2
Esporrò in modo chiaro e conciso le opinioni delle due opposte fazioni, cioè la
disputa tra chi si schiera a favore di un’evidente crisi dovuta a svariati fattori
di natura prettamente storica e chi invece è convinto che il romanzo di
formazione sia ancora un genere indissolubilmente vivo e fecondo nella
creatività degli scrittori.
Infine concluderò con le mie considerazioni personali, cercando di dimostrare
che è importante non soffermarsi sull’analisi della crescita di un personaggio
“di carta” all’interno di un romanzo, bensì ricordare che i libri aiutano davvero
i ragazzi “in carne e ossa” a crescere e a maturare, magari prendendo a
modello i loro amici “cartacei”.
3
1. Il romanzo di formazione: definizione
Il romanzo di formazione è un genere letterario che illustra l’origine storica, l’evoluzione e la
crescita di un personaggio verso la maturità e l’età adulta, per promuoverne l’integrazione
sociale e per raccontarne emozioni, sentimenti, progetti e illusioni, attraverso una particolare
prospettiva esperienziale interiore.
Questa prima comune definizione, sebbene sia completa ed esaustiva soprattutto riguardo il
significato attribuito alla specifica forma letteraria, ha il difetto di presentare un unico punto di
vista, quello dell’autore, tralasciando quello del destinatario, o meglio il rapporto che
quest’ultimo ha con l’autore dell’opera. Nel suo saggio, Giuliana Gigli Ferreccio propone
questa duplice prospettiva: “Lo si definirà romanzo di formazione, in primo luogo e soprattutto
per il suo contenuto, poiché rappresenta la formazione dell’eroe nel suo inizio e sviluppo, fino
ad un certo grado di perfezionamento […] ma anche, in secondo luogo, poiché esso permette,
proprio attraverso questa rappresentazione, la formazione del lettore in modo più vasto ed
approfondito di qualsiasi altro tipo di romanzo”.1
Il riferimento all’educazione del lettore è un risvolto da non sottovalutare, soprattutto in
relazione alla giovane età di quanti ricercano tra le righe di un libro risposte sul senso della
vita e soluzioni di portata esistenziale o più semplicemente modelli esemplari di
comportamento e precisi stili di vita.
Analiticamente il romanzo di formazione può essere considerato un genere estremamente
duttile. Infatti può rientrare in diverse categorie come, ad esempio, nel romanzo psicologico-
intimistico, piuttosto che in quello didattico-pedagogico o ancora in quello melodrammatico, e
allo stesso tempo può utilizzare differenti forme di espressione, tra cui quella del romanzo
storico2, del romanzo autobiografico3 e di quello epistolare4.
Considerando l’esistenza di numerose tipologie di romanzo di formazione, è estremamente
importante il contributo offerto da Franco Moretti5 che poggia le fondamenta del suo
ragionamento sulle differenze di intreccio, o più esattamente sulle differenze nel modo in cui
l’intreccio perviene all’istituzione del senso, e che distingue tra due categorie di opere
1
Gigli Ferreccio G., Lo spettatore imparziale, in Bertini M., Autocoscienza e autoinganno. Saggi sul romanzo di
formazione – Liguori, 1995, p. 85
2
Il romanzo storico è un’opera letteraria nella quale vengono narrate vicende puramente inventate ma inserite in un
contesto storico reale oppure vicende storiche reali arricchite da elementi romanzeschi.
3
Il romanzo autobiografico è un genere letterario contraddistinto dal “racconto retrospettivo in prosa che un individuo
reale fa della propria esistenza, quando mette l’accento sulla sua vita individuale, in particolare sulla storia della
propria personalità” (definizione di Philippe Lejeune).
4
Il romanzo epistolare è un particolare tipo di romanzo che non ha ritmo narrativo diretto, ma che si affida allo
scambio di lettere tra i diversi personaggi.
5
cfr. Moretti F., Il romanzo di formazione – Einaudi 1999, pp. 7-8
4
narrative: le prime contraddistinte dalla prevalenza del “principio di classificazione” e le
seconde governate dal “principio di trasformazione”.
Nel primo caso le trasformazioni narrative trovano il loro senso nel condurre a un finale
particolarmente marcato in cui viene istituita una classificazione diversa da quella iniziale, ma
assolutamente chiara, stabile e soprattutto definitiva. In sostanza, gli eventi acquisiscono un
proprio particolare significato nel condurre ad un unico scopo.
