§ 1.
Premessa: l’ordinamento previgente. La mancanza di una norma
generale sulla partecipazione procedimentale e l’esigenza di
“democratizzare” l’azione amministrativa mediante l’introduzione
di garanzie partecipative. Definizione del principio di giusto
procedimento.
Prima della promulgazione della legge 7 agosto 1990, n. 241 il
nostro ordinamento giuridico non prevedeva in via generale la facoltà
degli interessati di partecipare al procedimento amministrativo.
L’assenza di una norma generale che disciplinasse la
partecipazione procedimentale consentiva alla P.A. di coinvolgere o
meno il destinatario del provvedimento conclusivo del procedimento, e
questa assoluta libertà nel determinare l’opportunità e le modalità di
intervento dei soggetti interessati determinava la natura sostanzialmente
autoritaria ed unilaterale del modello amministrativo italiano e il
conseguente mancato rispetto dei principi democratici
1
solennemente
enunciati nella Carta costituzionale.
In un sistema in cui l’azione amministrativa era connotata dai
caratteri di segretezza, unilateralità e autoritarietà, il privato si trovava in
una posizione di assoluta soggezione alla P.A., nei cui confronti poteva
far valere unicamente interessi meramente oppositivi tutelabili
1
Sul punto v. S. GIACCHETTI, L’interesse legittimo alle soglie del 2000, in
Foro amm., 1990, p. 1920 e ss., il quale inserisce il principio di partecipazione tra
gli istituti che danno la reale misura della democrazia sostanziale dell’ordinamento.
7
solamente in sede giurisdizionale; la partecipazione dell’interessato
all’agire della P.A. si configurava solo come eventuale, non era
momento giuridico essenziale e spesso veniva interpretata come
elemento di disturbo e di pericolo; il privato poteva stabilire un
contraddittorio con la P.A. soltanto nell’eventuale momento patologico
dell’instaurazione del processo impugnatorio senza prevedere, quindi, la
facoltà generalizzata d’intervento nel processo di formazione della
volontà amministrativa.
Avvertita l’esigenza di realizzare un’effettiva
“democratizzazione”
2
dell’azione amministrativa, mediante
2
Il termine viene utilizzato sull’onda della più numerosa dottrina, la quale ritiene
che la partecipazione procedimentale abbia “eminentemente funzione di
democratizzazione dell’azione esecutiva” (cfr. L. R. PERFETTI, Partecipazione ed
obbligo di motivazione, in Legge 7 agosto 1990, n. 241 e ordinamenti regionali, a
cura di G. Pastori, 1995, p. 234; analogamente, M. A. SANDULLI, Partecipazione e
autonomie locali, in Dir. amm., 2002, p. 566; F. GIGLIONI, S. LARICCIA,
Partecipazione dei cittadini all’attività amministrativa, in Enciclopedia del diritto,
IV agg., Milano, 2000, p. 946; R. GALLI – D. GALLI, Corso di diritto
amministrativo, Padova, 2001, p. 642). Secondo, in particolare, M. CARTABIA, La
tutela dei diritti nel procedimento amministrativo. La legge n. 241 del 1990 alla luce
dei principi comunitari, Milano, 1991, p. 55, la democratizzazione sarebbe legata al
fatto che il riconoscimento del diritto dei soggetti direttamente interessati all’azione
amministrativa di partecipare al procedimento che li riguarda comporta il venir
meno della concezione esclusivamente autoritativa del procedimento e
l’affermazione di un modello basato sui contributi dei soggetti pubblici e privati;
l’Autore, inoltre, precisa che la nozione di democrazia cui fa riferimento questa
teoria è una nozione ampia di democrazia, infatti, “non è democratica in senso
stretto una decisione cui partecipano alcuni membri della popolazione; perché una
decisione sia democratica in senso stretto occorrerebbe invece che essa fosse
riconducibile ad una manifestazione di volontà del corpo elettorale”. Si riscontrano,
8
peraltro, alcune perplessità in dottrina in merito alla possibilità di riferire il concetto
di democrazia, proprio della politica, anche alle funzioni amministrative (per una
sintetica trattazione del tema cfr. L. PALADIN, Diritto costituzionale, Padova,
1995, p. 584); in particolare, si sostiene che la partecipazione svolga una funzione di
difesa del singolo nei confronti del pubblico potere, e che, quindi, più che un indice
di democraticità, rappresenti una garanzia di libertà per il cittadino (cfr. S.
