l’opera d’arte. Va sottolineato che questi mutamenti sono da poco avviati in Italia e tutt’ora in
atto e sono molte le direzioni che le istituzioni museali prendono in considerazione nel tenta-
tivo di conoscere e rispondere meglio alle esigenze del proprio pubblico.
L’attenzione, in questo lavoro, sarà indirizzata verso quelle forme di fruizione che sfruttano le
forme dello spettacolo adattandole alla trasmissione del contenuto culturale, nel tentativo di
rendere il momento della visita gratificante sia dal punto di vista intellettivo, sia dal punto di
vista ricreativo. Un concetto in questo senso, quello di spettacolarizzazione, assume una va-
lenza importante e si inserisce all’interno del dibattito sulle nuove forme di fruizione. Nel pre-
sente testo si cercherà di ridefinire il campo di azione della spettacolarizzazione indirizzando-
la verso forme di valorizzazione costruttiva del patrimonio culturale, concentrando la rifles-
sione sulle capacità che hanno le forme dello spettacolo di essere un medium efficace, in gra-
do di trasmettere contenuti, anche complessi, grazie alla loro capacità intrinseca di raccontare
attraverso rappresentazioni. Il concetto di narrazione verrà presentato come un possibile ponte
in grado di collegare i beni culturali e i visitatori ponendosi come strumento di decodifica dei
linguaggi e dei contesti con cui e in cui le opere sono state create e di cui la maggior parte dei
visitatori non è più in possesso. Si cercherà di dimostrare, infatti, che l’atto del narrare, nelle
sue molteplici forme, da sempre viene usato dall’uomo per veicolare conoscenza, sottolinean-
done la sua funzione sociale ed educativa. Il lavoro prenderà poi in esame alcuni casi concreti
in cui le forme narrative vengono messe a disposizione del museo, con l’obiettivo di integrare
l’aspetto ludico e quello cognitivo attraverso l’uso del linguaggio teatrale da un lato e il rac-
conto dall’altro.
Nella prima parte di questo lavoro verranno analizzati diversi aspetti dell’istituzione museale,
quello legislativo, quello economico e gestionale per poi prendere in esame le relazioni tra il
pubblico e il museo attraverso le forme di comunicazione e le indagini sul pubblico; si andrà
poi ad analizzare il concetto di fruizione e il modo in cui il museo esprime il proprio ruolo e-
ducativo, in particolare prendendo in considerazione il concetto di spettacolarizzazione, ride-
finendolo in funzione della fruizione in forma narrativa.
Nella seconda parte verranno prese in esame due modalità di intervento sulla fruizione del pa-
trimonio culturale; la prima, quella della cooperativa teatrale C.A.S.T., sfrutta il linguaggio
teatrale per trasmettere al pubblico i contenuti di musei e luoghi di interesse storico-artistico;
la seconda esperienza riportata è quella condotta dal laboratorio narrativo HoldenArt che uti-
lizza le forme della narrazione per realizzare visite guidate all’interno dei musei.
7
Attraverso il confronto dei dati, delle analisi e delle opinioni provenienti dalle diverse espe-
rienze si cercherà, infine, di presentare alcune riflessioni sull’efficacia di queste forme di frui-
zione.
8
PARTE I
9
IL SISTEMA MUSEALE
1. EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI MUSEO
Il termine "museo"deriva dal latino museum e indica un luogo sacro alle Muse che nella mito-
logia greca erano le protettrici delle arti. L’accezione moderna del termine inizia nel XVI se-
colo col Rinascimento, periodo in cui il museo era il luogo in cui erano conservati gli oggetti
che richiamavano la civiltà classica celebrata dagli umanisti. E’ a Paolo Giovio che si deve la
vera codificazione del termine, quando, nel 1543, fece erigere a Borgo Vico, sul lago di Co-
mo, quello che egli stesso chiamò “museo” ad indicare una nuova struttura che aveva come
tema centrale quello delle Muse, a cui era dedicata la sala principale. Molti aristocratici e colti
borghesi aspirarono da questo momento in poi a trasformare la propria dimora in museo, sim-
bolo di prestigio e affermazione sociale.
