Il lavoro si articola in quattro capitoli ed in alcune conclusioni finali. Nel
primo capitolo si illustra la storia della Politica Agricola Comune, con
particolare riferimento alle scelte dirette al miglioramento della qualità
agroalimentare, interpretate come diretta conseguenza di un passaggio da
un'economia di carenza, del secondo dopoguerra, ad una di abbondanza,
dei giorni nostri.
Il secondo capitolo, dopo un'introduzione generale sull'annata 1998-99 nel
settore lattiero-caseario, analizza l'eterogeneo comparto delle produzioni
tipiche nelle loro diverse realtà e dimensioni produttive. Inoltre, in base al
ruolo predominante che la distribuzione commerciale ha avuto negli ultimi
anni nel settore alimentare, si è ritenuto necessario dedicare una parte del
capitolo alla sua presenza sul territorio nazionale e all'importanza che gioca
come “filtro” di accesso al mercato.
Il terzo capitolo, entrando nel merito della ricerca, descrive la geografia del
territorio studiato, le sue origini storiche e lo sviluppo della locale
produzione casearia dall'inizio del secolo fino ai giorni nostri,
successivamente ripresa, per lo specifico caso, nel capitolo quarto.
La ricerca, condotta sul territorio stesso, a contatto con la realtà sociale che
ruota intorno al prodotto studiato, ha visto come strumento metodologico
l'intervista guidata, tra la popolazione locale, e l'intervista focalizzata tra gli
operatori del Consorzio di tutela del prodotto. La ricerca per fonti storiche è
stata ostacolata dalla difficile reperibilità dei dati, motivo questo che ha
spinto il Consorzio stesso ad una riorganizzazione della struttura
dell'archivio. Si è preferito quindi lasciare maggior flessibilità agli strumenti
di ricerca, in modo da colmare i vuoti informativi attraverso testimonianze
dirette della popolazione stessa.
Infine, nella parte conclusiva del lavoro, oltre ad esporre i risultati finali e le
conclusioni della ricerca, è stata brevemente aggiunto, in appendice, un
esempio di metodologia di intervento atto a favorire l'inserimento delle
produzioni tipiche in realizzazioni di itinerari eno-gastronomici e di turismo
rurale, contemplati all'interno dell'iniziativa europea denominata LEADER.
CAPITOLO PRIMO
LE PRODUZIONI DI QUALITA’
1.1. LA POLITICA AGRICOLA COMUNE NELL'AMBITO DELLE
PRODUZIONI DI QUALITA'
Negli ultimi anni ci si è sempre più interessati alla tutela della qualità degli
alimenti e grande interesse si è diffuso intorno a questo argomento.
Anche la Comunità Europea conseguentemente si è adoperata per definire
cosa si intenda per qualità. Attualmente, la qualità è legata all'origine
geografica (legame col territorio), alla tradizione della lavorazione e
all'impiego di colture ecocompatibili rispettose dell'ambiente e della salute
dell'uomo.
Il controllo della qualità, nell'ambito della Comunità Europea, nasce e si
sviluppa nell'evoluzione della PAC la Politica Agricola Comune.
Sin dalla nascita della Comunità Europea (1957 con il Trattato di Roma), la
liberalizzazione degli scambi è stato uno degli obiettivi principali della
politica economica.
Tra gli anni '60 e '70 la politica economica europea ha portato all'abolizione
dei dazi doganali, al sostegno dei prezzi e alle restrizioni quantitative per
favorire gli scambi commerciali tra i paesi. Il primo passo ufficiale si è avuto
durante il biennio 1962-64 quando fu istituito il Fondo di Orientamento e
Garanzia Agricola (FEOGA), che fissò i prezzi comuni e la regolamentazione
dei mercati dei principali prodotti agricoli della Comunità
1
.
1
R.Fanfani, Lo sviluppo della politica agricola comunitaria, 1998, Carocci editore,
Roma
Prese così il via la PAC che, in quegli anni, era finalizzata “ad incrementare
la produttività agricola, assicurare un tenore di vita equo agli agricoltori e
garantire la sicurezza degli approvvigionamenti”.
