3
computazionale (specificatamente, il modello di Fodor). Infine, verranno presentate alcune
conclusioni, nonché delle proposte di valutazione delle tesi esposte.
Apparentemente, l’attenzione presente in questa tesi sui dati sperimentali provenienti dalla
psicologia e dalle neuroscienze può sembrare eccessiva. È probabile che, di prima impressione, si
riscontri nel testo una continua ricerca di equilibrio tra elaborazione teorica ed esposizione dei dati
sperimentali. Tuttavia, credo che questa tensione sia motivata dall’oggetto di studio. Nella sua
opera, Searle assume una posizione ben precisa nei confronti dei paradigmi sperimentali,
difendendo l’impostazione delle neuroscienze e criticando la scienza cognitiva: il rimando a
ricerche e risultati provenienti da ambiti diversi rispetto a quello filosofico risulta quindi
fondamentale non solo per la valutazione, ma anche per la comprensione delle tesi esposte. D’altra
parte, questa continua riflessione basata su altre discipline sembra essere ormai necessaria nella
filosofia della mente: se fino a poco tempo fa sembrava scontato esaminare queste tematiche nei
termini della logica e delle filosofia del linguaggio, adottando come stile argomentativo il frequente
ricorso ad esperimenti mentali, oggi risulta inevitabile prendere in considerazione i dati sperimentali
provenienti dalla psicologia e dalle neuroscienze.
Questa tesi non avrebbe mai potuto aver luogo senza l’apporto di numerose persone che mi hanno
stimolato a riflettere sulla natura della mente umana: sarebbe impossibile ringraziarle tutte. Mi
limito quindi a ringraziarne tre: Francesca, per avermi detto, un giorno, “perché non fai la tesi su
Searle?”; Stefano, per le nostre interminabili discussioni sulle neuroscienze; e Laura, per avermi
sopportato durante la stesura di questo lavoro. Inoltre, voglio manifestare la mia riconoscenza verso
chi mi ha seguito durante questa ricerca: verso il professor Pessa, che mi ha introdotto nell’affasci-
nante mondo della psicologia e della scienza cognitiva; verso la professoressa Borutti, che con i
suoi testi e, soprattutto, le sue lezioni, mi ha insegnato il valore della chiarezza argomentativa,
indipendentemente dalla complessità dei temi trattati.
4
1. SEARLE E LA FILOSOFIA DELLA MENTE
1.1 Il naturalismo biologico.
Uno degli scopi principali di questa tesi è mostrare che il contributo di Searle nell’ambito della
filosofia della mente trascende le argomentazioni di carattere meramente tecnico, che pur si trova-
no nei suoi lavori. Le critiche specifiche al programma di ricerca dell’intelligenza artificiale e della
scienza cognitiva sono parte di una riflessione di più ampia portata, che riguarda problematiche
ontologiche, epistemologiche e culturali di fondo: la natura dell’esperienza individuale, la corretta
impostazione di una scienza della coscienza, il modo in cui paradigmi culturali di lunga tradizione
influenzano gli studi attuali dei fenomeni mentali. Le argomentazioni contro il funzionalismo
computazionale rischiano di essere sottovalutate o fraintese, se non vengono collocate nel loro
giusto contesto teorico.
Non sarà possibile dare un quadro completo della filosofia di Searle, sia per i vincoli intrinseci di
una tesi triennale, sia per lo scopo di questo lavoro: mostrare gli elementi fondamentali
dell’argomentazione searleana e confrontarli con alcune tesi del computazionalismo
1
.
In questo primo capitolo verranno fornite le coordinate fondamentali per comprendere pienamente
le argomentazioni. I primi elementi di una filosofia della mente sono già riscontrabili nei primi testi
di Searle sul linguaggio. Come è noto, in Speech Acts il linguaggio viene delineato essenzialmente
come un comportamento governato da regole: in quest’ottica Searle afferma che «se la mia
concezione del linguaggio è corretta, una teoria del linguaggio fa parte di una teoria dell’azione»
(Searle 1969, p. 41). Successivamente le riflessioni sul linguaggio impongono uno studio
sull’intenzionalità, la cui concezione, nel lavoro sugli atti linguistici, era poco più che presupposta.
L’analisi dei fenomeni intenzionali si pone come fondamento degli studi sul linguaggio, come
Searle stesso afferma:
This book is the third in a series of related studies of mind and language. One of its objectives is to provide a
foundation for my two earlier books, Speech Acts […] and Expression and Meaning […], as well as for future
investigations of these topics. A basic assumption behind my approach to problems of language is that the philosophy
of language is a branch of the philosophy of mind. The capacity of speech acts to represent objects and states of
affairs in the world is an extension of the more biologically fundamental capacities of the mind (or brain) to relate the
organisme to the world by way of such mental states as belief and desire, and especially through action and
perception (Searle 1983, p. vii, corsivi miei).
In questo brano si vede chiaramente come sia cruciale il passaggio dallo studio del linguaggio a
quello dell’intenzionalità, perché in esso si delinea una filosofia della mente che permane tutt’oggi
1
Per un’introduzione al pensiero searleano focalizzata esclusivamente sulla filosofia del linguaggio e sulla semantica, si
veda Di Lorenzo Ajello 1998. Va notato che l’autrice si concentra solo sugli aspetti linguistici, dando poca attenzione
alla filosofia della mente e non considerando (se non saltuariamente) la letteratura della scienza cognitiva. Pur ricono-
scendo l’importanza di una ricerca su tali basi, questo lavoro non seguirà la stessa impostazione, preferendo un
rimarchevole confronto con le altre discipline che si occupano della mente.
