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CAPITOLO I
ROTHKO E LA REALTA
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1. Rothko e la realt
Mart Ar s sostiene che le regole di un codice non scritto imporrebbero
all artista di rendere conto della realt , dal mome nto che il giudizio che la
sua opera meriter dipender innanzitutto dalla sua capacit di accentuare i
tratti caratteristici di essa e di esaltarne le manifestazioni.
E importante distinguere tra gli artisti che praticano l idolatria dell attuale
e coloro che concepiscono, nel tentativo di sintonizzarsi con la realt ,
mediante una ricerca che, essendo prima di tutto un imperativo morale,
non garantisce in anticipo, in nessun caso, il valore dei risultati.1
La prospettiva di chi fa, di chi Ł implicato nell azione, a volte non
coincide con quella di chi osserva, di chi intravede dall esterno senza
essere sottomesso a nessuna implicazione.
Non tutte le opere aspirano ad un riconoscimento immediato o ad una
fulminante seduzione dello spettatore. Alcune attendono con pazienza il
momento di essere capite ed accettate; e quando questo succede, l epoca
cui appartengono non pu piø essere osservata esclu dendole, poichØ esse
diventano, proprio in quel momento, una parte imprescindibile della
realt .
2
Viviamo assediati dal rumore, sottomessi al ritmo sincopato e frenetico di
un attualit che lancia fugaci lampi sul mondo per suscitare immagini
istantanee che scompaiono prima che si possano catturare. Dal fermento di
questa realt disgregata e turbolenta sorge una cul tura sempre piø
ossessionata dal dover registrare le palpitazioni del presente.
1
C. Mart Ar s, Silenzi eloquenti: Borges, Mies van der Rohe, Ozu, Rothko, Oteiza, a cura di S.Pierini di, C. Marinotti
Editore, Milano 2002. Pag. 118.
2
C. Mart Ar s, Silenzi eloquenti , pag. 119.
8
Una cultura mediatica, immersa nel rumore dell informazione e dei fatti,
alla quale , per farsi sentire, non resta altro che gridare piø forte.
Una cultura effimera che, trascinata dall attualit in una vertiginosa fuga
in avanti, finisce per confondersi con questa, riproducendola e
amplificandola senza il minimo segno di distanza. Il rumore del mondo Ł
oppressivo ed assordante.
L unico in grado di opporsi al rumore Ł il silenzio.
Il silenzio apre una profonda breccia nello scenario convulso e febbrile
della nostra vita quotidiana. Genera una cavit e u no spazio vuoto, che ci
distoglie dal vortice dell attualit .
Paradossalmente, questa invocazione del silenzio non Ł che una
rivendicazione della parola: il silenzio infatti non si oppone alla parola,
della quale Ł fedele alleato, ma al rumore, che Ł suo acerrimo nemico.
Quando un opera ha la propriet di generare attorno a sØ uno spazio di
silenzio, promuove uno sguardo diverso sulla realt , uno sguardo crudo,
astratto, grazie al quale il mondo si offre sotto il segno della
contemplazione. Attraverso questo silenzio non si ottiene di fuggire dal
reale, o di soppiantarlo; piuttosto di coglierne le dimensioni occulte. E un
silenzio che non pretende di annullare il linguaggio, bens di trascenderlo.
In una certa misura viene dopo la parola, sorge quando questa, una volta
pronunciata, ha perso il suo senso immediato: ma anche la precede, in una
sorta di dimensione prolettica che la contiene e la predice . 3
Steiner equipara il silenzio ad un velo di nebbia che avvolge lentamente il
mondo 4
Quest immagine ricorda moltissimo quella che Butor ide riflettendo sulla
caratteristica rettangolarit delle tele di Mark Ro thko; essa, per il critico,
3
C. Mart Ar s, Silenzi eloquenti , pag. 118-122.
4
C. Mart Ar s, Silenzi eloquenti , pag 96, 97.
9
costituiva un dato di fatto inevitabile quanto qu ello delle vie di
Manhattan o delle strade dello Iowa .