2
Nel settore agroalimentare, le politiche di mercato si attuano attraverso le
OCM, Organizzazioni Comuni di Mercato, cioè regolamenti che disciplinano
tutti gli aspetti del commercio per i diversi alimenti, dalla qualità dei
prodotti alla organizzazione dei produttori.
La liberalizzazione degli scambi, così avviata, ha necessitato, tuttavia, la
creazione di principi e regole comuni per assicurare la qualità delle merci
all'interno della Comunità. Questo aspetto si è rivelato all'inizio
particolarmente difficile per due motivi
3
:
– l'eterogeneità delle legislazioni nazionali dei paesi membri;
ad esempio mentre in Italia non era ancora obbligatoria la dicitura
informativa sulla data di scadenza sui prodotti, negli altri paesi
europei già lo era da prima del mercato comune;
– il diverso modo di concepire la qualità a livello nazionale;
nei paesi nordici la qualità del prodotto è legata al rispetto delle
norme igieniche nella produzione; nei paesi mediterranei, data la
diversità delle produzioni, la qualità si misura in termini di legame al
territorio e tradizionalità dei processi produttivi.
Questi ostacoli furono risolti come si vedrà in seguito, verso la metà degli
anni '80.
Intanto, negli anni '70, la PAC incontra difficoltà non previste: il sostegno
dei prezzi agricoli che si erano stabiliti in precedenza, il diffondersi del
progresso tecnico nelle campagne europee e la più contenuta crescita dei
consumi alimentari portò ad un forte aumento delle eccedenze in settori
importanti della produzione agricola, in particolare per grano, orzo,
zucchero e burro.
Pertanto una prima riforma della P AC fu avviata nel 1972 sotto il nome di
Piano Mansholt (per l'apporto dato all'elaborazione del programma da Sicco
2
R.Fanfani, 1998, p.134
3
Internet: http://www.inea.it/reteleader/pubblica/atti/1-2giugno/giuca1.htm
Mansholt): il piano prevedeva nel corso degli anni '70 una serie di riforme
per ammodernare le aziende, favorire l'aumento dei redditi agricoli oltre che
una riduzione delle terre coltivate per diminuire le eccedenze.
4
Il piano Mansholt, nel corso degli anni '70, non fu applicato in maniera tale
da raggiungere gli scopi prefissati soprattutto a causa della crisi economica
che investì l'Europa di quegli anni, impedendo lo stanziamento di
investimenti necessari all'attuazione della riforma.
Intanto la situazione non andava migliorando: nel periodo compreso tra il
1972 ed il 1988 il volume della produzione CEE aumentò del 2% l'anno, a
fronte di un incremento dei consumi del 0,5%
5
. Si sentì pertanto l'esigenza
di una riforma immediata e più radicale.
La proposta, poi successivamente approvata, fu quella dell'allora
Commissario Europeo per l'Agricoltura, l'irlandese Mc Sharry, e fu
presentata al Parlamento nel 1991; in essa s i stabilivano una sostanziale
riduzione di alcune produzioni (cereali, semi oleosi, latte e tabacco), la
riduzione della spesa effettiva delle Comunità Europea per la politica
agricola (che nel 1990 era arrivata a circa il 55% dell'intero bilancio
comunitario) ed altre misure di accompagnamento che riguardavano da un
lato la promozione di un'agricoltura sostenibile attraverso aiuti per aziende
che utilizzavano colture compatibili con l'ambiente, e dall'altro il
ringiovanimento e l'ammodernamento della conduzione aziendale attraverso
misure per il prepensionamento e l'attivazione di corsi di formazione per
favorire l'inserimento dei più giovani nell'impiego agricolo. Tutti questi
provvedimenti erano volti a dare un nuovo aspetto all'agricoltura: non più
come sola fornitrice di prodotti, ma come mezzo per salvaguardare il
patrimonio ambientale ed umano.
