2
conflitto, la «discordanza»4 delle forme: linee curve e sinuose si scontrano con
angoli e spazi costruiti geometricamente. Questo contrasto di forme è visto da
Georges Limbour come un simbolo dell’«antagonismo» della vita dell’universo5.
Il trauma della guerra ha infatti lasciato il giovane artista profondamente
traumatizzato; l’esperienza della morte lo ha portato ad interrogarsi sul disordine
cosmico e sulla condizione della natura umana, temi che rimarranno costanti nella
sua ricerca artistica.
È con il surrealismo che Masson riuscirà a sviluppare pienamente il suo
immaginario, lasciandosi trasportare nelle forze dell’inconscio e arrivando così a
risultati assolutamente originali e di grande impatto poetico. Il 1924 è un anno
importante per il pittore francese: ottiene la sua prima mostra personale
(organizzata da Kahnweiler), conosce Breton e si unisce al surrealismo, dando
inizio così alla sperimentazione dei disegni automatici e ad un’indagine sempre
più personale dell’automatismo in pittura. Nei disegni automatici l’artista si
prepara alla creazione entrando in uno stato di trance, o di «furore», come lo
chiama Masson6, e traccia la linea con un solo movimento, per non lasciare che la
riflessione cosciente possa correggerlo. Masson considera la linea come l’unico
supporto dell’allucinazione, l’unico mezzo per «inventare un movimento che
nasca da se stesso, pur accettando di portare nel suo tumulto elementare […] delle
vestigia irrazionali d’un mondo riconoscibile: […] dei frammenti della scena
umana»7. La linea quindi nasce dal suo stesso movimento, crea frammenti di
immagini che l’artista riconosce e che continua secondo associazioni spontanee,
senza interrompere il rapido movimento della penna; il disegno cresce come se
avesse una sua propria esistenza.
4
S. Perks, Fatum and Fortuna: André Masson, Surrealism and the Divinatory Arts, «Papers of
Surrealism», spring 2005, n. 3, p. 6.
5
«…the life of the universe, of art and of the emotions consisted exactly of this antagonism». Ibid.
6
Cfr. M. Henry, Antologia grafica del surrealismo, Milano, Gabriele Mazzotta Editore, 1972, p.
81.
7
Cit. ibid (il brano è tratto da A. Masson, Conferenza al dibattito sulle Méditations, Parigi, 1961).
3
Nei dipinti ad olio degli anni 1924-1925 (quali ad esempio, Deux nus, Nus et
architecture o Le proie), lo spazio è ancora di impronta cubista ma le linee
automatiche, immesse nel contesto costruito geometricamente, riescono a
spezzare l’equilibrio della rappresentazione: all’integrità cubista, Masson oppone
l’irruzione delle forze inconsce, rappresentate tramite l’andamento irregolare e
spasmodico dei segni. A differenza degli altri surrealisti, egli «tenta di andare al di
là degli oggetti quotidiani»8, rinunciando a rappresentarli nella loro esteriorità e
riuscendo a cogliere invece le minime vibrazioni della psiche.
Il culmine della sua ricerca sull’automatismo in pittura è raggiunto nelle opere
in cui utilizza la sabbia, realizzate tra il 1926 e il 1927; secondo l’artista tale
innovazione tecnica si era resa necessaria dopo aver preso coscienza della
differenza che esisteva tra i suoi disegni e i suoi dipinti ad olio, cioè tra la
spontaneità dei primi e la riflessione dei secondi9. Masson si rende conto che la
pittura, per la sua stessa caratteristica tecnica (per esempio, la costante «ricarica»
del pennello), resiste al rapido ed intenso automatismo voluto dall’artista,
spezzando la continuità della linea e quindi lo stesso sviluppo degli impulsi
psichici. Il «quadro di sabbia» consiste nel disporre la tela in orizzontale, versarci
sopra macchie di colla, ricoprire il tutto con della sabbia ed infine disegnarci
attorno; l’immagine emerge in modo graduale. Con questa grande intuizione dei
«quadri automatici» Masson riesce a creare una nuova realtà misteriosa ed
ambigua, sorta direttamente dall’inconscio. Negli ultimi «quadri di sabbia» le
forme assumono un carattere sempre più astratto10, vicino a Klee e Miró, e l’artista
giunge a dipingere attingendo direttamente dal tubetto del colore per non
influenzare la spontaneità del gesto (metodo che precorre il dripping di Pollock).