Nel secondo caso è vero il contrario: ciò che conferisce senso al racconto è la sua
“narratività”, il fatto di essere un processo aperto, instabile e mai definitivo. Il senso non
scaturisce dalla realizzazione di un traguardo, ma dal trionfo della provvisorietà.
La fase conclusiva, segmento narrativo prediletto dalla prima categoria, si capovolge qui in un
momento transitorio e apparentemente più povero di senso: il finale non è un punto di arrivo,
bensì un nuovo punto di partenza.
È quindi chiaro che il pieno sviluppo di tale antitesi implica uno sdoppiamento della stessa
immagine di gioventù. In altre parole, se prevale il “principio di classificazione”, il quale pone
l’accento sul fatto che essa “deve finire”, la gioventù viene subordinata all’idea di “maturità” e
ha senso in quanto conduce ad un’identità stabile e, parafrasando, finale. Se invece prevale il
“principio di trasformazione” e l’accento si sposta sul dinamismo giovanile, la gioventù non sa
e soprattutto non vuole più tradursi in maturità: vede anzi in tale possibile “conclusione” una
sorta di tradimento che la priverebbe di senso.
Maturità e gioventù sono dunque inversamente proporzionali: la cultura che pone l’accento
sulla prima svaluta la seconda e viceversa.
Nei paragrafi che seguiranno, verrà osservato l’ordine cronologico con cui il romanzo di
formazione si è diffuso prima in Europa e successivamente in Italia, ambito di riferimento di
questo lavoro.
5
1.1. Il panorama europeo
Il romanzo di formazione nasce in Germania dalla penna di Johann Wolfgang Goethe che nel
1796 conclude la stesura del romanzo “Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister”.
Il protagonista, un giovane borghese intelligente e generoso, viene iniziato alla vita e all’arte
tramite un viaggio sia materiale che spirituale attraverso l’Europa, che lo porterà a una crescita
soprattutto interiore, contraddistinta dal superamento delle illusioni e del suo soggettivismo.
Per definire questo nuovo genere romanzesco, la tradizione letteraria tedesca ha coniato il
termine “Bildungsroman”, composto da “bildung” (formazione, educazione) e da “roman”
(romanzo, racconto)6. In questo senso la gioventù viene scelta come elemento sensibile in
grado di rappresentare appieno il dinamismo e l’instabilità dell’epoca e del sistema sociale in
cui si sviluppa e viene narrata la storia, con uno sguardo perennemente rivolto al futuro, colmo
di fiducia. Questo spiega la predilezione del romanzo di formazione per “eroi” appartenenti alla
classe media7: mentre infatti, ai due estremi della scala sociale, le condizioni sono di norma
più stabili (grande ricchezza e grande miseria restano a lungo e sono spesso ereditarie), “nel
mezzo” tutto è confuso e cangiante: ci si può “fare da sé” o da sé perdersi e la vita può
facilmente assomigliare a un romanzo.
In seguito il romanzo di formazione fiorisce anche in Francia come testimonia il romanzo “Il
rosso e il nero” (1830) di Stendhal: il protagonista Julien Sorel è un giovane brillante e
ambizioso che, dopo aver valutato la carriera militare, viene convinto a seguire quella
ecclesiastica andando disgraziatamente incontro a una serie di vicende sentimentali intricate e
tormentate che lo portano a vivere tensioni contrastanti e pulsioni violente.
Inoltre è doveroso menzionare anche “L’educazione sentimentale” (1869) di Flaubert, dove al
centro dell’opera c’è la passione del protagonista per una donna, vissuta attraverso un
susseguirsi di slanci, occasioni mancate e progetti sfumati quasi sul punto di realizzarsi, in
un’ottica anti-borghese che preannuncia il fallimento del protagonista.
Infine questo genere letterario si diffonde anche in Inghilterra, dove un grande e importante
contributo è offerto da Charles Dickens con il romanzo autobiografico “David Copperfield”
(1850), in cui sono descritti i dolori, le paure e gli innamoramenti vissuti durante l’infanzia dal
protagonista, che si concludono però in modo abbastanza inusuale rispetto alla letteratura
analizzata fin ora, con un felice inserimento sociale e con il trionfo dei sentimenti positivi.
