Cap. 2 Misurare il Knowledge sharing attraverso la mappatura della rete: una
prospettiva relazionale
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CAPITOLO 2
Misurare il Knowledge Sharing attraverso la mappatura
della rete: una prospettiva relazionale
L'obiettivo di questo capitolo è quello di introdurre i concetti di base
dell'approccio reticolare. Il metodo adottato per questo scopo ripercorre in chiave
storica, alcune tappe fondamentali del processo di ibridazione tra contributi e
discipline attraverso cui si è formato il cambio di conoscenze della prospettiva
reticolare.
Il capitolo, oltre a testare teorie di Network Analysis, applica una metodologia
relazionale. Il vantaggio principale di questa metodologia deriva dalla considerazione
che lo scambio di conoscenze è un fenomeno intrinsecamente relazionale. Una
metodologia che si focalizza sullo studio delle relazioni è quindi potenzialmente
molto efficace per lo studio dei processi di knowledge sharing. Un secondo e non
meno importante vantaggio è rappresentato dalla rigorosità della Social Network
Analysis come metodo quantitativo che, basandosi su una tradizione di ricerca ormai
consolidata, affianca efficacemente i tradizionali metodi di indagine in numerosi
settori degli studi organizzativi.
Cap. 2 Misurare il Knowledge sharing attraverso la mappatura della rete: una
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2.1 Il ruolo delle relazioni sociali
Le prime tracce degli studi sulle reti sono riconducibili a discipline
considerate sovente distanti dall'organizzazione delle attività economiche,
dall'economia e, in particolare, dall'economia d'azienda. Il materiale è molto vasto,
lo studio delle reti presenta una molteplicità di impostazioni, di chiavi di lettura, di
schemi di riferimento, di prospettive. Nel riconoscere questa varietà verranno
ripercorsi i filoni disciplinari ritenuti più importanti nel contribuire allo studio e
all'elaborazione dei concetti e dei metodi di analisi delle reti tra imprese. Lo studio
dei network nasce come studio delle reti sociali, nell'ambito di contesti extra-
aziendali e, in genere, extra-organizzativi. Secondo questa accezione originale, le reti
sociali si riferiscono a:
"Specifici insiemi di legami interpersonali caratterizzati dalla proprietà per cui la
natura delle relazioni, nel complesso, può essere utilizzata per predire e interpretare
il comportamento sociale degli individui" (Mitchell, 1969).
Questa idea nasce innanzitutto in antitesi alla visione iper-razionale delle decisioni
individuali che disegnano l'individuo come "autonomo, indipendente e solitario"
(Wasserman, 1993).
Malgrado sia solo alla fine della Seconda guerra mondiale che lo studio delle reti
sociali assume un rilievo importante per quantità e qualità degli studi, già agli albori
del Novecento vi erano stati interessanti tentativi di ricerca sul tema. Particolare
attenzione era prestata alle reti di comunicazione e di interazione tra gli individui.
I processi di comunicazione e il trasferimento delle conoscenze, la diffusione e la
conversazione dei valori, delle culture dei linguaggi attraverso lo scambio sociale,
erano infatti considerati elementi fondamentali per la comprensione delle dinamiche
sociali, soprattutto nelle società preindustriali.
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Si può già intuire che il fondamento teorico e l'interesse empirico per lo studio delle
reti è radicato nell'osservazione delle "concentrazioni sociali" (Rugiadini, 1979) di
cui si compongono le società e le organizzazioni.
Si tratta, in genere, di aggregazioni di individui che possono assumere varie
configurazioni, diverso contenuto e finalità. In questa cornice di ricerche fortemente
ancorate alle relazioni sociali, trovano spazio i primi studi sulle reti sociali e
interpersonali che connettono il mondo industriale e finanziario. Ne sono esempi, le
ricerche condotte all'inizio del secolo in Germania sugli intrecci nei consigli di
amministrazione tra grande industria e sistema bancario (Jeidels, 1905), o le grandi
investigations sugli effetti anticompetitivi delle pratiche collusive tra imprese,
realizzate negli Stati Uniti nella prima metà del secolo.
