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politico-sociali di tutti i Paesi del mondo, anche quelli più
sviluppati o che amano definirsi civili!
Siamo nell’era della globalizzazione: merci e persone
transitano da un Paese all’altro agevolmente, anche con
lasciapassare falsi procurati illegalmente, andando spesso ad
incrementare le attività illecite della criminalità organizzata
“glocale”, globale e locale al tempo stesso.
Si è parlato di un business da capogiro: ben 32 miliardi di
dollari sembrano ruotare intorno al mercato complessivo della
tratta! Solo 10 miliardi derivano dalla “vendita” iniziale delle
persone e i restanti 22, costituisco i proventi delle attività
illecite.
Organizzazioni internazionali e nazionali, governi, ONG e
associazioni di volontariato interessate al problema, da anni si
adoperano per incanalare i loro sforzi nella lotta alla tratta.
Tuttavia, la mancanza di dati precisi, dovuta all’invisibilità del
fenomeno, rende assai difficile debellare il problema. “I
governi devono impegnarsi di più! […] Gli interventi vanno
moltiplicati in tre aree specifiche” afferma il Direttore
Esecutivo dell’UNODC, Antonio Maria Costa. Innanzitutto è
necessaria la “Riduzione della domanda di beni sottocosto,
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frutto del lavoro forzoso e delle prestazioni offerte dal “sex
market”, in secondo luogo occorre un “incremento delle
normative persecutorie contro i criminali che sfruttano la
vulnerabilità dei soggetti poveri dei Paesi meno sviluppati”ed
infine, “l’aumento dei programmi di protezione e di tutela
delle vittime, in particolare donne e bambini
2
”.
“Il numero irrisorio di condanne per traffico di esseri umani è
un problema che va affrontato risolutamente”, aggiunge
Costa. Molto spesso i trafficanti traggono vantaggio dalla
precarietà dei governi locali dei Paesi più poveri o dilaniati da
conflitti interni. Sistemi giudiziari e apparati di pubblica
sicurezza deboli costituiscono, infatti, motivo di grande
preoccupazione.
Se l’obiettivo ultimo della cooperazione internazionale è
quello di porre fine al problema, o quanto meno di arginarlo là
dove possibile, è necessario che le diverse realtà, pubbliche e
private, istituzionali e non, adottino una strategia globale di
lotta al fenomeno che cerchi innanzitutto di accrescere la
consapevolezza generale sul problema ed, in secondo luogo, di
2
Dichiarazione rilasciata da Antonio Maria Costa, in occasione della Global Initiative to Fight
Human Trafficking, lanciata dall’UNODC, il 26 Marzo 2006 a Londra. Fonte:
http://www.unodc.org/unodc/en/press_release_2007_03_26.html
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promuovere azioni sinergiche di cooperazione a tutti i livelli:
sopranazionale, nazionale e locale.
Trovare strumenti di comunicazione efficaci per sensibilizzare
le coscienze di tutti, semplici cittadini e operatori di settore,
non è cosa facile. I media di tutto il mondo sono chiamati a
riflettere sull’importanza del ruolo che essi assumono, nel
veicolare messaggi corretti.
In questo lavoro mi ripropongo di analizzare le campagne di
comunicazione, a mio avviso più significative, che sono state
prodotte negli ultimi anni, e a livello globale e a livello locale.
Ovviante la prima parte dell’elaborato fornisce una
panoramica puramente storico-ricostruttiva del fenomeno.
Descrivere lo scenario all’interno del quale si colloca il
problema (da un punto di vista storico, fenomenologico,
geografico e giuridico) diventa imprescindibile nel momento
in cui si vogliono individuare delle tecniche efficaci di
comunicazione. Conoscere e capire il problema di cui si vuol
parlare, rappresenta il primo step che ogni buon comunicatore
dovrebbe compiere!
E’ facilmente deducibile che l’ampiezza della problematica
affrontata e la multidirezionalità in cui essa sfocia, non
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permette in tale contesto, una trattazione esaustiva
dell’argomento.
Segue l’analisi di due importanti campagne sociali lanciate a
livello globale: la campagna “Anti-Human Trafficking”
realizzata dal dipartimento delle Nazioni Unite per la lotta alla
droga e al crimine organizzato (UNODC), e la campagna “Not
for sale”, promossa dal Consiglio d’Europa nel 2006.
