II
Lo psicologo israeliano Reuven Feuerstein ha dimostrato come l’intelligenza si
possa sviluppare a qualsiasi età e come una deprivazione culturale dovuta
all’ambiente possa far sembrare stupidi bambini in realtà molto dotati.
Feuerstein in occasione del Seminario Nazionale svoltosi a Milano il 4/5 marzo
2001 ha fatto un appello: “Uomo non credere di possedere l’intelligenza ma
continua ad apprendere ... impara ad essere intelligente”.
In questa tesi procederò ad esporre le origini fisiologico-neurologiche,
filosofiche ed epistemologiche che hanno portato alla scoperta della teoria
della modificabilità cognitiva, quindi passerò alla descrizione della la Teoria
vera e propria, in seguito andrò a demitizzare la tesi dell’ereditarietà, e
procederò alla critica della teoria, ipotizzandone: le sue conseguenze nell’
ambito scolastico e le diverse “trame” di apprendimento.
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CAPITOLO I
1.1 FISIOLOGIA DEL CERVELLO
“L’apprendimento ci consente di trascendere i nostri geni”
Joseph LeDoux
1
ORIGINI FISIOLOGICO-NEUROLOGICHE
L’oggetto più complesso meraviglioso e misterioso dell’universo conosciuto è
un pugno di carne gelatinosa che mediamente non raggiunge i 1500 grammi
ma pullula di una vita straordinaria: cento miliardi di cellule, ognuna delle
quali sviluppa una media di diecimila connessioni con le sue vicine. Queste
cellule uniche e fantastiche, i neuroni, dal terzo al sesto mese di gravidanza
crescono al ritmo di 250 mila al minuto. Qualche settimana prima della
nascita la loro moltiplicazione si blocca e comincia quello che sarà il compito
ininterrotto del cervello: creare connessioni tra una cellula e l’altra. Come
scolpire una statua a partire da un blocco di marmo, spiegano i neurofisiologi,
c’è una ridondanza iniziale di materiale, dalla quale si crea la forma per
eliminazione. Le cellule che falliscono le connessioni vengono eliminate. Al
momento del parto saranno dimezzate rispetto al loro picco, e il loro numero è
fissato per sempre, dato che quando muoiono non vengono sostituite da
nuove generazioni, come accade per la pelle. La loro morìa nel corso della
vita, è impressionante: a partire dai 30-40 anni, spariscono al ritmo di
centomila al giorno. Eppure le nostre facoltà mentali non declinano, anzi, lo
scorrere del tempo spesso le migliora. Simili a veterani di mille battaglie,
queste cellule invecchiano, perdono pezzi per strada eppure continuano a
vincere. Com’è possibile? Questa è una delle tante domande in cui ci si
imbatte riflettendo sul cervello, l’organo della funzione più alta prodotta
dall’evoluzione, il mistero più impenetrabile sul quale si interroga da sempre
l’umanità.
Il cervello è suddiviso in centinaia di aree, ognuna delle quali governa una
specifica funzione. Quando pensiamo, parliamo, cantiamo, ricordiamo o ci
muoviamo, queste aree si attivano in maniera trasversale, dando gli ordini
che ci permettono di agire. Oggi si può individuare nel cervello l’area che
corrisponde alle varie azioni
2
.
Antonio Damasio
3
, neurobiologo americano che ha studiato oltre duemila casi
clinici di lesioni cerebrali sostiene che il cervello è ben più oltre della somma
delle sue parti: “La mente ha la sua sede nei processi cerebrali, ma essi
esistono perché il cervello interagisce con il corpo e questo con l’ambiente.
Non tutto è scritto nei geni, innato. Sono le emozioni e l’esperienza a dare
1
J. Le Doux, Il sé sinaptico, Milano, Raffaello Cortina, 2002.
2
Vedi figura n. 1.
3
Antonio Damasio, L’errore di Cartesio, Milano, Adelphi, 1995.
2
3
forma al cervello”. Il cervello non è un organo definito alla nascita. Esso è una
potenzialità che si realizza giorno dopo giorno, nell’interazione con il mondo
esterno. Il motore di tutto sono i neuroni
4
.
Fino a poco più di un secolo fa si riteneva che il cervello, a differenza di tutti
gli altri tessuti del corpo umano, non fosse costituito da cellule separate, bensì
da una rete continua di materiale cellulare. Fu solo l’applicazione del metodo
della reazione nera, una tecnica chimica di colorazione dei tessuti inventata da
Camillo Golgi e poi sistematicamente applicata da Ramon y Cajal, che permise
la descrizione dei neuroni, cioè le cellule nervose come unità distinte. E’ grazie
a questo scienziato che noi oggi sappiamo che il cervello umano è costituito
da circa cento miliardi di neuroni
5
, morfologicamente indipendenti ma
funzionalmente interconnessi.
