2
In un contesto di mercato ad alta concorrenza, in cui vi è la presenza di una
miriade di prodotti simili gli uni agli altri, l’obiettivo aziendale è offrire al
consumatore qualcosa che vada oltre l’aspetto pratico e funzionale del prodotto e
fare in maniera che tale prodotto possa, in ogni modo, differenziarsi da quello
della concorrenza. È compito della pubblicità e dei suoi ideatori, quindi, caricare
una marca di elementi emozionali e affettivi tali da rendere il prodotto diverso e
più attraente agli occhi dei consumatori.
È da queste constatazioni che nasce il presente lavoro di tesi: analizzare la
sfera dell’idea pubblicitaria e le modalità attraverso le quali questa viene protetta.
Per raggiungere tale obiettivo vengono esaminati e raffrontati due diversi sistemi
giuridici e autodisciplinari, quello italiano e quello spagnolo. L’argomento in
esame viene affrontato principalmente da un punto di vista giuridico, ambito in
cui la materia dell’ideazione pubblicitaria da’ origine ad alcuni importanti
interrogativi: può un elemento creativo configurarsi in un diritto esclusivo? A chi
e in quale misura tale diritto compete?
Il presente lavoro articolato in tre fasi, corrispondenti ai tre capitoli, cerca di
dare una risposta a tali domande. Più dettagliatamente, nel primo capitolo viene
affrontata la questione della rilevanza dell’idea creativa nel contesto pubblicitario
cercando, altresì, di individuare per conto di chi e perché si richiede una
protezione in tale settore. Nel secondo capitolo, di natura prettamente giuridica, si
proseguirà con l’analisi del sistema giuridico e autodisciplinare nel settore
pubblicitario, con un’attenzione particolare agli organi competenti in materia, sia
per l’Italia che per la Spagna. Si concluderà, nel terzo capitolo, con un’analisi
delle leggi e delle norme specifiche dei paesi considerati relative alla protezione
3
della mera idea creativa. Tale fase di lavoro sperimentale permetterà da un lato, di
cogliere le eventuali differenze tra i due sistemi analizzati e, dall’altro, di dare una
risposta alle precedenti domande.
L’idea pubblicitaria è dunque protetta da indebita appropriazione?
4
“Sentirsi John Wayne per la durata di una boccata di fumo”. Jaques Sèguelà.
Campagna pubblicitaria Marlboro, rappresentata dal mitico cowboy,
ideata da Leo Burnett nel 1964
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CAPITOLO 1
PUBBLICITÀ, CREATIVITÀ E DIRITTO D’AUTORE
1.1 La pubblicità
Il termine “pubblicità” in italiano deriva da pubblico, ed assume il significato
di rendere noto ciò che prima non lo era. I primi studiosi che in Italia si
accostarono al fenomeno pubblicitario furono giuristi e storici dell’arte i quali
inquadrarono la pubblicità come fenomeno culturale più che economico. Fu infatti
proprio un giurisperito, Eugenio Barsanti, che nel 1889 coniò il termine che
ancora oggi viene usato.
La pubblicità è una delle tante forme di comunicazione tra gli uomini,
attraverso cui è possibile esercitare un’opera di persuasione sugli individui.
Questa definizione, molto generale, è solo una delle innumerevoli esistenti, tutte a
loro modo interessanti.
Tradizionalmente il termine pubblicità indica quel complesso di
comunicazioni, a carattere non personale e a pagamento, opportunamente
programmato da un’organizzazione (ente o impresa) o da un gruppo di imprese
per il perseguimento di obiettivi commerciali (American Marketing Association).
Tale definizione appare oggi in parte superata, soprattutto in relazione a due
aspetti. Il primo relativo al fatto che la pubblicità non è più necessariamente
impersonale, in quanto può dipendere in grande misura dalle interazioni tra
l’organizzazione ed il singolo soggetto destinatario. Basti pensare, a questo
proposito, allo sviluppo della pubblicità on-line, la cui principale differenza
rispetto alla pubblicità tradizionale è da ascriversi, dal lato dell’utente (impresa),
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alla maggiore possibilità di interattività e di personalizzazione del messaggio, dal
lato degli operatori, alla maggiore segmentazione del target del messaggio
consentita dal Web.