Esaurita la disamina della comunicazione sul tema a livello
globale, nel Capitolo III l’attenzione si focalizza invece sul caso
italiano. Come viene percepita la tratta degli esseri umani
dalla nostra società civile? E quali sono le modalità adottate
dalle nostre istituzioni e dalle organizzazioni di volontariato,
per diffondere una maggiore consapevolezza sul problema?
L’analisi dei progetti e delle campagne più significative
promosse sul territorio nazionale e regionale, ci permetteranno
di comprendere meglio quale è il livello di percezione del
problema in Italia, e quanto ancora andrebbe fatto per cercare
di arginarlo.
In definitiva, il lavoro offre al lettore uno sguardo trasversale
sulle modalità comunicative più efficaci adottate per
contrastare il problema. Partendo dall’alto, dalla più ampia e
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generica dimensione globale, lo studio penetra sempre più in
profondità, passando per la dimensione nazionale ed infine
per quella regionale.
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CAPITOLO I
LA DESCRIZIONE DEL FENOMENO
Sommario: 1.1 Definizioni di tratta; 1.2 Collocazione storica del fenomeno;
1.3 Reclutamento, trasferimento e tipologie di sfruttamento; 1.4 I soggetti
coinvolti: trafficanti e vittime; 1.5 Tendenze di diffusione globale.
1.1 DEFINIZIONI DI TRATTA
Nel corso del tempo sono state date molteplici definizioni di
tratta. L’incertezza nel delineare confini semantici specifici
scaturisce dalla natura del fenomeno stesso, di per sé
dinamico, capace di assumere le forme più diverse nei vari
contesti nazionali e di mimetizzarsi spesso tra le altre
problematiche di interesse sociale, come la prostituzione e
l’immigrazione clandestina.
E’ necessario premettere, a tal proposito, che l’espressione
“traffico internazionale di persone”, con la quale s’intendono
genericamente “tutte le forme di attività criminose che si fondano
sul trasferimento illegale di persone da uno Stato all’altro
3
”,
3
Aa. Vv., Azioni in favore del reinserimento socio-lavorativo delle vittime della tratta, Conferenza Europea di
Torino, 24-25 Ottobre 2003, Ministero per le Pari Opportunità, Demetra atti e interventi, Roma, 2004.
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comprende due diverse tipologie di condotte criminali. Il
traffico, finalizzato allo sfruttamento delle persone che ne sono
oggetto, noto in Italia col nome di “tratta” (in inglese,
“Trafficking of human beings”) ed il contrabbando di migranti, o
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, conosciuto
col nome di “smuggling of migrants”.
Tuttavia, nell’ultimo decennio, l’interesse crescente per il
fenomeno da parte di numerose organizzazioni internazionali
e associazioni non governative e la necessità di combatterlo a
livello sopranazionale con una regolamentazione giuridica
efficace, ha generato definizioni sempre più precise.
In ambito europeo, la prima formalizzazione terminologica
risale alla Convenzione di applicazione dell’Accordo di
Schengen del 19 giugno 1990, che definisce lo smuggling come
“l’insieme delle azioni intese ad agevolare deliberatamente a scopo di
lucro e in violazione delle leggi esistenti, l’ingresso e il soggiorno o il
lavoro nel territorio degli stati Membri dell’Unione Europea”. Con
tale precisazione, la distinzione trafficking-smuggling diviene
sempre più netta e la “tratta degli esseri umani”, inizia ad
acquisire una propria autonomia semantica.
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Sei anni dopo, sarà il Parlamento Europeo, con la Risoluzione
sulla tratta degli esseri umani del 18 gennaio 1996, a definire la
tratta in modo ancora più puntuale come “l’atto illegale di chi,
direttamente o indirettamente, favorisce l’entrata o il soggiorno di un
cittadino proveniente da un paese terzo ai fini del suo sfruttamento
utilizzando l’inganno o qualche altra forma di costrizione o abusando
di una situazione di vulnerabilità o incertezza amministrativa
4
”.
Successivamente, con la Decisione Quadro del Consiglio
dell’Unione Europea del 1998, la definizione di tratta verrà
ulteriormente specificata come “l’atto di sottoporre una persona
al potere reale e illegale di altre persone ricorrendo a violenze o a
minacce o abusando di un rapporto di autorità o mediante manovre,
in particolare per dedicarsi allo sfruttamento della prostituzione
altrui, o forme di sfruttamento e di violenza sessuale nei confronti di
minorenni o al commercio connesso con l’abbandono dei figli. In tali
forma di sfruttamento sono comprese le forma di produzione, vendita
o distribuzione di materiale pedo-pornografico”.
