I
Inroduzione
Con un’espressione suggestiva ed efficace F. Sudre definisce i diritti dell’uomo, intesi
nella loro formulazione positiva, la parte emergente di un iceberg che non esisterebbe se
non avesse solide basi filosofiche, politiche e diplomatiche. Con tale formula si può
sinteticamente delineare il complesso percorso storico e culturale che ha accompagnato e
determinato il progressivo rafforzarsi di una realtà a tal punto presente nel lessico comune
da perdere, il più delle volte, la sua precisa rilevanza semantica e concettuale.
Il mio lavoro cercherà di ripercorrere, ovviamente per grandi linee, questo processo
culturale e storico, evidenziando - nei termini essenziali pertinenti ad una trattazione
giuridica - il travaglio e le tensioni che lo hanno accompagnato, segnalando sia i principali
stimoli ideali e culturali, sia il rilievo delle contingenti situazioni politiche e diplomatiche.
I diritti dell’uomo, nota ancora F. Sudre, sono stati talvolta concepiti come una nuova
ideologia, una sorta di “terza via tra il marxismo sommario e il liberalismo tradizionale”;
un approccio scientifico alla loro trattazione evidenzia tuttavia la loro difficoltosa ma
crescente capacità di tradursi in forma positiva, consolidando un processo di crescita
umana e sociale.
La mia trattazione cercherà di ricostruire il progressivo definirsi dei diritti umani,
analizzando poi gli organismi internazionali preposti alla loro tutela; si concentrerà quindi,
in particolare, sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo come meccanismo di
protezione regionale, analizzando forme e strumenti della sua effettiva attività (cap. 1).
Luci ed ombre di questo impianto di tutela dei diritti umani saranno via via segnalati e
considerati, con particolare attenzione alla giurisprudenza, che traduce in termini concreti
l’affermazione dei diritti sanciti dalla Convenzione. Gli organismi internazionali non si
limitano infatti ad esercitare una giurisdizione circoscritta, ma “proiettano la loro attività
sui sistemi giuridici interni dei singoli Stati”, come segnala A. Cassese; la loro attività non
solo costituisce il tradursi in termini operativi delle norme convenzionali, ma rappresenta
uno straordinario impulso e funge da stimolo alla progressiva affermazione dei diritti
dell’uomo.
II
Un ruolo importante, in questo percorso, assume il rapporto tra i diritti codificati e le
restrizioni che la stessa Convenzione prevede in una serie specifica di circostanze (cap. 2),
che saranno descritte e analizzate nella parte centrale del mio lavoro. Un’attenzione
particolare sarà dedicata al diritto di deroga (cap. 3) sancito dall’art. 15 della CEDU, che
prevede la possibilità di straordinarie limitazioni dei diritti umani nel ricorrere di situazioni
di particolari gravità. Cercherò di puntualizzare i contorni di queste situazioni particolari,
ricostruendo le modalità operative tanto della deroga quanto del controllo, tenendo conto
anche dei precedenti storici e della relativa giurisprudenza (cap. 4). Alla luce di
quest’analisi si potrà meglio cogliere l’effettiva portata dell’art. 15, che può essere
alternativamente interpretato come strumento destinato a rafforzare le restrizioni
particolari ad alcuni diritti, o viceversa come ulteriore limitazione ai diritti stessi, tant’è che
è stato definito come una sorta di medaglia a due facce.
Al di là dei limiti oggettivi, che avrò via via modo di indicare, quel che più conta nella
prospettiva complessiva dei diritti umani è infatti la valenza programmatica ed esortativa,
che ogni seppur piccolo passo in tal senso oggettivamente assume nel determinare un
effetto a lungo termine, nel consolidare un processo – come rileva A. Tanzi – il cui sbocco
definitivo non può che essere di per sé dirompente.
Non a caso A. Cassese segnala che il tema dei diritti umani è stato vissuto dai diversi Stati
o come un postulato o come un incubo, segno evidente che il suo effetto a medio e lungo
termine non può in alcun modo considerarsi neutrale, anche senza voler sottoscrivere alla
lettera la prospettiva di un “radicale cambiamento dell’ethos internazionale”.