6
La scelta di queste parole non è affatto casuale. Il termine “Bildung” è un derivato di “Bild” (immagine), concetto
ricco e ambiguo che concentra al suo interno l’influenza della tradizione mistica, secondo cui l’anima dell’uomo
contiene l’immagine di Dio, l’allusione al divenire e alla trasformazione, ed è contenuto anche nei composti “Vorbild”
(modello) e “Nachbild” (riproduzione). Questa pluralità di rimandi e di allusioni è stata probabilmente la ragione per
cui la parola “Bildung” si è affermata al posto dell’equivalente latino “Formation”, forse incapace di veicolare la
complessità e la molteplicità di significati che le venivano attribuiti.
7
cfr. Moretti F., Il romanzo di formazione – Einaudi 1999, p. 6
6
1.2. L’avvento in Italia: principali caratteristiche
In Italia l’apripista per la diffusione del romanzo di formazione è stata l’opera “Le confessioni di
un italiano” (1858) di Ippolito Nievo, in cui l’autore rivive in modo autobiografico la propria
infanzia alla luce della acquisita maturità e descrive la letteratura come un repertorio illimitato
di situazioni e ingredienti romanzeschi destinati ad alimentare il mondo immaginario costruito
durante la giovane età.
Le caratteristiche peculiari che hanno consentito l’affermazione del genere sono molteplici.
Vi è la storia della vita di un giovane protagonista, solitamente seguito dal narratore
dall’infanzia sino all’età adulta, che tende a vivere in modo conflittuale la propria condizione
rispetto alla realtà circostante; attraverso una serie di errori e disillusioni giunge a instaurare
un rapporto positivo o almeno di compromesso con il mondo. Il raggiungimento di questo
compromesso finale, tra le aspirazioni dell’individuo e le esigenze della società in cui vive, non
deve tuttavia essere necessariamente realizzato: è importante che esso esista come idea
guida del processo di formazione. È fondamentale inoltre che il protagonista del romanzo
abbia coscienza di questa ricerca, ovvero che le esperienze da lui vissute non siano
semplicemente una sequenza casuale di avventure, ma costituiscano gradini sulla via di un
processo di crescita e maturazione.
Alcuni dei momenti tipici e distintivi di questa evoluzione sono il confronto con i genitori,
l’incontro con la sfera dell’arte, le avventure sentimentali o erotiche, spesso problematiche, e
l’esperienza di una professione.
1.2.1. Fascismo e Resistenza: la situazione letteraria
Uno dei periodi più difficili fu vissuto dalla cultura italiana tra il 1918 e il 1945: il regime di
Mussolini limitò la libertà di espressione degli scrittori, pur non bloccandola totalmente. Istituì
infatti lo strumento della censura preventiva, a capo del quale mise il Ministero della Cultura
Popolare, con lo scopo di bloccare qualsiasi pubblicazione che non si fosse attenuta alle
disposizioni normative fasciste, promulgate nel 1930. Tale censura riguardava “qualunque
scritto ritenuto direttamente critico [o satirico] nei confronti del regime, ogni possibile attacco
alla moralità cattolica e, ad una ancor più genericamente definita, moralità fascista”8.
Inoltre dovevano essere necessariamente censurati, ma potevano essere raccolti nelle
biblioteche, i libri di ideologia marxista e i testi sottoposti a sequestro, che potevano essere
8
Forno M., La stampa del ventennio – Rubbettino, 2005
7
consultati solamente con un’autorizzazione governativa ricevuta in seguito alla dichiarazione
di valori e chiari propositi scientifici o culturali.
In questo clima molti scrittori furono costretti all’esilio (tra cui Gobetti e Silone) o addirittura al
carcere (come Gramsci) e al confino (Carlo Levi9), mentre altri trovarono una via di fuga
rifugiandosi nell’autocensura (come Pasolini).
La narrativa risultò quindi il settore più colpito. In particolar modo il Ministero della Cultura
Popolare, attraverso le sue disposizioni (le cosiddette “veline”) spinse i quotidiani a “non
occuparsi di Moravia e delle sue pubblicazioni”10. Lo scrittore romano non era visto di buon
occhio dal regime fascista che percepiva nei suoi scritti, specialmente nella descrizione di
squarci della vita borghese, un’implicita condanna della moralità fascista. Nel 1941 pubblicò
un romanzo satirico, “La mascherata”, basato sul suo viaggio in Messico e sull’esperienza
riguardo al fascismo: mise in scena “un dittatore coinvolto in una cospirazione provocatoria
organizzata dal suo stesso capo della polizia”11. Il libro, che aveva ottenuto il nulla osta di
Mussolini, fu sequestrato alla seconda edizione. In seguito a tale censura non poté più
scrivere sui giornali se non con uno pseudonimo: scelse quello di Pseudo e sotto questo nome
collaborò frequentemente alla rivista “Prospettive” diretta da Curzio Malaparte.
