Al contrario, la comunicazione esterna è da sempre ritenuta fondamentale per l’impresa
perché il ritorno dell’investimento è più immediato e più facilmente rilevabile,
impattando questa in modo più diretto sulle vendite dei prodotti. Quindi se da un lato si
è cercato di descrivere la direzione verso cui è giusto andare, ossia la comunicazione
organizzativa come filosofia di costituzione della propria immagine, dall’altro si è
tentato di essere quanto più vicini alla situazione reale riscontrabile nelle imprese.
Il secondo elemento che ha determinato questa scelta è stato l’interesse specifico
verso il settore della comunicazione interna; si è tentato di sistematizzare una parte della
letteratura riferita a questo tema, cercando comunque un approccio critico più che di
sintesi e di organizzazione di quest’ultima. Il tentativo è stato quello di approfondire
l’argomento quanto più possibile individuando e trattando i punti e le caratteristiche
ritenuti chiave da chi scrive, nonché gli aspetti operativi e gli effetti di queste attività.
Nella II parte della tesi l’attenzione si focalizza completamente sulla business
television. Non essendo uno strumento molto diffuso e familiare, si è tentato di
descriverne le caratteristiche e il funzionamento nel modo più chiaro, esaustivo e
oggettivo possibile, lasciando le considerazioni in merito all’efficacia e alla funzionalità
del mezzo alle conclusioni. Pur se il capitolo termina con la descrizione dei processi di
progettazione e implementazione dello strumento, l’impostazione di questa parte è
assolutamente teorica e basata sulle conoscenze personali e sulla letteratura. Questa
scelta è dettata dalla volontà di fornire degli strumenti di comprensione del mezzo in
modo che un lettore, pur non conoscendo lo strumento, possa formarsi un proprio
giudizio al riguardo.
Nella III parte si è cercato di descrivere cos’è la business television in pratica nelle
aziende italiane. Per questo motivo il materiale di cui è costituita non è in letteratura ma
è stato costruito e prodotto per questo lavoro. Vi si ritrova l’intervista sulla televisione
aziendale effettuata da chi scrive a Niki Beretta, Project Manager progetti formativi,
ISVOR. Inoltre si riportano delle schede esplicative di vari casi di business television in
Italia, presentati al I workshop sulla business television tenutosi a Milano il 14 Marzo
2007; in queste sono state raccolti dei dati sulla qualità, i programmi, i target di
riferimento, gli investimenti e altre caratteristiche delle televisioni aziendali; queste
sono: Mediolanum, Banca Intesa-San Paolo, Ras, Banca Generali, Banca Popolare
Italiana, BNL-Paribas, Costa Crociere, Enel, Gewiss, Professione Casa, Pirelli Re, 3
Italia, Epson, Telecom e Vodafone.
6
A conclusione delle schede si è riportato un estratto dell’intervento effettuato da
Severino Salvemini, dell’Università Bocconi di Milano, riguardo la televisione
aziendale, in occasione del workshop.
Infine viene presentato il caso di Diretta Formazione: questo riguarda
un’esperienza passata di Fiat Auto, che ha chiuso il progetto nel 2003 a seguito della
grave crisi economica che ha attraversato l’azienda ed è descritto da Vilma Pilotti,
Project Manager progetti e-learning Gruppo Fiat (Responsabile di Diretta Formazione,
quando il progetto era in corso).
Nelle conclusioni si è invece tentato un approccio critico e personale allo
strumento della business television, trattando dei vantaggi, delle criticità e dell’effettiva
efficacia di questo strumento.
7
PARTE I
LA COMUNICAZIONE INTERNA E
ORGANIZZATIVA
9
CAPITOLO 1
L’evoluzione dell’impresa e della comunicazione interna
I cambiamenti che negli ultimi 250 anni, dalla Rivoluzione Industriale a oggi,
hanno investito la società, sono stati profondi e rapidissimi: hanno infatti toccato tutti i
settori di quella che, da società agricola, diventa industriale in tempi molto brevi. La
velocità e il cambiamento continuo sono caratteristiche peculiari di una società il cui
motore è un sistema economico-produttivo basato sulla competitività, sulla tecnologia e
sull’intercambiabilità e obsolescenza precoce dei beni di consumo, il cui acquisto è
sempre più dettato da motivazioni legate alla sfera psicologica piuttosto che a quella dei
bisogni primari di sussistenza. La comunicazione evolve parallelamente ai cambiamenti
della società in cui ha luogo; anche in questo caso si tratta di modifiche incrementali che
portano come risultato uno stravolgimento del modo di fare, di pensare e di considerare
la comunicazione.
