tubercolare, il virus influenzale, i virus dell’epatite B e C, il virus
dell’HIV, ecc.
1.1.2 Trasmissione indiretta
Nel caso della trasmissione indiretta il contagio avviene da un
paziente all’altro tramite il contatto con materiale contaminato: guanti
sporchi di sangue, strumentario non sterile e, in modo particolare in
campo odontoiatrico, tramite la formazione di aerosol che poi diffonde
nell’ambiente dopo aver investito il dentista e l’assistente stessi. Tutto
lo strumentario può essere considerato un veicolo di microrganismi, è
quindi necessaria una corretta disinfezione e/o sterilizzazione di tutti
gli strumenti utilizzati sui pazienti, oltre che delle infrastrutture
presenti nello studio (riunito, seggiolini, servomobili, ecc.).
1.2 RISCHI INFETTIVI IN ODONTOIATRIA
Il rischio di contrarre e/o trasmettere microrganismi patogeni in
odontoiatria è ben documentato sia per i pazienti che per gli
odontoiatri ed il loro personale ausiliario (assistenti, igienisti,
odontotecnici). Questo rischio infettivo è stato dimostrato essere
maggiore di 6-8 volte rispetto alla popolazione generale.
L'infezione da HIV non è che una, e di gran lunga la meno
probabile, delle infezioni che si possono contrarre in campo
odontoiatrico, pur essendo forse quella più conosciuta al grande
pubblico; infatti è molto maggiore la probabilità di contrarre
un’infezione da virus epatitici a trasmissione parenterale.
Il rischio più elevato per l’odontoiatra si presenta quando
esercita la propria professione su pazienti affetti da malattie che non
esternino ancora segni clinici rilevanti, pur essendo la malattia nella
maggior parte dei casi già contagiosa allo stato di incubazione. Per
questo motivo tutti i pazienti devono essere considerati come
potenzialmente infetti e trattati quindi con le massime precauzioni.
Resta comunque da sottolineare come la pratica odontoiatrica
non sia il campo più favorevole e rischioso per la trasmissione di
infezioni rispetto ad altre pratiche chirurgiche; il vero problema
consiste nell’ampia rilevanza delle cure odontoiatriche nella
popolazione che rendono pesante il computo totale delle infezioni
potenzialmente trasmissibili.
La prevenzione delle infezioni crociate in campo odontoiatrico
appare quindi come un importante obiettivo per la Sanità Pubblica.
1.2.1 Sorgenti e vie di trasmissione delle infezioni in ambito
odontoiatrico
Le più comuni vie di trasmissione, in campo odontoiatrico, sono
rappresentate dalla saliva, dal sangue e dalle goccioline di aerosol.
Da tali fonti, i microrganismi eventualmente presenti, possono
infettare gli individui sia per contatto diretto, sia tramite diversi
veicoli (superfici, strumentario, circuito idrico del riunito).
Alcune zone dello studio odontoiatrico, in quanto difficilmente
accessibili alle operazioni di pulizia e disinfezione, possono diventare
dei veri e propri serbatoi d’infezione. È comunque evidente che in
mancanza di un soggetto affetto o portatore (sia esso un paziente,
l’odontoiatra stesso o un’assistente) non è possibile alcuna
trasmissione.
1.2.1.1 Aerosol
L’utilizzo di turbine, micromotori, detartratori ad ultrasuoni
che impieghino l’acqua come mezzo di raffreddamento causa la
formazione di aerosol contenente goccioline nebulizzate di sangue e
saliva.
Questa nube investe direttamente l’operatore, l’assistente, il
paziente stesso e, diffondendo nell’ambiente, contamina praticamente
tutti gli oggetti e le superfici esposte.
La maggior parte dei microrganismi contenuti negli aerosol
appartengono alla normale flora del cavo orale. È stato dimostrato che
questi possono distribuirsi per un raggio di circa 1,8 metri con la più
alta concentrazione in un raggio di circa 80 cm dalla bocca del
paziente (Karen et al., 1992); proprio in questa zona lavorano
l’odontoiatra ed il suo assistente.
I microrganismi presenti negli aerosol sono stati associati
all’insorgenza di affezioni dell’apparato respiratorio, epatiti,
tubercolosi, infezioni oftalmiche e dermatologiche; l’80% dei batteri
aerobi ed anaerobi facoltativi viene intrappolato nelle prime vie aeree
(cavità nasali, faringe, bronchi), zone dove la rimozione è garantita
dall’azione dei macrofagi e dall’attività mucociliare. Il rimanente 20%
penetra più in profondità (bronchioli terminali ed alveoli) dove
l’assenza dell'azione mucociliare predispone ad una potenziale
patogenicità del microrganismo.