L’apice fu raggiunto durante la pubblicazione del romanzo “Agostino”, scritto nel 1941 ma dato
alle stampe solamente nel 1944, a causa del veto della censura ministeriale per l’argomento
considerato eccessivamente scabroso: il tema della sessualità.
Pasolini invece fu costretto a ricorrere all’autocensura: per poter pubblicare il romanzo
“Ragazzi di vita” (1955) presso l’editore Garzanti, fu obbligato ad un puntiglioso lavoro di
ripulitura delle parolacce e delle situazioni più indecorose. Nonostante ciò, il tentativo di
eludere quella censura, figlia dell’epoca fascista, non andò a buon fine e l’opera suscitò
grande scalpore.
“La IV sezione del tribunale di Milano celebrò il processo per oltraggio al pudore [il libro fu
ritenuto osceno per la trattazione, con dovizia di particolari, del tema della prostituzione
maschile]. Il fango ricoprì il giovane scrittore, e proveniva sia da destra sia da sinistra, con le
medesime argomentazioni. Il tribunale, anche grazie alle testimonianze in favore dell’imputato,
giurate da Emilio Cecchi e Carlo Bo [il quale spiegò come il libro fosse ricco di valori religiosi
“perché spingeva alla pietà verso i poveri e i diseredati” e che non conteneva nulla di osceno
9
Arrestato nel 1935, fu condannato al confino in un piccolo centro della Basilicata. Ma nel 1936 il regime fascista,
sull’onda dell’entusiasmo per la fiorente politica di conquista, gli concesse la grazia.
10
Disposizione del 13 febbraio 1941, in Cassero R., Le veline del Duce – Sperling & Kupfer, 2004
11
Moravia A., Agostino – Bompiani, 2004, p. XXVI
8
in quanto “i dialoghi erano dialoghi di ragazzi e l’autore aveva sentito la necessità di
rappresentarli così come in realtà”], lo assolse dall’imputazione con formula piena”12.
Successivamente durante la scrittura di “Una vita violenta” si rese nuovamente necessario il
ricorso all’autocensura, su esplicita sollecitazione da parte dell’editore: il libro conteneva un
episodio considerato pericoloso dal punto di vista politico. Questa volta la vicenda si risolse
positivamente senza conseguenze.
Nel periodo immediatamente successivo, con lo scoppio della seconda guerra mondiale e la
fondazione della Repubblica Sociale Italiana13 (RSI) nel 1943, cominciò ad organizzarsi la
Resistenza italiana14. A questo movimento presero parte gruppi organizzati, ma aderirono
spontaneamente anche uomini, donne, operai, contadini e sacerdoti, uniti dal comune intento
di opporsi militarmente e politicamente al governo della RSI e all’occupazione tedesca.
Ampia e variegata è la letteratura sulla Resistenza: romanzi e saggi che analizzano un periodo
di intenso coinvolgimento dei letterati. Alcuni testi fondamentali di scrittori che hanno sempre
sostenuto con il loro appoggio e il loro contributo la causa della Resistenza e che hanno
raccontato passo dopo passo l’evolversi della vicenda sono: “Il sentiero dei nidi di ragno” e
“Ultimo viene il corvo” di Calvino, “La ragazza di Bube” di Cassola, “Il partigiano Johnny”, “Una
questione privata” e “I ventitré giorni della città di Alba” di Fenoglio, “La casa in collina” di
Pavese e infine “Il sergente nella neve” di Rigoni Stern.
Come abbiamo visto, durante il Fascismo la letteratura italiana ha attraversato uno dei suoi
peggiori momenti15, a causa soprattutto degli interventi censori e dell’ostilità manifestata nei
confronti di quegli scrittori che rifiutavano l’ingerenza fascista. La sua rinascita è favorita dalla
liberazione e in particolar modo dall’approvazione della Costituzione che ha stabilito, una volta
per tutte, la libertà di pensiero e di espressione, condizione essenziale per l’attività letteraria di
qualsiasi scrittore.
12
Cerami V., Prefazione, in Pasolini P. P., Ragazzi di vita – Garzanti, 2005
13
Definita impropriamente anche Repubblica di Salò poiché Salò, comune della provincia bresciana, fu sede dei
principali ministeri di quella Repubblica, tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945.