Nonostante questa tendenza all’astrazione, nelle linee di Masson si ritrova sempre
8
F. Levaillant, André Masson, cit., p. 11.
9
Cfr. ivi, p. 45 (l’artista ripercorre la sua evoluzione tecnica in A. Masson, Propose sur le
surréalisme, 1961).
10
Cfr. W. S. Rubin, L’arte Dada e Surrealista (1969), Milano, Rizzoli Editore, 1972, p.77.
4
un abbozzo o un contorno di figura umana o animale: delle forme semi-astratte
scivolano le une sulle altre creando immagini ed associazioni ambigue ed
enigmatiche.
Il dinamismo dei segni e il conflitto di forme rimangono una costante nella
ricerca stilistica dell’artista, sia nella grafica che nella pittura, e si rispecchiano,
sul piano tematico, nella metamorfosi intesa come «dinamismo primario
dell’energia dell’esistere»11. La metamorfosi è il principio primo della poetica di
Masson: è la coscienza dell’eterno divenire (lo stesso passaggio dalla vita alla
morte è una metamorfosi). Sul piano pittorico ciò si traduce nel movimento: nei
suoi dipinti ogni elemento si disperde in un altro, in un moto continuo;
l’immagine dell’uomo si fonde con quella della natura e degli animali. Accanto al
tema delle metamorfosi appare, già dal 1926, quello dei combattimenti di animali
o dell’animale ferito: è la traduzione del turbamento dell’artista di fronte al
mondo, è il suo modo per esprimere le proprie lacerazioni interne. La tematica
dell’arte di Masson può essere letta infatti come una costante meditazione sulla
morte12, che diventa anche un mezzo d’investigazione della realtà.
Gli anni 1929-1930 costituiscono un periodo di rinnovamento per l’attività
creativa dell’artista: rompe con il surrealismo di Breton, che considera un sistema
chiuso13, e si avvicina al gruppo gravitante intorno alla rivista «Documents»:
l’influenza dell’universo perturbante di Bataille si avverte soprattutto nei temi
erotici, ma anche nelle illustrazioni per L’anus solaire, le quali rappresentano il
tema del desiderio e dell’aggressione «in un universo unicamente bestiale»14.
11C. Benincasa (a cura di), André Masson: l’universo della pittura, catalogo della mostra
(Repubblica di san Marino, Pinacoteca, 21 agosto-30 settembre 1989), Milano, Mondadori, 1989,
p. 14.
12
Cfr. M. Ries, André Masson: Surrealism and His Discontents, «Art Journal», vol. 61, winter
2002, n. 4, p. 76.
13
Ibid.
14
«Les illustrations pour ‘L’anus solaire’ représentent le désir et l’agression dans un univers
uniquement bestial». F. Levaillant, André Masson, cit., p. 13.
5
Dagli anni Trenta Masson passa, dal combattimento degli animali, alla
rappresentazione dell’aggressione umana e della crudeltà dei massacri tramite un
recupero della mitologia (tema attuale per gli intellettuali dell’epoca). La serie dei
Massacres (1931-1933) è sempre ispirata alla metamorfosi e alla tradizione
mitologica, ma si caratterizza per un’estrema drammaticità: viene mostrata la
violenza tra gli uomini ma soprattutto la violenza sulle donne; è una pittura
tormentata e dinamica, dalla cui «composizione densa e inestricabile» sorgono
pulsioni erotiche e di morte15. L’«erotismo nero», la mitologia, la violenza e il
rituale diventano i temi principali della sua pittura, come nelle incisioni per un
album realizzato con Bataille, Sacrifices. Les dieux qui meurent, in omaggio ai
lavori dell’etnologo Mauss16, dove interpreta il rituale come un atto di violenza.
