7
quello che è il tema strettamente connesso in questa mia ricerca:
il turismo.
Quest’ultimo dalla sua nascita ad oggi ha subito ovviamente
dei mutamenti; quello che si va affermando oggi è il cosiddetto
“turismo culturale”, fatto non solo di classiche visite a musei,
Chiese e monumenti, ma comprendente tutto ciò che rappresenta
la cultura di un territorio, la vita di una popolazione.
Un turismo curioso di “divorare” tutto ciò che si riferisce a
ciò che Mac Cannell definisce, l’autenticità di un territorio: si va
dai prodotti tipici, alle sagre, alla scoperta delle tradizioni, tutto
per rivivere il passato di un determinato luogo.
Museo quindi conservatore di una memoria, ma soprattutto
di un passato per dirla alla De Varine, che “suona” come le
“radici del futuro”.
Il museo è un buon strumento che può contribuire a dare un
valore aggiunto alla valorizzazione di un patrimonio.
E’ qui che si inserisce la mia ricerca svolta sul Museo demo-
etno-antropologico e storico di Piana delle Orme, a Borgo Faiti,
in provincia di Latina.
Esso è nato dalla passione del collezionista Mariano De
Pasquale e in pochi anni ha raggiunto un numero di reperti
storici legati alla zona pontina da record dei primati, e
8
rappresenta con i suoi sedici padiglioni espositivi la storia e
l’immagine del territorio pontino dagli anni della Bonifica a
quelli del Dopoguerra.
Si indagherà se questo museo possa contribuire a rafforzare
l’immagine del territorio in cui è inserito, attraverso l’analisi
della sua ricca esposizione, scaturita da diverse visite da me fatte
al museo, corredate da fotografie.
Ma soprattutto come può questa realtà museale promuovere
il patrimonio locale e l’immagine turistica di Latina, attraverso
degli spunti pratici suggeriti da Le radici del futuro. Il
patrimonio culturale al servizio dello sviluppo locale di De
Varine.
Per fare ciò è necessaria la collaborazione di Enti pubblici o
un museo privato può con le proprie forze contribuire allo
sviluppo del suo territorio in ambito turistico?
Elementi importanti per rispondere a questi quesiti,
emergono dall’intervista alla Direttrice di Piana delle Orme, la
Dott.ssa Alda Dalzini.
Nell’ultima parte ho analizato la collezione di grande portata
ospitata da Piana delle Orme, per mettere in luce se questa
rifletta il territorio pontino e se lo fa, quanto può integrarsi con
esso al fine di dare contributi allo sviluppo locale.
9
Si avanza alla luce di ciò una proposta: può un museo come
Piana delle Orme creare un Centro di Ricerca delle Tradizioni
Pontine? Quali collaborazioni sono necessarie per realizzare ciò?
Quali figure professionali sono indispensabili per la
promozione locale?
L’evoluzione della comunicazione museale porta con sé dei
cambiamenti nelle competenze e nei profili professionali
specifici per le esigenze, ormai assai diversificate, legate alla
realizzazione ed erogazione di servizi di comunicazione,
educazione e didattica per i musei ed il patrimonio culturale.
Tutti i propositi indagati hanno bisogno dell’apporto di
adeguate professionalità, sensibili ad individuare le potenzialità
di un patrimonio; si cercherà di individuare come.
11
1.1 In nome delle Muse: l’origine dei Musei
Il museo si può leggere come una sintesi critica dell’epoca
che lo produce, ossia l’evoluzione della sua forma, indice di
importanti cambiamenti culturali.
Per collocarlo in una dimensione storica, diciamo che esso
compare tra il Rinascimento e l’Illuminismo, anche se potremmo
considerare radici ben più lontane. Sembra che il greco Strabone
sia stato il primo storiografo del Museo della Biblioteca
d’Alessandria, costruita nel III secolo A. C., la quale aveva
accanto il tempio delle Muse, da cui deriverebbe il termine
Museo stesso.
1
Gli umanisti più tardi furono collezionisti di antichità: tra il
XV e XVIII secolo in tutta Europa si sviluppò questa pratica.