COGLIANI, Art. 10, in Commentario alla legge sul procedimento amministrativo, a
cura di S. Cogliani, Padova, 2004, p. 343 in cui si sostiene che la partecipazione ed
il superamento della segretezza dell’attività della P.A. attengono all’ ”assetto
relazionale tra autorità e libertà”). L’opinione forse più condivisibile sul punto pare
essere quella rappresentata da quanti ritengono che nell’anima della partecipazione
convivano tre aspetti distinti; il primo coincide con il carattere difensivo e
corrisponde ad una funzione di garanzia; il secondo, invece, si manifesta nella
natura collaborativa della partecipazione che risulta finalisticamente orientata a
rendere possibile l’emersione degli interessi coinvolti dall’azione amministrativa,
per rendere l’istruttoria completa e poter comporre con un giusto provvedimento gli
interessi resisi evidenti; il terzo aspetto, infine, e quello partecipativo in senso stretto
ed assolve ad una funzione democratica (cfr. A. SANDULLI, Il procedimento, in
Trattato di diritto amministrativo parte generale, a cura di S. Cassese, tomo II,
Milano, 2000, p. 1020). Per la giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 15
settembre 1999, n. 14, in Cons. Stato, 1999, p. 1297, in cui si afferma che la
partecipazione “introduce, nell’attività amministrativa del Paese, un elemento di
riqualificazione di grande rilievo civile: l’innesto nel procedimento amministrativo
della cultura della dialettica processuale”; così, “alla prassi della definizione
unilaterale del pubblico interesse, oggetto, nei confronti dei destinatari di
provvedimenti restrittivi, di un riserbo ad excludendum già ostilmente preordinato a
rendere impossibile o sommamente difficile la tutela giurisdizionale, subentra così il
sistema della democraticità delle decisioni e della accessibilità dei documenti
amministrativi, in cui l’adeguatezza dell’istruttoria si valuta anzitutto nella misura in
cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire”; analogamente Cons.
Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6684, in Banche dati giur. Infoutet; Cons.
Stato, Sez. VI, 29 maggio 2002, n. 2972, ibidem; Cons. Stato, Sez. V, 18 novembre
2002, n. 6389, ibidem; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 29 aprile 2005, n. 671,
ibidem.
9
l’affermazione di obblighi controbilancianti il potere
dell’Amministrazione di prendere unilateralmente decisioni
obbligatorie, dottrina e giurisprudenza, prima, e solo più di recente lo
stesso Legislatore, hanno cercato di cristallizzare, oltre ai principi
fondamentali per il riconoscimento di una generale facoltà del soggetto
interessato a partecipare
3
, gli strumenti utili ai fini dell’intervento e i
casi in cui, seppur a livello esclusivamente settoriale, venga garantita la
partecipazione del cittadino.
Al fine di rispondere alla necessità di realizzare un modello di
amministrazione il più possibile partecipata e paritaria, si è fatto ricorso,
mutuando, anche a livello terminologico, l’esperienza di common law, al
principio del giusto procedimento
4
la cui esatta nozione è stata precisata
dalla Corte costituzionale con la sentenza 2 marzo 1962, n. 13
5
.
