Culture Jamming
Marina Lalovic
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Questo nostro studio si concentra sulle tecniche, le attività e
i metodi di un gruppo di persone che ha cercato, e cerca
ancora, in maniera creativa, di fare qualcosa contro la
manipolazione mass-mediologica, concepita come ingiusta.
George Orwell diceva, “ogni scherzo è una piccola
rivoluzione”
2
. Può il Culture Jamming essere questa
rivoluzione in quanto collezione eclettica delle sottoculture
che si oppongono alla manipolazione mediatica? Questo
lavoro vuole dimostrare la validità di tale ipotesi,
analizzando pratiche come il sabotaggio dei media,
l’alterazione dei billboard, l'hacking e i graffitti, che
rappresentano, peraltro, soltanto alcune delle tecniche
della sua attività di resistenza.
Obiettivo del Culture Jamming, grazie a queste molteplici
azioni sovversive, è creare maggiore trasparenza nel
sistema dei media, decostruendo la cornice mediale,
cosicché il consumatore possa divenire conscio
dell'esistenza di rappresentazioni distorcenti. A questo
punto, poste le basi per una comunicazione oggettiva ed
imparziale, sarà possibile porre in opera la ricostruzione del
sistema mediatico.
A volte “è la stessa cultura quella che nasconde molto di più
di quello che rivela e lo nasconde più fortemente proprio dai
2
Orwell G. “Funny, but not vulgar”, The collected essays, journalism and
letters of George Orwell”, Volume 3, 1970; citato da Woodside S. “Every
joke is a tiny revolution”, Amsterdam, 2001
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suoi diretti partecipanti”.
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Con il jamming, giocando
creativamente con i simboli culturali, i jammers sperano di
rompere la facciata di quello che la cultura è diventata: un
ibrido artificiale estraneo a tutti. Essi pensano che la nostra
cultura non ci appartenga più ma rappresenti l’artefatto di
un mondo che gravita intorno a soldi, pubblicità e interessi
aziendali.
“Vivere non come oggetti, ma come soggetti della propria
storia”
4
, rappresenta la migliore sintesi degli obiettivi dei
jammers. Nella tesi, quindi, si pone l'accento sulla
decostruzione della pubblicità, ovvero sull’analisi del
Culture Jamming come un modo alternativo e onesto di fare
comunicazione in quanto la finalità del movimento consiste
nell’acquisizione della consapevolezza nei confronti dei
messaggi pubblicitari che ci “bombardano”
quotidianamente, aprendo la strada al consumismo critico
nella cultura occidentale.
Pertanto si analizzerà sia il movimento sia le pratiche che
hanno dato voce al pubblico dei consumatori, considerati
individui passivi, poiché per la prima volta è stato prodotto
un feedback così significativo da risultare degno di una
3
Hall E.T. “The Silent Language”, 1961; citato da Woodside S. “Every joke
is a tiny revolution”, Amsterdam, 2001
4
Marcus G. “Lipstick Traces – A secret history of the twentieth century”,
Harvard University Press, 1989, cit. Johnny Rotten, pag. 6
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valutazione semiotica e massmediologica equiparabile a
quella delle campagne pubblicitarie.
Proprio per raggiungere l’obiettivo della tesi, cioè quello
dell’analisi di una pubblicità alternativa, è indispensabile
strutturare il lavoro nella seguente maniera .
Il primo capitolo analizza in via preliminare la società dello
spettacolo, cui farà seguito un approfondimento della
comunicazione pubblicitaria in sé al fine di capire le origini e
le cause principali dei problemi attuali del sistema della
comunicazione.
Il capitolo che segue è dedicato esclusivamente al
movimento del Culture Jamming, in particolare
all’organizzazione Adbusters, alle sue origini e a tutte le
tecniche della comunicazione sovversiva. Proprio qui, come
già menzionato sopra, sarà evidenziato lo scopo dell'analisi:
approfondire il feedback rivoluzionario e analizzare le
attività del consumatore consapevole e della reazione
creativa dopo gli anni di ricezione passiva della
comunicazione mediatica.
Il capitolo quattro verte sull’indagine dei più significativi
gruppi dei jammers e sull’analisi approfondita dei billboard
pubblicitari alterati dagli stessi. Il capitolo successivo è
dedicato alle testimonianze, nonché alle interviste degli
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protagonisti dell’attività in questione, sia i jammers italiani
sia quelli operanti sulla scena internazionale.
Lo studio si chiude delineando alcune ipotesi del futuro di
questo movimento e della società in generale.