L'orientamento verso lo studio delle concentrazioni sociali trovò in seguito diversi
stimoli per un ulteriore rafforzamento. Un impulso rilevante venne dall'affermazione
del funzionalismo in sociologia (Parsons, 1937, trad. it. 1962; Merton, 1949, trad. it.
1959). I funzionalisti dedicarono grande attenzione allo studio delle determinanti dei
comportamenti individuali e di gruppo, in genere attraverso l'osservazione delle
relazioni sociali e informali. Tra i concetti centrali della prospettiva funzionalista vi
sono le linee informali di comunicazione interne all'organizzazione ed esterne verso
altre organizzazioni e viceversa. L'organizzazione è vista come una "struttura sociale
adattabile" (Selznick, 1949). Qualsiasi comportamento di adattamento da parte di
un'organizzazione deve essere posto, sempre secondo la prospettiva funzionalista, in
relazione ad un sistema presumibilmente stabile di bisogni.
Tuttavia, proprio rispetto allo studio delle reti di relazioni e delle forme che
assumono in concreto i sistemi sociali, il funzionalismo presentava diversi limiti.
Anzitutto una visione statica dei confini dei sistemi sociali, assunti come ben
delimitati e immodificabili se non a seguito di grandi trasformazioni. In secondo
luogo una lettura eccessivamente deterministica dell'adattamento individuale alle
prescrizioni e alle norme.
Questo approccio apparve particolarmente inadeguato in situazioni di elevato
dinamismo ambientale, e quei contesti, ad esempio le fabbriche o le miniere, sovente
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caratterizzati da una forte connotazione informale e da schemi di azione non
codificati (Mayo, 1945).
Sul piano dello sviluppo teorico e della ricerca empirica, la necessità di approfondire
lo studio delle reti sociali e le prime integrazioni tra discipline, l'antropologia, la
sociologia, la psicologia sociale e alcune "scuole" di stampo organizzativo come il
taylorismo, la scuola burocratica e delle relazioni umane (Airoldi, Nacamulli, 1979),
condussero nel tempo a due importanti tappe: la nascita della scuola di Manchester;
la nascita e lo sviluppo dell'analisi strutturale.
Negli anni Quaranta e Cinquanta si afferma un'importante scuola di antropologi
inglesi. Questi proposero quale oggetto prevalente di studio non più gli aspetti
culturali dei gruppi sociali e delle comunità ma i sistemi strutturati di relazioni sociali
tra individui, gruppi e organizzazioni (Barnes, 1954). Molte delle intuizioni nate in
questa scuola non hanno trovato una loro sistemizzazione e non condussero
all'analisi delle proprietà globali dei reticoli. Inoltre, la gran parte di queste ricerche
si è focalizzata solo sulle relazioni interpersonali informali di tipo comunitario.
Le ricerche in antropologia hanno giocato un ruolo fondamentale nell'impostazione e
nel successivo sviluppo dei metodi di analisi dei sistemi di relazione. E' infatti a
queste ricerche che vanno ascritti parte dei concetti di base e dei metodi di
formalizzazione matematica e di misurazione, si pensi ad esempio alla densità di una
rete.
Le prime applicazioni di network analysis sono infatti riconducibili agli studiosi della
scuola di Manchester. Infatti, dopo un uso sostanzialmente metaforico dell'idea di
rete sociale, questa venne trasformata in un concetto analitico al quale poter applicare
le formulazioni matematiche della teoria dei grafi (Piselli, 1995). Inoltre, la ricerca
antropologica ha messo in evidenza la necessità di differenziare l'analisi delle
relazioni nell'ambito di diversi campi: le strutture istituzionali; le aggregazioni sociali
di categoria; le relazioni interpersonali.
