Antonio Giorgio Un Continuo Frazionario per Problemi ad Elasticità Non Locale
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Capitolo 1 Introduzione
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Capitolo 1
Introduzione
Nell‟ambito della meccanica dei solidi viene affrontata la formulazione di
modelli matematici atti a stabilire legami tra lo stato tensionale e
deformativo dei punti del materiale.
E‟ noto che i materiali hanno una complicata struttura interna caratterizzata
da dettagli microstrutturali le cui dimensioni sono variabili. La teoria elastica
lineare che fa uso del continuo è considerevolmente anteriore ad ogni
conoscenza dettagliata della struttura atomica della materia e valuta
principalmente la proporzionalità tra tensione e deformazione su base
macroscopica. Questo è alla base, in molti casi, di incongruenze tra i dati
sperimentali e quelli teorici.
Per colmare le conseguenti lacune, nell‟ultimo secolo sono stati eseguiti
studi sul comportamento meccanico dei solidi fondati sulla conoscenza della
struttura interna della materia. Questo approccio, più generale, prevede la
rimozione dell‟ipotesi di località, secondo la quale la risposta in un punto del
materiale dipende dal valore che un certo insieme di variabili interne
assumono nel punto stesso.
Conseguentemente sono stati sviluppati numerosi modelli alternativi che
hanno il pregio di descrivere il comportamento dei solidi laddove la teoria
classica fallisce.
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1.1 Descrizione del problema
Storicamente lo studio del comportamento meccanico dei solidi è stato
condotto principalmente con due approcci, quello particellare atomico molto
usato dai fisici della materia, e quello continuo molto usato in vaste aree
della meccanica.
Il modello continuo, introdotto da Cauchy nel 1823, si basa sull‟idea che
tra elementi di volume adiacenti nascano forze di contatto. La caratteristica
di queste forze è di avere un raggio d‟azione nullo, a differenza delle ben
note forze di natura elettromagnetica o elettrostatica, come le forze di
coesione, che invece hanno un raggio d‟azione finito. E‟ pertanto lecito,
associare alle prime il concetto di “locale” e alle seconde quello di “non
locale”. Il modello di Cauchy è dunque caratterizzato dalla dipendenza del
tensore degli sforzi in un punto dallo stato dei punti adiacenti, escludendo
qualunque dipendenza da quelli posti a distanza finita da quello considerato.
In questa modellazione lo stato tensionale in un punto dipende unicamente
dallo stato deformativo corrente e/o pregresso dell‟intorno infinitesimo.
Ovviamente alla base di quanto detto c‟è la tacita assunzione che il materiale
può essere considerato come continuo ad una qualunque, e quanto si voglia
piccola, scala.
Le semplificazioni provenienti dal trascurare le azioni a distanza tra le
particelle del solido comportano minore precisione ed in molti casi, risultati
inspiegabili. Questo viene chiarito considerando che tutte le teorie fisiche,
che possono essere adottate, hanno un loro dominio di applicabilità al di
fuori del quale le stesse teorie vanno in difetto, ovvero non riescono a
predire il fenomeno fisico con adeguata accuratezza. Il dominio di
applicabilità è funzione di alcune lunghezze caratteristiche interne del
materiale come distanze intergranulari, parametri di reticolo, ecc.. In
relazione a queste vengono poste delle lunghezze esterne come ampiezze
delle aree su cui sono applicate le forze, lunghezze d‟onda, periodi, ed altre,
per comprendere la possibilità che la teoria usata non sia applicabile.
Se il comportamento collettivo di un gran numero di atomi o molecole è
adeguato alla descrizione del fenomeno fisico allora la teoria del continuo
offre una metodologia semplice e pratica. Se invece il moto di ogni atomo in
un corpo è essenziale per descrivere il fenomeno fisico, allora è necessario
ricorrere alla teoria atomica.
Capitolo 1 Introduzione
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Tra questi due estremi c‟è un grande dominio ricco di fenomeni fisici.
Naturalmente nessun materiale è un continuo ideale, ed è noto che i materiali
reali presentano una struttura interna molto variegata, caratterizzata da
dettagli microstrutturali di varie dimensioni, dislocazioni, impurità, e di
conseguenza è impossibile eseguire dei calcoli sulla base di teorie atomiche,
e se fosse possibile i risultati non sarebbero di interesse ingegneristico.
Un modello schematico che colga le peculiarità di quanto sopra detto può
essere introdotto indicando con Ο la lunghezza caratteristica del materiale,
con a la distanza intermolecolare e con l l‟ambito tipico delle forze
intermolecolari. Quando si verifica:
la Ο (1.1.1)
la teoria del continuo locale non è più valida e l‟applicazione di quella
molecolare non è ancora necessaria. In questo caso la disuguaglianza (1.1.1)
individua il dominio di una teoria della meccanica del continuo arricchita
con importanti caratteristiche delle dinamiche del reticolo (come le forze di
natura elettromagnetica).