Il classico rettangolo esterno costringeva quello interno a conformarsi alle
proprie leggi; le macchine sarebbero rettangolari poichØ nella loro
propagazione esse sarebbero fermate da un bastone rettangolare, dai
limiti ineluttabili dello schermo su cui fanno la comparsa . 5
L arte di Rothko in questa prospettiva poteva corrispondere ad una citt
ingombra:
I rettangoli di cui la tela Ł solo un esempio, sono sovraccarichi di una
moltitudine di persone e di oggetti eterocliti che hanno perduto qualsiasi
ricordo dei propri veri legami. Le vetrine sono cos zeppe di merci
mediocri che vi diverrebbero irriconoscibili perfino i piø autentici tesori.
Una sorta di sudiciume e di pletora avvilisce tutto.
Se entro in un drugstore, dovunque guardino i miei occhi, saranno catturati
dalle scritte pubblicitarie che vantano con gli oggetti piø pomposi i
prodotti piø ordinari.
In mezzo a tutto ci , come potrebbe una scritta ver idica trovare posto, una
parola giusta farsi intendere in tutto quel baccano?
Bisogna cominciare con l immergere tutti quegli oggetti in un bagno che
li purifichi, ma senza rischiare di distruggere i migliori: bisogna introdurre
nell ingombro uno spazio vuoto, una pagina bianca, in cui lo spirito possa
trovare il riposo necessario alla propria attivit .
Come nelle citt musulmane, all ingombro dei bazar, alla povere delle
viuzze, si contrappone quel cubo di silenzio, quell arca di pulizia che Ł la
moschea, cos in mezzo al tumulto, alla calca, agli ingorghi di New York,
5
M. Butor, Saggi sulla pittura : Holbein, Caravaggio, Hokusai, Picasso, Mondrian, Rothko, traduzione di. Abscondita,
Milano 2001. Pag. 136.
10
con la propria pittura Rothko vuole istituire un luogo d aerazione, di
purificazione, di giudizio . 6
Ognuna di queste descrizione aderisce perfettamente al concetto di
rappresentazione che caratterizza gran parte della sua attivit pittorica di
Mark Rothko.
In merito l artista forn inizialmente frequenti esplicite spiegazioni; ci
che pare evidente, Ł che egli non prescindeva dall idea di trasferire sulla
tela la sua personale visione della realt .
Non Ł chiaro cosa sia successo in seguito, ossia, cosa esattamente questa
realt sia diventata per lui.
Di fatto, essa lentamente avrebbe assunto il carattere di una sorta di
rivelazione.
Lawrence Alloway, facendo riferimento alla cappella di Houston, un
luogo in cui i massimi esiti formali pittorici facevano eco alla massima
tensione emotiva dell artista, sostiene che i segni ch essa contiene siano
legati a dei marchi convenzionali del sublime o della trascendenza.
Come dargli torto?7
Rothko non si stanc mai di precisare che la sua op era rifletteva un
contenuto che andava molto al di l dell ambito pur amente formale
un contenuto che, in maniera forse piø manifesta nella fase mitologica,
alludeva al paesaggio naturale in cui importanti eventi si verificavano: un
ambiente tragico.
Affascinato da concetti come l assurdit dell esis tenza o l orrore
dell esistenza individuale, insieme all idea di sof ferenza che accompagna
sempre i talenti artistici, e in generale affascinato dal mondo dell uomo,
Rothko era da sempre un ammiratore di Nietzsche.
6
M. Butor, Saggi sulla pittura , pag. 136, 137.
7
S. Nodelman , The Rothko Chapel paintings : origins, structure, meaning, Menil Collection (Houston, Texas),
University of Texas Press, Austin 1997. Pag. 307.