L’esigenza del giusto procedimento, secondo la Corte, comporta il
3
In primis il privilegio di decidere unilateralmente della P.A. è stato bilanciato
da alcuni obblighi, enucleati per lo più dalla giurisprudenza che ha applicato regole
proprie della procedura giurisdizionale a quella amministrativa. Tra questi vi sono il
principio, mutuato dal diritto di difesa e contraddittorio, secondo cui la P.A. deve
mettere l’interessato nelle condizioni di discutere la sanzione e le altre misure a lui
sfavorevoli. Altri obblighi sono rinvenibili nel dovere di trasparenza, accesso ai
documenti amministrativi e proporzionalità di cui alla nota 22. Cfr. S. CASSESE,
Trattato di diritto amministrativo, Milano, 2000, I, p. 59 e ss.
4
Il termine “giusto procedimento” intende riecheggiare la clausola che vieta,
rispettivamente all’Unione e agli Stati, di privare la persona della vita, della libertà o
della proprietà without due process of law di cui al V e XIV emendamento della
Costituzione degli Stati Uniti, ma è rinvenibile facilmente anche nella nostra
tradizione giuridica: si pensi, ad esempio, al divieto, di chiara matrice
giurisdizionale, di provvedere inaudita altera parte.
5
Corte cost., 2 marzo 1962, n. 13, in Giur. cost., 1962, I, p. 129.
10
rispetto di particolari modalità procedimentali della funzione
amministrativa, e quindi che il procedimento amministrativo sia
disciplinato in modo da permettere alla P.A. di imporre limitazioni ai
diritti del cittadino solo successivamente al compimento di opportuni
accertamenti e dopo aver consentito al privato interessato di esporre le
proprie ragioni
6
, sia in funzione difensiva - contestativa, e quindi
6
Secondo A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli,
1989, pp. 587 e 588, le regole del procedimento amministrativo, in particolare
l’audizione e il contraddittorio con gli interessati, sono preordinate alla garanzia
dell’imparzialità, della buona amministrazione e della giustizia sostanziale. In
particolare il principio di imparzialità, secondo l’Autore, “importa l’illegittimità di
tutti quegli atti dell’Amministrazione i quali siano posti in essere senza una adeguata
ponderazione dei diversi interessi pubblici implicati e senza fare il debito conto degli
interessi privati correlati (…) e la debita comparazione delle posizioni soggettive e
degli interessi privati tra loro concorrenti e confliggenti (…) alla realizzazione di
tale esigenza sono preordinate le garanzie del procedimento (il quale peraltro serve a
garantire anche la buona amministrazione), e in particolare l’audizione ed il
contraddittorio degli interessati”.
L’interesse pubblico, infatti, viene prefigurato dalla norma non tanto come interesse
concreto, ma piuttosto come regola guida cui la P.A. è tenuta a riferirsi per la
composizione e graduazione degli interessi pubblici e privati coinvolti. Solo con il
procedimento amministrativo, l’interesse pubblico viene determinato caso per caso
in modo specifico, operando un confronto ed una cooperazione con gli interessi
privati coinvolti (sul punto cfr. G. SALA, L’attuazione del potere amministrativo e i
principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, p. 65 e ss. in G.
SALA, Il principio del giusto procedimento nell’ordinamento regionale, Milano,
1985, vol. I e M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, 1979, p. 108 e ss.). Da
questa idea di procedimento quale sede di acquisizione e composizione degli
interessi e coerentemente con l’esigenza di obiettività dell’azione amministrativa,
discende la necessità di regole che garantiscano la partecipazione del cittadino. Cfr.
infine SALA G., Imparzialità dell’amministrazione e disciplina del procedimento
11
esclusivamente a tutela del proprio interesse, sia in funzione
partecipativa strictu sensu, per collaborare nell’interesse pubblico.
§ 2.
Le due principali teorie circa la natura giuridica del principio del
giusto procedimento: il giusto procedimento come principio
generale dell’ordinamento giuridico dello Stato ovvero come
principio di rango costituzionale.