Nel graduale affermarsi e diffondersi dei diritti umani si sono già in gran parte consolidati,
sia sul piano delle legislazioni interne che su quello del diritto internazionale, alcuni
rilevanti cambiamenti. La concezione statocentrica, retaggio di una storia neanche tanto
lontana, sta lentamente lasciando spazio ad una sempre più chiara e concreta protezione
dell’individuo da parte della Comunità internazionale; in contemporanea hanno assunto un
crescente rilievo i diritti individuali, che non rientrando più in maniera esclusiva
nell’ambito del rapporto cittadino-Stato, assumono uno spessore ben più consistente e non
possono a rigore nemmeno più definirsi in relazione all’appartenenza ad
III
una specifica comunità statale, ma debordano in una dimensione effettivamente
cosmopolita. Su questa base prende ben altra consistenza e legittimità l’aspirazione ad un
diverso modello di società internazionale, che non solo tenda a configurarsi come una
comunità di Stati, ma in prospettiva aspiri all’ambizioso traguardo della società universale
del genere umano di cui parla con tono ispirato R. Luzzatto.
Se questo è lo sfondo ideale in cui si colloca l’impostazione complessiva del mio lavoro,
nello specifico esso affronterà il tema della deroga ai diritti dell’uomo, come prevista
dall’art. 15 della Convenzione europea: sembrerebbe quasi una contraddizione in termini,
visto che la deroga autorizza la sospensione di quei diritti che in linea teorica dovrebbero
essere intangibili e sempre protetti. Non a caso, nota R. Ergec, tutte le valutazioni positive
che sono state da più parti espresse sul grado di tutela dei diritti dell’uomo garantito dalla
Convenzione europea, sorvolano spesso sull’art. 15, che però viene costantemente citato
proprio dai critici più determinati della Convenzione stessa. Per quanto possa sembrare
paradossale, in realtà, è proprio il concetto di deroga che evidenzia, per contrasto, un livello
magari minimo, ma davvero intangibile dei diritti dell’uomo e determina, in controluce, un
nocciolo duro di diritti, che nessun potere è in alcun caso autorizzato a ledere.
In questa particolare angolatura spetta proprio al giurista il compito di ricondurre al suo
più autentico valore la formula, apparentemente indeterminata e astratta, diritti dell’uomo
recuperandone tutto il più concreto e autentico significato: F. Sudre vede in questo compito
una declinazione specifica di quella missione, che Mallarmé attribuisce al poeta, di “dare
un senso più autentico alle parole della tribù”.
Pur non mirando così in alto cercherò di chiarire, in termini concreti, l’effettiva valenza
che i diritti dell’uomo possono assumere nella prospettiva di un’umanità sempre alla
ricerca di una pace reale e di una sicurezza possibile.
1
CAPITOLO 1: I DIRITTI DELL’UOMO
1.1 Origini storiche e filosofiche
I Diritti dell’uomo costituiscono uno dei più rilevanti frutti della tradizione filosofica e
politica occidentale, e in particolare del pensiero liberale e democratico di derivazione
illuministica, che porta ad evidenziare principi e valori fondamentali e irrinunciabili
1
. La
loro formulazione specifica si sviluppa in un arco storico abbastanza contenuto, e proprio
per questo è ancora ampiamente in progressiva elaborazione e costituisce una delle sfide
più ardue e suggestive per la comunità internazionale e per l’intera umanità
2
, ma si
configura comunque come una vera e propria rivoluzione nel sistema giuridico
internazionale classico
3
.
In termini di riflessione teorica è abbastanza consolidata la linea di derivazione dei diritti
umani dalla corrente di pensiero che muove dai due trattati di J. Locke
4
e che poi si
precisa nell’analisi sviluppata da Montesquieu
5
. Non mi sembra però irrilevante la
citazione di un illustre precedente nel fondamento giusnaturalistico di Grozio che,
ancorando il diritto naturale alla razionalità sociale, lo antepone non solo al diritto umano
ma persino al diritto positivo divino, precisandone al contempo il carattere universale e
immutabile
6
. Il particolare è tanto più significativo alla luce della notazione che nella
dottrina di Grozio appare naturalmente impostato anche un suggestivo parallelismo tra la
dimensione interna e quella internazionale della società, secondo una prospettiva che
assume consistenza già con i suoi primi seguaci, che più del maestro mettono l’accento
1
P. Wachsmann, Les droits de l’homme, Paris, 2002, pp. 40 ss.
2
R. Barsotti, Tendenze evolutive nell’interpretazione della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo in “Rivista di Diritto internazionale”, 1976, p 268.
