico in quanto ledono i suoi diritti contrattuali e patrimoniali. “La vendita
delle merci, il cui prezzo sia fissato per unità di peso, deve essere effettuata a peso
ed al netto della tara, intendendo per tara tutto ciò che avvolge o contiene la merce
da vendere o è unito ad essa e con essa viene venduto” (Legge n. 441/81).
Il reato consiste nella modificazione quantitativa dei prodotti alimentari e si
configura quando, nell’esercizio di un’attività commerciale, avviene la consegna
all’acquirente di una quantità diversa da quella dichiarata o pattuita. Questo tipo di
frode comporta un illecito profitto a danno del consumatore. L’art. 515 del C.P. sotto
il titolo frode in commercio, dispone:
“Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al
pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile …omissis… per …omissis...
quantità diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non
costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino
a lire quattro milioni (€ 2065,00)”. Dal testo normativo di cui sopra si ricava dunque
l’obbligo di consegnare all’acquirente un bene mobile “esattamente” nel quantitativo
prestabilito o pattuito fra le parti contraenti. È opportuno precisare, inoltre, che per il
comma 1 dell’art. 1 della L. n. 441/81, non è consentito vendere con modalità
diverse da quelle della “vendita a peso” quelle merci il cui prezzo sia fissato per
unità di peso e che il comma 2 dello stesso articolo definisce per tara tutto ciò che
avvolge o contiene la merce da vendere o è unito ad essa o con essa viene venduto.
Per frode qualitativa si intendono gli illeciti commerciali che si concretizzano nel
consegnare al consumatore un prodotto di qualità diversa da quella prospettatagli o,
comunque richiesta. Con il termine “qualità” si abbracciano non solo una
molteplicità di aspetti che riguardano la materia prima utilizzata e le sue modalità di
elaborazione, ma anche la sua tipicità, tradizione e legame con il territorio.
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Il dato normativo di Diritto Penale comune contro le frodi qualitative è rappresentato
dall’art. 515 del C.P.
In questa categoria di frode particolare attenzione va posta alla c.d. frode “sanitaria”
che è rappresentata da quelle situazioni di commercializzazione dove,
essenzialmente per fini di lucro, si inganna la buona fede del consumatore che, oltre
al danno economico, può subire un danno alla salute (Malandra e Renon, 1999).
Questo tipo di frode può essere commesso da “chiunque detiene per il commercio o
pone in commercio o distribuisce per il consumo, acque, sostanze o cose da altri
avvelenate, adulterate o contraffatte in modo pericoloso per la salute pubblica” (artt.
442/444 C.P.).
Un classico esempio è dato dalla vendita o dalla somministrazione di specie ittiche
velenose o prodotti alimentari contenenti tenori di additivi superiori ai limiti di
legge.
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