Nel ‘600 il museo diventa il nome comune con cui si indica qualsiasi tipo di collezione. Una
svolta decisiva nella definizione di museo avviene nel XVIII secolo quando si comincia a di-
stinguere le collezioni destinate ad un uso privato da quelle che invece iniziano ad essere
aperte al pubblico. Rappresentativo è in questo senso il 1759, anno in cui il British Museum di
Londra apre le sue sale ai visitatori.
L’apertura al pubblico costituisce oggi una caratteristica essenziale del museo e segna una
grande svolta nel suo percorso di trasformazione; introdotta inizialmente come una concessio-
ne diviene progressivamente un diritto e “il museo assunse i caratteri di un’istituzione, con fi-
nalità sia educative sia di conservazione del patrimonio culturale e dei valori della società dal-
la quale traeva sempre più legittimazione” (Marini Clarelli, 2005, pag. 10).
È con la Rivoluzione francese, però, che nasce davvero una nuova concezione del museo, è
con la Rivoluzione, infatti, che “si arriva ad affermare la proprietà pubblica dei beni culturali”
(Bertuglia, Infusino, Stanghellini, Milano, 2004 pag. 17). Il grande patrimonio espropriato ai
nobili passò sotto il controllo dello Stato per dare forma e sostanza al concetto di “patrimonio
nazionale” e il museo nasce come luogo per “permettere allo stato un controllo su un patrimo-
nio storico-artistico che ormai gli apparteneva” (Bertuglia, Infusino, Stanghellini, 2004, pag.
17).
In Italia, a partire del XVIII secolo, prende il via un processo di sradicamento del museo dal
territorio in cui si trovava insediato; Nel 1866-67 viene soppresso l’asse ecclesiastico e nasco-
no i musei civici a cui viene affidato il patrimonio artistico e bibliografico e nei quali conver-
gono i beni culturali provenienti dal territorio circostante. Nel 1875 vengono svincolate dalle
accademie le gallerie statali, rese autonome amministrativamente ed economicamente attra-
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verso l’istituzione del biglietto d’ingresso. Il museo diventa così un luogo di concentrazione
di opere provenienti anche da luoghi culturalmente lontani e sceglie le opere da esporre con
criteri selettivi volti alla promozione di una cultura nazionale uniforme.
La rescissione dei legami con il territorio e l’ambiente modifica la funzione del museo che
diviene un contenitore di opere d’arte indifferente alla concretezza storica delle loro origini,
delle materie di cui sono fatte, delle tecniche che le avevano prodotte, della loro potenzialità
documentaria, didattica, scolastica ed educativa. Un contenitore d’opere d’arte destinate alla
contemplazione e alle emozioni estetiche private, comunicabili in circuiti culturali ristretti,
meta obbligata ed elitaria dei ceti colti.
Sul finire del '700 e nel corso del XIX secolo il museo si specializza, le collezioni d’arte si se-
parano da quelle di scienza e nascono i grandi “musei-templi” dedicati alle diverse discipline.
Il museo-tempio ha come missione quella di essere una struttura pubblica col compito di ele-
vare la cultura del paese e di educare i cittadini; l'educazione e la cultura in questo periodo,
sono ancora riservate a una ristretta élite di individui ed è a questa ristretta fascia di visitatori
che il museo si rivolge. La visita a un museo non è un'esperienza comune a molti, ma ancora
privilegio di pochi. Fondamentale diventa anche il nuovo ruolo dello Stato che inizia ad as-
sumersi l’impegno di conservare e rendere fruibili le raccolte con finalità sia educative sia di
godimento pubblico. Viene introdotto così il concetto di utilità pubblica del museo che diven-
ta uno strumento di prestigio e promozione del paese. La vocazione per il pubblico, anche se
inevitabilmente di un pubblico ristretto, rimane l’aspetto più innovativo del museo del XIX
secolo, il suo essere pubblico, cioè di pubblica utilità, lo porta a sviluppare nel tempo un nuo-
vo rapporto con i visitatori e con la società.
