4
rete dalla fonte rinnovabile che verranno compensate dagli stessi regolatori presenti nei
gruppi diesel in funzione. Quando il contributo eolico aumenta (sistemi eolico-diesel a
media ed alta penetrazione) aumentano anche le fluttuazioni di potenza introdotte in
rete dagli aerogeneratori e l’impianto necessiterà quindi di un sofisticato sistema di
controllo che assicuri ancora una buona qualità del servizio elettrico.
Attualmente esistono svariate tipologie di sistemi eolico-diesel in diverse zone
isolate del mondo, ma purtroppo la politica economica di molti paesi ostacola la
diffusione su vasta scala di un’industria eolico-diesel. Uno di questi paesi è proprio
l’Italia.
5
CAPITOLO 1
PANORAMICA SUI SISTEMI IBRIDI NELLE RETI
ISOLATE E DIFFICOLTA’ DI DIFFUSIONE
1.1 – Le centrali diesel delle isole minori
In alcune isole, le elevate potenzialità dei gruppi diesel a disposizione, rispetto a
carichi di entità estremamente variabile, sono tali da far prevedere la possibilità di bassi
rendimenti dovuti sia alla bassa efficienza dei diesel, quando essi lavorano con un
carico minore a quello nominale e sia per la loro limitata utilizzazione nel corso
dell’anno. Tali periodi di utilizzazione delle unità diesel sono tanto più brevi quanto
meno abitate sono le isole durante il periodo invernale, dovendo il parco di generazione
funzionare nella sua interezza soltanto durante il periodo estivo quando l’afflusso
turistico causa un aumento della potenza richiesta.
Questa situazione risulta anche dal fatto che la potenza installata per abitante è
molto più alta sulle isole minori (da 1 a 10 kW per abitante) che sulla terraferma (0.8
kW per abitante) anche se generalmente non sono presenti installazioni industriali. Il
costo dell’energia prodotta in genere varia tra 0.18 e 0.44 euro/kWh , in funzione
dell’accessibilità del sito e delle taglie dei gruppi elettrogeni; in alcune isole più piccole
sono stati registrati costi anche di 0.52 – 0.67 euro/kWh. Ricordiamo che il costo medio
attuale di un kilowattora in Italia si aggira attualmente intorno a 0.20 euro in bassa
tensione.
Ricordiamo inoltre che, l’efficienza di una centrale diesel è molto bassa, intorno al
35%-37% e la rimanente percentuale energetica è trasformata in calore dagli stessi
motori.
1.2 – La Cassa Conguagli del settore elettrico e le difficoltà di penetrazione delle
fonti energetiche rinnovabili nelle Isole Minori [2] [3]
L’elettrificazione delle isole minori si è sviluppato attraverso un concetto di servizio
elettrico socialmente indispensabile e da fornire in tempi brevi con una qualità
quantomeno accettabile. Le isole minori sono state, all’epoca della nazionalizzazione
dell’energia elettrica, fra le realtà per cui il “servizio sociale” si è imposto utilizzando la
tecnologia che, a quel tempo, risolveva la situazione nella maniera più brillante. Si
6
procedette così all’installazione di gruppi diesel che alimentavano reti elettriche a media
e bassa tensione.
Attualmente, le principali isole minori italiane sono servite da imprese elettriche, in
genere di piccole dimensioni, anche societarie, che operano a livello locale con
personale distaccato. Solo alcune isole sono servite da ENEL S.p.A. prevalentemente
con centrali diesel e in qualche caso con istallazioni di sistemi ibridi ad energia
rinnovabile.
Il resto delle isole minori sono elettrificate da piccole imprese elettriche aderenti
all’UN.I.E.M. (Unione Industrie Elettriche Minori), spesso senza costituzione a
partecipazione azionaria dato il livello di investimento alla portata dei singoli o anche
nuclei familiari. Tali imprese beneficiano dei sussidi governativi elargiti dalla Cassa
Conguagli del Settore Elettrico (CCSE), organismo istituito nel 1961. Questo
meccanismo di contribuzione pubblica era nato a seguito della decisione del CIP
(Comitato Interministeriale dei Prezzi) di creare un meccanismo di perequazione in
seguito all’unificazione del sistema tariffario nazionale, con lo scopo di assicurare
all’utenza isolana le stesse condizioni tariffarie in vigore a livello nazionale, e nel
contempo per compensare i maggiori oneri sostenuti dall’esercente elettrico locale; tali
oneri derivano dalla collocazione svantaggiata dell’impianto di produzione su zone
remote, quali sono le piccole isole, e pertanto non in condizione di usufruire degli effetti
di economia di scala e di razionalizzazione del servizio elettrico garantiti dalla grande
rete continentale Europea.
