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Come vedremo in seguito già ai tempi di Coppi era “normale”
assumere sostanze proibite per migliorare le proprie prestazioni.
Lo scopo di questa tesi non è quello di sparare a zero sul ciclismo, ma
mettere in luce le difficoltà che ha nel fare chiarezza sulle questioni più
“nere” di questo sport. Il ciclismo è ancora un mondo in cui c’è troppa
omertà, basti considerare i ciclisti che veramente hanno confessato
tutte le loro colpe. Purtroppo in questo ambiente sono presenti troppe
persone che, pur essendo state imputate per doping, continuano a
lavorare anche ad alti livelli in questo mondo, sia tra i medici, che tra i
massaggiatori, che soprattutto tra direttori sportivi.
Un altro problema fondamentale è che, come vedremo in seguito,
esiste un diverso trattamento tra le varie federazioni. Questo è
imputabile al fatto che non in tutti gli stati il doping è considerato
reato. Facendo un esempio che vedremo dettagliatamente in seguito,
in Italia i due corridori implicati nell’Operación Puerto sono stati
condannati a due anni, mentre in Spagna, poichè il doping non era
considerato reato, i diversi ciclisti implicati nello stesso scandalo non
ebbero alcuna sanzione.
2. Doping nel ciclismo
Storicamente l’uso di farmaci o prodotti dopanti nello sport ha sempre
fatto parte del gioco. La storia del doping, cioè il tentativo di
modificare le prestazioni atletiche con mezzi illeciti, iniziò moltissimi
anni fa. Quando ancora non esisteva la chimica, infatti, per migliorare
la propria condizione atletica venivano impiegate sostanze di origine
naturale. Gli antichi atleti greci, ad esempio, si predisponevano alle
gare con diete ad alto contenuto proteico e funghi allucinogeni. Si
sospetta che pure i gladiatori romani abbiano potuto usare degli
stimolanti. Ma è a partire dal XIX secolo, con i progressi scientifici e
l’apparire sulla scena di una nuova categoria di atleti professionisti, che
i farmaci sono diventati sempre di più parte di una strategia
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competitiva praticata da tutti o quasi. Un notevole incremento di atleti
che assumevano sostanze proibite venne registrato nel secondo
dopoguerra, quando la consuetudine di assumere amfetamine passò
dai militari allora impegnati nella guerra agli atleti.
Fu proprio a partire dagli anni ’50 che la pratica del doping iniziò a
diffondersi pericolosamente nel mondo del ciclismo.
Fin dai tempi di Coppi e Bartali, infatti, questi atleti hanno fatto uso di
sostanze alteranti. Lo stesso campionissimo ammise pubblicamente in
un’intervista televisiva che non si poteva fare ciclismo senza prendere
l’allora denominata ”bomba”.
Fu però negli anni ’60 che il problema del doping in questo sport
spuntò agli occhi del grande pubblico. Durante la 13a tappa del Tour
de France del 1967, infatti, in una giornata eccezionalmente calda, il
britannico Tommy Simpson collassò in diretta televisiva durante
l’ascesa del Mont Ventoux. La sua morte fu causata da un mix di
amfetamine ed alcool e fu una delle prime morti pubbliche causate
dall’assunzione di sostanze proibite.
Nel ciclismo la serie di morti “sospette” è lunghissima.
Ancora oggi questo sport dai contenuti romantici ed eroici è sotto la
morsa del doping. Vediamo di seguito i maggiori casi nella storia di
questo sport.
1896-1904:
• Arthur Linton, corridore gallese, morì a soli 24 anni pochi giorni dopo
aver corso la Bordeaux-Parigi.
• Jimmy Micheal, anch’esso corridore gallese e campione del mondo di
ciclismo, morì a 27 anni in preda a deliri tremendi in viaggio verso New
York.
Entrambi i ciclisti erano allenati dal noto Choppy Warburton, il cui
successo venne più volte messo in discussione in quanto era spesso
accusato di drogare i propri corridori.
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1911:
• Paul Duboc, ciclista francese, collassò sui Pirenei dopo aver bevuto da
una bottiglia consegnatagli dal team manager avversario.
1924:
• Ci fu il primo vero scandalo di doping. I fratelli Henri, Francis e Charles
Pellissier infatti, abbandonarono il Tour de France, dopo aver ammesso
ad un giornalista l’uso di svariate sostanze, tra le quali: Stricnina
(potente eccitante del sistema nervoso centrale), cocaina, cloroformio,
aspirina e “droga per cavalli”.