E’ nel secondo Dopo Guerra che si incomincia a parlare di un nuovo ruolo del museo che si
deve svincolare dall’idea di “tempio” che lo aveva fin ora caratterizzato e aprirsi ad un pub-
blico più vasto. A partire in particolare dall'ultimo trentennio del XX secolo, l'alfabetizzazione
generalizzata, connessa a uno sviluppo economico esteso ad ogni ceto sociale, ha favorito la
diffusione dei consumi culturali in strati sempre più ampi di popolazione. Queste dinamiche
hanno portato a un aumento generalizzato dei visitatori nei musei in tutto il mondo (in Italia,
dagli anni '70 l'aumento è stato del 60%) (Marini Clarelli, 2005). Il museo si trova ad affronta-
re questa situazione cercando di ridefinire il proprio ruolo all’interno della comunità e in rela-
zione al territorio in cui si trova. Accanto alla tradizionale funzione di conservazione si pone
quella della valorizzazione del patrimonio che custodisce. Il ruolo del pubblico è diventato
centrale all’interno delle strategie museali passando da un entità indistinta e passiva ad una
concezione che rispecchia la pluralità di individui che lo compongono, caratterizzati da esi-
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genze, aspettative e obiettivi diversi cui il museo deve andare incontro. La missione del mu-
seo contemporaneo è strettamente legata al rapporto col proprio pubblico che deve essere
messo nelle condizioni di comprendere il significato delle opere esposte ed essere in grado di
trarre piacere dalla loro fruizione. Il museo diventa dunque un luogo di apprendimento e di
trasmissione di conoscenze, ma anche un luogo dove passare in modo piacevole il proprio
tempo. Per raggiungere questi obiettivi è necessario che le istituzioni museali ridefiniscano le
proprie strategie comunicative ed educative. E’ necessario, pertanto, che il museo sviluppi
forme alternative alla fruizione tradizionale in direzione del valore formativo dell’esperienza
con l’opera d’arte.
12
2. LA LEGISLAZIONE MUSEALE
2.1 Definizione ICOM
La definizione ufficiale di museo viene redatta dal Council of Museums (ICOM) che nel 1975
l’ha inserita nel proprio statuto e nel 1986 nel proprio codice di deontologia professionale.
Secondo questa definizione “il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al
servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico e che compie ricerche riguardanti
le testimonianze materiali dell’uomo e del suo ambiente, le raccoglie, le conserva, le comuni-
ca e soprattutto le espone a fini di studio, educativi e di diletto” (Daniele Jalla, 2000).
La definizione è applicabile indipendentemente dalla natura dell’Amministrazione
responsabile, da statuti territoriali, dal sistema di funzionamento o dall’indirizzo delle
collezioni dell’istituzione cui si riferisce e prevede che possa essere applicata anche a:
- i siti e i monumenti naturali, archeologici ed etnografici e i siti e i monumenti storici
che abbiano natura di museo per la loro attività di acquisizione, i conservazione e di comuni-
cazione delle testimonianze materiali dei popoli e dei loro ambienti
- le istituzioni che conservano delle collezioni e presentano campioni viventi di vegetali
o animali, come gli orti botanici e i giardini zoologici, gli acquari e i vivari
- i centri scientifici e planetari
- gli istituti di conservazione le gallerie d’esposizione dipendenti dalle biblioteche e
dagli archivi
- i parchi naturali
- le organizzazioni museali nazionali, regionali o locali, le amministrazioni pubbliche
responsabili di musei come sopra definite
- le istituzioni o le organizzazioni senza scopo di lucro che conducono attività di ricerca,
educative, di formazione, di documentazione altro, collegate ai musei e alla museologia
- ogni altra istituzione che il Consiglio esecutivo, su parere del Comitato consultivo,
consideri come avente parte a tutte le caratteristiche di un museo, o che offra ai musei e ai
membri della professione museale i mezzi per fare ricerca nel campo della museologia,
dell’educazione o della formazione.