14
In questo fenomeno storico vanno individuate anche le origini stesse della Repubblica Italiana. Il 25 aprile 1945 ci fu
la liberazione del Nord con la contestuale cattura ed uccisione di Mussolini e nel 1946 l’Assemblea Costituente,
ispirandosi ai principi della democrazia e dell’anti-fascismo, elaborò il testo della Costituzione. Approvata il 2 dicembre
1947, entrò in vigore dall’1 gennaio 1948 e sancì con l’art. 21 il diritto alla libertà di espressione e di pensiero, secondo
cui “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione”.
15
Da non dimenticare la figura prestigiosa di D’Annunzio, sostenitore a spada tratta di Mussolini che nei suoi ultimi
anni visse in una dimensione appartata ed emarginata, quasi dimenticato dal regime.
9
1.2.2. Da Moravia a Fenoglio: la letteratura di formazione
Verranno ora illustrati, in ordine cronologico, gli autori che hanno reso famoso questo nuovo
genere letterario in Italia, nel ventesimo secolo.
Uno dei primi scrittori a cimentarsi nel romanzo di formazione è stato Alberto Moravia16.
Nell’autunno del 1925 inizia la stesura de “Gli indifferenti” cui si dedica completamente fino
alla sua conclusione e pubblicazione nel 1929. È la storia di due giovani fratelli appartenenti
ad una famiglia da sempre agiata che, agli albori del fascismo, si trovano a fare i conti con
l’immediata minaccia della povertà. Ambigue vicissitudini e disavventure amorose agitano le
loro vite sino all’affermazione di un’onnipotente indifferenza riguardante ogni aspetto della vita
e della realtà circostante.
Sempre lo stesso autore nel 1944 vedrà pubblicato il romanzo “Agostino”. Per la trattazione
analitica di questo romanzo rimando al secondo capitolo di questo testo.
Sulla falsariga di Moravia, Italo Calvino scrive “Il sentiero dei nidi di ragno” (1947),
raccontando il tempo della Resistenza e della lotta partigiana contro i tedeschi, durante la
seconda guerra mondiale, con gli occhi di un adolescente. Anch’esso verrà trattato in un
capitolo successivo.
Lo stesso accade per Elsa Morante che accoglie questa aria di rinnovamento per il romanzo
italiano scrivendo “L’isola di Arturo” (1957). La scrittrice comincia la narrazione dall’infanzia di
Arturo che, orfano di madre, soffre la mancanza del padre, nonostante lo consideri il più
grande eroe della storia e vive in una triste solitudine senza l’affetto della famiglia né degli
amici. L’arrivo in casa della matrigna, con cui vive un rapporto di amore e odio e la scoperta
dell’omosessualità del padre fanno crollare le sue ultime certezze. In un’età già problematica,
tutto ciò lo porta alla decisione di intraprendere la carriera militare e arruolarsi per la guerra
che sta per scoppiare, per fuggire da un passato sin troppo triste e difficile e rifugiarsi
nell’unica cosa che conta: l’amicizia di un coetaneo.
Pier Paolo Pasolini, dal canto suo, offre alla platea italiana due pietre miliari per questo genere
e scrive, rispettivamente nel 1955 e nel 1959, “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”.
Il tema ricorrente è costituito dalle vicende di un gruppo di ragazzi e dalla loro adolescenza
difficile, che si scontra con la drammaticità della vita di quegli anni del sottoproletariato romano
di borgata.
Successivamente questo genere romanzesco raggiunge il suo apice con Carlo Cassola e “La
ragazza di Bube” (1960), Giorgio Bassani e “Il giardino dei Finzi-Contini” (1962) e Beppe
16
Pseudonimo di Alberto Pincherle. Il cognome Moravia apparteneva alla nonna paterna.
10
Fenoglio e “Il partigiano Johnny” (1968)17. Al primo è riservato un ampio approfondimento nel
capitolo successivo. Il secondo racconta la storia di un gruppo di giovani ebrei benestanti,
all’epoca delle leggi razziali18. Esclusi da circoli sportivi, biblioteche e luoghi comuni di ritrovo,
trovano nel leggendario giardino, spazio messo a disposizione come luogo di incontro per i
giovani ebrei e non, un territorio sospeso, un microcosmo inattaccabile dove rifugiarsi e
distaccarsi dalla realtà. La svolta si ha nel momento il cui un ebreo, il protagonista, di cui
l’autore non fa mai il nome, decide di rinunciare al giardino, facendo il vero e proprio ingresso
nella vita reale con tutto il suo peso di dolore e responsabilità, con la nuova consapevolezza
che il mondo protetto e incantato del giardino si reggeva su valori passati e ingannevoli.