1949:
• Fausto Coppi, il campionissimo, durante un’intervista televisiva
ammise l’uso della “bomba”. Disse di non aver alternative se voleva
rimanere competitivo. Probabilmente si trattava di un cocktail di
amfetamine.
1955:
• Jean Malléjac, corridore francese, collassò durante l’ascesa del Mont
Ventoux.
1956:
• Durante la 14a tappa del Tour de France l’intera squadra del Belgio
ebbe misteriosi malori. Ufficialmente vennero attribuiti al fatto che
avessero mangiato pesce avariato la sera prima. Questo fatto accadde
per ben altre due volte, nel 1962 e nel 1991.
1959:
• Charly Gaul, corridore lussemburghese che nel suo palmares vanta due
vittorie al Giro d’Italia, un Tour de France, un bronzo mondiale e
numerose altre gare, venne implicato in un giro di “pillole” recuperate
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dalla polizia francese in luglio che sembravano essere destinate a lui.
Dopo il suo ritiro dalle corse agonistiche ebbe numerosi problemi con
l’alcool. Morì il 6 dicembre del 2005. E’ da più parti riconosciuto come il
miglior “grimpeur” della storia del ciclismo.
1960:
• Knud Enemark Jensen, corridore danese, partecipò alle olimpiadi di
Roma in cui, durante la cronometro a squadre, morì collassando a
terra e sbattendo violentemente il cranio sull’asfalto. Il collasso fu
dovuto all’uso di amfetamine.
• Gastone Nencini, vincitore di un Giro d’Italia e di un Tour de France,
venne scoperto da Pierre Dumas, medico ufficiale del Tour de France,
nella sua stanza d’albergo mentre si stava sottoponendo ad una
trasfusione di sangue. Questa pratica allora era ancora legale.
• Roger Rivière concluse la sua carriera a causa di una terribile
incidente. Durante la discesa del Col de Perjuret cadde in un dirupo e
si ruppe la colonna vertebrale, rimanendo paralizzato alle gambe. Lui
stesso ammise che probabilmente la violenta caduta fu causata
dall’uso di Palfium, un potente oppioide analgesico con effetti tre volte
superiori alla morfina. Riviere morì di cancro alla laringe a soli 40 anni.
1962:
• Nella tappa da Luchon a Carcasson del Tour de France ben dodici
corridori si sentirono male. Anche in questo caso la colpa fu data a del
pesce avariato, mentre l’allora medico ufficiale del Tour Pierre Dumas,
accusò i ciclisti di aver preso tutti lo steso tipo di droga. Dopo questo
scandalo altri undici corridori abbandonarono il Tour lo stesso giorno,
tra i quali l’allora maglia gialla Willy Schroeder, il precedente vincitore
Gastone Nencini ed il successivo leader Karl-Heinz Kunde.
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1964:
• In Francia passa la prima legge antidoping ed iniziano i controlli al Tour
de France.
1965:
• Jacques Anquetil, uno dei più forti ciclisti della storia, vincitore di
cinque Tour de France, due Giri d’Italia, una Vuelta a España, cinque
Parigi-Nizza, una Liegi-Bastogne-Liegi, oltre ad aver battuto il
precedente record dell’ora ammise che “solo un pazzo può pensare di
correre da Bruxelles a Parigi a sola acqua”.
1967:
• Tommy Simpson, vincitore di un campionato del mondo, una Milano-
SanRemo, una Parigi-Nizza, un Giro di Lombardia ed altre corse
minori, morì salendo il Mont Ventoux a causa di un cocktail di
amfetamine, alcool e gran caldo. Fu la prima morte di un ciclista in
diretta televisiva e proprio per questo ebbe un notevole risvolto.
1969:
• Eddy Merckx, considerato Il cannibale, il corridore più forte di tutti i
tempi, vincitore in carriera di ben 525 gare tra cui tre mondiali, cinque
Tour de France, cinque Giri d’Italia, una Vuelta a España, sette Milano-
SanRemo, cinque Liegi-Bastogne-Liegi, tre Parigi-Roubaix e
numerosissime altre corse, risultò positivo a degli stimolanti (Reactivan
e Savona) durante il Giro d’Italia dal quale venne espulso.