Pur essendoci pressoché generale riconoscimento circa l’esigenza
di “democratizzazione” del procedimento amministrativo, non si è
verificata una opinione unanimemente condivisa sulla natura giuridica
da attribuirsi al principio del contraddittorio tra Amministrazione e
privati.
La Corte costituzionale, nella sentenza 2 marzo 1962, n. 13,
configura il giusto procedimento nella veste di un principio generale
dell’ordinamento giuridico dello Stato, inteso come direttiva di carattere
generale desumibile per connessione sistematica, coordinamento ed
intima razionalità delle norme in vigore in un certo momento storico
7
, al
rispetto del quale, risulta essere vincolato unicamente il Legislatore
nella recente giurisprudenza amministrativa e costituzionale, in Dir. proc. amm.,
Milano, 1984, pp. 441 e 442.
7
Cfr. Corte cost., 26 giugno 1956, n. 6, in Giur. cost., 1956, p. 593.
12
regionale
8
; secondo questa tesi
9
prevalente, la Costituzione non contiene
una norma che prescriva il contraddittorio dei diretti interessati prima
dell’adozione di un provvedimento diminutivo della loro preesistente
sfera giuridica
10
.
Una contrapposta tesi minoritaria, invece, sia mediante
l’interpretazione di singole disposizioni contenute nella Carta, sia
tenendo presente la ratio del testo costituzionale nella parte in cui esso
vuole tutelare nei confronti del Legislatore e del potere esecutivo
l’uomo, singolarmente inteso e come membro di gruppi associati
11
, ha
attribuito valore costituzionale e carattere vincolante, anche nei
confronti del Legislatore statale, al contraddittorio tra Pubblica
Amministrazione e privati.
Secondo quest’ultimo orientamento dottrinale
12
, il principio del
giusto procedimento, pur non essendo rinvenibile dalla lettera della
8
L’art. 117 della Costituzione, infatti, imponeva alle Regioni ad autonomia
ordinaria nel testo previgente alla riforma del Titolo V, compiuto dalla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, l’osservanza dei principi fondamentali stabiliti
dalle leggi dello Stato e quindi a fortiori dei principi generali desunti dal complesso
della legislazione statale.
9
Sul punto si veda Corte cost., 2 marzo 1962, n. 13, in Giur. cost. 1962, p.
140, con nota di V. CRISAFULLI, Principio di legalità e “giusto procedimento”.
10
In questo senso si pronuncia A. M. SANDULLI, Manuale di diritto
amministrativo, Napoli, cit., p. 648 e ss. in cui l’Autore definisce i procedimenti
quasi-contenziosi soltanto come “manifestazioni episodiche”.
11
Cfr. art. 2 della Costituzione.
12
G. ROEHRSSEN, Il giusto procedimento nel quadro dei principi
costituzionali, in Dir. proc. amm., Milano, 1987, p. 47 e ss.
13
Costituzione, può essere dedotto da alcune sue disposizioni e principi ed
in particolare negli artt. 1
13
, 2
14
, 3, 21, 24 e 97 della Costituzione.
La Costituzione, infatti, nel conferire connotazione democratica
15
all’ordinamento italiano, riconosce i diritti inviolabili della persona
13
E’ in particolare G. BARONE, L’intervento del privato nel procedimento
amministrativo, Milano, 1969, p. 8 e ss., che sostiene la tesi secondo cui il concetto
di partecipazione deve essere ricondotto al principio di sovranità popolare, che vuole
in linea generale il cittadino vicino agli uffici che esercitano la funzione pubblica, e,
come attuativi di questo, ai principi del buon andamento e dell’imparzialità.
Secondo A. NEGRO, Il procedimento amministrativo, in Nuova Rass., 1992, II, p.