13
2.2 L’evoluzione legislativa
La nozione giuridica di museo ha avuto, in questi ultimi anni, una profonda trasformazione. Il
museo non può essere considerato un contenitore di beni, ma costituisce piuttosto l’assetto or-
ganizzativo preposto alla tutela, alla fruizione ed alla valorizzazione della cultura, un soggetto
in grado di svolgere unitariamente la conservazione, la fruizione e la valorizzazione dei beni
culturali.
“Per molto tempo i musei italiani – statali in particolare – giuridicamente sono stati inesisten-
ti, presi in considerazione dalla normativa di tutela solo in quanto “collezioni” e dall’erario
come luoghi di esazione di una tassa d’ingresso” (Jalla, 2000 p.XI).
Nel museo convivono e si integrano tanto i profili “statici” della disciplina dei beni culturali,
quanto gli aspetti “dinamici” della regolazione della materia. Un museo, nella sua accezione
più evoluta e moderna, deve essere in grado di esercitare tutte le funzioni proprie della gestio-
ne dei beni culturali, le attività di tutela (attività dirette a conservare e proteggere i beni cultu-
rali), di gestione (attività diretta, mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad
assicurare la fruizione dei beni culturali), di valorizzazione (attività diretta a migliorare le
condizioni di conoscenza e di conservazione dei beni culturali), di promozione (attività diretta
a suscitare e sostenere attività culturali).
Ogni museo secondo l’Icom dovrebbe dotarsi di uno statuto che ne specifichi la posizione
giuridica e la natura di istituzione pubblica, indipendentemente dallo status legale, permanente
senza scopi di lucro e che ne disciplini l’organizzazione e l’attività.
In Italia la normativa specifica relativa ai musei è scarsa e frammentata ed è stata per lungo
tempo legata al concetto di tutela, di tradizione più antica e regolata da un insieme normativo
più ampio; la materia relativa ai musei e agli enti locali o di interesse locale è contenuta, inol-
tre, all’interno della legislazione regionale.
Le ragioni della carenza di una normativa specifica sono da rintracciare nella natura stessa del
patrimonio storico-artistico dell’Italia, fortemente radicato e integrato nel territorio, nel carat-
tere assunto dalle politiche di tutela a partire dal XIX secolo, strutturate in norme e apparati
volti ad assicurare un presidio territoriale del patrimonio culturale e nel peso predominante di
un modello culturale e organizzativo statale sull’insieme dei musei pubblici italiani, che rap-
presentano la grande maggioranza dei musei italiani (Jalla, 2000).
Questo ha comportato, da parte del museo, una perdita di identità e di carattere di entità auto-
noma e specifica dal punto di vista giuridico, essendo parte di un’unica sfera di disciplina e di
intervento che comprende il controllo e la tutela del territorio e la gestione museale .
14
Con la promulgazione della Carta Costituzionale del 1948 “viene stabilito che la Repubblica
promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica e tutela il paesaggio e il
patrimonio storico e artistico della Nazione e la materia dei musei e delle biblioteche di enti
locali viene individuata fra quelle da affidare alla competenza delle regioni” (Jalla, 2000
pag.77).
Le scelte costituzionali non producono però effetti immediati, anche se la scelta di delegare la
materia dei musei e delle biblioteche di enti locali alle regioni rappresenta un importante pas-
so nell’evoluzione della materia museale, si trattò principalmente di una necessaria regola-
mentazione di una situazione radicata e diffusa a livello locale di reti di istituzioni civiche.
Un’importante svolta del quadro istituzionale si ha nel 1975 con la costituzione del Ministero
per i beni culturali e ambientali, che accanto alla tradizionale funzione di tutela del patrimonio
culturale affianca quella di valorizzazione.
2.2.1 La legge Ronchey
Un punto di svolta, anche se non radicale, si raggiunge nel 1993 con la promulgazione della
legge Ronchey ispirata alle conclusioni della Prima Conferenza nazionale dei Musei, tenutasi
nel dicembre del 1990.