Le relazioni istituzionali sono quelle che derivano dall'appartenenza o dal semplice
operare all'interno di determinate strutture istituzionalizzate, Barnes (1969) cita ad
esempio, la borgata, il comune, la fabbrica, la società missionaria, l'equipaggio della
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nave. Mitchell (1973) aggiunge: la famiglia, una miniera, un'associazione di
volontariato, un sindacato, un partito politico; le aggregazioni sociali si riferiscono
all'appartenenza dell'individuo a una data categorica sociale, classe, famiglia
professionale, etnia… le relazioni interpersonali di tipo amicale, affettivo, parentale
ecc. Infine, le ricerche in antropologia avevano posto in evidenza come gli individui
che agiscono all'interno di un sistema o set di relazioni ma non ne sono solo
condizionati. Essi sono infatti capaci di modificare e manipolare il proprio insieme di
relazioni per fini individuali. Ne deriva che la posizione occupata all'interno di una
rete di relazioni può essere modificata o utilizzata per ottenere benefici individuali.
Come l'individuo, anche l'organizzazione può agire sul proprio sistema (set) di
relazioni modificando e manipolando la natura, l'intensità e la forma delle
connessioni attraverso cui si lega ad altre organizzazioni. Si tratta di un punto
importante poiché questa idea propone una visione dell'attore organizzativo, sia esso
individuo o organizzazione, non soffocata da una eccessiva socializzazione e, quindi,
equidistante tanto dall'idea individualista o undersocialized dell'azione umana,
quanto da quella dell'uomo normativo o over-socialized (Grandori, 1995).
L'eredità che questi studi lasciano alle ricerche nel campo economico è riconducibile
a diversi piani normativi e interpretativi. Sicuramente occorre evidenziare il valore
metodologico di queste prospettive teoriche riguardo ad esempio: l'analisi della
posizione di un attore all'interno di una rete di relazioni, sia esso un individuo o
un'organizzazione; la verifica delle opportunità di movimento degli attori all'interno
della rete; lo studio dei quasi-gruppi, dei ruoli all'interno della rete e delle relazioni
centro-periferia.
Alcune tra le principali conclusioni di questo filone di ricerca che hanno
rappresentato un patrimonio importante per lo sviluppo della ricerca sulle reti sono: i
comportamenti individuali sono condizionati dalle relazioni all'interno dei diversi
gruppi nei quali essi si trovano ad agire; gli individui in accordo con i propri obiettivi
possono manipolare e modificare il proprio sistema di relazioni; questi processi di
manipolazione delle relazioni possono alterare il funzionamento stesso dei gruppi,
delle organizzazioni o delle istituzioni; i gruppi e le organizzazioni rappresentano dei
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sistemi complessi di interdipendenze, agire sulle interdipendenze significa agire
sull'organizzazione nel complesso.
Con il secondo approccio, si avviò nella ricerca un processo di revisione e
adattamento del funzionalismo che condusse, grazie a proficue interazioni con la
teoria dei ruoli e dello scambio, alla formulazione del paradigma strutturale di
analisi delle reti. Gli sviluppi successivi alla scuola di Manchester, in particolare i
programmi di ricerca realizzati negli Stati Uniti, portarono ulteriori impulsi ed
innovazioni al funzionalismo. Negli anni Settanta una parte importante di questo
filone di studi prese corpo nell'analisi strutturalista.
Gli antecedenti teorici ai quali può essere fatta risalire questa scuola di pensiero sono
sostanzialmente i seguenti: la sociologia tedesca; la teoria psicologica della Gestalt e
la Teoria del campo sociale di Lewin (1936, 1951, trad. it. 1972); tra queste la teoria
dei ruoli (Merton, 1957; Parsons, 1937, trad. it. 1962); il contributo di Moreno,
inventore del "sociogramma"; gli studi di Warner e Lunt (1941) e di Mayo (1933).