Secondo noi, infatti, un fenomeno inaspettato, come quello
del Culture Jamming, merita un’analisi profonda come
l’omaggio ad un vero e proprio fenomeno di “contro
pubblicità”.
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CAPITOLO UNO
LA SOCIETA’ DELLO SPETTACOLO
“È senza dubbio il nostro tempo...preferisce
l’immagine alla cosa, la copia all’originale,
la rappresentazione alla realtà, l’apparenza
all’essere...Ciò che per esso è sacro non è che
l’illusione, ma ciò che è profano è la verità.
Anzi il sacro s’ingingatisce ai suoi occhi
via via che diminuisce la verità e l’illusione aumenta,
cosicché il colmo dell’illusione è anche per esso
il colmo del sacro”.
Feuerbach,
Prefazione alla seconda edizione di
“L’essenza del cristianesimo”
1.1. Culture Jamming/l’introduzione alla rivoluzione
contropubblicitaria
La “società dello spettacolo”, di cui parlava Guy Debord,
oggi è l’ossigeno delle nostre vite. Ciò che prima
rappresentava una previsione apocalittica, oggi è la
rivelazione di un terribile incubo: abbiamo assistito al
culmine di un processo che ha inizio con la rivoluzione
industriale analizzata con “Il Capitale” di K.Marx.
Il movimento che in particolar modo eredita questa capacità
di intuire l’avvento della supremazia del mondo
dell’immagine, è senz’altro il Culture Jamming. I jammers,
ispirati ai testi di G. Debord, utilizzando le tecniche di
dadaisti e situazionisti, creano una vera e propria
rivoluzione nella società contemporanea.
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Dare voce al consumatore sonnambulo e creare
bidirezionalità nella comunicazione pubblicitaria sono gli
obiettivi principali del movimento.
Le attività del Culture Jamming non rappresentano niente di
nuovo. Si tratta di un’evoluzione della rivoluzione che dura
ormai da più di un secolo, nata per abbattere il monopolio
che si è creato nel sistema della comunicazione.
Che cosa dunque distingue i jammers dai movimenti
sovversivi del passato? La differenza sta nel contesto. Oggi
la società ha raggiunto l’apice dello sviluppo tecnologico,
creando una realtà del tutto artificiale ma soprattutto
difficile da gestire. Lo sviluppo tecnologico ha aiutato le
democrazia nella comunicazione ma ha altrettanto
aumentato il monopolio della stessa. Di conseguenza è
diventato difficile combattere per un sistema meno
manipolatorio e più sano. Per questo il Culture Jamming
rappresenta un movimento sovversivo nuovo rispetto al
passato, perché è diventato diverso il contesto in cui si
agisce.
Il Culture Jamming rappresenta la forma della resistenza
contro l’omogeneizzazione culturale. Il suo elemento
principale si chiama brandpicking (furto dei brand). Questo
elemento, che rappresenta il cuore del Culture Jamming,
consiste in tre aspetti concettuali rilevanti per la stessa
definizione del movimento: la critica sociale, il divertimento
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e il design.
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Per quanto riguarda il primo aspetto, ovvero la
critica sociale, è necessario dedicare una parte dello studio
alle origini della società dello spettacolo contro la quale i
jammers lottano. La critica sociale dei jammers è
concentrata sulla creazione della consapevolezza sociale,
ambientale, politica ed economica da parte dei cittadini. Uno
degli esempi è la relazione scritta da Kalle Lasn, uno dei
fondatori del movimento, nel suo libro “Culture Jam, The
Uncooling of America”
6
, che enfatizza come il famoso “sogno
americano” induca al falso sentimento del progresso,
creando il problema dell’iperconsumo, la causa principale
della distruzione dell’ambiente. La sua critica è direzionata
verso le multinazionali, che grazie alla supremazia e il
monopolio sui media non risolvono ma addirittura
perpetuano questi problemi.
L’obiettivo dei jammers è creare consapevolezza, anche
indiretta. Indurre le persone a pensare almeno per un
attimo ogni giorno ai problemi globali, significa cominciare a
risolverli.
Il Culture Jamming, in questo senso, rappresenta una
guerra costante delle idee alle ideologie e alle visioni del
futuro.
5
Woodside S. “Every joke is a tiny revolution”, Amsterdam, 2001;
6
Lasn K. “Culture Jam: The Uncooling of America”, Eagle Brook, New York,
1999
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Un secondo aspetto che connota il Culture Jamming è
l'essere divertente. Modificare i messaggi pubblicitari,
interagendo sul design e sulla grafica degli stessi potrebbe
oltre che divertire essere liberatorio, non soltanto per la
creazione di qualcosa di nuovo, ma per la reazione che
provoca verso gli altri.
