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Sotto questa prospettiva il documento Nuove vocazioni per una nuova Europa del
1997 costituisce un esempio di avvicinamento della Chiesa alla realtà giovanile in tutta la
sua problematica offrendo inoltre spunti molto interessanti dal punto di vista teologico,
antropologico, pedagogico e operativo. In tale documento si avverte la necessità di
rilanciare in ogni campo il valore che per ogni uomo deve costituire la sua risposta
personale ad un progetto d’amore da parte di Dio. In altre parole il documento ribadisce
l’urgenza e la necessità che ha per ogni uomo la scoperta della propria personale
vocazione, proprio perché non solo nella Chiesa, ma in tutta la società deve svilupparsi una
mentalità e una cultura sempre più “vocazionale”.
La Chiesa prende sempre più coscienza che la proposta evangelizzatrice è liberante
e significativa per il cristiano del terzo millennio quando il riferimento all’orizzonte di
senso si esplicita e si ricerca in ogni azione pastorale. È per questo che dal confronto tra
l’animazione culturale e gli spunti offerti da Nuove vocazioni per una nuova Europa si
aprono prospettive molto interessanti. I frutti che possono scaturire dall’incontro
interdisciplinare tra l’animazione culturale e una sana pastorale vocazionale possono solo
condurre il giovane alla scelta responsabile e libera, nella prospettiva del dono totale e
consapevole di sé a Dio e agli altri.
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1. Gli obiettivi del nostro studio
Con questa ricerca tenteremo allora di perseguire come obiettivo generale di
dimostrare che l’animazione culturale può costituire per la pastorale vocazionale e per il
rinnovamento ecclesiale un luogo privilegiato in cui far maturare nel giovane la
sensibilità e l’attenzione per la propria vocazione.
Tale obiettivo verrà raggiunto attraverso il conseguimento di alcune tappe
intermedie, quali l’analisi della situazione giovanile, quella del modello educativo
dell’animazione culturale e quella della pastorale vocazionale proposta dal documento del
1997 per dimostrare che anche la Chiesa ha compreso l’importanza che per l’uomo ha
l’orizzonte di senso con cui egli si deve necessariamente confrontare.
Alla luce di quanto detto, possiamo esplicitare gli obiettivi specifici che nello
sviluppo del discorso dovranno essere conseguiti:
1. Effettuare una lettura adeguata della realtà giovanile che si appresta a vivere nel terzo
millennio dell’era cristiana.
2. Entrare nella realtà dell’animazione culturale per coglierne il valore e la funzione per
l’educatore e per il giovane.
3. Conoscere e verificare la sensibilità e l’attenzione che da qualche anno la Chiesa
universale sta dedicando alla questione vocazionale.
4. Elaborare una proposta di intervento che permetta al giovane di aprirsi all’orizzonte di
senso e di comprendersi come essere amato, voluto, in relazione continua e vitale con Dio.
8
2. Il quadro teorico
Negli ultimi anni si stanno moltiplicando gli studi e le riflessioni in sede
accademica sull’universo giovanile. Il giovane fa problema: viene “scandagliato” secondo
i punti di vista delle scienze umane come la psicologia, la sociologia, la pedagogia. Anche
la Chiesa, soprattutto nella riflessione pastorale si sta interrogando su come riuscire ad
annunciare al giovane la novità liberante del Vangelo, e si scopre “affascinante” proprio
quando riesce a farlo nella maniera più autentica, al di là di pregiudizi ideologici e delle
barriere che possono venire erette da tentazioni come il formalismo, il moralismo e il
fondamentalismo. Solo rimanendo se stessa, perennemente all’ascolto del Signore e attenta
al grido dei fratelli più bisognosi, continuerà ad esercitare nei secoli il suo fascino e ad
interpellare il cuore dell’uomo. Questi concetti vengono ampliati in modo oseremmo dire
profetico da Nuove vocazioni per una nuova Europa, frutto della riflessione sincera e
appassionata di tanti vescovi ed operatori pastorali nel corso del congresso svoltosi a Roma
tra il 5 e il 10 maggio 1997.
Solo in uno sforzo interdisciplinare si possono prendere decisioni e proporre
orientamenti validi. In altre parole, con un’immagine che è stata usata molte volte e nei
contesti più svariati, scopriamo che gli studi sull’animazione e sulla personalità del
giovane preparano il “terreno” su cui poi la riflessione che si compie nell’orizzonte della
pastorale può gettare il “seme” della Parola che libera e rende il giovane attento e
responsabile di fronte a Dio e ai fratelli.