Il suo interesse per il mito si rafforza durante il soggiorno spagnolo, dal 1934
al 1936, dove scopre il rituale della tauromachia, che l’artista rappresenterà però
nelle sue opere invertendo i ruoli, come in La mort du torero del 1937: è il toro
che uccide l’uomo e non viceversa17. In Spagna riscopre anche il fascino del
paesaggio, che comincia ad introdurre nelle sue opere, ma lo traduce in un luogo
enigmatico, profetico, portatore di forze occulte (si veda per esempio Paysage
métaphysique, del 1939). Dal 1934 al 1939, la sua arte si fa densa di richiami
simbolici e di tragicità: la storia sta per ripetersi e Masson, come molti altri
intellettuali dell’epoca che hanno provato l’orrore della guerra, ne avverte il
pericolo; la sua arte diventa così testimonianza dell’angoscia dell’uomo, inerme di
fronte alla crudeltà del mondo. Il tema del labirinto, che compare in un’opera
omonima del 1938, ma che è da sempre implicito in tutta l’opera di Masson18,
assume ora un significato più cupo. Il labirinto può essere inteso come
smarrimento, come perdita di ogni punto di riferimento, ma può essere
15
Cit. ivi, p. 15.
16
Ibid.
17
Cfr. ivi, p. 17.
18
Cfr. C. Benincasa (a cura di), André Masson: l’universo della pittura, cit., p. 15.
6
interpretato in due modi differenti. Mentre nella fase iniziale dell’artista (come nei
disegni automatici o nei primi anni surrealisti) esso era associato ad una
liberazione del proprio essere, liberazione dalla logica di una realtà imposta, e
quindi poteva essere anche inteso come un cammino verso la ricerca del proprio
sé, dagli anni Trenta assume invece una valenza negativa, facendosi metafora
dell’impossibilità di trovare la via d’uscita e dell’assenza di speranza di salvezza.
Durante la guerra Masson riesce a partire per gli Stati Uniti e a stabilirsi nel
Connecticut19. In questo periodo (1941-1945) la sua pittura subisce un
cambiamento: parallelamente alla creazione di opere complesse dove domina il
simbolico, dipinge delle composizioni in cui le figure sono estremamente
semplici, simili a «segni isolati nello spazio»20; l’artista porta avanti nuove
ricerche sulla linea che lo conducono ad un’astrazione basata sulla scrittura: si
tratta, come spiega Masson, di «écrire l’image»21, dare cioè alla linea una
maggiore importanza che allo spazio, in una totale libertà. Egli prosegue inoltre la
sperimentazione materica, riprendendo la ricerca sulla sabbia e dando vita ad una
tecnica complessa, che crea uno spazio denso e materico (come, per esempio, in
Mouvement o Constellation I, del 1942).
Nel periodo americano Masson riprende di nuovo la riflessione sul mito che
aveva iniziato in Europa, soprattutto la questione dell’arcaismo e della sessualità
(la figura della donna nella mitologia e nella religione), e in particolare il mito del
labirinto con le figure a lui associate nella tradizione22; ma ora ogni richiamo alla
prospettiva viene abolito, e segni realistici o antropomorfi sono accostati ad altri
astratti tramite una linea inquieta, agitata, all’interno di uno spazio denso e
labirintico (come in Méditation sur une feuille de chêne del 1942 o Pasiphaé del
19
Cfr. P. Dècina Lombardi, Surrealismo 1919-1969. Ribellione e immaginazione, cit., p. 629.
20
F. Levaillant, André Masson, cit., p. 21.
21
Ivi, p. 22.
22
Cfr. ivi, p. 23.