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medium che non si sia occupato dell argomento. Conseguenza Ł stata che un numero
sempre maggiore di persone lo ha letto e la forza della parola ha scatenato le reazioni
dei clan.
Come si Ł detto, dunque, il caso Gomorra affolla le pagine di quotidiani e periodici,
ma anche il web, la televisione e, seppur in misura inferiore, la radio. Ha dato vita a
dibattiti, critiche, talvolta anche violente ed Ł culminato nella realizzazione di un film
dal titolo omonimo, diretto da Matteo Garrone.
Da qui la scelta di analizzare il lavoro di Roberto Saviano e la sua trasposizione
cinematografica da un punto di vista sostanzialmente incentrato sui media. Nei
capitoli due e tre, pertanto, oltre a ripercorrere le tappe piø importanti della vita
artistica dei due autori e le trame dei rispettivi lavori, si Ł prestata attenzione proprio
alla fortissima risonanza mediatica e, nel caso del libro di Saviano, alla difficolt di
inserirlo all interno di un genere ben preciso. Reportage giornalistico, romanzo,
documentario: il dibattito Ł ancora aperto.
Il primo capitolo della tesi Ł tutto incentrato sui rapporti tra cinema e letteratura, in
particolar modo sulla trasposizione cinematografica o adattamento. Sin dalla nascita
del cinematografo, nel 1895, ad opera dei fratelli LumiŁre, la letteratura Ł stata presa
a modello per i soggetti di numerosissimi film, con o senza il benestare dei letterati,
mettendo in atto tutta una serie di riflessioni critiche da parte dei teorici.
In una trasposizione sono inevitabili aggiunte, sottrazioni, cambiamenti nei nomi dei
personaggi o nei tempi dell azione. Talvolta il risultato Ł che si apprezza meglio
l opera-fonte, talaltra essa Ł sminuita o deprivata del suo valore artistico. Per tali
motivi, nel quarto capitolo, si Ł scelto di effettuare un attenta comparazione tra
l opera letteraria e quella filmica, non solo da un punto di vista delle storie narrate,
ma anche da quello dei linguaggi utilizzati nell una e nell altra. Per quanto concerne
quest ultimo punto, la differenza tra le due opere Ł immediatamente palpabile:
Saviano usa l italiano e solo in rari casi utilizza parole gergali; Garrone, al contrario,
fa la scelta ben precisa di far parlare ai personaggi che popolano il film, in dialetto
napoletano o casertano, costringendo all uso dei sottotitoli. Da sottolineare la quasi
attribuita dai mass media agli eventi, ai problemi, alle persone ( Shaw E., Agenda Setting and Mass
Communication Theory , Gazette, vol. XXV, pp. 96-105, 1979).
3
totale assenza di sceneggiatura: gli attori sono stati lasciati liberi di interpretare le
scene a loro piacimento, con i termini propri della loro parlata.
L opera filmica, al contrario del libro, non fa nomi nØ cognomi, Ł come se restasse ad
un livello zero, senza mai addentrarsi in spiegazioni o in aperta denuncia. Essa
fotografa, nØ piø nØ meno, attraverso attori presi dalla strada nella gran parte dei casi,
la vita cos come si svolge nei quartieri piø degradati della Campania. ¨ un pugno
nello stomaco ad ogni fotogramma, che lascia sconcertati al momento dei titoli di
coda, esattamente come l opera di Saviano. Qualcuno ha obiettato che i panni
sporchi si lavano in famiglia, che film e libro danno un immagine sbagliata della
nostra Italia. Ma come si possono chiudere gli occhi dinanzi a tanto degrado? L Italia
Ł questo ed altro, e i media sono l , sempre pronti a raccontare, a commentare, a
decidere su cosa il pubblico deve interrogarsi, sia tutto ci giusto o sbagliato.
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CAPITOLO I LETTERATURA E CINEMA
1.1. Una breve introduzione
Ne Gli ultimi fuochi (1976), film tratto dal romanzo postumo di Francis Scott
Fitzgerald The last tycoon, il produttore Monroe Stahr (interpretato da Robert De
Niro) spiega all intellettuale Boxley (Donald Pleasance), a contratto come
sceneggiatore, che cos Ł il cinema.
« In ufficio, ha una stufa che si accende con un fiammifero? », chiede il produttore
alzandosi da dietro l ampia scrivania del suo ufficio, durante una riunione con
Boxley e altri collaboratori. « Credo di s », risponde scettico e sospettoso lo
sceneggiatore. Stahr incalza, aggirandosi per la stanza seguito dalla cinepresa con un
fluido movimento interrotto solo dai primi piani sempre piø attenti di Boxley:
« Supponga di essere nel suo ufficio. ¨ sfinito. Qu esto Ł lei (imitazione di Boxley
seduto alla scrivania). C Ł una donna alla porta (Stahr si alza, esce dalla stanza,
rientra). Entra e non la vede. Si toglie i guanti (atto di sfilare i guanti). Apre la borsa
e la vuota sul tavolo (atto di rovesciare la borsa). Lei la guarda. Questo Ł lei (altra
imitazione di Boxley seduto alla scrivania). Adesso (Stahr torna nel luogo dove ha
finto di vuotare la borsa) la donna ha due centesimi, dei fiammiferi e un nichelino (la
moneta viene fatta tintinnare sul tavolo). Lascia il nichelino sul tavolo, rimette i due
centesimi dentro la borsa. Poi prende i guanti. Sono neri (Stahr fa l atto di mostrarli a
Boxley). Li mette nella stufa (Stahr si china e finge di aprire la stufa). Accende un
fiammifero. A un tratto il telefono suona (il prod uttore va all apparecchio e mima).