Il collezionista fu l'uomo simbolo del secolo a cavallo tra
Cinquecento e Seicento, anche se nel XV secolo le collezioni
archeologiche erano ancora un fenomeno ristretto a principi e
umanisti e i centri più importanti, con caratteristiche tra loro
molto diverse, erano il Veneto, Roma, Firenze e le signorie
dell’Italia centrale.
1
R. Schaer, Il Museo. Tempio della Memoria, Trieste, Electa
Gallimard, 1996
12
A Firenze la scarsità di reperti in loco orientò il
collezionismo fiorentino del Quattrocento verso forme
umanistiche; sono soprattutto studiosi, scrittori e storici a
raccogliere monete e frammenti come materiale di studio per la
ricostruzione dell’antico portata avanti parallelamente da poeti
ed artisti.
2
Il collezionista aveva una duplice motivazione: raccogliere
oggetti d’arte precisi, quali monete, statue o arabeschi, ma anche
raccolta di oggetti misti i quali si proponevano di ripetere in
piccolo la natura.
In particolare si affermò l’amore per le medaglie nel 1600 e
Francesco Petrarca fu il primo a mostrare un deciso interesse per
l’antico dando forma ad una piccola collezione nel suo studiolo
di Arquà, dove conservava medaglie e antiche monete che più
tardi donò a Carlo IV di Boemia.
A Roma invece vi era un uso particolarmente politico delle
antichità, che trovò la sua espressione più evidente nel 1471
quando Sisto IV restituì al popolo romano le statue antiche
conservate in Laterano trasportandole in Campidoglio,
precisamente al Palazzo dei Conservatori.
2
Dalla sezione Collezionismo archeologico nel Quattrocento del sito:
www.italica.rai.it
13
Nel 1505 prese forma la più celebre collezione di antichità di
tutta Italia: per volere del Papa, Bramante creò un cortile con
delle nicchie, all’interno del Vaticano, destinato ad ospitare le
più rinomate statue antiche del tempo tra le quali l’Apollo del
Belvedere, il Laocoonte e la Cleopatra.
Ma a questa data il collezionismo archeologico stava già
mutando, tralasciando la strumentalizzazione storica e politica
per divenire più curato dal punto di vista dell’allestimento e
dell’esposizione ai fini di un prestigio basato sulla cultura,
ricchezza e raffinatezza rivendicato da famiglie di vecchia e
nuova nobiltà.
La parola museo, è già stato detto, deriva dalle dediche alle
divinità romane, ossia alle muse. Nel 1536 lo storico Paolo
Giovio
3
commissionò presso il lago di Como la costruzione di
una villa, da lui chiamata poi Museo, che destinò alla raccolta di
ritratti di uomini illustri. Nella città di Como oggi gli è dedicato
il “Museo Archeologico Paolo Giovio”.
Riguardo ai luoghi in cui venivano conservati gli oggetti, si
passò dalla studiolo all’ostentamento della collezione e del
3
Paolo Giovio (Como 1483 - Firenze 1552). Divenne medico a Pavia,
ed esercitò la professione prima a Como e a Milano, poi a Roma, al
servizio di Giulio II e Leone X. Passò poi al servizio di Clemente VII,
che nel 1528 lo nominò vescovo di Nocera de’ Pagani.
14
collezionista, sistemando all’aperto tutto, per la volontà di
proiettare all’esterno la propria ricchezza.
Un’ampia trattazione riguardo la nascita del collezionismo,
la offre l’antropologa Lucilla Rami Ceci, in Porcellane, ninnoli
e martingale, ovvero l’elogio dell’effimero, nel quale offre
un’analisi della pratica del collezionismo presso le diverse
culture, prediligendo nella sua trattazione, il tema dell’effimero.
Oggetti apparentemente inutili, come le “porcellette”,
4
vennero introdotte nelle collezioni e qui ebbero successo,
secondo la logica che Godelier chiama “agire di consumo”, per
cui <una serie di elementi concorrono a determinare
l’accettazione da parte degli individui di ogni bene nuovo che
entra a far parte dell’universo delle merci e che questi elementi
non sono assolutamente di natura economica>.
5
Alla fine del 1700 cominciarono a sparire queste porcellane,
perché le fabbriche appena nate producevano in serie oggetti di
ogni genere a costo minore. Tornando al collezionista, egli si
identifica con il nuovo borghese arricchitosi, il quale attesta con
il collezionismo la propria posizione sociale rispetto agli altri.
