- 4 -
alla questione delle differenze di genere. Queste, infatti, sono considerate
all’origine del sistema di disuguaglianze che si è venuto a creare nel corso
dei secoli e che ha dato origine allo status di inferiorità e marginalità delle
donne.
Spiegheremo il motivo che ha indotto gli intellettuali, ma soprattutto le
intellettuali, ad abbandonare la denominazione di “differenze di sesso” in
favore di quelle “di genere” e si fornirà un sintetico quadro relativamente
alle “Gender theories” .
Nel secondo, invece, verrà percorso un excursus storico dalla nascita del
femminismo, delle rivendicazioni femministe e dei diritti fondamentali delle
donne, fino ai giorni nostri, trattando dello loro attuali conquiste, ma anche
difficoltà e asperità.
Nel terzo capitolo mostreremo la situazione delle donne nelle istituzioni
politiche, evidenziando le distinzioni fra la situazione delle donne nei Paesi
di matrice protestante, da quella cattolica, per poi analizzare il caso
specifico italiano a confronto con il modello più evoluto dei paesi
scandinavi.
Dopo questo lungo quadro introduttivo, analizzeremo il “corpo mediale del
leader”. Il corpo del leader, infatti, da sempre terreno semiotico e pregno
di significati, costituisce nell’attuale società dell’immagine e dei mass
media un utilissimo strumento di comunicazione e di attrazione. Con
l’avvento delle nuove tecnologie, e soprattutto della televisione, si è però
passati da una deificazione del corpo alla sua dissacrazione, tramite la
messa in scena di tutti i suoi aspetti e lati più quotidiani, che rendono il
leader sempre più “uomo comune” e vicino a noi.
Come si differenzia poi il corpo di un leader “al maschile” da quello “al
femminile”? Ci sono modi diversi di rappresentarli e di metterli in scena?
- 5 -
Nel quinto capitolo si tratterà della comunicazione politica, di come sia
nata questa nuova disciplina e di come si sia sviluppata negli ultimi
decenni, per poi individuare, nel sesto, i differenti modi di comunicare delle
donne, sia attraverso le parole, che attraverso gesti e comportamenti,
quindi una attraverso una comunicazione non verbale.
Nell’ultima parte, infine, cercheremo di applicare tutto quello fino ad allora
esposto a casi di donne reali, che si sono date o stanno dando battaglia
per guadagnare un posto di rilievo negli scenari politici di rilievo
internazionale.
Donne come Evita Perón o Margaret Thatcher nel passato o Ségolène
Royal e Angela Merkel nel presente, saranno i nostri campi di indagine per
arrivare a definire una “comunicazione politica al femminile”: se questa
esiste e come si applica.
- 6 -
1. Differenze di Genere
All’interno di ogni società è possibile ritrovare, in qualunque parte del
mondo, una distinzione notevole fra i membri che la compongono,
seguendo diversi criteri, in virtù dei quali vengono trattati in modo
differenziato coloro che possiedo determinate caratteristiche rispetto a
coloro che non le hanno.
Si vengono così a creare le “disuguaglianze sociali”.
La «disuguaglianza sociale è un processo sociale, appunto, per cui gli
individui non hanno uguale accesso alle ricompense sociali»
1
.
Considerando tutti i criteri di differenziazione possibili, solo due, l’età e il
sesso, sono ritrovabili all’interno di ciascuna società, in quanto ascrivibili in
maniera inscindibile alla condizione umana.
Nel corso di questo lavoro, ci occuperemo di quelle riguardanti
unicamente il “sesso”.
1.1 Visioni “femminili”
«Le differenze tra i sessi in natura – il corpo femminile dotato di
caratteristiche e capacità proprie, diverse da quelle maschili – si sono
prestate, nel corso della storia, alla costruzione di un sistema di
disuguaglianze che vede assegnato alla donna uno status inferiore, in
virtù del quale la divisione del lavoro, i compiti quotidiani, l’accesso alla
sfera intellettuale e simbolica, la distribuzione del potere, si sono
organizzati nel tempo lungo una profonda asimmetria, a discrimine e a
svantaggio delle donne»
2
.