1522 e ss., il principio di sovranità popolare, di cui all’art. 1 Cost., troverebbe
attuazione non solo tramite gli strumenti di partecipazione politica, ma anche
attraverso la partecipazione nei confronti della funzione amministrativa ed ivi
raggiungerebbe la sua massima espressione. Cfr. anche E. GIARDINO,
Partecipazione al procedimento amministrativo, in La nuova disciplina dell’azione
amministrativa, a cura di R. TOMEI, Padova, 2005, p. 227, secondo cui l’art. 1 della
Costituzione, nel sancire il principio della sovranità popolare, pone il popolo al
centro dell’esercizio del potere. Se non si consentisse al cittadino di intervenire nella
formazione della volontà amministrativa, questo assetto verrebbe violato e la
decisione nascerebbe viziata perché presa senza la ponderazione degli interessi e
degli elementi di conoscenza che unicamente il diretto interessato può rappresentare.
14
Cfr. G. ROEHRSSEN, Il giusto procedimento nel quadro dei principi
costituzionali, cit., p. 48: l’Autore invocando la necessità di un’interpretazione
sistematica della Costituzione evidenzia il principio, enunciato dall’articolo in
esame, di tutela dell’uomo, uti singulus ma anche come appartenente alle formazioni
sociali, rispetto al potere del Legislatore e della Pubblica Amministrazione. Secondo
A. SCOGNAMIGLIO, Il diritto di difesa nel procedimento amministrativo, Milano,
2004, p. 174, il diritto alla partecipazione trova fondamento nell’indeterminatezza
contenutistica dell’art. 2 Cost. in cui si richiede all’individuo l’adempimento dei
doveri inderogabili di solidarietà sociale.
15
Il principio di sovranità popolare, sancito ex art. 1 Cost., sottolinea la stretta
connessione tra la partecipazione e il concetto di democrazia e ricollega l’origine,
14
umana per garantire ad essa gli strumenti necessari per un agire libero
dalle limitazioni del potere ed affinché possa realizzare le proprie
aspirazioni. Conseguentemente, viene riconosciuta la capacità dell’uomo
di auto-organizzarsi, di selezionare i propri scopi in autonomia rispetto
al riconoscimento di un ordinamento statale gerarchicamente superiore
ed anzi di condizionare quest’ultimo partecipando attivamente alle
funzioni. Sarebbe, infatti, contraddittorio riconoscere il pluralismo
sociale, valore essenzialmente intrinseco al principio democratico, porre
l’individuo al centro dell’ordinamento giuridico e privarlo allo stesso
tempo dello strumento più importante per incidere sul potere e sull’agire
di questo
16
.
La regola del contraddittorio trova, per altro, fondamento nel
principio di uguaglianza fra le parti di cui all’art. 3 della Costituzione.
La partecipazione, infatti, aiuta a ridurre la disuguaglianza esistente tra
autorità pubblica, organo decidente che si trova in posizione privilegiata
perché esponente di interessi superiori, e il cittadino interessato ad un
uso corretto del potere.
Un secondo principio, dal quale appare possibile dedurre il giusto
procedimento, secondo la tesi in esame, è quello di ragionevolezza, più
volte enucleato dalla Corte costituzionale ex art. 3. Nel presupposto che
l’investitura, la critica, il controllo e la direzione di ogni pubblico potere alla
decisione popolare. Secondo M. NIGRO, Giustizia amministrativa, cit., p. 109,
l’attribuzione del potere ed il suo manifestarsi concretamente si verificano per
garantire tutela e soddisfazione, oltre che dell’interesse pubblico, anche di quello
privato.
16
Sul punto cfr. S. LARICCIA, Diritto amministrativo, Padova, 2000, pp. 437
e 438.
15
il procedimento amministrativo sia il luogo in cui vengono ponderati
tutti gli aspetti della situazione da risolvere, non sarebbe ragionevole
impedire, pregiudicando irrimediabilmente la completezza
dell’istruttoria, l’ingresso a quegli elementi conoscitivi che potrebbero
essere portati a conoscenza dai privati, titolari di interessi coinvolti e
che, quindi, potrebbero risentire delle conseguenze dell’agire della
Pubblica Amministrazione.