Così strutturato, il meccanismo risulta meritorio dal punto di vista sociale ma oltre
ad impedire oggigiorno il libero mercato in queste piccole realtà isolate assicura
all’esercente elettrico locale la remunerazione dei costi sostenuti per la produzione,
distribuzione, manutenzione e gestione del servizio di fornitura dell’energia elettrica e
tutto ciò indipendentemente dalle azioni di risparmio, efficienza, riduzione dei costi di
produzione che non vengono in alcun modo considerati.
L’integrazione tariffaria spettante alle imprese elettriche minori, determinata in
seguito ad apposite istruttorie, oltre a compensare le perdite di bilancio derivanti dai
costi di produzione dell’energia elettrica a costi obiettivamente svantaggiati, deve
ovviamente assicurare una componente di utile alle aziende elettriche. Possiamo
facilmente supporre che le integrazioni maggiori spetteranno alle imprese operanti in
isole lontane dal continente, poco popolate nel periodo invernale e quindi con un basso
fattore di carico, cioè in situazioni in cui la produzione di energia elettrica è più
7
inefficiente e le perdite di bilancio sono di conseguenza maggiori. Precisiamo che, da
questo meccanismo, è esclusa l’attività dell’ENEL che opera nelle Isole Minori.
In questo modo gli alti costi di generazione nelle isole sono nascosti dai sussidi
forniti dalla CCSE ai produttori di elettricità, che se da un lato consente agli isolani di
pagare la stessa tariffa elettrica del continente salvaguardando nel contempo i bilanci
dei produttori locali, dall’altro lato occulta le pesanti inefficienze del sistema e non le
stimola a rimuoverle con l’introduzione delle attuali tecnologie rinnovabili.
Questo meccanismo costituisce quindi una barriera non propriamente tecnico-
economica alla diffusione in zone remote come le isole minori italiane di tecnologie
innovative rappresentate in questo caso dai sistemi ibridi che utilizzano le energie
rinnovabili: perché un produttore dovrebbe puntare sull’efficienza energetica dei suoi
impianti, o puntare ancor meglio sull’introduzione dei sistemi ibridi ad energia
rinnovabile se l’attuale sistema di perequazione gli permette di fare utili senza esporsi a
veri rischi di mercato, nonostante la propria attività sia inefficiente e non remunerativa?
Ciò spiega anche perché le centrali elettriche isolane siano spesso obsolete e quindi
anche inquinanti: normativa ambientale a parte, non c’è una forte motivazione
economica per investire in innovazione ed efficienza.
Le tariffe assistite purtroppo producono una distorsione dell’odierno mercato
elettrico, dando agli impianti ad energia rinnovabile poche possibilità di vincere la
competizione con gli impianti ad energia convenzionale, proprio nella nicchia di
mercato dove le rinnovabili avrebbero più possibilità di svilupparsi.
Un altro ostacolo alla penetrazione delle fonti rinnovabili nelle isole minori sarebbe
rappresentato dal personale locale attualmente impegnato nelle centrali diesel isolane, il
quale non essendo tecnicamente preparato ad un così radicale cambiamento, potrebbe
temere che queste nuove forme di energia possano in qualche modo mettere a
repentaglio il posto di lavoro.
Un ulteriore freno alla costruzione di impianti ibridi ad energia rinnovabile nelle
isole minori italiane è rappresentato paradossalmente dal frequente ostruzionismo
burocratico imposto proprio dalla politica ambientalista italiana che, invece di
contribuire ed aprire le porte allo sviluppo di tali tecnologie ad energia pulita si
preoccupa esageratamente dell’impatto paesaggistico che ne può derivare.
8
1.3 – La domanda energetica nelle Isole Minori Italiane e le ragioni per cambiare
Le attività industriali nelle piccole isole minori sono molto scarse se non del tutto
assenti e il fabbisogno elettrico è per la maggior parte dovuto al settore residenziale.
Dato che nella quasi totalità dei casi non esistono reti di distribuzione di gas naturale –
le cui installazioni non troverebbero piena giustificazione economica nelle isole più
meridionali della penisola – la grande maggioranza dei consumi elettrici finali è dovuta
di conseguenza all’utilizzo termico dell’elettricità nella produzione di acqua calda in
scaldabagni, lavatrici, lavastoviglie nonché nell’uso di stufe elettriche per il
riscaldamento domestico durante il periodo invernale. Tutto ciò si accentua durante
l’estate sotto la pressione del settore turistico che, oltre ad aumentare i consumi di
energia elettrica per il riscaldamento dell’acqua aggiunge anche il consumo dovuto agli
impianti di condizionamento. Inoltre, sono ancora pochi gli utenti isolani che investono
in collettori solari che già di per sé abbatterebbero drasticamente il consumo energetico
domestico, specialmente sulle isole del meridione d’Italia che godono di un’ottima
irradiazione solare.