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3. Metodo e limiti
Il metodo che verrà adottato nella ricerca assumerà la fisionomia del modello
ermeneutico: a partire dallo studio della realtà e delle risorse che si stanno adottando per
affrontarla, si tenterà di elaborare criticamente un piano di azione che tenga conto degli
stimoli e degli obiettivi suggeriti dallo sforzo di riflessione recente della Chiesa sul tema
delle vocazioni a livello europeo ed universale.
Circa i limiti del lavoro che ci apprestiamo a compiere, occorre riconoscere fin da
subito che con il nostro contributo non pretendiamo certamente di essere esaustivi in ciò
che riteniamo un argomento particolarmente caro al senso comune ecclesiale, come quello
dalla pastorale giovanile e vocazionale. L’universo giovanile, lo sappiamo, è in continua
evoluzione e ciò sta avvenendo con un ritmo sempre più vertiginoso. Ci aiuteranno
certamente le ultime ricerche compiute in questo campo, soprattutto per quel che riguarda
il giovane e la sua religiosità, tuttavia occorre essere attenti anche in questo ambito a non
cadere nella tentazione di credere di aver affrontato la materia in modo definitivo e
assoluto.
Sarebbe interessante, inoltre, spendere più di qualche parola su ciò che è stata e
come si è sviluppata nel corso dell’ultimo secolo di storia della Chiesa la moderna
pastorale vocazionale. Per ovvi motivi questo non si potrà fare, tuttavia ci riserveremo di
citare in nota i contributi che ci parranno più significativi in questo senso, al fine di una
maggior completezza. Infine si potrà avere l’impressione che molti termini o concetti si
daranno per scontati. Anche qui, se per ragioni di spazio non ci sarà possibile descrivere
compiutamente la materia, ci serviremo di rimandi ai contributi più significativi pubblicati
nel campo di indagine pertinente.
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4. Articolazione del lavoro
Per quanto riguarda il lavoro nella sua articolazione, la materia sarà strutturata
secondo tre parti principali, che sono individuabili chiaramente nei tre capitoli della
ricerca.
La prima riguarderà l’analisi della situazione attuale dell’universo giovanile e la
presentazione dell’animazione culturale nelle sue linee fondamentali.
Nella seconda parte si cercherà di porre in evidenza come, grazie al contributo
offerto dal documento Nuove vocazioni per una nuova Europa, la prospettiva vocazionale
scoperta all’interno della vita del giovane costituisca una risorsa imprescindibile per
favorire una cultura vocazionale e per aprire gli orizzonti di senso nell’esperienza
quotidiana.
Infine, nella terza parte, tenteremo di offrire elementi in vista di una proposta
operativa, tenendo conto dei risultati maturati dall’incontro delle due realtà analizzate.
Attenzione particolare verrà riservata all’analisi della situazione e all’intervento
dell’animatore di gruppo, che, in una prospettiva vocazionale, deve acquisire le
competenze per far compiere al giovane il cammino verso orizzonti ricchi di senso.
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Capitolo primo
La realtà giovanile odierna e l’animazione culturale
Non occorre andare troppo indietro nel tempo per accorgersi che stiamo
attraversando un momento unico della storia umana. Se solo diamo uno sguardo agli ultimi
decenni, ci rendiamo conto che siamo stati da poco protagonisti di cambi epocali che
ancora oggi sono in atto.
Il progresso e la tecnologia hanno portato l’uomo sulla luna, le distanze tra i popoli si
colmano ormai in pochi secondi grazie ai moderni ritrovati dell’industria delle
comunicazioni, uomini e donne lottano insieme e conquistano ogni giorno un po’ più di
libertà.
L’analfabetismo e tante malattie sono state sconfitte, le campagne di solidarietà per
i più poveri e per lo sviluppo sono all’ordine del giorno, eppure non ci sembra certo di
vivere un’età dell’oro.
Il progresso e la tecnologia presentano pesanti prezzi da pagare e le scelte della
globalizzazione sono salutate con sempre maggior sospetto. Sono finiti i grandi imperi
totalitari, implosi sotto il grande desiderio di autonomia e di libertà, ma si ha l’impressione
che l’uomo di oggi appaia piuttosto debole, fin troppo schiavo del consumismo e della
politica delle multinazionali.
E i giovani? Come si pongono di fronte a questa situazione? Sono ancora voce,
come nel passato anche non troppo remoto, del grande afflato ideale che ha portato l’uomo
ad emanciparsi da tante piccole e grandi schiavitù? Sono ancora capaci di scelte
coraggiose e radicali e lottano ancora per i diritti dell’uomo o piuttosto appaiono confusi,
spaventati, fagocitati dal turbine del consumismo esasperato che, come un tarlo, sta
rodendo anche le istituzioni più sacre? C’è qualche possibile rimedio alle eventuali
carenze? Vale ancora la pena lavorare insieme a loro aiutandoli a crescere e chiedendo il
loro aiuto? Sono un peso o una risorsa?