4
Ceramiche cinesi riportate in Europa da Marco Polo.
5
L. Rami Ceci, Porcellane ninnoli e martingale, ovvero l’elogio
dell’effimero, Roma, Armando, 2002, 43
15
Fu poi l’osservazione ad avere il peso tra il 1500 e il 1700 in
quanto i collezionisti sentirono l’esigenza di un confronto diretto
con gli oggetti che potrebbero essere scambiati, dando vita ad un
proliferare di viaggi studio per il reperimento e lo scambio di
questi.
Molte corti europee seguirono la moda italiana e si diffusero
altre forme di collezione come il cabinet, il gabinetto di
curiosità, raccolta di stranezze d’ogni genere.
Dai gabinetti di storia naturale i quali raccolgono minerali,
piante ed animali ai musei della scienza tecnica, si arriva poi alle
collezioni di opere di artisti defunti.
Le collezioni cominciarono a divenire pubbliche
permettendo a tutti o quasi, di ammirare le opere raccolte. I
sovrani capirono l’importanza della divulgazione e aderirono
alle varie iniziative: Luigi XV aprì nel 1750 la Galleria del
Palazzo del Luxembourg.
Sorgevano anche le collezioni specializzate, in cui le opere
venivano divise per discipline, facendo rivedere le disposizioni o
classificazioni degli oggetti e delle opere all’interno dei Musei.
Con la rivoluzione francese ci si rese conto dell’importanza di
salvaguardare le opere e le ricchezze di una nazione relegando
questo compito allo Stato stesso.
16
Vennero così istituiti altri musei deputati a deposito dei
monumenti francesi e furono scritti manuali dedicati alla
conservazione dei beni; considerate le numerose opere da
mantenere, i francesi decisero di spostare le opere in più musei
sparsi per le province della nazione.
Si diffuse nel 1800 il culto per l’arte antica, sorsero i musei
dell’antichità e nacque l’amore per l’antico Egitto, il tutto legato
al gusto dell’archeologia che si sviluppò in quel periodo.
Dal Museo storico di Versailles al British Museum: tutti si
adoperano ad ampliare il numero dei pezzi esposti al proprio
interno.
A fine 1800 si fecero avanti le iniziative private, come quelle
che contribuirono alla costruzione del Metropolitan Museum of
Art di New York.
Dopo la prima Guerra Mondiale invece la novità che
caratterizzò i musei fu quella di dare spazio agli artisti
contemporanei, anche se in seguito, dal secondo dopoguerra ad
oggi, il museo è stato investito da crisi ricorrenti che ne hanno
messo in discussione l’impianto tecnico, poi il modello
espositivo e infine il modo di fare didattica, ma soprattutto il
modello del museo in quanto consumo.
17
Nel 1946 nacque l’Icom (International Council of
Museums), appena dopo la fine della Seconda Guerra mondiale,
per iniziativa di Chauncey J. Hamlin, Presidente dell’ American
Association of Museums, con l’obiettivo di diffondere la
reciproca conoscenza fra le culture come base comune per la
pace. E’ un’organizzazione senza fini di lucro, in gran parte
finanziata dalle quote dei suoi aderenti e grazie al sostegno di
diversi organismi pubblici e privati.
L’ International Council of Museums si può definire come
“l’organizzazione internazionale dei musei e dei professionisti
museali impegnata a preservare, ad assicurare la continuità e a
comunicare il valore del patrimonio culturale e naturale
mondiale, attuale e futuro, materiale e immateriale”.
6
Recentemente sono sorti gli ecomusei, termine concepito da
Hugues De Varine durante una riunione con Georges Henri
Rivière, all'epoca rispettivamente direttore e ex-direttore e
consigliere permanente dell' Icom e Serge Antoine, consigliere
del Ministro dell'Ambiente.
7
Il termine fu usato per la prima volta nel 1971 in un
intervento dell'allora Ministro dell'Ambiente francese, M. Robert
6
Sito dell’Icom Italia:www.icom-italia.org
7
Rivista ondine sugli ecomusei:www.ecomusei.net
18
Poujade, che l'utilizzò per qualificare il lavoro di un ministero in
piena creazione.