Particolarmente importante è il ruolo giocato dalla teoria dei ruoli che, come
ricordano Katz e Kahn (1966), associa un'organizzazione ad un fish net di uffici,
ossia un insieme di connessioni e di punti di contatto tra unità organizzative.
Un ruolo è definito come: "[...] un modello di comportamento che soddisfa alle
esigenze e alle aspettative del gruppo nei confronti dell'individuo
23
". La dimensione
prevalente nella teoria dei ruoli è quella del reticolo di relazioni che prendono corpo,
sia nelle aspettative del gruppo, sia nei processi di trasmissione delle stesse e delle
conoscenze legate al ruolo. Non si tratta quindi di prescrizioni o norme.
Le relazioni sono le principali determinanti dell'insieme dei diritti, dei doveri, delle
obbligazioni e aspettative che guidano lo svolgimento delle attività e i
comportamenti individuali nei contesti sociali organizzati e non.
Di particolare rilievo in proposito è il concetto di role-set (Merton, 1957). Il role-set
è rappresentato dal complesso di relazioni di ruolo che caratterizza una determinata
posizione o lo status attribuito alla stessa.
23
Rugiardini A., Organizzazione d’impresa, Giuffrè, Milano, 1979.
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L'esempio che Merton utilizza per proporre il concetto di role-set è quello di un
professore universitario il quale, in virtù della posizione e dello status ad essa
attribuito, deve necessariamente relazionarsi con allievi, colleghi, funzionari
ministeriali, commissioni, comunità professionali, ecc. (Merton, 1957).
Ciascun ruolo, tanto più nei contesti organizzati, esiste concretamente solo in
relazione a uno o più ruoli con i quali interagisce. In qualsiasi organizzazione, molte
persone occupano ruoli di contatto con altre organizzazioni, in genere "attraverso"
altri individui, o liason function come li definisce Evan (1993). I membri del top
management di una grande impresa, ad esempio, interagiscono sistematicamente con
il top di altre imprese, dello stesso come di altri settori, con i membri rappresentativi
dei sindacati, con le associazioni di categoria, con le istituzioni finanziarie, con il
potere politico e istituzionale, con le associazioni di cittadini ecc. Il concetto di role-
set, riportato a un livello di analisi più ampio, cioè dall'individuo all'organizzazione,
è stato ampiamente utilizzato nello studio delle relazioni tra organizzazioni attraverso
l'idea di organization-set (Barnes, 1954).
La teoria dei ruoli ha segnato un importante punto di svolta poiché ha favorito il
passaggio da una visione descrittiva delle reti sociali e di comunicazione verso
costrutti e metodi di ricerca maggiormente esaustivi, in grado tra l'altro di cogliere le
dimensioni della molteplicità e della varietà dei legami.
Tra i concetti legati al ruolo vi è anche quello di struttura sociale. Essa è definita
come un ordine o pattern stabile di relazioni sociali fondate su aspettative reciproche,
cioè un sistema di connessioni dirette o indirette tra attori che occupano posizioni
differenziate. La struttura sociale rappresenta l'oggetto di studio privilegiato nel
filone denominato di analisi strutturale; questa può essere rappresentata come
network, cioè insiemi di nodi - o membri del sistema sociale - e come insiemi di
legami che indicano le loro interconnessioni. Posto che è possibile utilizzare il
concetto di attore organizzativo, sia esso individuo, gruppo/unità organizzativa o
organizzazione, l'approccio strutturalista si propone in sostanza di rispondere al
seguente quesito: possono i modelli di relazione che caratterizzano una rete di attori
organizzativi spiegare il modo con cui assumono decisioni e agiscono?