1.2.1.2 Aria
L’aria è una fonte importantissima di diffusione di infezioni
soprattutto in un ambiente come lo studio odontoiatrico, a causa
dell’utilizzo di strumenti rotanti ad alta velocità e dell’elevato transito
quotidiano di persone.
Il livello di contaminazione dell’aria, normalmente rilevato con
campionatori attivi quali il sistema S.A.S. (Surface Air System, Pool
Analysis Milano) o con piastre di sedimentazione (IMA) permette di
definire le condizioni dell’ambiente. Con il metodo S.A.S. l’aria
aspirata attraverso una superficie forellata, alla velocità di 180 litri al
minuto, viene convogliata su piastre Petri contenenti terreni di coltura
specifici per i microrganismi ricercati (Tab. 1). Il prelievo si prolunga
per 5 minuti con un’aspirazione complessiva di 900 litri d’aria. Viene
effettuato un prelievo per ogni singolo microrganismo ricercato; i
campioni sono conservati ad una temperatura compresa tra 0°C e 4°C
e consegnati al laboratorio entro 6 ore dal prelievo.
Tab. 1: Valutazione delle condizioni ambientali in
rapporto al numero di microrganismi per m
3
(Orpianesi et al., 1983).
N. microrganismi per m
3
Valutazione
0 – 125 Buone
126 – 250 Mediocri
251 – 375 Cattive
376 ed oltre Pessime
Evidentemente questi giudizi sono da correlarsi al tipo di
ambiente considerato, poiché, a pari livello d’inquinamento
microbiologico, se una sala operatoria ospedaliera è un ambiente a
rischio medio-alto, una sala d’attesa di uno studio pediatrico è senza
dubbio un’area a basso rischio. Nell’ambito stesso dell’odontoiatria
ambulatori deputati a prestazioni diverse possono considerarsi in
modo differente: un reparto rivolto unicamente all’ortodonzia sarà
certamente meno a rischio di uno dedicato alla chirurgia orale.
Un altro metodo di rilevazione, per ora utilizzato solo in ambito
ospedaliero, è quello delle piastre di sedimentazione IMA. L’indice
IMA corrisponde al numero di colonie di microrganismi che crescono
su una piastra Petri, contenente agar nutriente, lasciata aperta per
un’ora, ad un metro da terra e da ogni ostacolo fisico rilevante, dopo
48 ore di incubazione a 37°C. Sono state definite cinque classi di
IMA: ottima (0-5), buona (6-25), mediocre (26-50), cattiva (51-75) e
pessima (>75) (Tab. 2); nello studio odontoiatrico non dovrebbe
essere superato il valore IMA di 25.
Tab. 2: Valutazione delle condizioni ambientali
con il metodo IMA (Pitzurra et al., 1996).
N° di colonie Valutazione
0 – 5 Ottima
6 – 25 Buona
26 – 50 Mediocre
51 – 75 Cattiva
> 75 Pessima
Le specie batteriche più rappresentate che si rilevano negli
ambienti ospedalieri/odontoiatrici sono gli enterococchi, gli
stafilococchi ed i miceti (Orpianesi et al., 1983; Marino et al., 1986;
Kumer et al., 1994).
1.2.1.3 Strumenti e superfici
Durante tutte le procedure odontoiatriche tutte le superfici della
zona operativa e dei ripiani vicini sono esposte ad una contaminazione
microbica derivante dagli aerosol che si sviluppano dalla bocca del
paziente, dalle polveri prodotte da turbine e micromotori, dagli
strumenti utilizzati dall’operatore e dalle mani stesse dell’odontoiatra.
Il giudizio igienico sulla contaminazione delle superfici può
essere stilato attenendosi alla scala formulata da Griffith (1978) e
successivamente modificata da Sebastiani Annicchiarico (1989) (Tab.
3).
Tab. 3: Scala di Griffith per la valutazione della
contaminazione delle superfici (modificata da Sebastiani
Annicchiarico et al., 1989).
Contaminazione
microbica (u.f.c. / dm
2
)
Giudizio igienico
< 100 Buono
100 – 250 Accettabile
251 – 1.000 Accettabile con riserva
> 1.000 Inaccettabile
Nella ricerca condotta da Sebastiani Annicchiarico nella Clinica
Odontoiatrica dell’Università “La Sapienza” di Roma e in due
poliambulatori dentistici di U.S.S.L della capitale nessuna superficie
esaminata è rientrata nella categoria “buono” e solo una modesta
percentuale in quella “accettabile”. Le specie più frequentemente
isolate sono state: Staphylococcus haemolyticus, Staphylococcus
aureus, Staphylococcus hominis, Staphylococcus conhii,
Acinetobacter calcoaceticus, Pseudomonas spp. (sia nelle varietà
cepacea, maltophilia ed aeruginosa).