L'insieme delle nuove politiche volte a favorire un'agricoltura più sostenibile
si sono incentrate sulla risoluzione di tre principali problemi:
6
4
R. Fanfani, 1998, p.278
5
Internet:http://europa.eu.it/comm/ dg06/publi/leaflet/02_it.htm
6
F.De Filippis, A.Zezza, La PAC prima e dopo la riforma Mac Sharry, INEA, Roma,
1993
– “pressione dell'evoluzione moderna”, ovvero limitare l'accelerazione
tecnologica in quelle zone dove il fenomeno è andato a danno
dell'agricoltura;
– “declino rurale”, ovvero frenare il fenomeno di spopolamento e/ o
abbandono di terre per il flusso migratorio verso i centri urbani già
sovraffollati;
– “marginalizzazione”, ovvero il fenomeno che si riscontra in molte
zone dove l'accesso è difficoltoso e le risorse naturali sono
scarsamente utilizzabili: il declino rurale in questi casi è ancora più
evidente e tale da far parlare di “desertificazione”
7
Molti fondi sono stati stanziati per il mantenimento e lo sviluppo delle zone
rurali svantaggiate, allo scopo di colmare il divario creatosi con altre zone di
maggiore sviluppo.
All'inizio degli anni '90, furono stanziati dalla Comunità europea 4,1 miliardi
di ECU per finanziare i cosiddetti PIM (programmi Integrati Mediterraneo),
diretti a zone quali Grecia, Spagna e Sud della Francia.
In Italia ne furono approvati 14, la maggior parte a favore di aree dell'Italia
Settentrionale, oltre ad uno specifico programma per le zone lagunari del
delta del Po.
8
Altri progetti, denominati LEADER, creati per le aree marginali, si
preoccupavano in particolare di valorizzare le risorse inutilizzate per creare
nuovi posti di lavoro e rilanciare l'economia locale.
Anche nel campo delle politiche europee sulla qualità, verso la fine degli
anni '80, si verificano importanti cambiamenti.
La difficoltà nel creare norme comuni per assicurare in modo univoco la
qualità dei prodotti portò la Comunità Europea, con la risoluzione
85/c136/01 del 7 maggio 1985, alla decisione di armonizzare i requisiti
essenziali qualitativi che i prodotti devono soddisfare per poter essere messi
7
R. Fanfani, 1998, p.256
8
Rete Nazionale per lo Sviluppo Rurale, lNEA, rete Leader, rivista quadrimestrale
n.1 primavera. 1998
in circolazione sul mercato “mediante regole tecniche sia orizzontali, cioè di
carattere generale, che verticali, ovvero riferite ad un singolo comparto”.
9
Gli ambiti di intervento comunitario, in materia di regolamentazioni
tecniche, prevedevano norme che vanno dalla lealtà degli scambi
commerciali , a direttive su imballaggi, confezionamenti ed etichette, per
garantire la trasparenza delle informazioni al consumatore fino ad arrivare
agli enti pubblici o privati che sul territorio nazionale si occupano del
controllo degli alimenti.
10
Con questi cambiamenti la politica agricola comunitaria si è sempre più
orientata verso una produzione di qualità dei prodotti agroalimentari, legata
all'ambiente e al territorio, cercando di favorire uno sviluppo più equilibrato
delle regioni. Si è infatti preoccupata di ridare il giusto valore alle economie
locali investendo sulla valorizzazione dei loro prodotti (detti “tipici”), spesso
penalizzati da un'eccessiva “artigianalità” di fabbricazione, che li rendeva
più deboli rispetto ad un prodotto di larga diffusione come può essere quello
di produzione industriale.
Contemporaneamente, con l'evoluzione dei mercati, si è passati da una
produzione indiscriminata ad una differenziata, limitata -grazie alle quote di
produzione fissate negli anni '80 - e flessibile in base alle esigenze di
mercato.
“In un mercato europeo che muove verso la globalizzazione, dove i prodotti
agroalimentari devono soddisfare requisiti che siano uguali a tutti i paesi
[...], elemento di differenziazione delle produzioni diventa la qualità [...]”