La legge Ronchey si propose di affrontare l’inefficienza della custodia, di prevedere da parte
del Ministero per i beni culturali la possibilità di concedere in uso i beni in sua consegna, affi-
dando ai sopraintendenti il rilascio delle concessioni senza bisogno di ulteriori autorizzazioni,
di istituire all’interno dei musei e delle biblioteche dei servizi aggiuntivi per il pubblico.
Quest’ultimo aspetto della legge in particolare diede il via, durante gli anni novanta, a un di-
battito che mirava a promuovere una diversa attenzione per gli aspetti economici e gestionali
del museo attraverso una nuova cultura più aperta ad accogliere innovazioni dei sistemi ge-
stionali. Merito di questo dibattito è stato inoltre quello di riproporre la questione
dell’autonomia del museo, sollecitando un diverso orientamento nei confronti del pubblico e
svincolando le competenze del museo dalle sole mansioni amministrative e di ordinamento.
15
2.2.2 Dal 1997 al 1999
A partire dal 1997 prendono il via importanti riforme nell’ambito dei beni culturali che ri-
guardano in particolare il decentramento di alcuni compiti alle regioni e agli enti locali e di
una maggiore attenzione nei confronti dei musei, sia da parte del legislatore sia, soprattutto,
da parte dei visitatori.
La legge 59/97 si è proposta in particolare una semplificazione e uno snellimento
dell’apparato amministrativo, un decentramento di compiti e poteri dallo Stato alle Regioni e
alle Autonomie Locali e una revisione del sistema amministrativo sia al centro che alla perife-
ria.
Nel 1998 viene emanato il D. lgs. 112/98 che prevede tra le altre disposizioni una maggiore
definizione del concetto di tutela individuandone le funzioni riservate allo Stato;
l’introduzione della questione della gestione dei musei e dei beni culturali; l’istituzione di al-
cuni standard minimi il rispetto dei quali possa “garantire un adeguato livello di fruizione col-
lettiva dei beni, la loro sicurezza e la prevenzione dei rischi”. Più indefinita rimane la riparti-
zione dei compiti fra Stato, Regioni ed Enti Locali in materia di valorizzazione e promozione
dei beni culturali.
Sempre nel 1998 viene ridefinito l’assetto, i compiti e le funzioni del Ministero per i beni cul-
turali e ambientali che si trasforma in Ministero per i beni e le attività culturali “ampliando le
sue competenze alla promozione delle attività culturali delle arti e dello spettacolo, del libro e
della lettura, dell’urbanistica e dell’architettura e infine dello sport” (Jalla, 2000 pag. 179). La
riforma del ministero si presenta ricca di prospettive in materia di musei, soprattutto riguardo
alle possibilità di autonomia per musei, biblioteche e archivi e alla possibilità per il ministero
di stipulare accordi sia con amministrazioni pubbliche sia con soggetti privati, aprendo così la
strada a forme di ordinamento e gestione differenziate a seconda delle esigenze delle singole
strutture.
Tutti i provvedimenti e le disposizioni legislative in materia di beni culturali sono raccolti, a
partire dal 1997 nel Testo unico dei beni culturali. Di rilevanza è la comparsa per la prima
volta di una definizione ufficiale di museo che, per quanto molto generica, riconosce il museo
come organismo a se stante col compito di conservazione, valorizzazione e pubblica fruizione
delle raccolte.
16
2.2.3 Dal 2003 al 2004
Con le riforme messe in atto alla fine degli anni novanta ha preso il via un progressivo proces-
so volto a rafforzare il decentramento dei compiti e delle funzioni amministrative e a ridefini-
re gli ambiti di intervento dell’amministrazione statale.
Con la revisione del Titolo V della costituzione, introdotta dalla legge costituzionale del 2001,
vengono ulteriormente sviluppate le tendenze di decentramento attraverso una revisione dei
compiti tra Stato e Regioni, specificando gli ambiti di intervento statali.
