9
L’opinione, purtroppo condivisa, da parte del collettivo sociale,
sull’inefficienza del settore pubblico, legata a sprechi e ad aspetti
burocratici che risultano ormai eccessivi ed obsoleti, deve essere
ribaltata, alla luce della presenza di professionalità elevate negli enti
pubblici. Il cambiamento di cultura da parte degli amministratori, in
particolar modo locali, che hanno mutuato dal mondo aziendale
alcune caratteristiche positive di management, sta migliorando,
seppur lentamente, l’efficienza dell’intero sistema. La lentezza dei
processi di cambiamento e di rinnovamento sta cedendo il passo a
una capacità di risposta in tempi brevi al mutamento delle esigenze
di mercato. La diffusione delle tecnologie informatiche e
telematiche è un elemento strategico che ha consentito
miglioramenti inizialmente applicati ai soli processi contabili e ai
flussi documentali e organizzativi interni, ma in tempi recenti si
stanno utilizzando anche per i servizi erogati ai cittadini. La fase di
ammodernamento tecnologico è sostanzialmente terminata. Si può
certamente affermare che ogni ufficio ha in dotazione almeno una
postazione informatica collegata in rete. È quindi giunto il momento
per la P.A. di concentrarsi sul maggior capitale a disposizione, che
sono le risorse umane. In questo scenario l’e‐learning si propone
come metodologia dotata di alcuni vantaggi, ampiamente descritti
nel lavoro, che si possono sommariamente riassumere in: flessibilità
nello spazio e nel tempo per migliorare la gestione
dell’apprendimento e la personalizzazione del percorso formativo.
La formazione tradizionale è certamente insostituibile in quanto
portatrice di rapporto umano diretto, con tutta l’efficacia della
10
comunicazione verbale e della personalizzazione della docenza
durante il momento uditorio.
Con l’e‐learning si cerca di far leva su altri fattori come
l’approfondimento verticale di un argomento, la correlazione con
argomenti non direttamente connessi a quello principale,
l’asincronicità rispetto al docente, I’autovalutazione e
I’autoaggiornamento, che sono le potenzialità alla base della
formazione continua, il “life long learning”.
L’intento del lavoro è quindi quello di analizzare le potenzialità dei
social network, ovvero le community per favorire la formazione
lungo l’arco della vita.
In questo contesto, la Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione Locale (Sspal), ha valutato queste potenzialità,
favorite anche dal momento di cambiamento interno dovuto al
riassetto strutturale a seguito della riforma prevista dal D.P.R.
27/2008. Contestualmente a questo cambiamento si è deciso di
esplorare, attraverso un questionario somministrato ai segretari
comunali e provinciali, la possibilità di inserire una community per la
formazione permanente. Questa unità del lavoro è stata trattata
nella seconda parte.
Per la redazione dell’elaborato si è ritenuto utile partire dall’analisi
del concetto di comunità, così come è stato concepito in sociologia
dalla fine dell’800, per comprendere come all’interno di questo
pensiero già ci fossero i semi della concezione di uno spazio
11
condiviso, passando da un ancoraggio all’interno dei confini spaziali
a quello di condivisione di interessi.
Dopo l’excursus sociologico, sono state analizzate le comunità
virtuali, in particolare le comunità di pratica, che sono, infatti, gli
ambienti, in cui si ricreano rapporti esclusivi, ai fini della
collaborazione e produzione di apprendimento tramite saperi
condivisi, dando luogo a forme specifiche di strutturazione. Con le
società in rete, si esprime il nuovo concetto che regola i moderni
rapporti sociali, seppur non strettamente legato ad ambienti di
apprendimento, ma a metaluoghi nei quali l’individuo si ristruttura
in una molteplicità di ruoli. Partendo da Castells e Wellmann si è
cercato di spiegare, sempre dal punto di vista sociologico, la
partecipazione in rete, ovviamente la lettura prende in
considerazione l’aspetto della partecipazione e della collaborazione,
che sono gli elementi necessari per la formazione a distanza così
come concepita nelle community. Si è fatta menzione ai network
io‐centrati e all’individualismo ma utilizzando al meglio la nuova
condizione dell’uomo che favorisce la sua valorizzazione in un
ambiente sociale. Il lavoro non prende in esame tematiche quali ad
esempio, il digital divide, in quanto il lavoro svolto è legato ad un
progetto avviato da realizzare a breve, in un contesto che esula
dalle problematiche citate. L’intento è quello di evidenziare tutte le
possibilità che la rete (il web 2.0) offre sfruttando le risorse solo
apparentemente individuali, ma sviluppate e ampliate nei social
network.