Un terzo elemento riguarda il design, che nel Culture
Jamming significa l’impegno delle persone a creare il proprio
mondo semiologico attraverso le immagini pubblicitarie già
esistenti. Il disegno, oltre ad essere espressione dell’artista,
diventa una vera e propria attività rivoluzionaria in grado di
svegliare la coscienza delle persone.
Gli artisti contemporanei hanno da sempre utilizzato la loro
arte come il modo per “provocare sé stessi e per liberare
noi”
7
. L’attrazione sta nel fatto che lavorando sui loghi e i
materiali pubblicitari preesistenti, costruiti da aziende
potentissime, si crea un mondo semiologico tutto nostro,
che ci aiuta a svegliare i sentimenti di repulsione verso i
messaggi originari. La marca e la comunicazione
pubblicitaria oggi rappresentano una nuova religione, che
spetta a noi accettare o meno.
Diventare coscienti di questa realtà e combattere per un
mondo diverso ed autonomo potrebbe essere liberatorio.
7
Woodside S. “Every joke is a tiny revolution”, Amsterdam, 2001
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1.2. Guy Debord e l’intuito del fascino perverso della
rappresentazione
Con la prima rivoluzione industriale, i frutti della produzione
sono diventati una merce disponibile per tutti; l’umanità è
finalmente in grado di combattere la carestia, la fame e la
disoccupazione. La produzione rappresenta ancora un
fattore equilibrato in grado di aiutare, e non danneggiare, la
società. Per la prima volta nella storia dell’umanità, la
quantità delle merci potrebbe, in teoria, sfamare l’intera
popolazione mondiale.
Il capitalismo, secondo Marx, si basa sull’accumulazione del
capitale che successivamente viene investito nelle attività
produttive. Il risultato di questo investimento è la
formazione di plusvalore. Con il capitalismo il tempo
necessario per produrre la merce diventa il fattore con il
quale si misura il valore di ogni cosa: il costo di un
lavoratore corrisponde al tempo socialmente necessario al
suo mantenimento.
8
Il problema sorge nel momento in cui il lavoratore non è in
grado ad accedere ai consumi, non avendo più a
disposizione il tempo libero. Questo aspetto rappresenta la
causa principale della crisi del capitalismo così come lo
viviamo oggi. Soddisfatti i bisogni primari, il lavoratore non
8
Debord G. “La società della spettacolo”, Buchet/Chastelm, Paris, 1967
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ha il tempo necessario per accedere al resto delle merci, che
di conseguenza rimane invenduta, provocando la cosiddetta
crisi di sovrapproduzione.
Durante la prima rivoluzione industriale le merci conservano
ancora il loro elemento principale, ovvero la materialità. Il
valore delle merci si compone da quello d’uso e di scambio.
Il valore d’uso rappresenta il consumo materiale della
merce: quello di scambio, invece, indica il suo potere di
circolazione.
Con la crescita della società capitalistica il valore d’uso
perde completamente importanza a favore del valore di
scambio che diventa fondamentale. Tale cambiamento
provoca la totale smaterializzazione della merce, dove il suo
carattere simbolico diventa prevalente rispetto al suo
carattere materiale. Questo rovesciamento dei valori
comporta la loro totale smaterializzazione e rende la merce
sempre di più un’astrazione. Il prodotto finito acquista un
carattere magico, quasi di “feticcio”. È noto che l’uomo, per
sua natura, ha bisogno di credere in qualcosa: che sia una
divinità o un leader carismatico, è indifferente. Spesso
accade che gli idoli, nati per elargire sicurezza e solidità,
finiscano per ergersi contro l’uomo, proprio a causa della
sua perdita di controllo nei confronti degli stessi. Così è
successo con la merce: per l’uomo essa diventa l’elemento
insostituibile della vita quotidiana e per il suo
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riconoscimento sociale. Con il tempo, la merce comincia ad
opporsi e diventa estranea e indipendente, cambiando
completamente il significato e il valore.
“La forma di merce e il rapporto di valore dei prodotti di lavoro nel
quale si presenta non ha assolutamente nulla a che fare con la loro
natura fisica e con le relazioni fra cosa e cosa che ne derivano.
Quel che qui assume per gli uomini la forma fantasmagorica di un
rapporto tra cose è soltanto il rapporto sociale determinato fra gli
uomini stessi.”
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9
Debord G. “La società della spettacolo”, Buchet/Chastelm, Paris,
1967