5
negli scritti di Searle. La critica ai concetti tradizionali della riflessione filosofica sulla mente, le
fondamentali osservazioni contro la scienza cognitiva si basano, come verrà mostrato nel corso del
lavoro, su un’impostazione generale che l’autore definisce come «naturalismo biologico» (Searle
1992, p. 17). Prima di affrontare altri argomenti, quindi, è opportuno mostrare quali sono gli
elementi fondamentali di questa impostazione.
Qual è il fulcro del naturalismo biologico? Il linguaggio, l’intenzionalità e i fenomeni mentali
sottesi sono fenomeni naturali che, in quanto tali, sono studiabili dalle scienze naturali. L’oggetto di
studio di una scienza della coscienza è il campo completo dell’esperienza personale, che comprende
la coscienza e l’inconscio, l’intenzionalità, gli stati emotivi, i qualia, etc.: in particolare, il compito
di uno studio scientifico della mente (intesa quindi in senso largo, che include i fenomeni suddetti) è
quello di esplicitare i meccanismi causali da cui scaturisce l’esperienza individuale: «Il “problema
della coscienza” è il problema di spiegare esattamente in che modo i processi neurobiologici del
cervello causino i nostri stati soggettivi di consapevolezza o sensibilità» (Searle 1997, p. 158). Lo
studio della mente fa parte di un programma di ricerca essenzialmente biologico, il cui elemento più
importante è lo studio dei meccanismi cerebrali.
Il naturalismo biologico è caratterizzato da una posizione epistemologica e ontologica di fondo. La
tesi ontologica è che i fenomeni mentali rientrano totalmente nella dimensione del mondo naturale:
essi non sono né costrutti culturali, né tanto meno oggetti di una sfera ontologica “altra”, diversa da
quella del mondo fisico: «Gli eventi e i processi mentali sono parte della nostra storia naturale non
meno della digestione, della mitosi, della meiosi e della secrezione degli enzimi» (Searle 1992, p.
17). La tesi epistemologica è che lo studio di tali fenomeni pertiene alle neuroscienze.
Searle sostiene che motivi culturali hanno impedito la corretta impostazione di un programma di
ricerca simile: tale impedimento è legato alla sopravvivenza di concezioni filosofiche sulla mente
ormai obsolete, ma che continuano a condizionare gli studi dell’esperienza individuale.
1.2 Superamento delle categorie tradizionali.
Tra gli elementi della riflessione di Searle risalta in modo particolare il suo rifiuto delle
impostazioni più diffuse riguardanti la natura della mente: «La filosofia della mente si distingue
dagli altri ambiti filosofici attuali per il fatto che tutte le sue teorie più famose e influenti sono
false» (Searle 2004, p. 3). Questa affermazione, apparentemente espressa con l’unico scopo di
colpire il lettore, acquista la sua validità se viene inserita in un contesto più ampio che contiene
6
un’analisi delle concezioni tradizionali. Searle individua un nucleo fondamentale di principi teorici
che condizionano le posizioni più diffuse, prevalentemente materialiste
2
:
- importanza secondaria della coscienza nello studio della mente;
- oggettività della scienza sia quanto alla metodologia, sia quanto alla realtà che essa descrive;
- adozione di un punto di vista oggettivo e impersonale;
- importanza epistemologica dell’osservazione del comportamento;
- relazione essenziale tra comportamento e sfera mentale;
- la conoscibilità dell’universo da parte dell’uomo è illimitata;
- esiste solo la realtà fisica, contrapposta a quella mentale (Searle 1992, pp. 26-7).
Nel corso del lavoro vedremo come questi punti vengano criticati da Searle. Attualmente focaliz-
ziamo la nostra attenzione sull’ultimo punto. Questo assunto è una conclusione estrema di una
verità che sembra incontrovertibile e intuitiva: i fenomeni mentali e i fenomeni fisici appartengono
a sfere della realtà diverse. Tuttavia esso contrasta con la tesi ontologica del naturalismo biologico,
secondo cui il fisico e il mentale appartengono alla stessa realtà. Searle vuole dimostrare come la
contrapposizione delle due realtà sia un retaggio culturale che risale all’opera di Cartesio: «Con la
tradizione cartesiana abbiamo ereditato una certa terminologia, e con essa un insieme di categorie
che, per ragioni storiche, ci condizionano quando ragioniamo» (Searle 1992, p. 30; per l’influenza
dell’eredità cartesiana si veda anche Searle 2004, pp. 9-36). È noto che Cartesio, distinguendo tra la
res cogitans e la res extensa, voleva garantire autonomia ad entrambe le sfere ontologiche.
L’opposizione fisico/mentale poteva avere la sua validità nel contesto storico-culturale in cui è stata
formulata, ma perde di significato alla luce delle nostre conoscenze scientifiche: «In realtà credo
che le conoscenze acquisite grazie alla neurobiologia ci permettano ormai di smascherare l’evidente
falsità di queste assunzioni» (Searle 1992, p. 30). Tuttavia negli studi sulla mente permane ancora la
convinzione che sia fondamentale scegliere tra un’impostazione dualista e una materialista.
Commentando le critiche che gli sono state rivolte, Searle osserva che «essi [scil.: i critici] non
riescono ad ammettere che si possano accettare alcuni ovvi dati di fatto relativi agli stati mentali
senza […] avallare l’apparato dottrinale cartesiano»
3
(Searle 1992, p. 30).
2
Nel contesto di questo paragrafo è irrilevante il fatto che esistano diversi tipi di materialismo (cfr. Di Francesco 2003,
pp. 89-101): i principi individuati da Searle precedono questa differenziazione.
3
Ovviamente, presentando questa ricostruzione storica sommaria di Searle, non si intende affatto avvallarla. Per una
prima introduzione storica alla filosofia della mente, si veda Nannini 2002.