Infine il terzo è uno dei più importanti romanzi italiani che raccontano la Resistenza. È la storia
di Johnny, un giovane studente che inizialmente decide di disertare le proprie responsabilità
civili per concentrarsi unicamente sulla letteratura, ma poi viene convinto a diventare
partigiano. Così si imbatterà in una quotidianità molto lontana dall’utopia che sognava nella
sua scelta, priva di ogni ideologia politica: i problemi banali della sopravvivenza, i contrasti tra i
diversi gruppi di partigiani, lo scorrere spesso monotono dei giorni, la durezza della fame e
della solitudine mettono in crisi la sua decisione. Ma con il recupero e la riscoperta di valori
autentici quali la solidarietà umana, la lealtà e un’inflessibile disciplina militare prodigata per
una guerra buona, il protagonista ritrova la sua vera identità: ed è con un impulso di assoluta
fedeltà ai vecchi compagni che, disobbedendo ai suoi superiori, va incontro alla morte in una
pericolosa quanto inutile imboscata.
1.2.3. Il romanzo di formazione oggi: tra ventesimo e ventunesimo secolo
Il romanzo di formazione, dopo un lungo periodo di stasi, torna “in voga” tra la fine degli anni
Ottanta e l’inizio degli anni Novanta.
Uno dei primi scrittori a raccogliere il testimone lasciato da Fenoglio è Andrea De Carlo con il
romanzo “Due di due” (1989). Esso narra la storia dell’amicizia fra Mario, il protagonista, e
Guido, un suo compagno di scuola, due ragazzi così diversi da essere quasi opposti. Il primo
è un adolescente come tanti, spaventato e al tempo stesso attratto dalla vita, incerto nelle
scelte e con una personalità debole, facilmente influenzabile; il secondo invece possiede
autorevolezza e carisma da vendere, ha entusiasmo per la vita ed è diverso da tutti gli altri,
abbastanza per attrarli, troppo per non spaventarli. Nonostante le differenze, l’amicizia di
17
Pubblicato postumo, dopo la morte dello scrittore avvenuta nel 1963. Il titolo dell’opera è stato attribuito dal
curatore Lorenzo Mondo.
18
Insieme di decreti promulgati da Mussolini nel 1938, che discriminavano i cittadini di religione ebraica sulla base di
asserzioni razziali.
11
Mario e Guido va avanti lungo gli anni Settanta e Ottanta: durante i primi vagiti dei nascenti
movimenti politici, a scuola e soprattutto fuori scuola, nella vita quotidiana, fino all’età adulta.
Sulla scia di De Carlo, Federico Moccia, nel 199219 scrive il libro “Tre metri sopra il cielo”, che
narra le avventure e le peripezie di due giovani ragazzi romani all’inizio degli anni Ottanta. Per
la trattazione completa, rinvio al secondo capitolo.
Qualche anno dopo Enrico Brizzi, giovane scrittore appena diciannovenne, redige il suo primo
romanzo “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” (1994), storia di un adolescente “fuori dagli
schemi”. Quest’ultimo verrà approfondito in un capitolo successivo.
Agli albori del nuovo millennio anche Niccolò Ammaniti inizia a dedicarsi a questo genere: nel
2001 termina la stesura del romanzo “Io non ho paura”. Il libro racconta la storia di Michele,
appena nove anni, che durante una delle sue scorribande scopre un bambino chiuso in un
pozzo in una casa abbandonata e nei giorni a seguire si prende cura di lui, lo aiuta, lo sostiene
e gli insegna a non avere paura. Così, nel modo più traumatico, per il protagonista arriva il
momento di lasciare l’infanzia, la sua innocenza e la sua spensieratezza e avviene il
passaggio alla maturità: egli scopre, con immensa delusione, che suo padre è tra i
responsabili del rapimento del bambino e ha intenzione di ucciderlo. Correndo contro il tempo
e la paura, Michele giunge fino al pozzo e aiuta il ragazzino a fuggire, ma nel tentativo di
allontanarsi viene colpito alla gamba da un proiettile sparato proprio dalla pistola del padre: è il
sacrificio per il prematuro ingresso nel mondo degli adulti.
19
Nessuna casa editrice accettò di pubblicare il romanzo. Lo scrittore decise allora di pubblicarne poche copie a sue
spese. Subito esaurite, circolarono tra i ragazzi romani in fotocopie, fino a quando la casa editrice Feltrinelli non lo
pubblicò nel 2004.