È stato ormai provato che turbine e micromotori vengono
contaminati, sia esternamente che internamente, dai fluidi orali del
paziente oltre che dall’eventuale sangue e li riespellono durante l’uso
sul successivo paziente (Lewis et al., 1992). L’aspiratore del riunito
per la sua destinazione d’uso risulta essere sempre a diretto contatto
con saliva e sangue; è quindi questo uno dei punti più delicati di tutto
il riunito in quanto a livello del separatore solidi/fluidi si può formare
un serbatoio di infezione.
1.2.1.4 Circuito idrico del riunito
Il circuito idrico del riunito comprende tutta la serie di tubi che
portano l’acqua alla fontanella del bicchiere, alla sputacchiera, alla
pistola aria-acqua, alla turbina, al micromotore e all’ablatore ad
ultrasuoni.
Presupponendo che l’acqua in entrata del riunito (normalmente
fornita dall’acquedotto comunale) non sia sterile ma comunque
potabile, il punto d’ingresso dei batteri patogeni è stato identificato nel
fenomeno del “risucchio” che avviene quando la turbina, interrotto il
suo funzionamento, si trova ancora nel cavo orale del paziente; i
batteri così penetrati possono aderire alle superfici dei condotti
mediante i polisaccaridi di superficie formando una matrice anionica
idratata favorevolissima alla moltiplicazione batterica in quanto
fornisce sostanze nutritive e rappresenta una valida barriera difensiva
per i microrganismi sottostanti contro i diversi agenti antibatterici
(Whitehouse, 1991).
Nelle varie ricerche effettuate nei circuiti idrici dei riuniti sono
state isolate diverse specie di batteri Gram-negativi (Fitzgibbon et al.,
1984; Whitehouse et al., 1991), bacilli ossidasi-negativi (Fitzgibbon et
al., 1984), ma anche microrganismi patogeni come Pseudomonas
(Fitzgibbon et al., 1984; Kumer et al., 1994; Fitzgibbon et al., 1984) e
Legionella pneumophila (Kumer et al., 1984; Lau et al., 1992;
Pankhurst et al., 1993).
Il problema sanitario relativo alla presenza di questi
microrganismi assume un’importanza rilevante nel trattamento di
pazienti immunodepressi per cause diverse, quali AIDS, fibrosi
cistica, trattamento immunosoppressivo per trapianto di organi e
terapie antitumorali (Pankhurst e Philpott-Howard, 1993).
In una ricerca del 1987, Martin ha riportato il caso di due
pazienti immunocompromessi che svilupparono ascessi subito dopo le
cure odontoiatriche a causa della contaminazione dell’acqua del
riunito da parte di Pseudomonas aeruginosa. In una successiva
indagine, dopo aver colonizzato per cinque settimane l'acqua del
riunito con Pseudomonas aeruginosa, non si verificò nessuna
infezione poiché erano assenti tra i pazienti soggetti immunodepressi.
1.2.1.5 Individuo infetto
Non è possibile alcuna contaminazione microbica in assenza
dell’individuo infetto, che può quindi essere considerato come la
sorgente primaria d’infezione.
Il soggetto può non essere consapevole della sua situazione,
poiché molte malattie decorrono per lungo tempo in modo
asintomatico, oppure perché il soggetto risulta essere un portatore
sano.
Oltre a ciò alcuni pazienti potrebbero non riferire
all’odontoiatra una loro patologia anche di fronte ad una domanda
diretta. È questo un altro motivo per considerare tutti i soggetti come
infetti ed adottare, ogni volta, tutte le precauzioni preventive
necessarie per l’odontoiatra, l’assistente ed i pazienti.
1.2.2 Malattie infettive trasmissibili in odontoiatria
In ambito odontoiatrico possono essere trasmesse malattie
infettive sia di tipo batterico che di tipo virale; queste possono
comprendere le comuni malattie esantematiche dell’infanzia,
soprattutto se in assenza di un precedente contagio da parte del
personale sanitario, le affezioni stagionali delle vie aeree, fino ad
arrivare alle più gravi patologie di ordine virale comprendenti l’AIDS,
le epatiti B e C, senza escludere l’infezione da micobatterio
tubercolare (Tab. 4).
Le malattie che non presentano segni e sintomi evidenti o subito
manifesti, come ad esempio durante il periodo d’incubazione, possono
aumentare il rischio di un contagio in ambito odontoiatrico, in quanto
l’operatore ed i suoi assistenti potrebbero non mettere in atto tutte le
precauzioni necessarie a prevenirne la trasmissione. Proprio tra queste
infezioni rientrano patologie quali l’AIDS e l’epatite B e C, malattie
gravi e con potenziali complicanze ancor più gravi.