1975:
• Bernard Thévenet vincitore del Tour de France del 1975 e quello del
1977, venne trovato positivo ad un test antidoping dopo la Parigi-
Nizza, e nell'inverno del ’77 venne ricoverato con un'affezione al fegato
attribuita all'uso persistente di steroidi. Lui stesso fece pubblica
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ammissione e dichiarò: ”Mi sono dopato con il cortisone, e c’erano
molti altri corridori come me…”
• Erik de Vlaeminck, fenomenale ciclista belga di ciclocross, specialità in
cui vinse ben sette volte la maglia iridata, fu ricoverato in un ospedale
psichiatrico per dipendenza da amfetamine. Interessante però notare
che in tutta la sua carriera non fu mai trovato positivo ad un controllo
antidoping.
1978:
• Michel Pollentier, ciclista belga vincitore del Giro d’Italia del 1977,
durante il test antidoping effettuato al Tour de France, nella tappa da
lui vinta con arrivo all’Alpe d’Huez, cercò di scambiare le proprie urine
con quelle presenti in un tubo di plastica da lui portato. Fu scoperto e
venne immediatamente cacciato dal Tour. Ironicamente il test sulle sue
vere urine risultò negativo.
• José Nazabal, chiamato ad effettuare il controllo antidoping assieme a
Michel Pollentier, decise di abbandonare la corsa.
1980:
• Freddy Maertens, ottimo corridore belga, considerato il successore di
Eddy Merckx, vincitore di 105 corse in carriera tra le quali ben due
campionati del mondo, una Vuelta a España, sette tappe al Giro d’Italia
e molte altre importanti corse, ammise in un’intervista al quotidiano
francese L’Equipe, che durante la sua carriera assunse amfetamine
“come nessun’altro”.
1982:
• La Vuelta fu vinta da Angel Arroyo, ma 48 ore dopo la fine dell’ultima
tappa emerse che il controllo antidoping della 17a tappa effettuato su
di lui risultò positivo. In quella stessa tappa altri tre corridori
risultarono positivi, si trattava di Alberto Fernández, Pedro Muñoz
Machín Rodríguez e Vincente Belda, futuro direttore sportivo della
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squadra Comunidad Valenciana, implicata, come vedremo
dettagliatamente in seguito, nell’Operación Puerto. La sostanza
rinvenuta nell’organismo di questi ciclisti fu il metilfenidato o meglio
conosciuto come Ritalin, ossia uno stimolante utilizzato in medicina per
il trattamento del disturbo da deficit dell'attenzione.
1984:
• Francesco Moser nel 1984 battè il record dell’ora appartenente a
Merckx. Nel 1999 ammise pubblicamente di aver effettuato delle
trasfusioni per prepararsi al meglio a quest’impresa. Fu aiutato da
Francesco Conconi, un medico italiano, che fu anche rettore
dell'Università di Ferrara, ed è attualmente direttore del Centro Studi
Biomedici Applicati allo Sport dello stesso ateneo. Dal 1980 Conconi
fornì assistenza per migliorare le prestazioni di alcuni atleti italiani.
Secondo le ricerche condotte dal dirigente sportivo Sandro Donati,
però, l'assistenza fornita dal professore ferrarese sarebbe stata basata
sul doping ematico. Tuttavia grazie alle ricerca di Conconi, finanziata
con fondi pubblici, diversi atleti azzurri ottennero risultati di prestigio,
culminati alle Olimpiadi Invernali del 1994 dove l'Italia trionfò,
raccogliendo un totale di ben trentaquattro medaglie. Come venne
documentato in seguito, molti degli atleti dello sci di fondo registrarono
un tasso di ematocrito superiore al 50%: il dato può costituire un
indizio dell'uso dell'eritropoietina (EPO), e comporterebbe oggi, ma non
nel 1994, la sospensione dell'atleta in via cautelativa per motivi di
salute. Il centro studi dell'Università di Ferrara guidato da Conconi
assisteva inoltre numerosi ciclisti ed altri atleti. L’assistente del
professore, Michele Ferrari, come vedremo poi, fu al centro di uno
scandalo doping che riguardò anche molti ciclisti che sono tutt’ora in
attività. Gli atleti di maggior importanza che ebbero dei contatti con il
professor Conconi furono: Guido Bontempi, Maurizio Fondriest, Eugeni
Berzin, Bruno Cenghialta, Manuela Di Centa, Silvio Fauner, Francesco
Frattini, Ivan Gotti, Claudio Chiappucci, Marco Pantani, Stephen Roche,
Gianni Bugno.