In relazione alla specifica materia dei beni culturali il nuovo Titolo V introduce una precisa
separazione tra la tutela e la valorizzazione, ma non è ben specificato in che cosa consistono
queste due attività e soprattutto se la gestione sia incorporata all’interno della valorizzazione e
quindi di competenza regionale o locale oppure se sia compresa all’interno della tutela e
quindi soggetta ad interventi statali.
Il problema della definizione di tutela e valorizzazione viene in parte risolto nel dicembre del
2003 in sede della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome che, nel
testo concordato nella seduta, riformula il concetto di tutela con l’obiettivo di eliminare le so-
vrapposizioni col concetto di valorizzazione e chiarire di conseguenza i compiti spettanti allo
Stato e quelli spettanti alle Regioni e agli Enti Locali.
Nel 2004 viene approvato, attraverso un decreto legislativo, il Codice dei Beni culturali e del
paesaggio, un importante provvedimento che mira a portare ulteriore chiarezza all’interno del
settore dei beni culturali. Merito del Codice è quello di dare una definizione precisa e condivi-
sa di tutela e di valorizzazione. Il primo “consiste nell'esercizio delle funzioni e nella discipli-
na delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni co-
stituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di
pubblica fruizione.”(testo della legge) Il concetto di valorizzazione si esprime “nell'esercizio
delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimo-
nio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del pa-
trimonio stesso. Essa comprende anche la promozione e il sostegno degli interventi di conser-
vazione del patrimonio culturale.”
Altro punto di precisazione del Codice è l’estensione delle funzioni di tutela esercitate dalle
Regioni, l’introduzione del concetto di “istituto culturale” e “luogo della cultura” volto a defi-
nire musei, biblioteche, archivi, complessi monumentali, parchi e aree archeologiche qualifi-
candoli come servizi pubblici, l’individuazione dell’esigenza del concorso dei privati
all’attività di valorizzazione, l’introduzione di una procedura di negoziazione per la gestione
della fruizione e della valorizzazione dei beni culturali.
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Gli sviluppi legislativi che si sono verificati negli ultimi anni, per quanto non risolutivi, han-
no il merito di aver delineato in modo più preciso le sottili distinzioni di competenze tra Stato,
Regioni e Enti Locali, ridefinendone in parte gli equilibri, di aver individuato le modalità in
cui si configura l’intervento dei privarti, di aver promosso un rinnovamento della legislazione
regionale e di aver sostenuto l’impiego di accordi e intese tra Stato, Regioni e autonomie Lo-
cali incentivandone la cooperazione (Grossi a cura di, 2004).
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3. LE POLITICHE MUSEALI
3.1 Introduzione
Nell’ultimo secolo il museo è stato al centro di una spinta dicotomica sul tipo di cultura che
doveva rappresentare, se una elitaria rivolta a una cerchia ristretta di persone o se una di mas-
sa che fosse in grado di coinvolgere parti crescenti della collettività. L’evoluzione che ha inte-
ressato i musei negli ultimi venti anni, sia in Italia sia nel resto del mondo, ha visto il prevale-
re di quest’ultima direzione con un conseguente aumento del numero dei visitatori all’interno
delle sale museali. L’incremento del pubblico ha portato, oltre che ad un aumento delle com-
petenze dei visitatori anche ad una crescita della rilevanza politica degli stessi. I musei pertan-
to hanno dovuto rapportarsi alle esigenze di un pubblico più consapevole ed esigente, eviden-
ziando la necessità di elaborare politiche di gestione ad-hoc.
“Da qui il museo come il luogo di contraddizioni tra utilizzo economico e uso storico-artistico
dei beni culturali e la susseguente comprensione della non alternatività ma anzi della inevita-
bile complementarietà delle due destinazioni.” (Mosetto e Valentino in Museo contro museo
2001, pag. XXI)
All’interno del museo si trovano quindi a coesistere istanze diverse e non sempre facilmente
conciliabili. Da un lato la crescente importanza del ruolo educativo del museo determina lo
sviluppo di strategie di comunicazione e fruizione efficaci, dall’altro la necessità di sviluppare
processi di organizzazione produttiva e di marketing risulta indispensabile alla sussistenza
stessa del museo e delle sue attività.