3
P. Wachsmann, cit., p. 40.
4
Al di là della complessiva elaborazione filosofica del liberalismo politico attuata nei
Due saggi sul governo, indubbiamente il capolavoro di Locke, è di fondamentale
importanza il riferimento ai meno noti Saggi sulla legge naturale, che postulano la
riconoscibilità della legge naturale sulla sola base del lume della ragione insito in ogni
uomo; cfr. I. Macini, Filosofia della prassi, Brescia, 1997, p. 52 ; A. Bradley, M. Janis,
R. Kay, European human rights law, Oxford, 2000, p. 8 s.
5
Sull’originalità e la rilevanza dello Spirito delle leggi, in particolare per ciò che
concerne la definizione del concetto di libertà liberale, si rimanda a I. Mancini, cit., p. 84.
6
N. Abbagnano, Storia della Filosofia, Torino, 1992, vol. II p. 52; non a caso il termine
ritorna nella “dottrina giusnaturalistica dei diritti umani”, di cui parla A. Cassese, I diritti
umani nel mondo contemporaneo, Bari, 1994, p. 11.
2
sull’elemento volontario e positivo dello jus gentium
7
. È altresì innegabile che un
contributo essenziale in tale prospettiva sia da individuare nell’elaborazione
costituzionale che scaturisce dalle due grandi vicende di fine ‘700: la guerra
d’indipendenza americana, che porta alla formazione degli Stati Uniti, e la Rivoluzione
francese
8
.
Sul piano storico, invece, se indubbiamente la definizione concreta dei diritti dell’uomo si
sviluppa essenzialmente a partire dal secondo dopoguerra
9
- in gran parte proprio come
tentativo di elaborare un sistema di tutela giuridica che evitasse il ripetersi di quelle
terribili violazione che gli eventi recenti avevano comportato
10
- l’atto iniziale è
comunque retrodatabile all’avvio del dibattito sul diritto umanitario che, su impulso di
Henry Dunant, si sviluppa nella seconda metà dell’Ottocento e che culmina con la
Convenzione di Ginevra del 22 agosto 1864, volta a migliorare le sorti dei militari feriti, e
che poi sarà integrata da altri due testi miranti a garantire analoga protezione ad altre
categorie di vittime della guerra (civili e prigionieri)
11
.
1.2 La protezione universale dei Diritti dell’uomo
Con il Trattato di Versailles, alla fine della prima guerra mondiale, emerge per la prima
volta la solenne affermazione del diritto come strumento capace di assicurare la pace
mondiale, che non può non avere a proprio fondamento se non la giustizia sociale
12
,
7
R. Ago, Scienza giuridica e Diritto internazionale, Milano, 1950, p. 13.
8
P. Wachsmann, cit., pp. 40 e ss., sviluppa un’ampia e suggestiva disamina tanto dei
meriti quanto dei limiti sia dell’esperienza americana che di quella francese, prospettando
anche una completa rassegna delle diverse interpretazioni proposte dalla letteratura
filosofica e giuridica. A. Cassese, cit., p. 21, sviluppa una ricostruzione ancor più
articolata che muove dalla Magna Charta del 1215 e dal Bill of Rights del 1689.
9
G. Peces-Barba, Teoria dei diritti fondamentali, Milano, 1993, pp. 155, evidenzia il
processo di internazionalizzazione come tendenza attuale dell’evoluzione giuridica,
segnalando altresì che la mancanza di un potere politico, capace di garantire validità ed
efficacia all’ordinamento, rischia di approdare ad una rinnovata poliarchia medievale,
ovvero di ripristinare una fase anteriore a quella della formazione dello Stato moderno.
10
Non si trattava soltanto di impedire il rinnovarsi di quelle atrocità che erano seguite
all’aggressione nazista, ma di attuare un sostanziale ribaltamento di quella concezione
ideale che si fondava sul totale disprezzo della dignità umana, come rileva A. Cassese,
Diritto internazionale, Bologna, 2006, p. 85.
11
P. Wachsmann, cit., p. 6.
12
Vi furono anche precedenti codificazioni, ma parziali e comunque limitate a
determinate materie; cfr. Istituzioni di Diritto internazionale, a cura di S.M. Carbone, R.