In questo lavoro l’attenzione si centra sulla comunicazione aziendale e in modo
particolare su quella “interna”, tenendo conto della sempre maggiore integrazione tra
quest’ultima e quella “esterna”.
L’evoluzione della comunicazione coincide con la crescita d’importanza che ha
acquisito nell’azienda, ciò è dovuto a fattori esterni e interni all’impresa stessa. Per
quanto concerne i primi (tra cui la globalizzazione dei mercati, la rapidità del
cambiamento tecnologico, la rapida obsolescenza dei beni di consumo, il controllo
dell’operato dell’azienda da parte dell’opinione pubblica, conseguenza di una maggiore
attenzione verso l’ambiente e la sicurezza dei lavoratori), si nota un’integrazione tra
organizzazione e ambiente tale che “l’ambiente non è soltanto co-presente: esso è anche
co-organizzatore. […] L’organizzazione, in quanto sistema aperto, non si incastra con
l’ambiente come semplice parte di un tutto. L’organizzazione attiva e l’ambiente, pur
restando distinti l’uno dall’altro, sono l’uno nell’altro […] e le loro indissociabili
interazioni e relazioni reciproche sono complementari, concorrenti e antagoniste.”
1
. Ciò
implica che l’impresa ha la necessità di comunicare non solo per farsi conoscere e
1
Romano D.F. e Felicioli R.P., Comunicazione interna e processo organizzativo, Raffaello Cortina
Editore, Milano, 1992, p.105
10
notare in un mercato sempre più affollato, quindi finalizzando queste attività
esclusivamente all’acquisto. Ovviamente quest’ultimo momento è centrale per le
aziende che devono fare profitto, perché su questo crescono e grazie a questo
sopravvivono. Il profitto è sicuramente il primo obiettivo di qualsiasi impresa (non a
caso definibile come profit). Ma sempre più l’azienda deve legittimare se stessa
ottenendo consenso nell’ambiente in cui si colloca, tenendo rapporti sia con la comunità
locale, sia con l’opinione pubblica in generale (vedi figura 1.1). La reputazione delle
aziende è sempre più importante e si determina mettendo in atto comportamenti
eticamente corretti e quindi legati ai valori correnti della società; valori che l’azienda
riesce comunque a influenzare, infatti, ad esempio, non sempre l’imprenditorialità, la
creatività e il successo sul lavoro sono stati considerati positivi, soprattutto in Italia,
dove i valori tipici della società contadina hanno prevalso per anni anche dopo l’avvento
dell’industria. In altre parole, l’impresa, come tutti gli attori di un sistema di
comunicazione, cerca di influenzare il proprio pubblico, creando modelli culturali a sé
favorevoli. Non sempre ci riesce; la società italiana è influenzata ancora fortemente da
modelli catto-comunisti, familisti e anti-industriali e non accetta del tutto l’idea che
l’impresa sia qualcosa di positivo.
STAKEHOLDER STAKEHOLDER
ISTITUZIONALI NUOVI
Azionisti Ecologisti
Finanziatori Associazioni consumatori
Clienti Gruppi locali
Fornitori Movimenti politici
Distributori Opinione pubblica
2
Concorrenti
Dipendenti/Sindacati
Consenso commerciale Consenso sociale
Acquisto beni Legittimazione
Figura 1.1: Rappresentazione dell’ambiente dell’impresa
3
2
A partire dagli anni Settanta circa
3
Quadrio A., Venini L., La comunicazione nei processi sociali e organizzativi, Franco Angeli, Milano,
2002, p. 186
11
Per quanto riguarda invece i fattori interni, si hanno la delocalizzazione degli
impianti produttivi, la trasformazione dell’organizzazione e la maggiore qualificazione e
specializzazione del lavoro, che vede un’inversione del rapporto tra white e blue collars.
È possibile sintetizzare questi elementi nella nascita dell’azienda-rete, evoluzione
dell’impresa fordista/taylorista e verticalizzata prima, toyotista e piatta poi. È
caratterizzata da lavoratori ad alta qualificazione che fungono da nodi autonomi di una
rete dai confini indefiniti, in cui si ha integrazione grazie a “reti di relazione
professionali formali e informali, interne ed esterne all’azienda”
4
. Nell’azienda-rete, ciò
che è fondamentale è la conoscenza, dalla fase della sua creazione a quella della sua
circolazione. È dunque ovvio che in un’impresa di questo tipo la comunicazione non è
né una scelta, né un’opportunità ma diventa leva strategica di competitività e quindi di
sopravvivenza dell’azienda stessa in un mercato sempre più turbolento. È qui che si ha
lo sviluppo che porta dai concetti separarti di comunicazione interna e esterna a quello
più completo di comunicazione organizzativa (di cui si tratterà nel prossimo capitolo).
