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Introduzione
Il lavoro che veniamo a presentare è il confronto tra due modelli
cosmologici contrapposti, considerati dal punto di vista filosofico e
storico. Ci troviamo quindi a fare una storia della fisica, in qualche
modo: la cosmologia è infatti considerata branca di questa disciplina. Il
primo modello di cui ci occuperemo è quello a cui si rifanno anche gli
scienziati oggi, l’altro invece si considera refutato. Cercheremo di
mostrare perché si è venuta ad avere questa situazione, e come.
Chi scrive non è certo persona che possa dirsi esperta degli aspetti
più profondi di una qualunque branca della fisica, custoditi nelle
proposizioni formalizzate in linguaggio matematico. Cercheremo allora
di calare la filosofia della scienza nella storia, per osservare se e come la
filosofia agisce nella pratica scientifica, ma anche per capire se la storia
entra a far parte della filosofia della scienza. Potremmo definire questo
scritto come un tentativo di evidenziare come la rete di comunicazioni
tra scienza applicata e teorica, e tra scienza, filosofia e storia ha
funzionato in un certo periodo, che inizia negli anni ’40 e si considera
concluso alla fine degli anni ’60 del secolo scorso.
Due decenni per due teorie dell’universo. E anche due continenti
per le stesse: la teoria del Big Bang Caldo (BBC) da un lato, che si è
sviluppata prevalentemente in territorio americano, e la teoria dello stato
stazionario, o Steady-State Theory (SST) dall’altro, sostenuta soprattutto
in Gran Bretagna. La distanza geografica che separa i due gruppi di
ricerca rende ragione almeno di un fatto: la contrapposizione che si può
immaginare tra le due teorie fu in realtà alquanto blanda. Pensare ad un
confronto serrato durato vent’anni e tra due fazioni divise da un oceano
sarebbe quantomeno bizzarro. In effetti, per anni, i due programmi
hanno potuto quasi ignorarsi, ma per ragioni diverse sui due fronti.
I fisici impegnati nello sviluppo di BBC, infatti, potevano
permettersi di ritenere teoricamente interessante, ma scientificamente
trascurabile SST, e di fatto di dimenticarsene. Chi invece lavorava
all’interno di SST, per ragioni che vedremo nel proseguio del testo, era
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costantemente costretto al confronto con la teoria rivale, che tuttavia
considerava ugualmente di dubbio valore. BBC infatti era sviluppata a
livello teorico con considerazione “dialettica” dell’osservazione, che
faceva da costante sponda per le proposizioni della teoria, correggendole
quando necessario, mentre SST, di natura prettamente teoretica, dovette
esclusivamente “subire” le osservazioni, non potendone produrre,
sfruttando però, a proprio vantaggio, considerazioni filosofiche che
avranno impatto soprattutto sulla metodologia della ricerca. Ciò riflette
in parte l’approccio generale al lavoro delle due diverse comunità
scientifiche: fisica “ingegneristicamente” impostata negli USA,
filosoficamente esperta nel Regno Unito e in Europa. Entrambi gli “stili”
presentano vantaggi e svantaggi che certo si manifesteranno nel corso
della nostra storia.
Se quindi si rivela spesso interessante considerare la vita della
comunità scientifica internazionale dal punto di vista sociologico, ciò
sarà dovuto sostanzialmente ai motivi di divisione all’interno della
stessa, che sono anche quelli che rallentano il progresso scientifico, ma
contemporaneamente lo mantengono vitale. Capita spesso, anche
durante il capitolo di storia che ci interessa, di vedere teorie di cui sarà
trascurato il riscontro empirico o osservazioni che pochi si siano
preoccupati di comprendere a fondo (a prescindere dal valore che
storicamente sarà attribuito a queste osservazioni o teorie; si vorrebbe
invocare una più attenta valutazione del materiale di ricerca che viene
pubblicato, al momento della diffusione). Potrebbe sembrare che stiamo
cadendo nel tranello dello storico che non distingue tra presente e
passato, e vede la storia, per così dire, nata già divisa per epoche, come
in un manuale. La mia considerazione, tuttavia, non vuole essere un
giudizio sulla storia, né tantomeno sulla sociologia della scienza, quanto
piuttosto un’indicazione di metodo per la scienza. Se, come disse
Lakatos parafrasando Kant, «La filosofia della scienza senza la storia
della scienza è vuota. La storia della scienza senza la filosofia della
scienza è cieca.»
