7
popular music è in continuo movimento e mai definitivo,
anche perché influenzata dal contesto. La IASPM sta tuttora
apportando il suo importante contributo per portare alla luce
le innumerevoli sfaccettature della popular music attraverso
simposi biennali nelle università di tutto il mondo.
Si passa poi ad individuare gli ambiti di studio che si sono
interessati di popular music: sociologia, etnologia, i cultural
studies e la musicologia sono sicuramente gli ambiti più
accreditati.
Per raggiungere la conquista del senso si deve considerare la
musica all’interno di un flusso comunicativo; immersa in un
contesto essa produrrà o diventerà segno, acquistando un
valore simbolico rispetto a un referente. La popular music
diventa testo in relazione al contesto a cui si riferisce,
acquistando valore rispetto all’uso che i soggetti fanno del
codice peculiare del testo. All’interno del processo
comunicativo il ricevente a cui ci si riferisce sono
precipuamente le sottoculture. L’analisi del testo prende in
considerazione due modelli fondamentali per la sua
indagine, quello semiotico-testuale e quello semiotico-
informazionale e il modello della competenza per l’analisi
dell’uso del codice.
Il nucleo della ricerca si svolge nel secondo capitolo dove si
prende strettamente in esame il modello generativo del testo
proposto da Greimas – padre della semiotica strutturale –
cercandone un’applicazione nell’ambito della popular
music. La strutturazione del modello è particolarmente
appropriata all’analisi di un testo linguistico e in tal
proposito si mette a confronto la musica con il sistema
linguistico con cui ha delle analogie riguardo alle regole di
formazione grammaticale; tuttavia presenta delle forti
differenze a livello espressivo, cioè nell’enunciato. La
musica riesce a trasmettere ciò che con le parole non si
8
riesce a esprimere. Herman Hesse in La cura scrive della
sua impossibilità a trovare delle parole che possano
esprimere i suoi turbamenti interiori “[…] Ebbene, è proprio
questo, questa doppia vocalità, quest’antitesi in eterno
movimento, questa linea doppia che io vorrei esprimere col
materiale che ho a disposizione, cioè con le parole, e ci
lavoro disperatamente e non riesco”.
La musicologia è la disciplina che affronta più
specificatamente la strutturazione della musica, affrontando
anche il problema espressivo-linguistico. Esso presenta
gravi limitazioni poiché il campo della disciplina è legato
all’ambito della musica “classica”, quindi alla musica scritta
senza tener conto delle sfumature che si vengono a creare
nell’interpretazione della musica popular.
Si passa poi all’analisi del livello profondo attraverso vari
modelli. Non essendo basata sulla forma notazionale scritta,
le strutture sintattiche della popular music sono difficili da
individuare e da analizzare. Anche l’apporto della disciplina
musicologica non delucida le sfumature musicali sulle quali
si basa la popular music, mancando, anche, di un adeguato
vocabolario che possa descriverla. Per la sua natura non
scritta si potrebbe avvicinare a studi di tipo etnologico che si
basano sul rito e sul mito.
Il genere dal canto suo acquista valore semantico nella
nostra analisi del testo musicale, con i suoi codici, le sue
norme e le sue articolazioni. La performance è presa in
considerazione per il suo valore narrativo in quanto atto
performante.
L’analisi passa poi alla fase superficiale, al livello
discorsivo. Su questo piano viene a galla l’aspetto
emozionale che ha radici fisiologiche all’interno dell’uomo
e che la musica provoca e innesca anche in relazione ad un
contesto fruitivo. La musica “muove”, smuove l’anima,
9
unisce e a volte divide a seconda di chi, dove e come viene
ascoltata e attraverso questo si connota di diversi valori. Ed
è perciò che si arriva ad una valutazione positiva o negativa
della musica oggetto in questione e del contesto esperenziale
che la circonda, basandosi su un apparato assiologico. Si è
considerato il testo di musica popular come un diamante
multisfaccettato e si è cercato di analizzare solo alcune di
queste facce cercando di non perdere l’integrità e la
complessità del fenomeno.