1
Neil Smelser, Manuale di sociologia, Il Mulino, Bologna, 1981, p. 12
2
S. Piccone Stella e C. Saraceno, Introduzione. La storia di un concetto e di un dibattito, in
Simonetta Piccone Stella e Chiara Saraceno (a cura di ), Genere. La costruzione sociale del
femminile e del maschile, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 11
- 7 -
L’inferiorità della donna è stata considerata da sempre come un fatto
evidente, costantemente ribadita da filosofi e letterati, sostenuta dalle
convinzioni e tramandata da una generazione all’altra, nel segno della
tradizione e della cultura.
Luciano Gallino, sociologo italiano contemporaneo, nel suo Dizionario di
sociologia, sostiene che «la donna è stata, storicamente e
ideologicamente, associata alla passività, all’emozionalità, alla
sottomissione, mancandole “strutturalmente” virtù ritenute prettamente
maschili, quali la razionalità e la capacità di astrazione»
3
.
Come sostengono le filosofe Pieranna Garavaso e Nicla Vassallo,
«nell’immaginario comune, […], le donne vengono spesso rappresentate
come essere istintivi, passionali, sensuali, irrazionali, emotivi e perfino
illogici»
4
.
Ad esempio, considerando solo la “categoria” dei filosofi, si può vedere
come le opinioni di questi sulle donne possano costituire un “museo degli
orrori”
5
: Aristotele considera le donne come dei maschi menomati, sono
donne in quanto passive e mancanti di potenza virile, Tommaso d’Aquino,
seguace del precedente, le definisce come “un maschio mal riuscito”,
ancora, per Kant la donna è interdetta dal compiere azioni morali “per
carenza del senso del dovere”.
Ma quali sono le differenze fra gli uomini e le donne? Sono di natura
biologica o anche sociale?
Si tratta di un argomento molto complesso, un dibattito ancora aperto, al
quale, nel corso degli anni si è cercato di dare una risposta. Di seguito
cercheremo di riportarne una parte: è impossibile cercare di raggiungere
3
Luciano Gallino, Dizionario di Sociologia, Utet, Torino, 1993
4
Pieranna Garavaso e Nicla Vassallo, Filosofia delle donne, Editori Laterza, Bari, 2007, p. 6
5
Ibidem, p. 16
- 8 -
(e neppure aspirare) la completezza, tuttavia verranno forniti gli strumenti
necessari per tracciarne un tanto più esaustivo quadro di riferimento.
1.2 Sesso e Genere
La formulazione del concetto di genere deriva la sua origine dalla
constatazione dello squilibrio esistente nella realtà sessuata.
«Il pensiero femminista, riflettendo sulla subordinazione femminile e sulla
produzione, riproduzione e istituzionalizzazione del dominio maschile,
contesta la presunta “inferiorità” del genere femminile, inferiorità che nel
corso della storia è stata data come insita nell’ordine naturale delle cose e,
individua il seme della discriminazione nella trasformazione della
differenza biologica in differenze di ruoli e in differenze sociali»
6
.
La prima ad avere questa intuizione è Simone de Beauvoir che nel 1949
pubblica Le deuxième sexe, alla base di una nuova fase del discorso
femminista occidentale.
La scrittrice francese sostiene la necessità del superamento di una visione
gerarchica che vede la donna relegata in una condizione di inferiorità e
che porta ad assumere l’uomo come “norma”, mentre al contrario il
femminile è considerato come “altro”, come il “secondo sesso”, e aprirà la
strada alla “prospettiva di genere”, riflettendo sull’influenza sociale nella
costruzione della mascolinità e femminilità.