12
Tutte queste argomentazioni sono state utili per contestualizzare
l’ambiente entro il quale viene utilizzata la metodologia dell’e‐
learning.
La parte dedicata all’e‐Learning si muove dalle potenzialità dello
stesso all’interno della società in rete, spiegando come, con
l’evolversi delle possibilità date dalla rete, si è evoluto anche il
sistema dapprima definito FAD fino alle attuali modalità di
erogazione di e‐Learning che si basano sul costruttivismo sociale. A
questo paragrafo sono state infatti collegate le quattro fasi dell’e‐
Learning, che partono dal comportamentismo fino ad analizzare il
momento attuale del socio costruttivismo. Al momento sono molto
usati gli object learning, ma le sperimentazioni sono arrivate fino ai
knowledge learning, che sono strutture “vuote” all’interno delle
quali la costruzione dell’apprendimento scaturisce da un modello
formativo di tipo esperienziale, ovvero attraverso il quale
ridisegnare, creare, integrare l’apprendimento online secondo
modelli didattici più attivi e interattivi, utilizzando tutto quello che
c’è in rete (dai blog, ai forum), generando così objects che si
aggiornano dinamicamente assemblandosi da una molteplicità di
fonti, comprese le conversazioni in rete.
La parte finale del lavoro prende in esame i questionari, dalla cui
analisi si evincerà il tipo di riscontro che avrà uno strumento come
la community online all’interno del campus virtuale della scuola. Si è
ipotizzato un vademecum per attuare la piattaforma, facendo
menzione di alcuni social software facilmente utilizzabili in un
contesto nuovo come quello che si attuerà nella scuola, attraverso
figure di supporto per lo start‐up del progetto, che ovviamente è in
progress.
13
1. Le origini dell’idea di Comunità
Da diversi anni, varie discipline, hanno avuto per oggetto di dibattito
il tema delle comunità virtuali. È importate, attraverso un breve
percorso, ricostruire la genealogia del termine con un alternarsi di
continuità e discontinuità col passato. Invero il concetto di comunità
odierno è lontano da quello esposto dai pensatori classici della
sociologia.
È interessante, fare una breve ricostruzione delle teorie tradizionali,
per capire come si è traslati dalle comunità ai network telematici,
intesi come forme di comunità personalizzate. Tutte le teorie
classiche, hanno ancorato la comunità alla sua dimensione
ecologica, cogliendo il passaggio causato dai processi di
modernizzazione, dai legami premoderni, che, seguendo la
schematizzazione di B. Wellman
1
sono caratterizzati da little boxes,
ovvero, piccoli ambienti fortemente delimitati da rapporti face to
face, a quelli moderni, imperniati sull’impersonalità e
sull’astrattezza della vita quotidiana delle metropoli.
1
Wellman, B. The Network Community. in Wellman, B. ed. Networks in the Global Village,
Westview, Boulder, CO, 1999,
14
Se i sociologi presi a riferimento scrivevano a cavallo tra il XIX° e XX°
secolo, le analisi sul concetto di comunità degli anni seguenti non si
sono discostate di molto da questa visione dicotomica, anche se,
man mano dette analisi si sono rese meno assolute e più aperte,
anche nel concepire la comunità non come forzosamente limitata
entro confini spaziali. Rimane comunque il fatto che, almeno fino
agli anni ’80, gli approcci allo studio delle comunità presupponevano
sempre lo spazio fisico condiviso, come una caratteristica necessaria
al loro sorgere.
I sociologi della Scuola di Chicago mostrarono come le città caotiche
e apparentemente “anomiche”, fossero invece composte da un
mosaico di quartieri più piccoli, ognuno con i propri confini e i propri
valori di comunità (Park, Burgess e McKenzie
2
, 1925).
Ancora nel 1974, fa notare Fernback
3
, Elias
4
e Scotson affermavano
che l’essenza della comunità è il creare una casa e che le comunità
erano essenzialmente organizzazioni di “home‐makers”, che
vivevano insieme in unità residenziali, villaggi, quartieri, campi di
tende, carovane.