In tale contesto d’incertezza lessicale si è posta l’esigenza di
fare riferimento a definizioni internazionalmente riconosciute
4
Aa. Vv., La tratta di esseri umani: principali norme e disposizioni, Ministero dell’Interno,
IOM, Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dipartimento per le Pari Opportunità,
Roma, marzo 2005.
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e di individuare strumenti di contrasto applicabili a livello
globale. Con tale finalità, l’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite, in occasione della Conferenza di Palermo del 2000, ha
elaborato una Convenzione contro il crimine organizzato
transnazionale con annessi due protocolli addizionali: Protocol
against the Smuggling of Migrants by Land, Air and Sea, sul
traffico di migranti e Protocol to Prevent, Suppress and
Punish Trafficking in Persons, Especially Women and
Children, sulla tratta di persone.
L’art. 2, lettera (a), del primo protocollo definisce l’espressione
“traffico di migranti” come il “procurare, al fine di ricavare,
direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale,
l’ingresso o la permanenza illegale di una persona in uno Stato parte
di cui la persona non è cittadina o residente permanente”.
La definizione di tratta, contenuta nel secondo protocollo
menzionato, è certamente oggi una delle più accreditate,
poiché ingloba le diverse tipologie di sfruttamento e tutte le
potenziali vittime. L’art. 3, lettera (a) afferma che “La tratta è il
reclutamento, il trasporto, il trasferimento, il dare alloggio o
accoglienza a persone, tramite l’uso o la minaccia dell’uso della forza
o di altre forme di coercizione come il rapimento, la frode, l’inganno,
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l’abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite l’offerta
o l’accettazione di somme di denaro o altri vantaggi finalizzati ad
ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a
scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende come minimo lo
sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento
sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, la schiavitù o pratiche
analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi”.
L’articolo 3 del Protocollo di Palermo pone fine ad anni di
contrasti sulla definizione del fenomeno, e quindi ad interventi
modulati sui differenti punti di vista quali migrazioni,
prostituzione, criminalità etc. Ad oggi, quasi 60 Stati hanno
ratificato il protocollo (l'Italia lo ha fatto nell'agosto del 2006),
contribuendo così ad uniformare e concentrare gli sforzi nelle
azioni di contrasto alla tratta.
Se sul piano giuridico si è ritenuto opportuno tracciare una
linea di demarcazione netta che distinguesse i due fenomeni,
sul piano empirico è emersa progressivamente la stretta
correlazione esistente fra fenomeno migratorio, tratta e
immigrazione clandestina. Da un punto di vista strettamente
concettuale, molti esperti in materia hanno definito la tratta e
l’immigrazione clandestina come una patologia del fenomeno
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migratorio. Mentre quest’ultimo va inteso come lo
spostamento volontario e legale (che avviene con idonea
documentazione) di un soggetto dal proprio paese di origine
ad un paese terzo, con l’espressione tratta s’intende invece lo
spostamento illegale di un soggetto, coercitivo o indotto con
l’inganno, dal proprio paese d’origine ad un paese terzo, al
fine di sfruttarne il corpo.
L’immigrazione clandestina, invece è lo spostamento
volontario, ma con mezzi illegali, di un soggetto dal proprio
paese d’origine ad un altro paese. Sono entrambe fattispecie
irregolari del fenomeno migratorio che, spesso, presentano
tratti comuni:
- fattori di attrazione per tutti i soggetti che decidono di
emigrare al fine di migliorare le loro condizioni di vita
e quelle delle famiglie di appartenenza.
- condizione di vulnerabilità psicologica che
contraddistingue le vittime di tali fenomeni, che
giungono in un paese straniero, con documenti falsi,
senza conoscere la lingua, con la sola speranza di un
futuro migliore.
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I fenomeni considerati tendono spesso a sovrapporsi, poiché
un percorso migratorio regolare è spesso sfociato in fenomeni
di illegalità, nonché di sfruttamento o viceversa.
Tuttavia il trattamento giuridico-sanzionatorio destinato ai
due fenomeni è diverso: il reato di tratta di esseri umani
prevede pene assai più severe rispetto a quelle previste per il
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Inoltre mentre l’immigrazione clandestina ha carattere
internazionale, cioè prevede spostamenti da un paese all’altro,
il fenomeno della tratta può verificarsi anche all’interno di uno
stesso paese (tratta intra-regionale).