Il secondo aspetto riguarda gli obiettivi perseguibili attraverso la pubblicità che
non sono necessariamente sempre di tipo commerciale: la pubblicità, infatti, è uno
strumento di comunicazione aziendale e, in quanto tale, può essere utilizzata con
obiettivi di tipo gestionale, istituzionale, economico-finanziario e, ovviamente,
commerciale. La difficoltà nel definire che cosa realmente sia la pubblicità e che
cosa non lo sia, è aggravata dal fatto che di frequente essa viene combinata ad
altri elementi promozionali. Esempi di ciò sono le promozioni delle vendite,
quando nella pubblicità vengono inclusi concorsi o offerte di sconti e le attività di
marketing diretto, quando vengono inclusi coupon di risposta diretta o numeri di
telefono. Sarebbe, pertanto, più corretto definire la pubblicità come quel
complesso di comunicazioni a pagamento, effettuate da uno o più promotori ben
identificati, attraverso mezzi di comunicazione di massa, e rivolti ad un
predefinito pubblico obiettivo al fine di stimolarne una risposta
1
. Tale risposta
può riguardare la conoscenza (notorietà), la percezione (immagine) o il
comportamento (atteggiamento favorevole, condivisione, acquisto, fedeltà) del
destinatario rispetto all’oggetto della comunicazione pubblicitaria.
La pubblicità ha preso forma nel tempo molto progressivamente e non è facile
individuare l’esatto momento della sua nascita. Già nell’antichità le numerose
insegne utilizzate dai commercianti per attirare l’attenzione dei clienti
rappresentavano un tipo di comunicazione vicina alla pubblicità contemporanea,
1
Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti, Milano, 2006, 215.
7
così come le immagini dell’imperatore coniate sulle monete dell’antica Roma
erano una prima forma di promozione dell’immagine dello stesso. Ma la storia
della pubblicità inizia, in un intreccio di libertà e tecnologia, con le rivoluzioni
moderne: industrializzazione, produzione di massa, sviluppo dei trasporti,
esplosione demografica, ascesa della borghesia come classe dominante ed, infine,
arrivo della modernità. L’esigenza pubblicitaria comincia, infatti, ad essere
avvertita dopo la rivoluzione industriale: il ciclo tecnico, economico e finanziario
delle imprese che producono su vasta scala sollecita l’utilizzazione di uno
strumento che, facilitando l’assorbimento del prodotto o del servizio da parte del
mercato, consenta la continuità del processo produttivo ed il razionale utilizzo
degli investimenti aziendali
2
. È, quindi, soprattutto dall’ottocento che tale
strumento di comunicazione ha assunto forme che ancora oggi la
contraddistinguono e, a partire da questo secolo, si possono individuare quattro
epoche fondamentali nell’evoluzione della pubblicità.
1) Dall’ottocento fino agli anni ’30. Tale periodo si riferisce all’avvento della
cosiddetta “società dei consumi”, ovvero al momento in cui la nascente “società
di massa” incontra la tecnica pubblicitaria. Se all’inizio fu l’ingegno dei grandi
cartellonisti a dominare la scena, nei primi anni del 900 si comincia a diffondere
un uso più consapevole e scientifico di questa tecnica di comunicazione. Questa
epoca vede nascere la pubblicità nel senso contemporaneo del termine; i
protagonisti del periodo sono gli “autori pubblicitari” (artisti e letterati) che
affiancano le nascenti organizzazioni produttive nella pubblicizzazione e
diffusione delle merci.
2
Rispoli, La pubblicità tra mercato e tutela dei cittadini-utenti, Milano, 1998, 43.
8
2) Dal 1930 al 1950. Durante gli anni ‘30, gli Stati Uniti prima e l’Europa poi,
entrano in quella che si può definire l’età del progresso: questi anni risulteranno
determinanti per l’avvento del marketing moderno. I mercati e i pubblici di
riferimento si sono allargati: il problema non è più solo quello di farsi conoscere
ma diventa indispensabile battere la concorrenza, imporre il proprio marchio e
invogliare all’acquisto di prodotti nuovi, mai offerti prima sul mercato.
3) Dal 1950 agli anni ’80 Il terzo grande cambiamento nello scenario sociale
ed economico vede entrare in scena un nuovo determinante attore, la televisione.
Per la prima volta la pubblicità dovrà imparare a conquistare il grande pubblico.
La televisione, con il suo potere unico di abbattere distinzioni geografiche, tra
diretto e mediato, tra personale e pubblico, cambierà il “senso del luogo” e i
pubblicitari dovranno adattarsi a questo nuovo mezzo di comunicazione,
piegandolo al loro gioco.