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Tali domande potrebbero moltiplicarsi all’infinito e potrebbero ingenerare in
ciascuno un sentimento misto di smarrimento e di preoccupazione. In questo primo
capitolo cercheremo di fornire delle risposte a partire proprio dall’analisi del “pianeta
giovani” per poi analizzare il modello educativo dell’animazione culturale, che pone al
centro di ogni sua preoccupazione proprio i giovani e le loro aspirazioni più profonde.
Senza la pretesa di essere esaustivi, ci si potrà fare un’idea abbastanza completa di un
universo estremamente ricco, variegato, frammentato, come è quello dei giovani di oggi.
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1. Il giovane del terzo millennio
A qualcuno forse sembrerà assurdo, eppure oggi è sicuramente anacronistico
parlare di una “condizione giovanile”. I contorni dell’“universo giovani” nell’opulenta
società occidentale appaiono, infatti, estremamente frammentati, al punto che ci sembra di
essere lontani anni luce dagli ormai mitici “anni sessanta-settanta”, in cui i giovani
avevano una propria identità collettiva, una cultura autonoma che li caratterizzava e una
forte predisposizione alla mobilitazione sociale. Allora parlare della condizione giovanile
significava affrontare un gran bel problema, poiché il mondo adulto avvertiva come non
solo il controllo sui giovani era ormai messo in forte discussione, ma addirittura gli adulti
stessi scoprivano di essere fortemente giudicati dalle nuove ideologie che reclamavano
maggiore libertà e rispetto sotto ogni punto di vista.
Già verso la fine degli anni ‘70, con l’esaurimento dei miti collettivi sessantottini e
con la fine delle ideologie si è assistito ad una progressiva “evaporazione” della condizione
giovanile, frammentatasi in un arcipelago sempre più variegato e anonimo all’interno del
tessuto sociale. Da turbolenti agitatori di folle i giovani si sono via via trasformati in
soggetti anonimi incapaci di essere ancora una volta protagonisti nella società. Tale
processo nei decenni successivi ha fatto sì che non si potesse più parlare di “giovani” in
senso generale, ma piuttosto di un insieme composito di soggettività giovanili, messo ai
margini da una società che, anche in questo momento tende a divenire sempre più
“complessa”
1
.
1
Dal punto di vista teorico, uno degli studi più interessanti sulla situazione dell’attuale momento storico e
culturale è La condizione postmoderna di Jean-François Lyotard. Questo contributo, di carattere prettamente
filosofico, può essere considerato uno dei manifesti del pensiero contemporaneo. Lyotard, riflettendo in base
a quale criterio possiamo oggi dire che una legge è giusta o che un’affermazione è vera, dimostra che l’uomo
postmoderno non crede più ai grandi sistemi teorici del passato. Il sapere è divenuto oggi merce importante,
fonte di profitto e mezzo di controllo. Nel contempo il sistema migliora sempre più la sua efficienza
economica. E tuttavia un criterio efficientistico non ci permette di giudicare sul vero e sul falso. Non esiste
più nessuna verità: solo combinazioni pragmatiche; la società postmoderna è condizionata da una
molteplicità di linguaggi che si intrecciano ad un ritmo vertiginoso. E tuttavia il sapere non è solo strumento
di potere, ma una risorsa da valorizzare per la vita sociale. Esso, infatti, acuisce la nostra sensibilità alle
differenze e “rinforza la nostra capacità di sopportare ciò che non è misurabile con un’unica misura” (Cf il
commento all’opera, in quarta di copertina, redatto dall’editore, in J. F. LYOTARD, La condizione
postmoderna, Milano, Feltrinelli, 2002). Nella condizione postmoderna le interazioni sociali si evolvono
ridimensionandosi fortemente, laddove “il contatto limitato nel tempo si sostituisce di fatto all’istituzione
14
Studiando a fondo questo processo Mario Pollo individua proprio nei profondi
mutamenti avvenuti nella società di fine millennio le cause della progressiva involuzione
della realtà giovanile
2
. Questa società, estremamente complessa, influisce sul paradigma
dell’uomo modificandolo profondamente
3
. Se si posa lo sguardo sui valori e sui fenomeni
che interessano la vita d’ogni singolo individuo preso sia come soggetto unico ed
irripetibile sia come essere sociale, si noterà come il soggettivismo svolga la parte più
importante nelle scelte di ognuno. La vita, infatti, appare come una successione di
situazioni transitorie senza nessi importanti tra loro; ognuno appare come un’agenzia
pianificatrice delle decisioni della propria vita
4
, impegnato non tanto a trovare
l’occupazione che garantirà un futuro sicuro per sé e per la famiglia che eventualmente si
andrà formando, quanto piuttosto attento a sfruttare al meglio le opportunità che, sul
mercato, nelle istituzioni o nelle relazioni interpersonali, offrano le maggiori gratificazioni.