1
ci viene da chiederci, infine, come la scienza adoperi
1
Lakatos (1976b), p. 366.
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queste discipline, che si possono anche considerare sue branche. E
innanzitutto come le adopera oggi.
Il testo che proponiamo qui è, in sintesi, l’articolazione di alcuni
problemi che sorgono intorno ad un nucleo storico, piuttosto che la
dimostrazione di qualche tesi forte; ciò per ricordare fatti che sono parte
integrante della nostra cultura e guardarli da nuove prospettive. In
particolare vogliamo richiamare all’attenzione due modelli che si
pongono in un’ottica diametralmente opposta, ma nello stesso periodo di
tempo, il che significa con la stessa evidenza empirica disponibile:
entrambe le teorie sono state costruite sulle stesse osservazioni. BBC
tuttavia proporrà, per primo con così grande decisione, l’idea di un
universo in evoluzione, mentre SST si opporrà a quelle che diverranno
prove empiriche dei processi in atto nel cosmo, eludendo
l’interpretazione evolutiva. Ciò si può concludere solo a posteriori e dal
nostro punto di vista, che è quello di chi crede che SST vada visto come
teoria ad hoc, scartato dalla scienza a vantaggio di BBC. Anche nella
storia della scienza, sembra, s’impone il giudizio del vincitore. Allora
andremo a rivedere la parabola di SST per scoprire nuovi ruoli che si
possono attibuire alla teoria, in una libera interpretazione che,
metaforicamente, BBC concede al modello sconfitto.
Crediamo di aver dato una chiave di lettura, per il nostro scritto,
capace di cogliere tutti i punti di maggiore importanza, tra quelli che
verranno toccati, collocandoli inoltre in un contesto più ampio di
problemi, seppur appena accennati, proseguendo il nostro invito
all’ampiezza di vedute. Speriamo di essere stati capaci di mantenere
soprattutto nel testo uno sguardo sufficientemente aperto, capace di
rendere ragione di ognuna delle posizioni in causa.
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1. Cenni storici: sviluppo della teoria dell’evento
iniziale versus nascita della steady-state theory.
Parlare di Steady-State Theory (SST), cioè di teoria dello stato
stazionario, e di teoria del Big-Bang caldo (BBC) significa riferirsi ai
primi due frutti nati da una delle nuove discipline scientifiche sorte
nell’ambito della fisica moderna. Ci riferiamo, naturalmente, alla
cosmologia nel senso odierno della parola, la quale si può ritenere
creatura di uno tra i più grandi scienziati del XX secolo, l’inesauribile
Albert Einstein. Questi, nel 1917, pubblicò le sue Considerazioni
cosmologiche sulla relatività generale che sono state indicate come il
testo inaugurale di questa nuova scienza fisica.
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Il nostro scritto verterà sul confronto tra i due modelli d’universo,
SST e BBC, da diversi punti di vista. Innanzitutto delineeremo lo
sviluppo storico delle due teorie, le loro articolazioni, e le fortune che
riscossero presso la comunità scientifica; si procederà inoltre ad
un’analisi degli aspetti epistemologici che vengono coinvolti nella
teorizzazione e nel successivo dibattito, protrattosi per lungo tempo
negli ambienti scientifici; infine ci occuperemo dei riscontri empirici che
favoriscono l’una o l’altra teoria per cercare di seguire il processo che ha
portato all’attuale posizione, rispetto ai due modelli, della più larga parte
degli scienziati che si occupano di cosmologia oggi.