2
Park, R. E., Burgess, E. W. e McKenzie, R. D. The city, University of Chicago Press, Chicago
1925,.
3
Fernback, J. 1999, There Is a There. Notes Toward a Definition of Cyber community, in Jones,
S. (a cura), Doing Internet Research. Critical Issues and Methods for Examining the Net, Sage,
Thousand Oaks, pp. 203‐220.
4
Elias, N., Scotson, J. L., ‐ Cohesion, conflict and community character, in Bell, C. e Newby, H.
(a cura), The sociology of community, Frank Cass, London, pp. 27‐38, 1974.
15
Il legare il concetto di comunità direttamente con la condivisione di
un luogo, presuppone un’interpretazione funzionalista del concetto
stesso: una comunità nasce solo tra persone che vivono in una
particolare località geografica, in quanto la loro interdipendenza,
basata sulla condivisione di interessi, valori, ruoli, comportamenti e
vita economica, lo richiede.
Nell’ottica del presente lavoro di tesi, è interessante sottilizzare su
questa concezione di comunità, al di fuori di un contesto fisico
condiviso come elemento essenziale affinché si possa parlare di
comunità. La seconda parte del presente lavoro, ha come oggetto di
ricerca la strutturazione di una comunità che si incontra online in
uno spazio sociale e condiviso “virtuale”, al fine della formazione
permanente.
La risposta a questo dilemma, la sociologia l’ha data cambiando in
parte il modo di intendere il concetto di comunità, e passando dal
concepire la comunità come luogo a comunità come simbolo,
introducendo nello studio delle comunità la tradizione
dell’interazionismo simbolico.
5
5
Da wikipedia: a) gli esseri umani agiscono nei confronti delle "cose" (oggetti fisici, esseri
umani, istituzioni, idee...) in base al significato che attribuiscono ad esse;
b) il significato attribuito a tali oggetti nasce dall'interazione tra gli individui ed è quindi
condiviso da questi (il significato è un prodotto sociale);
c) tali significati sono costruiti e ricostruiti attraverso un "processo interpretativo messo in
atto da una persona nell'affrontare le cose in cui si imbatte" (Herbert Blumer, Symbolic
Interactionism, Berkeley, University of California, 1969).
16
Come ogni costrutto sociale anche la comunità ha una sua
dimensione simbolica: le caratteristiche materiali, geografiche ed
ambientali sicuramente le danno forma, ma sono gli esseri umani, i
suoi membri, ad infondere ad essa un significato, un senso,
facendola diventare un simbolo. E’ stato l’antropologo Anthony
Cohen
6
(1985) tra i primi a concepire la comunità come un
conglomerato di codici normativi e valori che danno origine al senso
di identità dei propri membri, spostando l’attenzione dalla struttura
e dalla funzione della comunità, al suo significato per i membri. Non
è solo più la parte materiale e fisica della comunità a definirla, ma lo
sono soprattutto i suoi membri.
Questo è un risultato importante per l’indagine sulle comunità
virtuali, le quali sono ora considerate come, per usare le parole di
Fernback
7
(1999: 210), “entità di significato”, acquisendo il “diritto”
di esistere nel ciberspazio, nonostante non abbiano uno spazio
fisico. Inoltre l’avanzamento della ricerca sulle comunità online,
caratterizzata sempre di più da un esame ravvicinato delle
interazioni tra i membri, ha contraddetto la convinzione che la
6
Cohen, A. P. The symbolic construction of community, Ellis Horwood, Chichester, UK. 1985
7
Fernback, J.1999, There Is a There There. Notes Toward a Definition of Cybercommunity, in
Jones, S. (a cura), Doing Internet Research. Critical Issues and Methods for Examining the Net,
Sage, Thousand Oaks, pp. 203‐220.
17
compresenza fisica sia necessaria per interazioni intime di qualità
(Cerulo
8
, 1997).