11
Da un lato per , non poteva considerarsi assolutam ente interessato ad una
rappresentazione superficiale del mondo umano in questo senso, il suo
lavoro poteva quantomeno esteriormente presentarsi come intriso di
misticismo. 8
Vedremo in questo capitolo come Mark Rothko piegher i suoi principali
strumenti espressivi, quali il colore, lo spazio, la geometria, il formato
delle tele e quant altro alle sue esigenze.
Butor, si rifer al lavoro dell artista, sia lette ralmente e metaforicamente,
come ad una rappresentazione di uno spazio simboli co , un termine
questo che fu applicato alla storia intellettuale dell architettura da Richard
Etlin. Egli osserv che, su un piano simbolico, lo spazio architettonico
poteva costituire un luogo qualitativamente differente dal mondo
circostante, un area che poteva mettere in contatto con qualcosa di
intangibile.9 Storicamente, questo uso fu rilevante soprattutto
nell architettura commemorativa, costruita per congiungersi con uno
spazio interiore in cui era possibile incontrare la presenza di un concetto
astratto, o un ideale elevato.10
Il prototipo del monumento funebre venne descritto da BoullØe, che
individu un genere architettonico formato da ombre , in cui lo spazio
negativo poteva trovare un eco nell ombra positiva, costituita da elementi
come colonne o altro.
Per Etlin lo spazio architettonico possedeva il carattere di assenza , se
inteso come spazio del nulla o ordine piø grande : entrando ed
occupandolo, Ł possibile sperimentare un modo alternativo di essere . 11
Questa prospettiva non Ł lontana da quella di uno spazio eterno dei
sublimi paesaggi naturali della pittura romantica.
8
D. Ashton, About Rothko, Oxford University Press, New York 1983.Pag. 8.
9
J.Weiss , Mark Rothko, with contributions by John Gage, Washington, National Gallery of Art Yale University Press,
New Haven and London 1998. Pag.317.
10
J.Weiss , Mark Rothko , pag. 320.
11
J.Weiss , Mark Rothko , pag. 321.
12
Rothko ammise di condividere questa questa idea di spazialit , e tese a
metterla in pratica sempre, in modi diversi, ove fosse possibile.
In questo senso egli sent anche una profonda affinit con la Biblioteca
Laurenziana di Michelangelo, come vedremo in seguito.12
La geometrizzazione dello spazio invece appartiene alla grande tradizione
della pittura del nord Europa, in un modo che Rosemblum chiama
astrazione trascendentale .
Forse si trattava di una risposta alla paura di perdersi nel labirinto dell ego
polimorfico emergente nelle immagini: la semplicit della geometria
offriva una risposta e allontanava la paura di una jungla di simboli.13
Di tutte le possibilit che la geometria offriva, R othko scelse la sezione;
essa per si manifesta sempre in maniera ambigua: d a un lato mostra
l impossibilit della riconciliazione tra i due mon di, lo spirituale e il
materiale. Dall altro li obbliga a rimanere connessi l uno con l altro per
l eternit . 14
Le opposizioni psicologiche avrebbero quindi trovato un eco nelle
simmetrie della disposizione delle tele.
Allo stesso modo, il colore non Ł soltanto colore. Possiede una particolare
natura elusiva, fuggitiva, che lo rende riconoscibile e percepibile ancor
prima ch esso possa essere categorizzato in un linguaggio.
Esso possiede una forza propria. Rothko speriment sempre il potere del
colore, lo utilizzava a suo piacimento, convogliandone di volta in volta la
forza nelle varie situazioni.
L artista rifiut espressamente di essere considera to un colorista, e
insistette a sottolineare la dimensione altra della sua opera.
12
J.Weiss , Mark Rothko , pag. 321.
13
J.Weiss , Mark Rothko, with contributions by John Gage , pag. 293.
14
Mark Rothko, CatÆlogo de la Exposici n 25 nov 2000 - 28 enero 2001, Fundaci n Joan Mir . Barcelona 2000.
Pag. 217.