Come avevo detto all’inizio di questo percorso, il
destinatario del flusso comunicativo in cui è inserito il
nostro tipo di testo sono le subculture giovanili. Esse
considerano la musica come oggetto di valore in sé e in
rapporto a quello che vuole il soggetto. L’approccio
scientifico in questo caso diventa sociosemiotico e
precisamente arriverà dal centre for contemporary culture
study di Birmingham. La musica diventa parte della cultura
e pratica culturale in sé. Testo e contesto interagiscono
sviluppando valori interni sorreggenti il testo. Entrano in
ballo le questioni di gusto, delineando fratture nei rapporti
sociali e rispetto alle classi dominanti e dei giovani in
rapporto agli adulti. Dalla questione ideologica si passa a
descrivere le pratiche significanti di ogni subcultura
giovanile inglese dal 1956 al 2007.
10
CAPITOLO 1
Il senso della popular music
In questo capitolo si intende, innanzitutto, individuare il
campo di analisi da prendere in considerazione, nella
fattispecie la popular music, spiegarne il significato e le
origini, defininendola per contrapposizione da ciò a cui non
conviene e da cui si differenzia. Si noterà che essa fa parte
di un contesto sociale che rappresenta e da cui è
rappresentata e con il quale instaura un rapporto
comunicativo di cui ne è il mezzo espressivo, il canale e il
messaggio o, secondo la semiotica, il segno; per cui le si
può attribuire senso e per cui diventa testo.
1. Le origini della popular music
(Hey…you) what’s that sound?
1
La popular music viene intesa da molti, anche da molti
addetti ai lavori, “musica popolare”. Essa si distingue da
quello che è un altro ambito di studi e di discorsi: ci si
riferisce alla musica di tradizione orale rispetto al “popolo”
2
considerato con accezione gramsciana. Gli stessi tipi di studi
– di stampo etnomusicologico – in terra anglosassone
sarebbero definiti: traditional music, tesi all’analisi dell’uso
della musica da parte di comunità tradizionali. Rimanendo
geograficamente nello stesso luogo, si percepisce che non
esiste nessuna perplessità a considerare la popular music
campo di studi sostanzialmente diverso da quello sopra
menzionato. Essa viene, infatti, concepita come musica di
larga diffusione che circola attraverso i media, trovando una
1
Les Rythmes Digitales, Darkdenser, Astralwerk, 1999
2
Franco Fabbri, Il suono in cui viviamo, Roma, 2002, p. 11
11
sua ragione d’essere in contrapposizione alla musica “folk”
e alla musica “colta” e “non è necessariamente musica
pop”
3
.
Seguendo una prospettiva storica, la musica, nel XVIII
secolo, acquista valore di scambio – secondo un’ottica
Adorniana – seguendo lo sviluppo del commercio di
prodotti musicali prettamente borghesi; nel XIX secolo la
musica che oggi valutiamo da salotto, viene considerata
popular. Nello stesso periodo, con l’avvento del
romanticismo, le canzoni popular sono sinonimo di canzoni
“contadine”, “nazionali” e “tradizionali”. Più tardi il termine
“folk” sostituisce quello di popular ed indica i prodotti del
music hall e poi quelli di Tin Pan Alley, ma è nel XX secolo
che le aree semantiche di questi termini si intrecciano e
coesistono in diversi usi dei termini. Il termine popular deve
riconfigurare il suo significato poiché anche l’oggetto, che
sta ad indicare, è mutato nel corso del tempo; sono cambiati
i contesti e i rapporti tra chi la produce e chi la fruisce e
anche l’apparato istituzionale di cui si serve per esistere.
Le definizioni che si cercano di attribuirle sono molteplici,
di tipo normativo, negativo, sociologico, tecnologico-
economico
4
: definizioni centrate sul termine “popolare”,
sulla natura “commerciale” e altre sulla musica in termini
generali. Alcune sono basate su un rapporto dicotomico
oppositivo: colta/leggera. La prima considerata seria,
complessa e impegnativa; l’altra semplice, accessibile e
facile, destinata al consumo casuale e distratto, al consumo
commerciale piuttosto che alla fruizione artistica. Questa
divisione sta alla stregua di come Adorno considera la
musica leggera
3
Gianni Sibilla, I linguaggi della musica pop, Milano, 2003, p. 31
4
Birrer, 1985, p. 104, in, Studiare la popular music, Richard Middleton,
Milano, 1990.