Una teoria che prende in considerazione le forze di contatto e quelle agenti
a distanza viene ragionevolmente chiamata: “Teoria Elastica Non Locale”.
Perché tale teoria sia formulabile è necessario che:
la (1.1.2)
Lo sviluppo della non località è dettato dall‟esigenza di ottenere, nella
meccanica del continuo, soluzioni coerenti ai dati sperimentali. I campi di
applicazione sono differenti. Si utilizza nella meccanica elastica (per
esempio per risolvere il paradosso delle tensioni infinitamente elevate in
prossimità di una frattura), nella meccanica del danno, nei problemi elasto-
plastici, visco-plastici, nei problemi di omogeneizzazione dei reticoli
atomici, per risolvere il problema dell‟indipendenza della velocità di fase
delle onde meccaniche che si propagano in un mezzo elastico dalla
lunghezza d‟onda ed in molti altri settori. Recentemente (Drugan, Willis,
1996; Luciano, Willis, 2001) è stata fornita una esauriente spiegazione della
necessità di termini non locali in modelli elastici omogeneizzati per materiali
compositi.
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In letteratura è stato affrontato lo studio dei problemi elastici non locali
attraverso teorie differenziali e teorie integrali. Vengono riportati nei
successivi capitoli dei modelli descrittivi del comportamento meccanico dei
solidi quando è verificata la disuguaglianza (1.1.2).
1.2 Stato dell’arte
Benché i primi tentativi risalgano al XIX° secolo (Voigt, 1887, 1894), la
prima effettiva formulazione della non località può essere osservata all‟inizio
del 900 (Cosserat e Cosserat, 1909). Il modello introdotto può essere
considerato il primo in quanto annuncia un arricchimento del modello
continuo di tipo locale. Caratteristica fondamentale del modello è l‟aver
considerato le particelle materiali come aventi gradi di libertà, oltre che
traslazionali, anche rotazionali.
Successivamente altri autori, basandosi sul modello, introdussero i modelli
chiamati a “gradiente”. In quest‟ultimi il gradiente degli spostamenti o delle
deformazioni veniva esteso a termini di grado superiore al primo, in modo da
introdurre informazioni sulla cinematica a piccola scala.
In particolare la “teoria elastica multipolare di prima specie” tiene conto
delle interazioni a distanza (Green e Rivlin, 1964).
Successivamente è stata formulata una teoria elastica caratterizzata dalla
presenza, nell‟espressione dell‟energia elastica interna, di gradienti dello
spostamento di ordine infinito (Krumhansl, 1964).
Altri autori si limitarono ad utilizzare modelli il cui gradiente degli
spostamenti è di ordine due. Questi modelli mantengono un elevato carattere
locale (Peerlings R.H.J. et al., 2001) in quanto tutti gli infiniti termini di
ordine superiore al secondo vengono del tutto trascurati. Ciò non accade,
ovviamente, nei modelli che utilizzano un gradiente di ordine più elevato
con la conseguenza di formulazioni notevolmente più complesse. Per questi,
infatti, la soluzione in forma chiusa del problema richiede oltre alle consuete
condizioni al contorno di tipo meccanico o naturali, ulteriori condizioni al
contorno dette “non convenzionali” che si ottengono da considerazioni di
tipo energetico. Tale condizioni, per ottenere una soluzione in forma chiusa,
devono essere in numero pari al grado del polinomio caratteristico. Di
conseguenza maggiore è il suo grado, maggiore è il numero di condizioni.
Capitolo 1 Introduzione
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Parallelamente è stata introdotta la teoria elastica non locale integrale che
prevede che la tensione in un punto dipenda dall‟intero stato del solido
(Rogula, 1965; Eringen, 1967; Kröner, Datta, 1966; Kröner, 1966, 1967;
Kunin, 1966, a, b, 1968; Edelen, 1969; Edelen, Laws, 1971; Eringen e al.,
1972; Eringen, Edelen, 1972; Eringen, 1987). Particolarmente accreditato è
il lavoro in cui viene usato il modello integrale (Eringen, 1972) che ha dato
origine a un modello che è tutt‟oggi tra i più utilizzati nelle applicazioni. In
principio la teoria non locale proposta attribuiva un carattere non locale a più
campi, come forze di volume, di massa, entropia e energia interna. Le
notevoli complicazioni causate da queste assunzioni resero necessarie alcune
semplificazioni che portarono a formulazioni nelle quali solo la relazione tra
tensione e deformazione è non locale, mentre le leggi di equilibrio,
cinematiche e le condizioni al contorno sono rappresentate in una forma
classica.