Più in generale si passa dall’informazione e dalla trasmissione di ordini di servizio, a
una comunicazione bidirezionale finalizzata ad accrescere identificazione, motivazione,
coinvolgimento rispetto ai valori e agli obiettivi aziendali. È quindi centrale la risorsa
umana, con il suo bagaglio di conoscenze che può e deve diffondere nell’azienda,
perché è il sapere di chi compone l’impresa che ne determina la caratteristica distintiva.
Altrettanto importanti sono i comportamenti: i meccanismi dei processi di lavoro, con le
loro complessità sul piano tecnologico e organizzativo, sono troppo delicati perché ci si
possa permettere un “abbassamento di tensione” verso gli obiettivi comuni dell’impresa
e dei suoi dipendenti, cosicchè lo spirito di collaborazione di questi ultimi va tenuto
alto. In un contesto in cui ognuno partecipa attivamente al successo dell’impresa, è
fondamentale che gli obiettivi aziendali, che si ispirano a valori eticamente fondati e alla
corporate culture, non solo siano conosciuti, ma anche che siano fortemente condivisi.
Se questo è evidente in un’ottica in cui la risorsa è considerata come un dipendente-
collaboratore e che quindi raggiungerà più facilmente risultati che considera giusti,
ispirati a valori in cui crede; lo è ancora di più se si pensa alla risorsa anche come prima
voce dell’impresa. Infatti non solo il top management e gli operatori di front office
comunicano l’azienda, ma tutti i dipendenti sono inseriti nella società,in una comunità
locale, in associazioni e così via. L’incoerenza tra la voce istituzionale dell’impresa e
4
Astrologo D., Promozione dell’immagine istituzionale, Dispense del corso, A.A. 2003/2004, p. 32
12
quella dei lavoratori, ritenuta peraltro più credibile, può portare danni economici
importanti e prolungati nel tempo. Perché ciò non avvenga è fondamentale che
comunicazione e comportamenti siano coerenti e che tutti in azienda, dal vertice alla
base, siano in possesso di strumenti e informazioni comuni, quando queste possono
diventare di dominio pubblico. Molte ricerche dimostrano danni a livello economico e
di motivazione dei lavoratori nel caso di disinformazione o di comunicazioni non
coerenti, soprattutto in casi di crisi aziendali
5
. La coerenza è fondamentale comunque
nella quotidianità della vita dell’impresa e non solo quando l’impatto è più evidente e
immediato, come appunto avviene durante una crisi.
1.1 Le principali fasi evolutive della comunicazione interna e
dell’impresa
Appare utile ripercorrere le tappe principali dell’evoluzione della comunicazione
interna, che l’hanno portata a essere quello che oggi è (vedi tabella 1.1).
In una prima fase prevale l’impresa familiare, gestita dal capo-famiglia e in cui
ciascun membro svolge il suo ruolo. Gerarchicamente sottostanti si trovano il resto dei
dipendenti; nel periodo della prima industrializzazione, infatti, non ci sono differenze
tra loro perché non c’è specializzazione del lavoro e non è richiesta alcuna qualifica
particolare. L’azienda ha pochi contatti con l’ambiente circostante; si attraversa
inizialmente un periodo di estraneità all’industria, seguito da uno di avversità a essa.
“L’industria veniva percepita come un male anche se necessario, la cui presenza doveva
essere confinata nella sola sfera economica, evitando che avesse influenze d’altro tipo
nella vita della comunità e dei singoli”
6
. In realtà, date le ridotte dimensioni di questo
genere di imprese, facilmente il vertice riusciva a ottenere un controllo su tutta una serie
di comportamenti che esulavano da quelli strettamente lavorativi, da quello politico e
sindacale a quello etico e familiare. La comunicazione all’interno dell’impresa era
diretta e personale; il vertice aziendale, solitamente costituito dalla famiglia, conosceva
personalmente tutti i dipendenti e senza mediazioni poteva erogare ordini e comandi. Il
patto tra l’impresa e il lavoratore poteva riassumersi in uno scambio di fedeltà da parte
del secondo e di sicurezza e garanzia da parte della prima.