Il museo, investito del ruolo di diffusore di cultura, si trova a dover ridefinire i propri obiettivi
organizzativi e gestionali attraverso processi decisionali snelli e strategie mirate e flessibili,
adattabili alle esigenze diversificate delle singole istituzioni.
Il museo moderno rappresenta un valido investimento nel momento in cui riesce a creare le-
gami profondi col territorio in cui ha sede. Varie ricerche (tra cui Rapporto sull’economia del-
la cultura in Itala 1990/2000) hanno dimostrato in questo senso non solo un aumento della vi-
sibilità, ma soprattutto ricadute positive in termini di domanda turistica. Il museo deve quindi
rappresentare a diversi livelli, locale e nazionale, i valori, la storia e la cultura che hanno con-
traddistinto le diverse entità territoriali.
In questo senso va interpretata l’attenzione volta a creare servizi aggiuntivi in grado di soddi-
sfare le esigenze dei visitatori. Interventi quali il potenziamento delle strutture di ospitalità
hanno reso il museo un luogo piacevole e accogliente in cui scegliere di trascorre il proprio
tempo libero.
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Dal punto di vista economico il museo ha visto, negli ultimi anni, aumentare le proprie possi-
bilità di autonomia sia gestionale sia amministrativa e di muoversi in un’interazione tra pub-
blico e privato potenzialmente dinamica, grazie all’opportunità di attuare modelli manageriali
efficaci, capaci, se sostenuti da strategie articolate e ben elaborate, di garantire il giusto equi-
librio tra la vocazione pubblica del museo e le sue esigenze economiche.
Vista l’ormai strutturale diminuzione degli investimenti pubblici, la tendenza dei musei negli
ultimi anni è stata quella di cercare di mobilitare il più possibile i capitali privati, in modo da
poter meglio valorizzare il patrimonio culturale. Le istituzioni private che investono nel setto-
re museale lo fanno principalmente nei servizi aggiuntivi. Il problema che si pone in questo
caso è quello di dover tenere in considerazioni le esigenze spesso discordanti dei due soggetti
coinvolti: da un lato l’istituzione museale dall’altro il pubblico dei musei.
Il graduale processo dei musei verso l’autonomia, incominciato con la legge Ronchey, sta por-
tando ad una maggiore integrazione tra le attività che l’istituzione museale si prefigge di rea-
lizzare, in particolare le attività di accoglienza, di didattica, di promozione e comunicazione
da coordinare con quelle di biglietteria, di guardiania, di manutenzione e dei supporti tecnici.
Si è ormai consolidata la convinzione che, accanto allo storico ruolo conservativo, il museo
debba affiancare quello didattico - divulgativo ed è questo il compito principale che il gestore
deve svolgere verso i visitatori; una volta acquisita la centralità del pubblico non si può pre-
scindere dalla sua eterogeneità.
Attrarre più visitatori significa diversificare l’offerta e renderla più attraente. Lo scopo princi-
pale di un museo deve essere quello di attrarre in primo luogo i residenti per i quali deve ri-
manere la fonte primaria del riconoscimento della propria identità culturale.
Questo tipo di integrazione dialettica fra le diverse funzioni offre la possibilità di valorizzare
meglio le attività svolte dal museo in un sistema integrato che comprende “sia le attività di
accoglienza, biglietteria e didattica sia la guardiania, la manutenzione, i supporti tecnici,
l’organizzazione di eventi culturali ed espositivi, le attività di comunicazione e promozione
[consentendo di] valorizzare il ruolo culturale delle direzioni scientifiche, garantire unità di
gestione di tutta la macchina museale, permettere di ottimizzare l’impiego delle risorse pro-
fessionali e finanziarie, favorire l’investimento in promozione e il consolidamento delle im-
prese di settore” (Imperatori in Museo contro museo 2001, pag. XIX).
E’ però altrettanto vero che l’intera gestione del museo non può essere affidata ai soli mecca-
nismi di mercato che non sono in grado di regolare un’istituzione complessa come quella mu-
seale.
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