Di conseguenza il parco di generazione diesel è largamente sovradimensionato
rispetto alla domanda di potenza della stagione invernale e ciò per fare fronte ai soli
picchi di carico estivi, che sono tanto più marcati quanto più l’isola ha una vocazione
turistica. I grafici mostrati nelle figure 1, 2 e 3 alla fine del paragrafo si riferiscono a
dati raccolti nel 1991 nelle principali isole minori italiane e mostrano rispettivamente: la
potenza installata per residente, il consumo elettrico medio giornaliero per residente, il
rapporto tra consumo elettrico estivo e invernale.
Come è già stato spiegato nei precedenti paragrafi tali impianti sono quindi usati in
maniera inefficiente ed hanno dei costi di gestione elevati, ben più alti rispetto agli
stessi impianti del continente e ciò a causa del loro utilizzo incostante, alla
manutenzione di gruppi non sempre in funzione, all’approvvigionamento di gasolio
dalla terraferma tramite navi cisterna.
Altrettanto irrazionale è l’abitudine di bruciare gasolio per far funzionare il
dissalatore (in qualche caso ben il 32% di tutto il gasolio consumato sull’isola). E’ folle
cioè che questo dissalatore consumi altro gasolio quando potrebbe usare il calore refluo
(gratuito) della centrale diesel locale; infatti il calore contenuto nell’acqua di
raffreddamento dei motori diesel potrebbe essere utilizzato per desalinizzare l’acqua di
mare per distillazione. In media, il calore refluo della centrale diesel locale potrebbe
9
essere sufficiente a coprire quasi la metà del fabbisogno idrico di un’isola minore, a
costo combustibile zero!
Si tratta di una tecnologia commerciale e diffusa per alimentare di elettricità ed
acqua le grandi città nel medio oriente (Abu Dhabi, Dubai, Riad etc.) già usata nelle
isole Marshall durante la seconda guerra mondiale. Eppure sulle isole minori italiane
questo non viene fatto. In altre parole, il gasolio pagato 1,2 euro al litro viene convertito
al 35% in elettricità e al 65% disperso nell’ambiente come calore. Poi la preziosa
elettricità è convertita generalmente in calore a bassa temperatura (70-100 gradi
centigradi): cioè, è come se lavassimo il pavimento con l’acqua distillata! [4].
Fin qui si è visto che l’attuale sistema di generazione elettrica nella isole minori
italiane presenta delle forti inefficienze, tuttavia il meccanismo compensativo della
CCSE costituisce un freno alla revisione del sistema, dato che né i produttori né gli
isolani pagano realmente gli alti costi di questo sistema: li paga l’ente di sussidio che
eroga il conguaglio, cioè, essendo ente pubblico, in definitiva tutta la collettività.
Allora perché porre in atto delle strategie per cambiare questo stato di cose?
Innanzitutto il fatto che a pagare sia l’intera collettività non vuol dire che non si
debbano cercare strumenti comunque equi per ridurre gli svantaggi dello status quo, e
diminuire quindi l’onere a carico di tutti gli utenti. Se onere collettivo ci deve essere
poi, come è giusto che sia per ragioni di equità sociale e geografica, è il caso di
massimizzare i benefici a parità di risorse pubbliche impiegate. E’ facile dimostrare che
l’impiego di una quota di risorse pubbliche notevolmente inferiore a quella richiesta per
la CCSE, che in ultima analisi incentiva centrali inefficienti alimentate a combustibile
fossile, potrebbe essere destinata a catalizzare l’avvio di progetti di sfruttamento delle
fonti rinnovabili, che si sosterrebbero da sole, realizzando un valore aggiuntivo
notevolmente superiore.
Un’altra ragione per cambiare è di natura ambientale. Il sistema vigente di
approvvigionamento energetico delle isole presenta degli impatti ambientali
considerevoli dovuto all’inquinamento atmosferico dei gruppi diesel ed al trasbordo di
gasolio con navi cisterna. Le isole, spesso sede di aree naturali protette, sono ecosistemi
particolarmente delicati che vanno tutelati al massimo dal punto di vista ambientale,
anche perché l’ambiente è il prodotto principe che queste realtà hanno da offrire.
C’è anche un motivo di strategia energetica locale. La Comunità Europea sta
promuovendo il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, le quali tuttavia soffrono
ancora di una scarsa competitività economica con le fonti convenzionali. Nelle isole
10
però non è così: le rinnovabili possono essere convenienti rispetto all’uso esclusivo del
gasolio per tutte le ragione prima esposte.
Figura 1 – Potenza installata per residente [5]
Figura 2 – Consumo elettrico giornaliero medio per residente [5]