5
Del Mare G., Canino A., Azzoni G., Come si comunica all’interno di un’impresa, Lupetti, Milano, 1990
6
Salem E., Che cos’è la comunicazione d’impresa, Lupetti, Milano, 1988,
13
Al crescere delle dimensioni dell’azienda, fattore fondamentale insieme
all’ampliamento dei mercati, alla crescita della domanda di beni di consumo e
all’aumento della specializzazione del lavoro, diminuisce la possibilità di operare tutta
la comunicazione interna in maniera diretta. È il motivo per cui iniziano una serie di
“grandi appuntamenti per gli auguri di fine anno o per celebrare alcuni risultati
importanti (l’apertura di nuovi stabilimenti, l’ingresso in nuovi mercati), oppure in
occasione di alcuni anniversari significativi dell’azienda (i venticinque, i cinquant’anni).
Si tratta di precise occasioni in cui ci si trova per celebrare, tutti insieme, anniversari o
successi, ma anche per rinnovare e rinsaldare il patto di fedeltà”
7
. Si cerca di continuare
a comunicare senza nessun tipo di mediazione, mantenendo fissi gli obiettivi di
controllo e fidelizzazione del dipendente. È in questo periodo di forte vicinanza tra
vertice e base aziendale, che la parola e la gestualità vengono adoperate per rafforzare
un rapporto diretto, che negli anni seguenti verrà spesso trascurato. Anche questo
contribuisce alla creazione dei primi miti industriali.
È alla fine di questa seconda fase che , con il crescere ulteriore delle dimensioni
dell’impresa, la comunicazione mediata diventa una necessità; si ha quindi la nascita di
vari strumenti, come gli houseorgan e le newsletter, che hanno l’obiettivo di fare da
collante tra realtà diverse e distanti tra loro. Ovviamente questi strumenti risentono del
paragone dei già diffusi mass media, della mancanza di segmentazione interna e della
conseguente piattezza delle comunicazioni e povertà delle informazioni, oltre alla scelta
di un codice comunicativo improntato all’ufficialità, all’autocelebrazione e
all’autocentratura sul management. La prima forma di segmentazione riscontrabile è
quella tra vertice e base. Attraverso canali di comunicazione appositi e grazie a un
sistema di simboli, si rende visibile l’appartenenza a un gruppo particolare all’interno di
un’impresa sempre più grande, verticalizzata e gerarchizzata.
Negli anni Sessanta e Settanta, cresce la differenziazione e man mano, con
l’aumento del livello di istruzione, anche la qualificazione dei lavoratori. A questi ci si
continua a rivolgere però indistintamente e attraverso i canali di comunicazione
tradizionali, tra cui il sindacato. In questo modo però la percezione che il lavoratore ha
della comunicazione dell’azienda non può che essere negativa: infatti questa riguarda o
il controllo e la trasmissione di ordini, o non ha alcun valore aggiunto (in riferimento
agli houseorgan e simili), o riguarda il conflitto se si tratta della contrattazione tra
7
Romano D.F. e Felicioli R.P., op. cit., p.38
14
l’azienda e il sindacato. Quest’ultimo è “l’unico vero interlocutore tra impresa e
lavoratori,l’unico soggetto legittimato a trasferire informazioni, politiche e valori”
8
.
È dagli anni Ottanta che si inizia a dare un’importanza maggiore e un ruolo
diverso da quello del controllo alla comunicazione interna. Questo grazie anche alla
rottura tra lavoratori e imprese degli anni Settanta. Se molte sono state le concause che
hanno condotto a un malcontento e a contestazioni di grande portata, come è noto, è
anche vero che in quel periodo “hanno fatto irruzione per la prima volta sulla scena
aziendale sentimenti, aspirazioni, desideri, motivazioni di uomini e di donne che
chiedevano di esserci, di sapere di poter contare qualcosa. E per l’appunto lo strumento
è la comunicazione. Non più solo discendente ma anche orizzontale, ascendente e
trasversale. Non più solo controllo, ma anche innovazione, coordinamento e
integrazione”
9
. Con la ristrutturazione degli anni Ottanta, quindi le imprese investono in
comunicazione interna per costruire e stimolare relazioni e atteggiamenti di
cooperazione; nelle aziende si diffondono i codici etici riferiti ai valori che guidano i
comportamenti dell’impresa, non solo verso l’esterno ma anche verso i dipendenti,
andando oltre la retribuzione salariale. Per avere una misura di quanta importanza inizia
ad avere la comunicazione interna, basti considerare che nel 1988 la spesa in Italia è
stata di poco inferiore a quella destinata alla pubblicità, pari circa a 5.500 miliardi di
Lire
10
.