12
[…] usa le forme come vasi vuoti in cui la materia viene
compressa senza interazione tra sé e le forme. […] la materia
intristisce e in pari tempo smentisce le forme che non
organizzano più nulla in sede compositiva.
5
Egli considera le canzoni popular: canzonette –alla stessa
stregua di una visione “Sanremese”– preconfezionate per il
consumo da parte di un pubblico alienato dalla società dei
consumi di massa, vittima dell’avvilimento che la musica
leggera la costringe a subire. La sua è una prospettiva critica,
– se si considera la musica come prodotto culturale –
“apocalittica”, per dirla con Eco.
C’è chi riesce ad individuare il “secolo breve della popular
music”
6
, conferendogli uno status quasi biologico: cioè la si
può affrontare come se fosse un essere vivente.
Middleton, dal canto suo, raggruppa le definizioni in due
direzioni. La prima è di tipo positivista e l’altra si indirizza in
termini di essenzialismo sociologico. L’uno di stampo
quantitativo, intende la “popolarità” della musica in base al
numero di vendite ed è sotteso a un’ideologia capitalista.
Questo non aiuta nella ricerca di una definizione, in questi
termini la musica è un mero oggetto benjaminiano, tendente
alla reificazione. D’altra parte, l’approccio essenzialmente
sociologico ha una base qualitativa riferendosi al contesto
sociale in cui la musica è inserita; la qualificazione “popular”
sopraggiunge dal confronto con qualcos’altro o un “altro”
assente.
In definitiva, dice Middleton,
5
Theodor W. Adorno, Introduzione alla sociologia della musica,
Torino, 1971, p. 32
6
Jason Toynbee, in Sibilla, I linguaggi della musica pop.
13
Qualsiasi termine si usi, il suo contenuto non può essere
considerato assoluto. […] La “popular music” (o quant’altro)
può essere inquadrata opportunamente soltanto come
fenomeno mutevole dell’intero campo musicale; e questo
campo, insieme ai suoi rapporti interni, non è mai immobile –
è sempre in movimento.
7
Quindi la musica, nella fattispecie, popular è un campo di un
campo (un metacampo) che è sempre in movimento quindi
mai definibile e identificabile.
“Questo fenomeno di indecifrabilità della popular music ha
incuriosito le menti di accademici considerati outsider”
8
che
si sono organizzati sotto il nome di IASPM ( International
Association for the Study of Popular Music). Questa
associazione nasce con l’assunto base che per comprendere
la popular music si sarebbe dovuto considerarla come un
oggetto multidimensionale e in quanto tale poteva essere
studiata applicando a tale campo varie discipline
accademiche. In questa sede si cercherà di applicare dei
modelli semiotici alla fruizione della popular music,
considerata come testo, in modo da verificare come essa
generi senso. Ci si avvalerà altresì dell’aiuto di assunti
sociologici per posizionarla all’interno di un contesto.
7
Richard Middleton, Studiare la popular music, Feltrinelli,
Milano,1997.
8
Simon Frith, in Francesco D’amato, Sound Track, Roma, Meltemi,
1997.