Gli ecomusei inizialmente, realizzati ben prima che
assumessero questa definizione, furono pensati come strumenti
per tutelare le tracce delle società rurali in un momento in cui
l'urbanizzazione, le nuove acquisizioni tecnologiche e i
conseguenti cambiamenti sociali, rappresentavano un rischio
reale di completo oblio di un patrimonio culturale millenario.
L' ecomuseo interviene sullo spazio di una comunità, nel suo
divenire storico, proponendo come oggetti da museo non solo
appunto gli oggetti della vita quotidiana ma anche i paesaggi,
l'architettura, il saper fare e le testimonianze orali della
tradizione. La portata innovativa del concetto ne ha
inevitabilmente determinato la conoscenza ben oltre l'ambito
propriamente museale.
Prende forma l'idea di un museo in un periodo storico che è
stato di volta in volta definito della modernità, o della
modernizzazione. Nei primi anni Settanta del Novecento,
massima è stata la concentrazione di proposte e progetti in cui è
riconoscibile il contributo alla riforma museale in Europa e negli
Stati Uniti.
19
Nel 1968 ci fu un dibattito sulla funzione dei musei perché si
pensava che essi dovessero essere “vivi”. Qualche anno più tardi
in Italia si ebbe una corsa al riordino del sistema museale da
parte di intellettuali ed operatori.
Solo recentemente si è avuto un aumento di musei e attività
connesse, proprio per la funzione che essi incorporano rispetto
all’arte. Il museo si pone come elemento di mediazione tra gli
oggetti della realtà attraverso la loro presentazione.
Quello in corso negli ultimi venti anni, con l’accostamento
del termine moderno al museo, è una proliferazione di essi,
coincidente con il consolidarsi del mercato della cultura, del
viaggiare, che ha portato all’ affermarsi del problema della
memoria e della sua conservazione. La diffusione dell'istituzione
museale nella società fa sì che si tenda a riconoscere nei musei
fattori di identificazione che erano tradizionalmente demandati
ad altre istituzioni, per cui ogni realtà locale desidera oggi creare
un proprio museo, quasi si trattasse di una casa comune in cui
rispecchiarsi fra memoria e
riconoscibilità culturale. E’ da questa affermazione che
vorrei lavorare in seguito per affrontare il tema del turismo,
connesso al concetto di museo.
20
All’inizio del XXI secolo il termine museo acquisì nuovi
significati; non più museo nel senso ristretto di edificio o
istituzione, ma come potente metafora sociale e mezzo
attraverso il quale la società rappresenta il suo rapporto con la
propria storia e con quella di altre culture.
Oggi il museo non è solo raccolta ed esposizione, ma si va
diffondendo l’idea di museo come centro polifunzionale.
Non bisogna incappare nell’errore comune di considerare il
museo solamente come ente conservatore, perché anche se è
nato per questo anni e anni fa, la sua evoluzione appena
analizzata, ci permette di capire che esso ora ha un’anima ben
più estesa.
Il museo vuole vivere, vuole essere centro di iniziative
culturali e di studi. Contenitore di oggetti si, ma anche spazio
sociale.
Rivedendo le fasi in cui si è evoluto il museo, si è passati
dalla sua istituzionalizzazione pubblica alla scoperta di un suo
carattere locale con il compito importantissimo di tutelare il
patrimonio del territorio in cui è inserito.
Il museo ha comunque delle deformazioni che lo
caratterizzano, perché viene visto in modi diversi: luogo
21
eccellente per gli studiosi, ombelico del mondo, luogo
disneiano, e in molti altri modi ancora.
Centrale, seguendo questo discorso, è il pubblico stesso, al
quale si rifanno i progettatori per dare sempre un ‘servizio’
migliore.
Vorrei concludere affermando che per dare una definizione
più precisa di Museo, potremmo dire che esso <è considerato
museo ai sensi della presente ordinanza, ogni collezione
permanente e aperta al pubblico di opere che presentino un
interesse artistico, storico o archeologico>.
8
8
F. Bonilauri e V. Maugeri, Fare un museo : come condurre
un'operazione museografica, Bologna, Esculapio Editori, 1990, 19