E’ il femminismo della “seconda ondata”, della fine degli anni settanta, che
ritiene indispensabile la costruzione di un nuovo paradigma. «La scelta di
sussumere i due sessi e i loro rapporti nell’espressione “genere” risponde
6
Simonetta Piccone Stella e Chiara Saraceno, Introduzione. La storia di un concetto e di un
dibattito, in Simonetta Piccone Stella e Chiara Saraceno (a cura di ), Genere. La costruzione
sociale del femminile e del maschile, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 11
- 9 -
ad una spinta intellettuale ben precisa: l’esigenza di attribuire il massimo
peso a quanto vi è di socialmente costruito nella disuguaglianza sessuale,
a quanto vi è di non biologicamente dato nella relazione di disparità tra
uomini e donne»
7
.
Le femministe della “seconda ondata” realizzarono che ammettere che le
differenze fra gli uomini e le donne dipendono dalla biologia, ovvero dal
sesso, comportava l’impossibilità di modificare tali differenze, con la
conseguente impossibilità del cambiamento. Ricorsero quindi alla
costruzione sociale delle differenze tra i due sessi con il concetto di
“genere”.
«Gli uomini e le donne sono, è ovvio, diversi. Ma non sono così diversi
come il giorno e la notte, la terra e il cielo, lo yin e lo yang, la vita e la
morte. Dal punto di vista della natura gli uomini e le donne sono più simili
gli uni alle altre che a qualsiasi altra cosa – alle montagne, ai canguri o
alle palme da cocco. L’idea che siano diversi tra loro più di quanto
ciascuno di essi lo è da qualsiasi altra cosa deve derivare da un motivo
che non ha niente a che fare con la natura»
8
.
Queste sono parole tratte da The Traffic in Women, del 1975, di Gayle
Rubin. In questo saggio viene introdotto per la prima volta il termine di
“genere”, associato dall’autrice nell’espressione da lei stessa coniata “sex-
gender system”. Rubin definisce con l’espressione “sex-gender system”
quell’ «insieme di processi, adattamenti, modalità di comportamento e di
rapporti, con i quali ogni società trasforma la sessualità biologica in
prodotti dell’attività umana e organizza la divisione dei compiti tra gli
uomini e le donne, differenziando l’uno dall’altro: creando, appunto, il
“genere”»
9
.
7
Ibidem,
8
Ibidem, p. 7
9
Ibidem
- 10 -
Si crea quindi una sostanziale differenza, come afferma Elisabetta Ruspini
fra il termine “sesso” e quello di “genere”, nonostante entrambi sottolineino
le differenze possibili fra uomini e donne.
Il primo, il sesso, indica le « differenze biologiche e fisiche tra femmine e
maschi »
10
, si riconduce quindi ad una categoria biologica ed anatomica
della “differenza sessuale” mentre il secondo, il genere appunto, si
riferisce alle «differenze socialmente costruite fra i due sessi e ai rapporti
che si istaurano tra essi in termini di comportamenti distintivi e appropriati.
Si tratta quindi di differenze definibili come “di genere”»
11
.
Il genere è dunque un’istanza culturale, in quanto è definibile come il
prodotto di un processo di codificazione storico e socio-culturale delle
differenze fra uomini e donne, fra il maschio e la femmina; il sesso al
contrario è assunto come presunto referente naturale della gerarchia tra
superiore ed inferiore, tra dominante e dominato, che struttura i rapporti
tra uomini e donne nei diversi contesti storici e sociali e costituisce il
fondamento immutabile delle variegate rappresentazioni di maschile e
femminile.
Mentre “genere” è un termine recente, “differenza sessuale”, come chiave
interpretativa del sessismo e del patriarcato, «si rifà alla tradizione,
riproponendo il concetto che da sempre è servito a spiegare e ordinare
l’esistenza di donne e uomini»
12
.
“Differenza sessuale” è inoltre un termine bivalente: indica sia il dato
biologico che i significati, sia la morfologia corporea che la costruzione
immaginaria, sociale e simbolica, e allude alla loro inscindibilità, piuttosto
che alla contrapposizione. (Cavarero, 1999).