3
anche se la Società delle Nazioni, che ne scaturisce come strumento operativo, si rivelerà
inadeguata e disarmata garante di un sogno ancora troppo generico e velleitario
13
. Sulle
ceneri lasciate dal secondo conflitto mondiale, dopo gli orrori nazisti e fascisti, prenderà
corpo una nuova organizzazione internazionale deputata ad assicurare la pace mondiale,
sulla base del Preambolo della Carta delle Nazioni Unite del 26 giugno 1945
14
; è in
questo testo che, per la prima volta, dopo la proclamata volontà di evitare ogni eventuale
pericolo di guerra, emerge lucidamente la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella
dignità e nel valore della persona umana
15
, nell’eguaglianza dei diritti dell’uomo e della
donna
16
.
Al di là delle pur rilevanti dichiarazioni di principio, quel che occorre sottolineare è
l’articolazione di un diverso fondamento concettuale, che colloca la definizione e la
protezione dei diritti dell’uomo sullo sfondo di un contesto politico e ideale diversamente
strutturato: la connessione tra la pace internazionale e la minaccia che ad essa proviene da
quei regimi che non rispettano o violano i diritti dell’uomo
17
.
L'art. 1 della Carta delle Nazioni Unite conferma e rafforza questa connessione; dopo il
mantenimento della pace e lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra le nazioni menziona
la necessità di realizzare una migliore cooperazione internazionale “risolvendo i problemi
internazionali di ordine economico, sociale, intellettuale o umanitario, sviluppando e
incoraggiando il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza
distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione?
18
. Non si tratta soltanto della prima
Luzzatto, A. Santa Maria, Torino, 2003, pp. 55 s. Per una trattazione dettagliata della
distinzione tra diritto umanitario e diritti dell’uomo, prevalentemente passivo il primo in
quanto mirato a limitare la violenza della guerra e a tutelarne le vittime, marcatamente
attivi i secondi inglobando la più vasta tipologia dei diritti civili, politici, economici e
sociali, si rimanda ad A. M. Del Vecchio, Problematiche di protezione della persona
umana in situazioni di conflittualità e terrorismo, in “Rivista internazionale dei diritti
dell’uomo”, 2003, pp. 31 ss. Per quanto distinti e diversi il diritto umanitario e i diritti
dell’uomo costituiscono tuttavia due sistemi in qualche modo complementari: G.
Venturini, Diritto umanitario e diritti dell’uomo: rispettivi ambiti di intervento e punti di
confluenza, in “Rivista internazionale dei diritti dell’uomo”, 2003, p. 57.
13
A. Cassese (1994), cit., p. 12 e P. Daillier A. Pellet, Droit international public, Paris,
2002, pp. 70 ss. per ciò che concerne genesi, obiettivi generali e limiti della Società delle
Nazioni; sullo stesso testo, alle pp. 445 ss. si sviluppa invece una particolareggiata analisi
delle competenze e delle modalità organizzative ed operative della Società stessa.
14
A. Cassese (1994), cit., p. 11.
15
N. Bobbio, Il preambolo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in “Rivista
di Diritto internazionale”, 1974, p. 438.
16
A. Cassese (2006), cit., p. 86.
17
P. Wachsmann, cit., p. 12; Istituzioni di Diritto internazionale, cit., p. 338.
18
La Carta delle Nazioni Unite, Napoli, 2000, pp. 7 s.
4
solenne affermazione generale dei diritti dell'uomo, ma della loro collocazione al centro
ideale della missione della stessa organizzazione internazionale
19
. Un riscontro a questa
diversa impostazione del tema dei diritti umani è suggerito dalla notazione che l’intera
comunità internazionale si fa carico, con la sua struttura e la sua organizzazione, del
compito di realizzarli proprio nella loro connessione con la dimensione economica e
sociale
20
. Gli artt. 10 e 13 stabiliscono infatti che l’Assemblea ha il compito di effettuare
studi e proposte in vista di facilitare per tutti, senza distinzioni di razza, di sesso, di
lingua o di religione, il godimento dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
21
.
L'art. 62 § 2, dal canto suo, indica che il Consiglio Economico e Sociale può fare
raccomandazioni in vista di assicurare il rispetto effettivo dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali per tutti
22
, mentre l'art. 68 prevede espressamente l'istituzione, da
parte del Consiglio, di una Commissione per il progresso dei diritti dell'uomo
23
. L'art. 55
ricorda che le Nazioni Unite favoriscono il rispetto universale ed effettivo dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti, al fine di creare le condizioni di stabilità e
di benessere necessario per assicurare tra le Nazioni relazioni pacifiche e amichevoli,
fondate sul rispetto del principio di uguaglianza dei diritti dei popoli e del loro diritto a
disporre di loro stessi
24
. E non si tratta di una serie di affermazioni riferite alla sola
Organizzazione, in quanto l'art. 56 obbliga anche tutti gli Stati membri ad impegnarsi
direttamente in vista di realizzare gli obiettivi enunciati all'art. 55, e ad agire tanto
congiuntamente che separatamente, in cooperazione con l'Organizzazione
25
.