11
9
Fiera. Agricola, Verona 8-12 marzo 1995, Qualità, territorio, tradizione, 97
ma
fiera
internazionale dell'agricoltura
10
Con riferimento alla legislazione italiana sono state emanate norme che regolano
il controllo ufficiale degli alimenti attraverso le ASL, N.A.S. dei Carabinieri. ICE
(Istituto dei Commercio Estero) e l'ispettorato frodi del Ministero Politiche Agricole.
11
12 Fiera Agricola, 1995, p.11
Difendere, sviluppare e incentivare il modello agricolo europeo: questo è in
sintesi l'obbiettivo che il Consiglio dei Ministri agricoli ha affidato alla
delegazione della Comunità Europea in occasione del “Millennium Round”,
che si è tenuto per sette giorni a Seattle a partire dal 30 novembre 1999,
per negoziare le regole internazionali con i Paesi dell'Organizzazione
mondiale del commercio (Wto). Nel documento presentato si sottolineava la
necessità -per le nuove norme sul commercio internazionale -di assicurare
la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari, la protezione dell'ambiente e
degli animali.
12
Tutto questo interesse verso la qualità alimentare può essere facilmente
spiegato se inserito in un quadro di cambiamenti sociali e nuovi stili di vita
che hanno investito i consumatori. Si parte infatti da un generale aumento
del reddito pro capite, rispetto ai primi anni del dopoguerra, che ha
permesso al consumatore di essere meno “sensibile” al prezzo degli
alimenti
13
; ciò di conseguenza ha spostato la loro attenzione, dalla
preoccupazione del risparmio, ad una sempre maggiore ricerca di valori
qualitativi, oltre che di igienicità, dieteticità e di attenzione all'ambiente.
14
12
Per raggiungere questi obiettivi la CE sarebbe disposta a ridurre le barriere
commerciali all'agricoltura a patto di una migliore protezione per i prodotti europei.
F .Malandrucco, Carrefour Lazio, Mensile di informazione europea, anno II, no 9/10,
sett.-ott. 1999
13
A Giardiello, Prodotti agroalimentari tipici della Campania, Portici, 1995
14
A tal proposito uno studio dell’ISMEA (1991) sui consumi degli italiani. giunge alla
conclusione che: “le principali direttrici che orientano il consumatore moderno [...]
sono quelle del salutismo, edonismo, e della ricerca di un alto contenuto di servizi
negli alimenti che vengono acquistati”.
1.2. I REGOLAMENTI C.E. 2081/92 E 2082/92
Attualmente la Comunità Europea interviene sulla tutela delle
produzioni di qualità con il Regolamento 2081/92, relativo alla
protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni
geografiche dei prodotti agricoli, e 2082/92 relativo alle attestazioni
di specificità.
In particolare, nel Reg. 2081/92, la normativa europea, ispirandosi ai
marchi DOC, ha istituito un tipo di marchiatura avente funzioni simili, ma
riconosciuta a livello comunitario: si tratta del marchio DOP (di origine
protetta), IGP (identificazione geografica protetta) ed AS (attestazione di
specificità).
Nel medesimo Reg., la DOP viene definita come: “il nome di una regione, di
un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese, che serve a
designare un prodotto agricolo o alimentare originario di tale regione, luogo
e paese, le cui qualità o caratteristiche siano dovute essenzialmente o
esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali ed
umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione, avvengono
nell’area geografica delimitata”; per IGP invece si intende: “il nome do una
regione di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve
a designare un prodotto agricolo o alimentare originario di tale regione
luogo o paese di cui una determinata qualità, la reputazione, o un’altra
caratteristica possa essere attribuita all’origine geografica e la cui
produzione e/o trasformazione avvengono nell’area geografica
determinata”.
15
Quindi, sintetizzando, la DOP serve a specificare prodotti le cui
caratteristiche specifiche sono da attribuire a fattori umani e fattori
geografici; l'IGP certifica, invece, che la localizzazione geografica del
prodotto lo caratterizza e ne garantisce l'autenticità.
15
ISMEA. 1999, p.23
L'iter che ha portato all'istituzione dei due regolamenti non è stato di certo
facile.