Altri studi che estendono la teoria non locale di Eringen a problemi
elastoplastici, di meccanica del danno e frattura sono stati recentemente
riportati in letteratura (Pijaudier-Cabot, Bažant, 1987; Polizzotto, Borino,
Fuschi, 1998; Polizzotto, Borino, 1998; Borino, Fuschi, Polizzotto, 1999;
Polizzotto, Borino, Fuschi, 2000; Borino, Failla, Parrinello, 2002; Bazant P.
Zdenek, Jirasek Milan, 2002; Borino, Failla, Parrinello, 2003; Fuschi P.,
Pisano A.A., 2004). Anche i principi variazionali sono stati riportati in forma
non locale (Polizzotto, 2001). Quest‟ultimo ha inoltre introdotto un
funzionale che dipende dalla distanza geodetica tra le particelle tale che, nei
processi di diffusione degli effetti non locali, certi ostacoli, come buchi,
rotture ecc., possano essere circuite.
I modelli non locali di tipo integrale, sebbene più dettagliati rispetto a
quelli a gradiente, presentano alcune lacune applicative. E‟ possibile, infatti,
riscontrare delle singolarità o delle discordanze rispetto ai dati ottenuti da
prove sperimentali. Ulteriori difficoltà per la determinazione della soluzione
del problema si riscontrano nella fase di definizione delle condizioni al
contorno. Tutto questo si spiega considerando che il modello integrale è
riconducibile al modello a gradiente in cui sono presente infiniti termini
(basti pensare allo sviluppo in serie di Taylor). Così operando sarebbe
necessario fornire al sistema infinite condizioni al contorno. Questo rende
difficile l‟applicazione di tale modelli a sistemi di dimensione finita.
Viceversa, nei sistemi di dimensione infinita o nei punti situati ad elevata
distanza dal bordo, il modello presenta elevata rispondenza con i dati
ottenuti da prove sperimentali e adeguata semplicità di applicazione.
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Recentemente, un approccio alternativo ha riguardato l‟introduzione del
calcolo frazionario nella meccanica del continuo (Lazopoulos, 2006).
1.3 Risultati conseguiti
In questa tesi possono essere distinti quattro aspetti.
Inizialmente viene osservata la differenza principale tra i due grandi filoni
di ricerca presenti in letteratura: la non località debole e la non località forte.
Di entrambi vengono riportati i modelli costitutivi più accreditati dalla
comunità scientifica. In particolare, per la non località debole, si sviluppa il
modello di Aifantis ottenuto come particolarizzazione della teoria di Midlin
per il continuo monodimensioanle, mentre per la non località forte si
sviluppa la teoria integrale (Kröner, 1967; Eringen, 1987) e la soluzione in
forma chiusa (Fuschi, Pisano, 2003) per una barra in tensione.
Nella seconda parte si studia un modello meccanico semplificato capace di
interpretare i meccanismi di interazione che si manifestano nella
microstruttura della materia, in particolare dei solidi. Viene descritto un
modello discreto in cui le azioni, tra le particelle adiacenti e tra quelle
distanti, vengono rappresentate da molle. E‟ stata determinata l‟equazione
dell‟energia elastica interna che tramite la formula di Eulero-Maclaurin
viene estesa al continuo. Questa formulazione non si dimostra soddisfacente
in quanto non consente di stabilire a priori il numero delle condizioni al
contorno.
Nella terza parte viene introdotto uno strumento matematico diverso: il
calcolo differenziale frazionario. Vengono date le principali definizioni e
regole. E‟ stato argomentato uno studio (Lazopoulos, 2006) in cui è stato
introdotto lo strumento del calcolo frazionario nella meccanica del continuo.
Viene attuato un primo tentativo nella applicare il calcolo frazionario nella
definizione del legame costitutivo. Quindi viene data una definizione
consistente delle azioni a distanza ed è stata scritta l‟equazione di equilibrio
per un generico elemento monodimensionale. Tramite il calcolo frazionario
viene ricavata l‟equazione differenziale frazionaria di equilibrio di un
continuo non locale monodimensionale. Successivamente viene ottenuta
l‟equazione di equilibrio frazionaria di un sistema discreto equivalente ed è
Capitolo 1 Introduzione
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stata fornita la soluzione dell‟equazione differenziale frazionaria di
equilibrio del continuo non locale con il metodo delle differenze finite.
Nella quarta parte vengono riportate alcune applicazioni numeriche
verificando il ruolo dei parametri nella formulazione proposta.