4) Dagli anni ‘90 ai giorni nostri. La quarta epoca comincia negli anni ’90,
con l’avvento delle nuove tecnologie informatiche e prosegue, tra critiche e lodi,
fino ad oggi. Il protagonista del periodo diventa il medium: internet, pay-TV,
telefonia mobile determinano la crescente complessità nell’impatto della
comunicazione su una società non omogenea, che la pubblicità deve raggiungere.
Grazie anche allo sviluppo congiunto dei moderni mezzi di comunicazione di
massa, la pubblicità ha potuto mettere a punto linguaggi che sono tuttora
particolarmente efficaci nell’esercitare un’influenza sui comportamenti dei
consumatori ed attuando una massificazione delle vendite.
È, dunque, solo nel XX secolo che, da forma estemporanea di propaganda, si
comincia a passare alla pubblicità programmata. In tale periodo, infatti, si
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verificano tre circostanze che concorrono a fare uscire la pubblicità dalla sua fase
iniziale: a) la costituzione di agenzie pubblicitarie in grado, da un lato, di valutare
le esigenze del cliente, offrendogli un servizio dotato della creatività necessaria
per far presa sul pubblico e, dall’altro, di porsi come veicoli obbligati per la
vendita dello spazio pubblicitario; b) l’interesse sempre crescente manifestato per
la pubblicità da parte di studiosi e psicologi; c) l’intervento delle autorità
governative per operare il coordinamento e il controllo dell’attività pubblicitaria.
La pubblicità diventa, così, un fenomeno di vasta portata economica, tecnica e
sociale.
Oggi, le avanzate conoscenze rispetto al funzionamento della pubblicità
portano a modificare il modello comunicativo che per oltre un secolo l’ha
caratterizzata. La comunicazione delle imprese smette di essere concepita come
un’attività tesa a costruire solo una buona immagine del prodotto e diventa un
complesso di procedure che nasce direttamente all’interno della stessa
organizzazione aziendale per arrivare poi all’esterno, con la definizione e
costruzione di un prodotto dotato di una specifica identità. Per ottenere questo
risultato, i pubblicitari cercano soprattutto di associare ai prodotti significati e
immagini immateriali. Il consumatore, infatti, più che la soddisfazione di bisogni
di tipo funzionale, cerca nei prodotti una ricca gamma di significati sociali: il
successo, il potere, la considerazione sociale, la bellezza ecc. Anzi, solitamente,
non acquista un prodotto se prima questo non è stato dotato di specifici significati
da parte della pubblicità
3
. Oggi non si parla più di oggetti o di cose, ma di
simboli. Quando si acquistano degli abiti non si chiede più una giacca di velluto
3
Codeluppi, Che cos’è la pubblicità, Roma, 2007, 46.
10
piuttosto che di lino, ma si chiede un Armani piuttosto che un Valentino, o una
Chanel, o un Ferrè, cioè una firma, un simbolo al posto dell’oggetto. In passato,
invece, gli acquisti si basavano sulla consistenza del prodotto, valutando la sua
capacità d’uso. Oggi la merce ha perso il suo valore intrinseco, ciò che la gente
chiede è il simbolo, la comunicazione, il sogno.
La pubblicità in questo processo creativo si limita a “catturare” i significati già
esistenti nell’immaginario collettivo per immetterli nei prodotti venduti sul
mercato ai consumatori, ma può anche procedere ad una costruzione in proprio di
tali significati. Per ottenere i suoi scopi fa parlare il prodotto da sé, nel caso che
questo abbia un’identità sufficientemente forte, oppure lo presenta insieme a un
oggetto, a una o più persone o a una situazione affettiva, i cui significati sociali
siano già noti al consumatore. In tale processo, un ruolo fondamentale è svolto
dalla struttura formale posseduta dalla comunicazione pubblicitaria, così come un
ruolo ugualmente importante è riservato a quei grandi sistemi culturali contenenti
significati e conoscenza che esistono stabilmente nella società e ai quali la
pubblicità deve necessariamente fare riferimento. È in questo contesto che entra in
gioco la creatività dei pubblicitari per l’ideazione dei messaggi.
1.2 La creatività
La capacità di dar vita ad una nuova realtà, di riprodurre quella già esistente, di
scorgervi aspetti prima ignorati, di affrontarla in modo originale: è in questo che
consiste la creatività, da quella di un artista a quella di uno scienziato o di un
inventore.