Alza il ricevitore. Ascolta. Dice: « Non ho mai avuto un paio di guanti neri in vita
mia ». Riattacca. S inginocchia vicino alla stufa, accende un altro fiammifero (Stahr
fa corrispondere il gesto alla parola). Improvvisamente, lei si accorge che c Ł un altro
uomo nella stanza (Stahr indica alle spalle di Boxley e questo si gira allarmato). Un
uomo che sta osservando ogni mossa che fa la donna ». Lunga pausa, durante la
quale il produttore torna a sedersi dietro la scrivania, seguito con attenzione dallo
sceneggiatore. Boxley: « Che succede poi? ». Stahr: « Mah! Non lo so! Stavo solo
facendo del cinema »2.
2
Cfr. Aldo Vigan , Dalla letteratura al cinema: problemi di trascrizione , in Letteratura e cinema. La
trasposizione, a cura di Elisa Bussi e Laura Salmon Kovarski, Bologna, Clueb, 1996.
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Siamo in presenza di una breve sequenza pedagogica, in cui il dialogo scritto da
Fitzgerald nel suo romanzo Ł ripreso quasi alla lettera dalla sceneggiatura del film.
Tale sequenza pu costituire un buon punto di parte nza per mettere in evidenza le
coordinate del rapporto tra letteratura e cinema.
« Facevo solo del cinema » dice, infine, il produttore, soddisfatto per essere riuscito
ad attirare l attenzione del suo colto interlocutore, certamente piø a suo agio quando
si tratta di scrivere un romanzo, piuttosto che quando il suo lavoro consiste nel
raccontare una storia da tradurre in immagini. Il problema Ł tutto qui: fare del cinema
Ł profondamente diverso dal fare della letteratura.
Il romanzo racconta: cioŁ, come afferma Jean Mitry, « Ł un racconto che si
organizza in mondo »; al contrario, il film rappresenta, « Ł un mondo che si
organizza in racconto »3. Nel primo caso si ha un apparato simbolico capace, in
potenza, di diventare un compiuto apparato semantico; nell altro, si ha una serie di
immagini definite realisticamente e che, nel loro succedersi, si propongono come un
discorso narrativamente articolato. Inoltre, nel cinema la parola assume significato
solo in rapporto al gesto fisico che l accompagna. In sostanza, tutto ci che esiste
sullo schermo ha consistenza individuale entro le coordinate dello spazio e del
tempo: Ł, cioŁ, oggetto di rappresentazione realistica. Al contrario, il racconto
letterario ha sempre connotazioni individualizzanti molto meno rigide, quali si
conviene ad un linguaggio essenzialmente simbolico.
Questi, in buona approssimazione, gli estremi concettuali dell annoso dibattito sui
rapporti tra letteratura e cinema. Ma cos Ł il cinema? Due possono essere,
sostanzialmente, le risposte a tale domanda. Se la sua essenza viene individuata nella
riproduzione meccanica della realt , cos come veni va considerata dai fratelli
LumiŁre, ne consegue che ad un film tratto da un romanzo possiamo chiedere solo la
riproduzione piø fedele possibile del gi dato. In tal caso, il cinema Ł una sorta di
Bibliotheca Pauperum o di Teatro inferiore fina lizzato alla illustrazione o
divulgazione popolare di ci che ci Ł fornito dalla letteratura. D altro canto, nel corso
del XX secolo, si Ł andata consolidando un idea di cinema come settima arte ,
dunque come conciliazione non solo fra Scienza e Arte ma fra i ritmi del tempo e
3
Lino MiccichØ, La ragione e lo sguardo, Cosenza, Lerici, 1979, p. 166.
6
quelli dello spazio. Cos considerato, il cinema diventa sinfonia visiva o poema
cinematografico , giunge al disprezzo di ci che Ł narrazione oppure rivendica la
propria autonomia. « La nostra letteratura, i teatri, i quadri, sono un cantuccio,
un isoletta sperduta nel mare cinematografico »4.
Cosa Ł, invece, la letteratura? Che la si intenda come libro, scrittura o lettura, essa Ł
soprattutto cumulo di memoria, quindi di immaginazione. Essa Ł sfida al tempo e
proprio alla scrittura viene affidata una forte funzione simbolica: fissazione della
memoria, individuale o collettiva, ma anche ricerca di identit . ¨ per questo che il
cinema cerca segrete corrispondenze con le sue forme.
4
Ivi, p. 148.