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Cfr. Alpher, Herman (1990); Bergia (1995a). Come “scienza del tutto” la
cosmologia è, in realtà, una tendenza comune, si può dire, all’intero genere
umano: a partire da epoche preistoriche e attraverso ogni cultura l’uomo ha
cercato di creare sistemi teorici capaci di spiegare il motivo del nostro essere al
mondo. Ci riferiamo in questo caso, però, a quella branca della fisica che, sorta
dalla fisica stessa, ad essa pure rimane saldamente legata per oggetto e metodo.
Se, infatti, si possono indicare come tentativi razionali quelli proposti dalle
varie religioni e filosofie, non si può dire che questi siano caratterizzati
dall’esclusiva attenzione al mondo fisico, né che siano stati sviluppati nel
linguaggio matematico in cui tutta la fisica si svolge.
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Avverto sin d’ora che sarà impossibile seguire con precisione le
diverse fasi di sviluppo di teorie che vedono il contributo di molti e
molti sentieri percorsi in parte e poi per vari motivi interrotti: d’altra
parte, se lo sviluppo storico della scienza fosse simile a ciò che si può
trovare in un manuale di fisica, per esempio, non si porrebbe il problema
di una storia di questa disciplina. Purtroppo, ma è insieme certo una
fortuna, la scienza è fatta da uomini i quali mancano ancora, nonostante
gli ormai antichi reclami del Lord Cancelliere di sua maestà Re Giacomo
I, sir Francis Bacon, di una logica induttiva la quale ci dica
immediatamente dove dobbiamo andare a cercare cosa.
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Questo è forse
riprovevole da parte di chi ha di ciò responsabilità, ma a noi ora non
resta che provare a fare di necessità virtù e avventurarci all’opera con
l’obiettivo di essere massimamente chiari, per noi stessi e, certo, per il
lettore.
Avvicinandoci, quindi, all’oggetto di nostro interesse, procediamo
a presentare i protagonisti indiscussi della scena. Per quanto concerne
BBC, gli autori non si possono definire con assoluta certezza;
innanzitutto sotto questa sigla si possono raccogliere diversissimi lavori
di ricerca svolti a partire dagli anni ’30. Noi seguiremo solo un progetto,
quello che è considerato il maggiore, sviluppato da George Gamow e
altri. Anche per quanto concerno il “nostro” BBC molti soggetti, in un
ampio arco di tempo, contribuirono allo sviluppo della teoria, e la
paternità precisa, se non sbiadisce in questa moltitudine, certo va
distribuita tra diversi gruppi di ricercatori. Si tratta per certo della prima
teoria, tra le due che ci interessano, a venir elaborata nelle sue linee più
generali, e sviluppata poi in modi differenti in relazione alle varie
osservazioni che man mano si rendevano disponibili. Coloro che, però,
per certo, hanno definito il nucleo centrale della teoria, poi più
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Cfr. Bacone, Pensieri e conclusioni sulla interpretazione della natura o Sulla
scienza operativa, § 14, pp. 384 sgg., in Paolo Rossi (a cura di), Francesco
Bacone, Scritti filosofici, Torino: UTET, 1975; e La dignità e il progresso del
sapere divino e umano, § 21, pp. 256 sgg., ivi; Popper (1934, 1959), in
particolare §§ 1, *1.
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largamente elaborata, sono i fisici George Gamow, Ralph A. Alpher e
Robert Herman.
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Gamow, il più anziano (nasce nel 1904 ad Odessa, in Russia),
studiò presso Friedmann, svolse importanti ricerche sulla radioattività e
a partire dal 1935 cominciò ad occuparsi di nucleosintesi stellare e dei
processi che conducono alla produzione di radiazione nelle stelle. Va
notato il fatto significativo che egli non si preoccupò mai, durante le
ricerche in astrofisica che condussero all’elaborazione di BBC, di
individuare implicazioni di ambito cosmologico, ma come fisico
nucleare era impegnato a cercare risposta alle due basilari questioni:
«Qual è l’origine dell’energia irradiata dalle stelle? Come si sono
formati gli elementi che costituiscono il nostro mondo?»