“Cooperazione è dunque la parola chiave per caratterizzare la missione assegnata
all'Organizzazione?
26
e che imposta il tema dei diritti dell’uomo in una prospettiva non
statica ma dinamica, non solo definitoria bensì propositiva. Sulla stessa linea si muove
del resto anche la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata attraverso la
risoluzione 217 (III) dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 e
19
Non a caso A. Cassese (2006), cit., p. 89, usa la suggestiva espressione di coscienza
del mondo per descrivere il ruolo dell’Assemblea Generale, sebbene precisando che essa
svolge “il compito di cane da guardia al fine di prevenire o sanzionare gravi deviazioni
rispetto ai parametri di condotta stabiliti?.
20
Ivi, p. 8.
21
Ivi, p. 14, p. 18.
22
Ivi, p. 57.
23
Ivi, p. 60.
24
Ivi, p. 49.
25
Ivi, p. 51. Per ulteriori indicazioni si veda A. Cassese (1994), cit., pp. 131 ss.
26
P. Wachsmann, cit., p. 13.
5
che consente di redigere un vero e proprio catalogo dei diritti di cui l'Organizzazione
mondiale intende assicurare la promozione.
Questa Dichiarazione, il cui il valore morale fu immediatamente percepito, è il primo
testo di diritto internazionale contenente una lista di diritti riconosciuti agli individui in
generale, sulla linea degli otto primi emendamenti della Costituzione degli Stati Uniti e
della Dichiarazione Francese dei diritti dell'uomo e del cittadino
27
. Giuridicamente, la
Dichiarazione Universale non è che una risoluzione dell'Assemblea generale delle
Nazioni Unite, ovvero un atto sprovvisto di carattere obbligatorio, ma riafferma il legame
tra la protezione della persona umana e il mantenimento della pace, mentre gli Stati
membri sono impegnati ad assicurare, in cooperazione con l'ONU, il rispetto universale
ed effettivo dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il che implica una
concezione comune di questi diritti e libertà come elemento basilare per la realizzazione
di tale impegno. È stato giustamente notato che, per quanto sprovvista di valore
obbligatorio, la Dichiarazione costituisce tuttavia una rilevante base teorica di
riferimento, che consente alla diverse articolazioni dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite di sviluppare la loro azione di protezione dei diritti dell’uomo e, nello stesso tempo,
fissa in maniera decisiva il diritto interno dell’Organizzazione, configurandosi come
l’atto iniziale di un processo e di uno sforzo che sarebbe dovuto approdare, nelle
intenzioni dei promotori, alla definizione internazionale
28
. Il compimento di una simile
impresa si rivelò particolarmente arduo, anche in relazione alla oggettiva difficoltà di
sintetizzare posizioni notevolmente differenziate, specie in relazioni alla diversità delle
concezioni ideali e delle realtà storiche riferibili ai diversi Paesi
29
: se gli Stati occidentali
ritenevano preliminare la puntuale definizione dei diritti individuali nei confronti del
potere pubblico, quelli socialisti, ritenevano illusori e inconsistenti tali diritti rispetto a
quelli collettivi ed economico-sociali. Il processo fu così arduo e complesso da richiedere
oltre quindici anni per compiersi, spesso ostacolando in modo significativo il successo
dell’opera convenzionale
30
, che infine prende corpo sotto la forma dei due Patti relativi ai
27
P. Wachsmann, cit., p. 16.
28
P. Daillier A. Pellet, cit., pp. 660 s.
29
Per un’analisi dettagliata delle differenze economiche, sociali e culturali dei diversi
Stati rappresentati nell’ONU si rimanda ad A. Cassese (2006), cit., pp. 89 ss., ove sono
anche ricostruite le diverse fasi della storia e dell’attività delle Nazioni Unite.
30
P. Wachsmann, cit., pp. 17 s. Allo stesso ambito, del resto, si può ricondurre anche la
sistematica contrapposizione tra individualismo e olismo, ovvero una concezione
ideologica e filosofica che tende a far prevalere la dimensione organica dell’unità sociale
su quella personale che risulta secondaria o subordinata, in una prospettiva che interpreta