Il riferimento all’art. 21, operato, peraltro molto discutibilmente,
da alcuni sostenitori di questo orientamento dottrinale, richiama il
principio di libertà di manifestazione del pensiero e dovrebbe consentire
agli interessati di palesare, attraverso la partecipazione al procedimento,
normativamente prevista e debitamente disciplinata, le proprie posizioni
e ragioni in maniera giuridicamente rilevante e con obbligo di ascolto da
parte della Amministrazione Pubblica
17
.
Il carattere difensivo del giusto procedimento
18
potrebbe essere
ascritto al principio che riconosce il diritto di difesa di cui all’art. 24
della Costituzione. Il principio, quindi, dovrebbe essere disciplinato e
17
Le eventuale manifestazioni di pensiero degli interessati potrebbero
rimanere prive di rilievo giuridico, allo stato di flatus vocis secondo G.
ROEHRSSEN, Il giusto procedimento nel quadro dei principi costituzionali, cit.,
pp. 63 e 64, qualora l’intervento procedimentale non fosse disciplinato
normativamente.
18
G. ROEHRSSEN, Il giusto procedimento nel quadro dei principi
costituzionali, cit., p. 57 individua nel giusto procedimento, oltre ad una natura
difensiva e finalizzata al mantenimento delle posizioni soggettive, il carattere
partecipativo volto a fornire elementi conoscitivi ulteriori alla P.A., essenziali per
una istruttoria completa ed una migliore ponderazione della decisione da assumere.
16
concretato, oltre che in campo processuale
19
, nel diritto amministrativo
sostanziale, nel procedimento, stante la sua funzione giustiziale o
paragiustiziale
20
, offrendo al cittadino, nei cui confronti la P.A. voglia
dirigere la propria azione, di far valere le proprie ragioni ed esternare le
proprie istanze per una corretta interpretazione della legge ed una sua
adeguata applicazione. Il principio costituzionale prescrive
inderogabilmente che il diritto alla difesa venga garantito in modo
effettivo e quindi normativamente, ma lascia ampia discrezionalità al
legislatore circa la disciplina delle forme, dei tempi, e le modalità
21
.
L’ultima giustificazione alla tesi, secondo cui dovrebbe essere
ascritta natura costituzionale alla regola del giusto procedimento, viene
rinvenuta nel duplice vincolo di imparzialità – in quanto l’azione
19
Cfr. l’art. 111 Cost. per il riconoscimento del principio del contraddittorio
nel processo e l’art. 113 Cost. per quello di tutela giurisdizionale contro gli atti della
Pubblica Amministrazione.
20
M. NIGRO, Procedimento amministrativo e tutela giurisdizionale contro la
pubblica amministrazione (il problema di una legge generale sul procedimento
amministrativo), in Riv. dir. proc., Padova, 1980, pp. 257 e 261, individua nel
procedimento uno strumento essenziale per la realizzazione non solo della legalità-
legittimità, intesa come conformità dell’attività amministrativa alla legge, ma anche
della legalità-giustizia, intesa come realizzazione di un giusto assetto degli interessi.
L’esigenza di giustizia, secondo l’Autore sarebbe intimamente connessa all’esigenza
di garanzia, intesa come necessità di tutela degli interessi coinvolti nell’azione
amministrativa ed assicurata tramite la partecipazione, ed all’esigenza sociale, da
attuarsi mediante la collaborazione alla P.A. di tutti i settori socialmente interessati.
21
La Corte costituzionale, in riferimento al diritto di difesa nel diritto
processuale, nella sentenza 30 luglio 1984, n. 238, in Giur. cost., 1984, II, p. 1725,
ha affermato che l’art. 24, 2° co., Cost., se garantisce il diritto di difesa in ogni stato
o grado del giudizio, non ne disciplina però i modi di esercizio che il Legislatore ben
può regolare variamente, tenuto conto degli interessi in gioco nel processo.