1.2 . Le posizioni della sociologia
Nel concetto di comunità, c’è una pluralità di accezioni, che
evidenziano la crisi della componente ecologica, intesa come
ancoraggio al territorio. Nel pensiero di Comte
9
e Durkheim
10
, si fa
riferimento alla solidarietà organica premoderna. Comte si dispone
in una società positivista, basata su un rapporto faccia a faccia e
fortemente radicato sul territorio e sulla vicinanza, in cui è proprio
la morale positivista a modificare il costrutto sociale, garantendo
amore ordine e progresso. Durkheim esamina la società come “fatto
sociale”, impostato su una coscienza collettiva pre‐individuale, e in
quanto tale, insieme di oggettivazioni simboliche, che si sostanziano
in una serie di valori, che nella partecipazione a riti e cerimonie
sacre, mostrano il loro vigore nel quale costruiscono il mondo
sociale. Ciò che tiene assieme i gruppi sociali è un aggregato di
8
Cerulo, K. A. 1997, Reframing Social Concepts for a Brave New (Virtual) World, in
Sociological Inquiry, 67 (1), pp. 48‐58.
9
Systeme de politique positive (1912) ‐
http://classiques.uqac.ca/classiques/Comte_auguste/systeme_politique_positive/systeme_p
olitique_positive.pdf ‐
10
Si veda Le forme elementari della vita religiosa (ed.orig. 1912), ‐ La divisione del lavoro
sociale (ed orig. 1893)
18
simboli slegato dalle determinazioni geografiche, di parentela o
potere. Tönnies
11
con la sua dicotomia comunità/società, a
differenza di Durkheim considera le due categorie come concetti
“normali” e pertanto osservabili empiricamente. Essi vengono
considerati per esaminare come si organizzano le entità sociali. I
due termini distinguono un aggregato organico da uno meccanico.
Nel primo caso si agisce attraverso una volontà essenziale, che
scaturisce da sentimenti di appartenenza e proprietà originarie della
natura umana. La volontà arbitratria trova la sua forza nelle scelte
nella decisione e nel giudizio, quindi interventi consapevoli
dell’uomo. Nel primo caso c’è una forte vicinanza ad una società
agricola, mentre nel secondo è di tipo industriale e vincolata alla
circolazione di beni e mezzi. In questa fase teorica è interessante
notare come quest’ultima modalità di creazione della comunità,
basata sulla condivisione della professione e dello stile di vita, sia
molto simile a quello che successivamente verrà definito come
“comunità di pratiche”, Tönnies ci indica gli elementi che troviamo
oggi espressi nel social network, (dimensioni sistemiche, associative
e azionistiche) che sono inestricabili, e comunque si nota un
depauperamento del sentimento di appartenenza alla comunità
territoriale basata sui little boxer (B. Wellman). Uno spostamento
forte si ritrova in Simmel, che studia i rapporti sociali, che si creano
e ricreano continuamente e incessantemente reti di relazioni come
11
Ferdinand Tönnies, Comunità e Società, Comunità, 1979
19
risultato dell’azione dei singoli, che danno luogo a forme particolari
di organizzazione. Questa interazione porta alla luce una
“formazione oggettiva” autonoma, rispetto alle singolarità che la
compongono. In Simmel si notano già i primi elementi di de‐
spazializzazione, in cui un forte deterrente è l’unità psichica data dal
perpetuarsi dei ruoli che l’individuo in interazione assume. Egli
sceglie di creare molteplicità di gruppi da gestire con una relativa
deframmentazione dell’io, aumentando le identità. Anche in Simmel
si nota l’allontanamento dalla comunità organica di Tönnies a
discapito di un mondo industrializzato che non fa più uso di
allocazioni simboliche producendo un aumento della riflessività e
della solitudine. La differenziazione sociale moderna porta ad un
uomo Blasè
12
che entra ed esce da una molteplicità di cerchie sociali
divergenti, pur mantenendo una forza psichica sovra individuale.
Weber spiega meglio questo punto, individuando i tipi ideali.
Secondo Weber le relazioni comunitarie sono basate su una comune
appartenenza soggettivamente sentita, a cui si contrappone la
relazione associativa che si basa su un comportamento con un “suo
contenuto di senso e orientato in conformità”
13
. Quindi Weber
descrive la comunità come avente un suo comportamento affettivo
ed emotivo, ma anche le associazioni, seppur generate per uno
scopo sviluppano legami interessi e valori, che le arricchiscono.