E’ proprio nella struttura e nel funzionamento delle connessioni tra neuroni
che risiede il segreto del suo funzionamento. I neuroni, infatti possono essere
visti come cellule non molto differenti dagli altri tipi cellulari per quanto
riguarda i meccanismi alla base del loro funzionamento, ma che, rispetto agli
altri tipi cellulari, hanno enormemente sviluppato e affinato la capacità di
comunicare tra loro e con gli organi periferici. Possiamo infatti pensare a un
neurone come a una cellula specializzata nel ricevere, processare e
ritrasmettere informazioni. Queste informazioni potranno dar luogo a
fenomeni diversi a seconda del neurone interessato, quali per esempio la
contrazione di un muscolo, l’accelerazione del battito cardiaco o la
generazione di un ricordo o di un’emozione.
Se osserviamo l’organizzazione e la forma dei neuroni, appare evidente la loro
grande eterogeneità. In base a queste caratteristiche possiamo annoverare
più di mille tipi di neuroni diversi. Ma poiché per il funzionamento di un
4
J. G. Nicholls, A.R. Martin, B.G. Wallace. Dai neuroni al cervello, Bologna, Zanichelli, 1997
5
Vedi figura n. 2. Neurone.
4
neurone non sono importanti solo la sua forma e le sue proprietà intrinseche,
ma anche le connessioni che esso forma con gli altri neuroni del cervello,
possiamo forse dire che non esistono due neuroni uguali tra loro. In ogni caso
anche volendosi limitare alla descrizione della morfologia dei neuroni, essa
risulta alquanto complessa. Anche se tra i vari tipi di neuroni esistono
differenze, essi sono per lo più accomunati dalla presenza di un corpo
cellulare (detto anche soma, il più delle volte di forma piramidale od ovolare)
dove è localizzato il nucleo, e da un prolungamento, chiamato assone, che
serve a trasmettere le informazioni mentre tutti gli altri, chiamati dendriti,
servono invece a riceverle.
La differente organizzazione della membrana e del compartimento
citoplasmatico degli assoni, rispetto a quella dei dendriti è sottolineata dal
fatto che alcune proteine risultano essere localizzate specificatamente nell’uno
o nell’altro compartimento.
6
L’asimmetria nell’organizzazione dei neuroni è perciò sia morfologica che
funzionale. Questa asimmetria può essere spinta a livelli estremi. Si pensi per
esempio ai motoneuroni, il cui corpo cellulare risiede nel midollo spinale e i cui
assoni si spingono sino ad innervare la punta del piede! Si tratta di neuroni
che a fronte di un corpo cellulare con un diametro nell’ordine del centinaio di
millesimi di millimetro, possiedano un assone lungo circa un metro.
La presenza di prolungamenti lunghi e ramificati fa sì che i neuroni possiedano
una superficie molto estesa rispetto al loro volume complessivo, e questa
caratteristica facilita lo stabilirsi di contatti numerosi e complessi. Questa
morfologia assai articolata pone però il problema della trasmissione dei
segnali non solo tra un neurone e l’altro, ma anche all’interno del singolo
neurone. La trasmissione dell’informazione nel sistema nervoso avviene
mediante un doppio codice, elettrico e chimico: i segnali passano da un
neurone all’altro mediante il rilascio di sostanze chimiche (i
neurotrasmettitori), mentre all’interno del singolo neurone i segnali
consistono nella generazione e propagazione di impulsi elettrici.
Le strutture neuronali deputate alla trasmissione delle informazioni sono le
sinapsi
7
.
Lungo il suo decorso l’assone si divide ripetutamente dando luogo a
numerosissime diramazioni progressivamente sempre più sottili che
terminano in piccoli rigonfiamenti (del diametro di circa un millesimo di
millimetro): le terminazioni nervose presinaptiche; lo spazio cellulare che si
trova in mezzo alle due cellule è chiamato spazio intersinaptico o doccia
6
D. Purves, - G.J. Augustine - D. Fitzpatrick, L. C. Katz, Neuroscienze, Bologna, Zanichelli 2000.
7
Vedi figura n. 3.
5
sinaptica. La teminazione presinaptica contiene vescicole cariche di
neurotrasmettitore che, una volta rilasciato nella doccia sinaptica, fungerà da
messaggero chimico; sulla membrana postsinaptica sono invece concentrati i
recettori specifici per quel neurotrasmettitore, recettori che funzionano quindi
come “organi di senso” per la rilevazione del segnale. Il numero delle sinapsi
per ogni neurone può essere altissimo: in genere è compreso tra mille e
diecimila, ma talvolta arriva fino a centinaia di migliaia.