10
Elisabetta Ruspini, Introduzione. Tra sesso e genere, in E. Ruspini, Le identità di genere,
Carocci, Roma, 2003, p. 7
11
Ibidem
12
Maria Luisa Boccia, Dossier, Generi e Generazioni, Iter, numero 10 e 12, 2001, p. 5
- 11 -
Il concetto di genere, postulando radicalmente la questione della
costruzione sociale e culturale dell’appartenenza di sesso, contiene da
una parte una critica nei confronti del determinismo biologico, dal
momento in cui «indica che non basta l’appartenenza sessuale in quanto
tale per definire l’essere donna o l’essere uomo: femminilità e mascolinità
non sono rigidamente determinate dalla dimensione fisica e biologica, ma
sono molto importanti la cultura e l’educazione»
13
.
Il concetto si differenzia inoltre da quello di condizione femminile per due
motivi.
In primo luogo il termine “genere” è un termine binario che segnala la
duplice presenza (la presenza degli uomini e delle donne costituisce il
genere).
In secondo luogo implica la reciprocità, spostando l’attenzione dalla
“donna” e dalla sua condizione di inferiorità e subordinazione, al “rapporto”
esistente fra i due sessi, un rapporto da definirsi come dialettico, di
scambio continuo e in continua evoluzione, durante il quale si creano al
contempo sia la condizione femminile che quella maschile.
Il concetto di genere è da considerarsi inoltre come storico e dinamico: le
differenze che questo comprende appartengono ad un fenomeno dai
confini mobili e costantemente mutevoli: «l’essere donna e l’essere uomo
sono il prodotto di un processo storico che ha attraversato le diverse
culture e società, all’interno delle quali sono state diversamente definiti il
maschile e il femminile, creando specifiche identità collettive e individuali;
le differenze biologiche tra i sessi sono state incanalate verso differenze di
genere culturalmente variabili…»
14
.
Joan Scott (1988) definisce il genere come «l’organizzazione sociale della
differenza sessuale. […] Il genere è quella conoscenza che stabilisce
significati per le differenze corporee».
13
Ibidem, p. 8
14
Ibidem, p. 10
- 12 -
1.3 Il femminile
Il pensiero femminista, nel corso degli anni, ha cercato costantemente di
sciogliere il legame esistente fra donna e natura, che ha permesso e
giustificato l’inferiorità del femminile e il prevaricare degli uomini sulle
donne.
Le Gender theories hanno cercato di trovare una soluzione insistendo
sull’arbitrarietà di questo fondamento: come afferma Joan Scott, «genere
è una categoria sociale imposta ad un corpo sessuato»
15
.
La categoria del “genere” permette quindi alle femministe di liberarsi dal
giogo di un linguaggio improntato e sedimentato sulla preponderanza e
preminenza maschile.
Come ha osservato Mila Busoni, il termine “genere” presenta il vantaggio
di riassumere in un unico termine una realtà invece complessa, « permette
di nominare l’asimmetria di tipo sistematico tra donne e uomini che agisce
a tutti i livelli e in tutti i momenti della vita sociale, ma che non ha una
causa ultima, fondante. La permanenza è data dalla gerarchia tra
maschile e femminile, anche in contesti nei quali i ruoli e i caratteri,
attribuiti ai generi, possono essere assunti da donne e uomini
indifferentemente »
16
.
Il maschile si è caratterizzato e costituito nel corso dei secoli come un
valore superiore e preminente, grazie al potere esercitato nei confronti
delle donne: «il genere è infatti, ancora oggi, un terreno nel quale il potere
si manifesta: ne determina la distribuzione, ne influenza le concezioni, nel
binomio inscindibile di virilità e potenza, e inoltre impregna di metafore
sessuali le ideologie sulla sovranità e sullo Stato»
17
.
15
Joan W. Scott, Il “genere”:un’utile categoria di analisi storica, in Altre storie. La critica femminista
alla storia, a cura di Paola di Cori,CLUEB, Bologna, 1996, p. 314
16
Maria Luisa Boccia, Dossier, Generi e Generazioni, p. 5
17
Joan W. Scott, Il “genere”:un’utile categoria di analisi storica, in Altre storie. La critica femminista
alla storia, a cura di Paola di Cori,CLUEB, Bologna, 1996, p. 314