Negli stessi anni, il progresso tecnologico aumenta a ritmi vertiginosi e
l’informatica entra in azienda. Come conseguenza si richiedono ai lavoratori capacità
sempre maggiori e competenze e conoscenze che necessitano di una più alta
qualificazione, anche a livello scolastico. Queste persone non vedono nel lavoro solo un
mezzo per il sostentamento ma, sempre di più, una fonte di soddisfazione, un mezzo di
costruzione dell’identità personale e sociale. Cambia anche il patto tra azienda e
lavoratori: questi ultimi chiedono successo, crescita culturale e professionale e offrono
efficienza e creatività. L’informatizzazione dell’azienda tocca da vicino la
comunicazione interna, sia dal punto di vista degli strumenti (ad esempio, l’introduzione
della posta elettronica), sia per la tempestività, la capillarità e la possibilità di
segmentare ulteriormente quello che, negli anni Novanta, diventa il pubblico interno.
Si giunge in questo modo all’ultima fase, che arriva fino ai giorni nostri e che
vede la comunicazione interna come leva strategica per lo sviluppo dell’impresa, il cui
8
Del Mare G., Canino A., Azzoni G., Come si comunica all’interno di un’impresa, Lupetti, Milano,
1990, p. 8
9
Santoro G. M., La farfalla e l’uragano, Guerini e Associati, Milano, 1993, p. 124
10
Rif. Del Mare G., Canino A., Azzoni G., op. cit., p. 9
15
committment è il top managemnet e che viene gestita e pianificata, al pari delle altre
funzioni, da una direzione posta a diretto contatto con il vertice aziendale. Nella società
odierna la brevità del time-to-market è indispensabile alla sopravvivenza dell’impresa.
“Ciò che conta, ai fini della competitività, è da un lato la tempestività con cui le aziende
seguono e accompagnano l’evoluzione del sapere tecnologico, dall’altro la velocità con
cui integrano le nuove idee e i nuovi stimoli nel proprio patrimonio culturale, facendoli
diventare sapere comune, nuovi modi condivisi del fare”
11
. L’azienda assume la
conformazione a-rete e va a collocarsi in una società globalizzata, che viene
comunemente denominata società della conoscenza, il cui motore è appunto il sapere.
La comunicazione interna assume così il compito di far circolare tutto l’insieme di
conoscenze, tacite ed esplicite, all’interno della rete. Quindi si tratta principalmente di
una rete di conoscenze in cui circolano le informazioni, si valorizzano il sapere e i
rapporti tra i dipendenti anche attraverso canali informali. Non ci sono quindi, o non
dovrebbero esserci, luoghi privilegiati e non accessibili a tutti in cui si deposita il
sapere, ma ogni nodo ha e deve avere la possibilità di accedere e di diffondere
conoscenze. La struttura snella della nuova forma di organizzazione facilita questa
diffusione attraverso l’abolizione di ostacoli e barriere interni e la riduzione di vincoli
gerarchici e burocratici. La bidirezionalità dei flussi comunicativi e lo stimolo a crearne
di nuovi, orizzontali e trasversali, risponde ancora una volta a questa necessità primaria
dell’azienda. Nel passaggio dall’impresa fordista a quella toyotista, l’abbassamento
della piramide gerarchica è la risposta dell’organizzazione alla necessità di arrivare
prima sul mercato, rispetto ai competitor. In una società, come quella odierna, in cui
l’innovazione è un valore, un’azienda che voglia essere competitiva sul mercato, non
può permettersi di arrivare sul mercato con un prodotto incapace di imporsi per le sue
caratteristiche e fregiarsi del simbolo del nuovo, perché rischia che il prodotto, appena
uscito, sia già considerato vecchio dal consumatore, data la rapidissima obsolescenza
dei beni di consumo. Da qui l’importanza crescente della comunicazione interna ed
esterna, dimostrata dalla grande dimensione degli investimenti e dalla posizione
ricoperta dalla Direzione Comunicazione, o della funzione che di comunicazione si
occupa nell’impresa, nell’organigramma aziendale. In altre parole, investire in
comunicazione interna permette di costruire delle reti di relazione tra collaboratori che
consentono una diffusione rapida e tempestiva del sapere prodotto in azienda e
incentivano la crescita professionale dei dipendenti in modo che le conoscenze di cui
sono in possesso, tacite, possano essere applicate al know-how esistente nell’impresa e,
11
Del Mare G., Canino A., Azzoni G., op. cit., p. 51