17
amministrativa non può essere veramente imparziale se, lasciate fuori
dal procedimento le parti coinvolte, non vengono acquisiti tutti gli
elementi utili ai fini della decisione e quindi non vengono percepiti e
selezionati gli interessi coinvolti – e di buona amministrazione, poiché
la P.A. acquisisce attraverso la partecipazione degli interessati al
procedimento tutto ciò che risulta essere necessario per l’adozione di
una ben ponderata e congrua decisione, nel rispetto anche di un
proporzionato bilancio costi-vantaggi
22
, entrambi principi enunciati
dall’art. 97 della Costituzione
23
.
22
L’Amministrazione, nell’esercizio della sua funzione, non può causare
inconvenienti eccessivi rispetto ai vantaggi attesi, cfr. S. CASSESE, Trattato di
diritto amministrativo, cit., I, p. 61, e, compatibilmente al perseguimento
dell’interesse pubblico, sacrificare la posizione e le aspettative del privato nella
misura minore possibile.
23
Per vero l’art. 97 Cost., nella sua formulazione letterale, si riferisce solo
all’organizzazione dei pubblici uffici; oggetto della previsione costituzionale
sarebbe, secondo G. SALA, L’attuazione del potere amministrativo, cit., p. 92,
l’organizzazione in senso dinamico, la P.A. nell’attuazione concreta del potere
amministrativo. Si pronuncia in tal senso anche G. BARONE, L’intervento del
privato nel procedimento amministrativo , cit., pp. 17 e 47 ss., precisando che
l’esigenza del cittadino di partecipare e quella di efficienza troverebbero un punto di
equilibrio nel contemperamento reciproco dei principi di imparzialità e buon
andamento. Contra G. BERGONZINI, L’attività del privato nel procedimento
amministrativo, Padova, 1975, p. 217 e ss., che, riconoscendo rilevanza giuridica al
contraddittorio tra privati e P.A. solo quando esso viene espressamente previsto
dalla legge o ricavato dagli orientamenti del Consiglio di Stato, critica l’opinione del
Barone, sia sul punto in cui essa trova, per argomentare l’apertura
dell’Amministrazione al contributo del privato, riferimento costituzionale nel
principio della sovranità popolare, sia l’individuazione, operata dall’Autore, nell’art.
18
Se l’imparzialità prescritta dal testo costituzionale presuppone la
conoscenza di tutti gli elementi utili per la determinazione della volontà
dell’organo amministrativo e trova la sua concretizzazione nel momento
della decisione preceduta da un’istruttoria completa e aperta
all’intervento degli interessati, il buon andamento, invece, esige che si
agisca legittimamente ma anche applicando regole di condotta, destinate
ad assicurare la semplicità, speditezza ed adeguatezza dell’azione
amministrativa e tratte spesso dall’esperienza, al fine di realizzare
un’amministrazione efficiente
24
.
Poiché tra le regole di buona amministrazione rientrano anche
l’equità e la giustizia sostanziale della decisione definitiva della P.A.,
non permettere l’intervento dei privati coinvolti e decidere in assenza di
un’istruttoria esauriente e senza aver tenuto presente ed apprezzato tutti
gli interessi coinvolti, comporta l’impossibilità di ottenere decisioni
eque e giuste, coerenti a quelle regole da applicarsi nell’agire
amministrativo per la realizzazione di una Amministrazione efficiente
25
.
97 della Costituzione della norma che permette ai cittadini di intervenire presso la
P.A. quando essa agisce.
24
Si pronuncia in tal senso A. M. SANDULLI, Diritto amministrativo, cit., p.
586.
25
Cfr. G. ROEHRSSEN, Il giusto procedimento nel quadro dei principi
costituzionali, cit., p. 92.
19