Allorchè le molecole di neurotrasmettitore vengono rilasciate nella doccia
sinaptica, si legano ai recettori specifici localizzati sulla membrana della cellula
postsinaptica, e ciò innesca un meccanismo consistente nell’apertura di canali
proteici che sono selettivamente permeabili a uno o più ioni. Il passaggio
attraverso la membrana cellulare di questi ioni, altera la differenza di
potenziale elettrico che normalmente esiste fra il lato interno e quello esterno
della membrana cellulare. Questa variazione causa a sua volta l’apertura o la
chiusura di canali ionici, detti appunto voltaggio - dipendenti. La presenza di
canali ionici voltaggio - dipendenti rende il neurone una cellula eccitabile, vale
a dire una cellula in grado di generare e trasmettere segnali elettrici allorchè
viene stimolata localmente. I canali voltaggio - dipendenti si possono attivare
ordinatamente, in sequenza, dando luogo a una corrente elettrica che
percorre dendridi in senso centripeto, cioè verso il corpo cellulare del neurone
postsinaptico.
Naturalmente il segnale generato a livello di una singola sinapsi è molto
piccolo. Tuttavia visto l’elevato numero di sinapsi presenti, è possibile che i
singoli segnali si sommino tra loro, dando origine a segnali sufficientemente
ampi da poter giungere sino al corpo cellulare. Si può verificare sia una
sommazione spaziale dei segnali, quando si sommano i segnali generati nello
stesso istante da diverse sinapsi convergenti nello stesso neurone, che una
sommazione temporale quando si sommano segnali generati in rapida
sequenza a livello di una singola sinapsi.
Una volta giunto al punto di emergenza dell’assone dal corpo cellulare, il
segnale elettrico se supera un determinato valore soglia, viene trasmesso in
direzione centrifuga lungo l’assone. Mentre lungo i dendridi la trasmissione del
segnale è di tipo decrementale, ovvero il potenziale elettrico tende a ridursi
durante il suo viaggio verso il corpo cellulare, il segnale lungo l’assone ha
un’ampiezza costante, indipendentemente dal fatto che il segnale avesse
all’origine un valore solo di poco al di sopra della soglia, o fosse al contrario
dieci volte maggiore. L’uniformità dell’ampiezza del segnale condotto lungo
l’assone (che viene chiamato potenziale d’azione), deriva dal fatto che il
segnale si “autorigenera” mentre viene trasportato, e questa è una
6
caratteristica estremamente importante che assicura che l’informazione riesca
a raggiungere anche le sinapsi situate più lontano.
L’uniformità del potenziale d’azione fa sì che l’unico fattore importante ai fini
della trasmissione sia la sola frequenza di scarica un po’ come avviene nel
linguaggio Morse. Tuttavia, mentre il potenziale d’azione può essere
considerato un segnale tipo digitale, il rilascio di neurotrasmettitore e i segnali
trasmessi lungo i dendridi hanno invece caratteristiche analogiche e possono
essere efficaci pur variando notevolmente nella loro ampiezza. Non tutti gli
stimoli che il neurone riceve danno luogo a potenziali d’azione. Infatti non
tutte le sinapsi sono eccitatorie: molte sono inibitorie, e tendono perciò a
diminuire la probabilità di generare potenziali d’azione; altre ancora sono
modulatorie, cioè regolano finemente lo stato di eccitabilità di un neurone
senza intervenire direttamente sulla generazione dei potenziali d’azione.
Questi fenomeni avvengono con i tempi tipici dei fenomeni elettrici, cioè molto
rapidamente.
Il potenziale d’azione innesca una nuova trasmissione chimica quando arriva
ad invadere le terminazioni presinaptiche e dà inizio al processo di rilascio
delle molecole di neurotrasmettitore. Nelle terminazioni presinaptiche sono
concentrate le vescicole sinaptiche che sono riempite di molecole di
neurotrasmettitore. Una sottopopolazione di vescicole sinaptiche si trova già
legata a siti specializzati della membrana plasmatica con la quale sono
destinati a fondersi. A riposo la probabilità che il processo di fusione avvenga
è molto bassa. L’arrivo del potenziale d’azione provoca però l’apertura di
canali voltaggio-dipendenti permeabili allo ione Ca+. Il flusso di Ca+
attraverso la membrana provoca un notevolissimo aumento (fino a 1000
volte), della concentrazione di questo ione in vicinanza delle vescicole legate
alla membrana. Il Ca+ legandosi a proteine specifiche, induce un processo di
fusione tra la membrana delle vescicole e quella della terminazione cellulare
presinaptica; in tal modo le vescicole si aprono nella doccia sinaptica, e i
neurotrasmettitori contenuti in esse vengono riversati all’interno della cellula,
dove entrano rapidamente in contatto con i recettori localizzati sulla superficie
della struttura presinaptica.
Il legame tra i neurotrasmettitori ai recettori specifici induce cambiamenti
nella conformazione degli stessi recettori, modificandone perciò la
funzionalità. Nel caso di recettori cosiddetti “canale” l’attivazione può dar
luogo all’insorgenza del potenziale elettrico postsinaptico, che sarà di tipo
eccitatorio o inibitorio a seconda della natura dello ione trasportato dal
recettore stesso.