14
2. Le tracce della popular music nel mondo accademico
Questo fine settimana, ad Amsterdam, professoroni
provenienti dai quattro angoli della terra si incontreranno
all’Università di Amsterdam per la prima Conferenza
Internazionale sulla Popular Music. Tra un party e l’altro,
questi signori giovani e seriosi, con barbette a punta e
occhiali, discuteranno su questioni d’importanza vitale come
“Dio, moralità e significato nelle recenti canzoni di Bob
Dylan”. Ci sarà da morir da ridere […]
9
Così scriveva il New Musical Express nel 1981 all’apertura
delle conferenze della IASPM. In tono alquanto sarcastico
dalle parole del giornalista si evince un totale disinteresse e
scetticismo a considerare la popular music oggetto di ricerca
scientifica (intendendo il campo delle scienze umanistiche)
anche se lo è diventata, in parte, spinta da se stessa. Il
cambiamento è stato causato dalla società post-capitalista
che ha spinto la musica al mutamento dei suoi contenuti e
della sua struttura, sottoponendola, quasi forzosamente, ad
oggetto di indagine. Tagg fa un elenco di punti rispetto a
questo sviluppo; ne citerò alcuni:
[…] (1) un notevole incremento che la musica occupa nei
bilanci di tempo e denaro dei cittadini nel mondo
industrializzato; (2) mutamenti nella struttura di classe che
portano alla formazione di gruppi definiti socio-culturalmente
(come i giovani studenti o disoccupati che si trovano in una
sorta di limbo tra l’infanzia e l’età adulta) e al loro bisogno
di identità collettiva; […] (5) lo sviluppo di nuove funzioni
musicali nei media audiovisivi; (6) la crisi dovuta alla
“mancanza di comunicazione” della musica colta occidentale
9
Fonte presa dal New musical Express, 1981, in Philip Tagg, Popular
Music: da Kojak al rave, Bologna, Clueb, 1994.
15
moderna e il ristagno della musica ufficiale nei suoi modelli
storici; (7) lo sviluppo di un paesaggio sonoro a bassa fedeltà
forte, permanente e meccanico e il suo “riflettersi” in una
musica elettrificata con impulso regolare […]
10
Questi possono essere considerati come punti di indagine
che hanno portato a sviluppare un’analisi in senso
sociologico.
2.1 La prospettiva sociologica
Tenendo conto di quanto su detto la musica popular diventa
campo di indagine interdisciplinare. Se ne trovano i primi
segni nella sociologia “classica” prendendo in esame le
connessioni tra le forme estetiche e il contesto sociale nel
XIX secolo con l’etichetta di sociologia della musica.
Partendo da Weber che “prende in considerazione la
costruzione sociale della musica in quanto “tecnica”
11
, in
Blaukopf si nota come “l’oggetto della sociologia della
musica è costituito dalla produzione e riproduzione della
musica nel processo storico di sviluppo della società”
12
. Si
analizza la funzione sociale che essa è portata ad assumere.
Kneif attacca questo concetto che ci devia dal considerare
l’oggetto musicale per il suo valore. La musica può essere
simbolo oppure immagine della società riflettendo uno stato
di cose sociali. Il già citato Adorno considera la musica
all’interno della teoria critica della cultura di massa posta
all’interno di una logica di mercato liberista – come viene
considerata anche da Philip Tagg – studiandola come una
merce legata a bisogni e significati del consumo. In questo
10
Philip Tagg, Popular Music: da Kojak al rave, Bologna, Clueb, 1994.
11
Francesco D’amato, Sound Track, Roma, Meltemi, 2001.
12
Ibidem.
16
rapporto il fruitore diventa uno pseudo-individuo manipolato
dai falsi bisogni indotti da un potere più alto. Le forme
estetiche – in questo caso musicali – di una cultura nelle
quali si riconosce una società sono il mero riflesso di essa.
Passando per i “ fatti” musicali di Silberman che analizza
secondo un analisi struttural-funzionale i gruppi
sociomusicali, si arriva a Supicic che elabora una tipologia
dei condizionamenti, storici ed estetici, diretti ed indiretti,
che possono influire su aspetti diversi della musica.
Queste analisi hanno in sé dei limiti che hanno portato a
concepire la musica come oggetto esperenziale che riporta al
concetto di azione sociale in una struttura (funzionalismo).
L’esperienza e le pratiche musicali sono un aspetto studiato
dall’etnomusicologia. Prezioso è il contributo di John
Blacking che considera la biografia personale come rilevante
per la produzione di significato di certe forme musicali, per
le emozioni e i piaceri che possono provocare.
Simon Frith trova le origini dello studio accademico “della
musica pop e rock” nella sociologia fin dagli anni ’30 e non
nella musicologia, come si potrebbe pensare. Egli si occupa
di due preoccupazioni “non musicali”: il significato della
cultura di massa e lo studio empirico della gioventù.