Le origini risalgono al 1884 con la Convenzione di Parigi, dove si stabilisce la
proprietà industriale delle denominazioni d'origine, e si procede al sequestro
del prodotto in caso di abuso o di falsa indicazione sulla sua provenienza
16
.
Pochi anni dopo, nel 1891, tra i paesi aderenti alla Convenzione di Parigi,
viene istituito l'arrangiament di Madrid, nel quale si danno le direttive
comuni sulla repressione delle denominazioni di falsa provenienza, anche se
usate per insegne, documenti o pubblicità. Il primo grande passo, però,
avviene solo nel 1958 con l'arrangiament di Lisbona, dove si fa un prima
lista delle denominazioni di qualità da proteggere, e si definiscono in sede
comunitaria i requisiti di “proteggibilità” dei prodotti
17
.
Questo traguardo è stato raggiunto grazie al forte impegno di alcuni paesi
membri della Comunità Europea, tra cui spiccano Italia e Francia, che già da
tempo avevano
delle leggi nazionali sulla tutela dei prodotti di qualità e che per questo
erano più favorevoli alla creazione di una normativa comune
18
.
Al contrario, i paesi dell'Europa del Nord, dove vi è una produzione molto
più ristretta di questi prodotti e pertanto si ricorre all'importazione da altri
paesi, hanno presentato una forte opposizione all'istituzione dei
Regolamenti, negandone la reale funzione di differenziazione qualitativa del
marchio.
Tra gli anni '70 e '80, si è cercato di revisionare i due arrangiaments di
Madrid e Lisbona ed anche la convenzione di Parigi, nel tentativo di unificare
la disciplina nell'ambito di una normativa sui marchi e sulle proprietà
intellettuali. L 'accordo finale, dopo ripetuti fallimenti e varie riprese dei
lavori che portarono all'emanazione dei due Regolamenti 2081 e 2082 del
16
ISMEA. 1999, p.30
17
ISMEA. 1999, p.31
18
In Italia era già stata istituita una legislazione su alcuni prodotti di origine (vini.
formaggi, salumi), ed anche una serie di accordi bilaterali: nel 1934 con il
Portogallo, nel 1949 con la Francia. nel 1952 con l'Austria e successivamente nel
1960 e 1975 con Germania e Spagna.
1992, arriva durante l'ottavo negoziato del GATT, chiamato dell'Uruguay
Round
19
, nell'ambito delle trattative sulle proprietà intellettuali (OMPI).
Gli elementi necessari al riconoscimento si possono sintetizzare nei quattro
punti che seguono, rappresentativi sia per la DOP che per la IGP.
Per la marchiatura DOP:
– il nome del prodotto che comprende la zona di origine
– la descrizione delle caratteristiche fisiche e organolettiche
– la delimitazione dell'area geografica di produzione e di lavorazione
– la prova che le caratteristiche del prodotto derivino principalmente da
fattori umani e geografici della zona specificata
Per la marchiatura IGP:
– il nome del prodotto incluso nell'area geografica
– la descrizione delle caratteristiche fisiche e organolettiche del
prodotto
– la delimitazione dell'area geografica di produzione e di trasformazione
– gli elementi che dimostrano come la qualità del prodotto abbia un
forte legarne con la zona di produzione.
La richiesta della marchiatura per un prodotto può essere presentata da
un'associazione e/o consorzio che si occupa della produzione trasformazione
del prodotto. Successivamente la richiesta viene inoltrata al governo dello
Stato di appartenenza che, dopo averla valutata, la presenterà ad un
organismo chiamato “Comitato di Gestione”, composto dai rappresentanti
degli stati membri e presieduto dal Commissario UE che valuterà se i
requisiti inviati siano sufficienti all'accoglimento della richiesta.
19
Si tratta di un accordo multilaterale di vasta portata che interessa tra l’altro tutti i
prodotti agricoli, e che impone la riduzione del 20% in sei anni del sostegno
comunitario all’agricoltura.
R.Fanfani, 1998, p.352