13
La gamma cromatica che utilizzava poteva assumere diversi ruoli: a volte i
colori erano crudi e vibranti, altre, nelle ultime fasi, spenti e lugubri.
Sfuggendo alle combinazioni gradevoli, le relazioni tra i colori risultavano
sempre aspre, persino ruvide.
Il colore non era mai stato fine a se stesso, ma strumento per muovere (e
commuovere) la coscienza dello spettatore.
Fin dal principio, le cromie in cui potevano vagare e fluttuare le forme
rettangolari erano in grado di creare una sorta di effetto di infinito.
Difficilmente una ricerca nel campo della pittura ha saputo trasmettere un
simile grado di oggettivit , di incontestabile dete rminazione. 15
Effettivamente, la mano dell artista pareva esser stata guidata da una forza
che la trascendeva, e per la quale egli svolgesse il ruolo di medium.
Niente faceva piø orrore a Rothko che il sospetto che la sua pittura potesse
esser scambiata per un esercizio decorativo, un divertimento basato
sull uso virtuoso del colore.
Ogni colore possiede una diversa storia nelle varie tradizioni culturali;
nella semiotica del colore esistono definizioni diverse persino in
contraddizione tra loro.
Negli anni Trenta e Quaranta, Mark Rothko scrisse e lesse molto a
proposito del colore; in particolare, sottolineava come se ne potesse fare
un uso oggettivo o soggettivo, o quanto esso potesse assumere una valenza
sensuale, piuttosto che decorativa.
A.R.Chadler, in un testo del 1934, Beauty and Huma ne Nature ,
sosteneva che l organismo umano non reagisse in un solo modo alle
combinazioni di colore, poichØ le reazioni dipendevano anche da fattori o
circostanze legate alla loro percezione o valenza.
In linea di massima per , ammetteva che ci fossero delle leggi, del tipo i
colori saturi non sono freddi , o i colori scuri no n incutono gaiezza .
15
J.Weiss , Mark Rothko, with contributions by John Gage , pag. 269
J.Weiss , Mark Rothko, with contributions by John Gage , pag. 269
14
La loro valenza dipendeva essenzialmente dalla loro natura, ma anche ad
esempio dall uso che ne era stato fatto storicamente nell ambito della
Chiesa Cristiana. 16
Rothko in linea di massima era incline a considerare con favore entrambe
le possibilit .
La data di svolta rispetto all uso che ne fece fu il 1957.
Durante gli anni della maturit artistica, l artist a impar ad amare i giochi
di contrasto/opposizione, accostando colori complementari come giallo e
blu; la scelta dettata da un forte interesse per gli effetti di dinamismo che
storicamente avevano interessato anche altre figure celebri dell arte, come
Hans Hofmann della Scuola del Bauhaus.17
Il pubblico mostrava di apprezzare le classiche tele colorate dell artista,
ma erroneamente non riusciva a considerarle come tragiche.
Perci , egli reag , a partire dai cicli pittorici e seguiti per particolari
ambienti, usando colori piø scuri e abbassando la luce di cui essi erano
intrisi.
Nelle ultime fasi pittoriche infatti, l artista impiegher sempre meno
sovente toni come il giallo o l arancione, in favore di tonalit scure come
il rosso, il marrone, il nero o il grigio.
Dichiar : Il colore Ł soprattutto un mezzo .
Come tutti i mezzi di rappresentazione formali, quindi, esso era anche uno
strumento utile per comunicare l esperienza di una realt trascendente. 18
Secondo Rothko i colori avevano una forza mistica che si trasmetteva
nell osservatore.
Durante tutta la sua attivit , Rothko, allo stesso modo si dedic allo studio
dei materiali da impiegare nella pittura.
16
J.Weiss , Mark Rothko, with contributions by John Gage , pag. 256.
17
J.Weiss , Mark Rothko, with contributions by John Gage , pag. 252.
18
J.Weiss , Mark Rothko, with contributions by John Gage , pag. 252.