Surrealismo ed etnografia: la pittura di André Masson nella critica di Carl Einstein
Alla fine degli anni Venti, a Parigi, l’interesse per l’art nègre e per le popolazioni esotiche è ormai diventato un fenomeno di larga diffusione, che investe tutte le aree della cultura: il jazz e gli spettacoli di danza africana sono entrati a far parte della moda del momento; tutto ciò che riguarda l’alterità esotica e il primitivismo suscita curiosità fino a diventare oggetto di studio anche a livello scientifico.
Per alcuni artisti e intellettuali dell’epoca, usciti traumatizzati dall’esperienza della guerra e disillusi sulla possibilità di un mondo migliore, l’interesse per il primitivismo diventa un modo per opporre alla società occidentale un tipo di cultura differente, capace di far crollare il sistema europeo, insieme a tutta la sua cultura, la sua logicità e la sua razionalità.
Mentre una parte dell’avanguardia artistica continua a considerare il primitivo sotto una valenza puramente estetica, basata sulla presunta purezza di quelle popolazioni lontane e sul mito di una primitività ancestrale, alcuni artisti ed intellettuali dell’epoca cominciano ad interessarsi alle culture extra-europee mediante l’etnologia. È nella rivista gravitante intorno a Georges Bataille, «Documents», che gli interessi per l’arte e per l’etnologia arrivano ad intrecciarsi: etnologi e surrealisti dissidenti sono uniti nello scopo comune di smontare l’intero sistema occidentale, di mettere in questione la sua cultura, considerata a priori superiore su qualsiasi altra logica di pensiero, e per mostrarne invece tutta la sua cieca assurdità.
In questo contesto, il critico tedesco Carl Einstein mette in relazione la storia dell’arte con l’etnologia allo scopo di soppiantare l’atteggiamento tradizionale della critica estetica fine a se stessa e di aprire l’opera d’arte ai suoi rapporti con la storia e con il mondo. La presente tesi ha preso in esame un articolo che Einstein ha pubblicato nel 1929 all’interno di «Documents», uno «studio etnologico» su un artista contemporaneo, André Masson: una critica estetico-antropologica in cui Einstein mette in relazione la pittura di Masson con il primitivismo. Nelle
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metamorfosi e negli psychogrammes dell’artista francese, il critico vede il ritorno di un «arcaismo psicologico»; tramite la potenza delle forze inconsce l’artista riesce a distruggere la logica su cui si basa la realtà data, con le sue norme e le sue convenzioni, per giungere alla creazione di una nuova realtà, che sorge dall’inconscio e si ricollega alle origini, riallacciando così il legame tra tutti gli uomini di tutti i tempi. Il testo è un tipico esempio della critica einsteiniana, che non si limita alla storia dell’arte ma unisce in sé anche un attacco forte e violento alla società del tempo.
Il presente lavoro si inscrive nel filone di ricerca dedicato a Carl Einstein; grazie agli studi di Liliane Meffre e Georges Didi-Huberman in Francia, si è cominciato a rivalutare il contributo dell’intellettuale tedesco nella storia dell’arte, che in Italia rimane tuttavia ancora poco frequentato; la traduzione dei suoi scritti in italiano è pressoché nulla (se si eccettua l’edizione italiana di Bebuquin e di alcuni saggi riuniti da G. Zanasi), per non parlare della sua quasi completa assenza nei libri di storia dell’arte o di estetica.
Gli scritti di Einstein, così aggressivi e polemici nei confronti della società del tempo, possono aiutare a capire meglio la funzione dell’arte in quei difficili anni europei fra le due guerre, ma soprattutto possono aiutare a ritrovare quello spirito sovversivo delle avanguardie storiche.
Oggigiorno, il pensiero di Einstein (l’arte capace di cambiare il mondo) si avverte in tutta la sua utopia, tuttavia leggere i suoi saggi può contribuire a modificare la concezione dell’arte attuale. Nel panorama artistico odierno, così spesso soggetto a leggi di mercato, può essere importante, per i critici come per gli artisti, riconsiderare l’opera d’arte come un qualcosa di attivo; ridare all’arte quel compito di «squarciare» la realtà, di mostrarne l’ambiguità; ricominciare a porsi delle domande e a mettere in questione la realtà in cui si vive, per rimanere attivi di fronte alla società e in questo modo, come affermava l’intellettuale tedesco, ottenere una minima «possibilità di libertà».
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Informazioni tesi
Autore: | Nicoletta Ciunci |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli studi di Firenze |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo |
Relatore: | Alessandro Nigro |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 75 |
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