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La naturale conseguenza di questa impostazione è stato lo studio delle forme
strutturali che assumono le relazioni, ossia lo studio dei network. La definizione della
struttura sociale attraverso il network si basa su alcune importanti dimensioni di
analisi
24
: l'attore organizzativo; la posizione da questi occupata; la connessione o
legame che connette gli attori; la stabilità del sistema delle connessioni.
Come detto, all'interno di una rete l'attore può essere rappresentato tanto da un
singolo individuo quanto da un'organizzazione o da un insieme di organizzazioni.
Molte ricerche empiriche in campo economico e in organizzazione assumono come
unità di analisi privilegiata i comportamenti, le attitudini, e i valori individuali
(Coleman, 1986). L'avvento degli studi sulla struttura sociale dei gruppi, delle
comunità e delle organizzazioni, ha invece favorito la decontestualizzazione
dell'individuo (Galaskiewicz, Wasserman, 1993). Le ricerche in campo organizzativo
hanno assunto il concetto di attore soprattutto per ragioni metodologiche. Grandori
(1995) ha spiegato le ragioni che si celano dietro l'uso in organizzazione del concetto
di attore: "Persino, qualora si studino relazioni tra imprese (per esempio la
formazione di una joint venture o di una catena di franchising) e ai soli fini di
quell'analisi le imprese possono essere definite e modellizzate come attori
25
."
Il concetto di posizione è diverso da quello utilizzato correntemente, esso è infatti di
pura derivazione dalla teoria dei ruoli e si riferisce alla collocazione fisica o
psicologica (Krackhardt, 1990) dell'attore all'interno della rete di relazioni. Ad
esempio, una determinata localizzazione fisica può accrescere la centralità di una
posizione. Allo stesso modo, certe posizioni sono generalmente caratterizzate da
superiorità di status (Rugiadini, 1979). Il fatto di occupare una certa posizione
strutturale costituisce di per sé una risorsa poiché determina l'accesso ad altre risorse.
24
Laumann E. O., Pappi F., Networks of Collective Action : A Perspective on Community Influence
System, Accademic Press, NewYork, 1976.
25
Grandori A., L’organizzazione delle attività economiche, il Mulino, Bologna, 1995.
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La connessione è una generica espressione che sintetizza l'esistenza di un legame tra
gli attori. E' evidente - come si vedrà di seguito - che la natura della connessione è
fondamentale tanto per interpretare il comportamento degli attori, quanto per predire
e riflettere sugli attributi e le caratteristiche dell'insieme delle connessioni - ordine o
pattern.
Per ciò che concerne infine la stabilità, si tratta di un'eredità del funzionalismo. Ciò
che interessa sono le connessioni perduranti nel tempo, le uniche in grado di definire
una struttura. Il concetto di stabilità è riferito tanto alla permanenza delle connessioni
tra gli attori, che si potrebbe definire stabilità strutturale, quanto alla stabilità del
contenuto della connessione. In altre parole, pur rimanendo immutato l'ordine delle
connessioni, una modifica del contenuto potrebbe determinare un cambiamento della
struttura. Se ad una relazione di scambio transazionale tra due attori se ne
sovrappone una sociale o affettiva, ciò potrebbe aumentare l'intensità di connessione
o allungare l'orizzonte temporale di riferimento ecc. Tuttavia, sempre con riferimento
all'esempio precedente, più avanti si dimostrerà che la molteplicità delle relazioni
accresce sotto certe condizioni la stabilità strutturale. Inoltre, si può anche parlare di
stabilità delle percezioni, cioè dell'uniformità di comprensione delle caratteristiche
della rete. L'idea è che un network non è stabile se le persone all'interno ne
percepiscono differentemente la natura.