Tab. 4: Malattie infettive potenzialmente trasmissibili in ambito
odontoiatrico (Madaro et al.,1988).
MALATTIA
VIA DI
TRASMISSIONE
TEMPO DI
INCUBAZIONE
POTENZIALI
COMPLICANZE
AIDS Virale
Sangue e fluidi
organici
Da 12 mesi a
10 anni
Morte
Epatite A Virale Oro – fecale 2 – 7 settimane Infermità
Epatite B Virale Saliva, sangue 6 sett. – 5 mesi
Cirrosi, epatoma,
morte
Epatite C Virale Saliva, sangue 6 sett. – 5 mesi
Cirrosi, epatoma,
morte
Herpes simplex II Virale
Possibile saliva e
sangue
Fino a 2
settimane
Infermità, morte
nei bambini
Inf. da stafilococco Batterico
Saliva, goccioline
di pflùgge
4 – 10 giorni Lesioni cutanee
Inf. da streptococco Batterico
Saliva, goccioline
di pflùgge
1 – 3 giorni
Osteomielite,
comp. cardiache
ed epatiche
Influenza Virale
Saliva, goccioline
di pflùgge
1 – 3 giorni Morte
Legionellosi Batterico Aerosol 2 – 10 giorni Morte
Mononucleosi
infettiva
Virale Saliva, sangue 4 – 7 settimane
Infermità
temporanea
Morbillo Virale
Saliva, goccioline
di pflùgge
9 – 11 giorni
Sequele
neurologiche,
morte
Parotite epidemica Virale Respiratoria 14 – 25 giorni Sterilità (maschi)
Polmonite
Virale
Batterico
Respiratoria
Varia da soggetto
a soggetto
Morte
Raffreddore
comune
Virale
Saliva, goccioline
di pflùgge
48 – 72 ore -
Rosolia Virale
Saliva, goccioline
di pflùgge
9 – 11 giorni
Anomalie
congenite, morte
infantile
Tetano Batterico Ferita aperta 7 – 10 giorni Infermità, morte
Tubercolosi Batterico
Saliva, goccioline
di pflùgge
Fino a 6 mesi Morte
Varicella Virale Saliva, sangue 10 – 21 giorni Encefalite
1.2.2.2 Epatite B
Il virus responsabile di questa malattia appartiene alla famiglia
degli Hepadnavirus, virus epatotropi con genoma a DNA .
Successivamente all’infezione il virus si localizza all’interno
degli epatociti: la malattia si manifesta quando l’organismo attiva la
risposta immunitaria mediata dai linfociti T con lo scopo di
distruggere gli epatociti infetti (Fig. 1). Comunemente le difese
immunitarie riescono ad eliminare completamente il virus, anche a
costo di una notevole perdita di sostanza epatica, rendendo non più
riscontrabile l’HBsAg nell’organismo. Possono verificarsi invece
varianti a questo schema di massima nell’evoluzione della malattia:
una possibile evenienza è rappresentata da una risposta immunitaria
troppo vivace che porta ad una distruzione massiva degli epatociti con
conseguente necrosi epatica massiva; questa condizione, denominata
epatite fulminante, porta rapidamente a morte il soggetto per una
gravissima insufficienza epatica; questa evenienza sopraggiunge in
meno dell’1% dei contagiati dall’HBV. Una seconda possibilità,
opposta alla precedente, si può verificare quando l’organismo non
attua una risposta difensiva sufficiente ad eliminare il virus: si delinea
così la condizione di portatore cronico dell’HBV il quale non presenta
alcun segno di malattia pur essendo sorgente d’infezione. Questa
situazione può verificarsi nei soggetti immunocompromessi (a causa
di malattie sistemiche o trattamenti farmacologici) e in alcuni portatori
che, per particolari caratteristiche genetiche, presentano tolleranza
immunologica nei confronti dell’HBsAg e di altri antigeni di
superficie dell’HBV.
Storia naturale dell’infezione da HBV
Soggetti contagiati da HBV
100%
Infezione asintomatica Epatite acuta
90% 10%
Epatite fulminante
< 1%
Epatite cronica
10%
Portatori cronici Epatite cronica Epatite
asintomatici persistente/lobulare cronica attiva
4% 3% 3%
Cirrosi epatica
Carcinoma epatico
(10% dei casi di cirrosi)
Fig. 1: Possibili evoluzioni cliniche dell’epatite B (Rugarli, 1993).