12
George Simmel ‐ Saggio su la moda (1985)
13
Max Weber ‐ Economia e società (1961)
20
L’idealtipo si caratterizza per essere associato all’agire affettivo o
tradizionale, per essere recepito come proprio dell’attore e per
essere privo di una localizzazione territoriale. Le relazioni sociali
possono poggiare su sentimenti e consuetudini, ma per funzionare
nella modernità richiedono lo sviluppo dell’agire razionale verso uno
scopo. Nella sua opera
14
MacIver sonda i vari significati del concetto
di comunità. Per community intende un insieme di relazioni vissute
in una data società, in grado di soddisfare tutte le esigenze materiali
e culturali dei suoi membri. Il sentimento comune (il we‐feeling)
appare come una condizione necessaria ma non sufficiente per la
formazione di una comunità. L’autore associa il sentimento di ruolo
alle funzioni che i membri assolvono nella comunità e il sentimento
di appartenenza rappresenta il legame del singolo al gruppo. Il
sentimento di comunità è dovuto alla condivisione di memorie
tradizioni simboli, ma a differenza di Tönnies, in MacIver l’elemento
sociologico influisce su quello psichico caratterizzando il singolo.
Quindi il we‐feeling come base di identificazione collettiva per lo
sviluppo della coesione sociale, a cui affianca lo studio delle
associazioni e delle procedure universali che permettono al gruppo
sociale di sopravvivere. Nella società moderna, sono necessarie
infatti delle procedure universali di inclusione per dialogare con le
varie realtà multietniche multiculturali.
14
Robert Morrison MacIver ‐ Community a sociological study ‐ (1928)
21
Questa breve perlustrazione nella tradizione classica ha messo in
luce che la comunità diviene un concetto sempre più legato alla
componente simbolica intersoggettiva dei gruppi da un lato, e la
necessità dell’agire sociale in un contesto democratico dall’altro. A
mano a mano che aumenta la frammentazione, si creano
collegamenti con gruppi omogenei de‐spazializzati e glocalizzati.
Manuel Castells
15
ci fa riflettere sulla questione, evidenziando che la
comunità territorializzata è sicuramente stata fonte di interazione
nelle società pre‐moderne. Oggi non é del tutto scomparsa, ma
riscontra un ruolo minore nella strutturazione dei rapporti nelle
società sviluppate (Fischer, 1982). Lo spostamento cruciale di cui
dobbiamo tener conto è quello che passa dal confine spaziale,
come fonte di socialità, alla comunità spaziale come espressione
dell’organizzazione sociale. E’ interessante capire come oggi gruppi
virtuali e reali una volta ridotto o scomparso il loro ancoraggio
territoriale sappiano dialogare e avviare una sfera pubblica nel
rispetto delle procedure intersoggettive e delle tradizioni.
15
M. Castells – Galassia Internet – Feltrinelli Milano 2002
22
1.3 . Dalle comunità alle comunità virtuali
Il fenomeno delle cosiddette “comunità virtuali” è uno dei più
interessanti tra le nuove modalità di socialità umana, che sono
offerte dal connubio tra tecnologie informatiche e tele‐
comunicazioni, sviluppatosi enormemente in questi ultimi vent’anni.
Oltre che interessante, questo fenomeno è anche molto discusso e
controverso, giacché gli studiosi che se ne sono occupati, e la ricerca
ormai va avanti da alcuni decenni, soprattutto nell’ambito della
Computer‐Mediated Communication (CMC), non sono ancora
riusciti a coglierlo e a definirlo completamente.
Da un lato, il termine stesso “comunità virtuale” non soddisfa, in
quanto, e questo è un punto di accordo tra la maggioranza degli
studiosi, è un termine che come abbiamo visto, si rifà a categorie
classiche dello studio della società. È legato come già premesso, ad
un concetto di “comunità”, che non riescono ad essere pienamente
esaustive di un fenomeno che, essendo totalmente nuovo, non può
essere reso con concetti tradizionali, troppo legati a determinate
teorie e modi di interpretare la società. Dall’altro lato, anche
l’aggettivo “virtuale” non è per certi aspetti soddisfacente nel
descrivere il fenomeno. Definire queste comunità come “virtuali”
può, infatti, trarre in inganno e farle vedere come comunità fittizie,
in contrapposizione a quelle reali, come se l’interazione face to face
fosse un elemento indispensabile per avere una comunità.