Lo sviluppo dell'analisi strutturale ne ha affermato il ruolo di forma distinta di analisi
sociologica e organizzativa. Barry Wellman (1988) ne ha sintetizzato gli assunti
paradigmatici: il comportamento di un attore organizzativo deve essere interpretato
alla luce dei vincoli che le strutture sociali pongono in essere, invece che come
azione volontaria risultato di un processo di socializzazione alle norme; le analisi
devono essere concentrate sulle relazioni tra gli attori, invece che sugli attributi dei
singoli attori; i vincoli strutturali derivano dalle relazioni strutturate tra una
molteplicità di attori e non devono essere quindi interpretati come una serie di
relazioni diadiche indipendenti; dal punto precedente si ricava che il network di
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relazioni va studiato globalmente poiché la struttura relazionale non necessariamente
può essere divisa in gruppi distinti.
La prima dimensione di analisi delle relazioni è il loro contenuto. Spesso i modelli di
analisi relazionali cercano di descrivere le relazioni osservate solo sulla base di un
unico contenuto relazionale. Knoke e Kuklinski (1982) propongono invece una lista
di otto possibili contenuti delle relazioni tra due attori:
1. valutazioni individuali (ad esempio la manifestazione di amicizia, di stima, di
rispetto, di approvazione ecc.);
2. trasferimento di risorse materiali;
3. associazione o affiliazione (ad esempio appartenenza al medesimo club, alla
medesima associazione);
4. interazioni comportamentali (ad esempio scambi di comunicazioni, messaggi in
posta elettronica ecc.);
5. movimenti nello spazio o di status (ad esempio emigrazione o mobilità sociale);
6. connessioni fisiche (ad esempio un cablaggio);
7. relazioni formali (ad esempio una relazione di autorità);
8. relazioni biologiche (parentela).
Nello studio delle relazioni tra imprese assumono particolare importanza gli scambi
di beni o gli scambi di servizi; in secondo luogo, il trasferimento di informazioni o di
conoscenze. I network caratterizzati da questa seconda tipologia di contenuto sono
definiti in genere advice network. Quando il contenuto di una relazione non può
essere riferita a scambi ma all'esistenza di parentela, affetti, amicizia, affiliazioni,
parleremo di relazioni primarie o primary network.
Molta attenzione è stata prestata dagli studiosi alle relazioni primarie e a come queste
possano influenzare una relazione di scambio sino a modificarne i presupposti di
razionalità economica.
Ben-Porath (1980) ha denominato le relazioni familiari o amicali all'interno di un
sistema di scambi economici come relazioni "F-connection".
Allo stesso modo, Baker (1983) ha messo in luce come un mercato "fortemente
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intriso di razionalità economica" quale quello delle opzioni, sia in realtà influenzato
pesantemente dalle relazioni di tipo amicale e sociale tra gli operatori.
Infine, anche lo scambio di influenza, di potere o di norme può essere considerato il
possibile contenuto di una relazione. Rispetto a questa quarta tipologia, Mitchell
(1973) parla di relazione normativa e fa riferimento alle aspettative di
comportamento che derivano dalla struttura sociale.
Tutte queste definizioni del contenuto di una relazione si riferiscono, in fondo, al
concetto di scambio. Nelle relazioni tra due attori, unità dimensionale minima per le
reti, si possono scambiare prodotti, informazioni, affetti o influenza/potere.
Sovente però, come nel caso di un consorzio per la tutela di un marchio, piuttosto che
di un joint program, la relazione assume una configurazione che non implica alcuno
scambio, bensì un'azione comune delle parti per il raggiungimento di un determinato
obiettivo o lo svolgimento congiunto. Johanninsson (1987), partendo dalle
indicazioni della Kanter (1979), ha proposto un’altra classificazione basata sui
network di scambio fondati sulla reciprocità. Questi si ripartiscono lungo tre
tipologie: i network di produzione, che sono orientati a governare strumentalmente
scambi di beni e servizi (transazioni); i network personali, basati su elementi emotivi
ed interpersonali aventi come oggetto lo scambio affettivo ed amicale; infine, i
network simbolici, fondati sull’identificazione e il senso di appartenenza attraverso la
condivisione di valori e progetti.