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L’interesse
che per la cosmologia hanno la chimica e la fisica nucleare è dato dal
fatto che la materia, a livello atomico, è assunta identica in tutto
l’universo; se così è, di conseguenza, un risultato sperimentale ottenuto
in laboratorio avrà valenza anche cosmologica; inoltre, conoscendo
come la materia si distribuisce nelle varie configurazioni che può
assumere a livello atomico, sarà possibile trarre deduzioni che
consentano di restringere il range di requisiti da soddisfare perché un
modello cosmologico possa essere studiato.
Notevole è il fatto che Gamow, attivo a partire dal 1934 negli USA
(e, allora trentenne, già fisico affermato sulla scena internazionale grazie
alla sua scoperta del processo di decadimento radioattivo alpha,
realizzata all’età di appena ventiquattro anni), proprio grazie a questo
suo pervenire trasversalmente da indagini di fisica nucleare a ricerche di
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Seguendo Kragh, sembra che l’indefinitezza circa l’esatta “data di nascita”
della teoria del Big-Bang permanga addirittura all’interno di questo ristretto
nucleo di scienziati: «Se si cerca un momento definito in cui l’idea del big-
bang venne messa a fuoco per la prima volta, si cercherà invano. [...] Invece vi
fu una serie di eventi attraverso cui il nuovo modello fisico-nucleare del big-
bang emerse gradualmente.» Kragh (1996), p. 101, traduzione mia. D’ora in
poi, ogni qual volta ci si riferirà al testo di Helge Kragh, si intenda che è stato
da me tradotto dall’inglese in italiano.
5
Kragh (1996), p. 81.
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ambito prettamente cosmologico «fornì alla cosmologia una nuova
prospettiva, unendo profondamente la cosmologia con la fisica nuclare.
[...] Concependo la cosmologia come una branca della fisica nucleare
delle alte energie, Gamow [...] non solo ideò una teoria cosmologica
apprezzata più dai fisici che dagli astronomi e dagli studiosi di relatività;
ma in più egli creò, in cosmologia, una nicchia americana, la quale nello
spirito differiva chiaramente da quella sviluppata in Europa.»
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In
Europa, infatti, si lavorava in cosmologia con metodi prettamente
teorico-matematici. Ci occuperemo del panorama europeo più avanti, e
allora noteremo con ancor maggiore precisione la differenza a cui
accenniamo.
Gamow, continuando ad occuparsi direttamente di fisica nucleare,
studiò diversi processi che potessero spiegare la formazione degli
elementi chimici pesanti. Bisogna sapere che i dati ricavati dall’analisi
spettrografica della luce stellare, dallo studio del terreno, di meteoriti e
di materiale interstellare mostrano che l’universo è costituito al 99% di
idrogeno ed elio, mentre il restante 1% è distribuito tra tutti gli altri
elementi di peso atomico maggiore, come si iniziava a capire grazie ad
una pubblicazione di Goldschmidt del 1937.
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Intendere il legame che
stringe assieme fisica atomica, astrofisica e cosmologia nell’ambito dei
problemi che stiamo affrontando è essenziale. Da un lato, infatti, si può
cercare di capire come la materia interagisce fino a formare i vari
elementi che oggi osserviamo; ma per comprendere la formazione degli
elementi chimici bisogna necessariamente conoscere lo stato in cui si
trovava il materiale nucleonico prima dell’inizio di qualunque processo.
Sembra ovvio chiedersi, al proposito, se le particelle atomiche si
trovassero in stato aggregato o diffuso, e quindi quale processo più
probabilmente abbia portato alle abbondanze relative oggi osservate, se
di fusione o fissione nucleare. È d’altra parte chiaro che porsi questioni
6
Kragh (1996), p. 80.
7
Goldschmidt, V. M., “Geochemische Verteilungsgesetze der Elemente. IX.
Die Mengenverhältnisse der Elemente und der Atom-Arten”, Norske
Videnskabs-Akademien i Oslo, no. 4, 1937.