La normalità, le regole di genere o dell’età, la classe sociale appaiono ormai un retaggio
senza più valore di secoli passati.
La società attuale, quindi, è fortemente condizionata dall’“intreccio di quei
fenomeni culturali, sociali e psicologico-esistenziali che sono all’origine dell’attuale fase
della modernità che più di qualcuno chiama surmodernità
5
. Agli occhi degli esperti essa
permanente nel campo professionale, affettivo, sessuale, culturale, familiare, internazionale come negli affari
politici” (LYOTARD, La condizione postmoderna, 120).
2
Cf M. POLLO, Le sfide educative dei giovani oggi, Leumann (Torino), Elle Di Ci, 2000, 7-9 e IDEM,
Animazione culturale. Teoria e metodo, Roma, LAS, 2002, 33-50.
3
Recentissimo, a tal proposito, il contributo del Sanna L’antropologia cristiana tra modernità e
postmodernità. L’autore analizza, a partire da una prospettiva teologica, la crisi che ha portato
all’indebolimento delle concezioni di Dio, dell’uomo e del mondo nella modernità e nella postmodernità.
L’autore evidenzia come nella postmodernità si sia affermato un quarto uomo, in seguito all’affermazione
del paradigma di un primo, secondo e terzo uomo (rispettivamente chiamati: l’uomo della razionalità, con le
caratteristiche del modello greco - ellenistico, l’uomo della fede, capace di operare una sintesi armonica di
fede e ragione, l’uomo borghese, calcolatore e asceta, che produce la grandiosa costruzione della modernità
con il suo mito del progresso). Questo quarto uomo, senza religione, senza storia, vittima del desiderio e non
del bisogno, senza ansia per la verità, senza religione è l’uomo radicale, individuo, non persona, buono per
natura, pienamente autonomo, felice per piacere e non per virtù, vincolato dal contratto e non dalla legge,
senza memoria storica (Cf I. SANNA, L’antropologia cristiana tra modernità e postmodernità, Biblioteca di
teologia contemporanea 116, Brescia, Queriniana, 2001, 336-383).
4
Cf POLLO, Le sfide, 8, citando W. R. HEINZ, L’ingresso della vita attiva in Germania ed in gran
Bretagna, in A. CAVALLI - O. GALLAND (a cura di), Senza fretta di crescere, Napoli, Liguori Editore,
1996, 83-84.
5
Cf POLLO, Le sfide, 8-9. Il termine “surmodernità” sta ad indicare una società postmoderna vittima della
sua involuzione, dovuta all’aver spinto all’eccesso lo sviluppo ed il progresso perseguiti per se stessi. Tale
termine ha la sua origine in ambiente francese e vede in Marc Augé uno dei suoi studiosi più autorevoli (Cf
15
appare con una sua fisionomia ed una fenomenologia propria, le cui caratteristiche sono
certamente preoccupanti.
Innanzitutto la società e la cultura sociale appaiono fortemente frammentate. Ciò è
l’effetto di un vero e proprio policentrismo culturale e di valori, in cui non esiste più una
verità e un’oggettività assoluta, ma tutte le posizioni esistenti si equivalgono ed hanno
diritto di coesistere
6
.
In secondo luogo non esistono più i grandi sistemi ideologici di pensiero,
precipitati in una crisi irreversibile. Se di ideologia si può parlare, vige oggi quella del
relativismo e del pensiero debole
7
, perciò in questo mondo è ormai impossibile avere punti
di riferimento assoluti di qualsiasi tipo.
Infine, e questo sembra essere l’aspetto più inquietante, l’uomo della società
surmoderna ha perso la capacità di interpretare il tempo alla luce della storia. È un uomo
senza memoria, accecato dal presente, incapace di leggere e di interpretare i tesori del suo
passato ma altrettanto inetto per quel che riguarda il suo futuro da progettare. Un uomo che
non sa più dare senso alla sua esistenza
8
.
Il giovane che si affaccia alla vita in questa società appare particolarmente fragile,
insicuro, proiettato in un ambiente ostile che cerca di fagocitarlo in tutti i modi.
Emanciparsi da questa realtà appare particolarmente difficile. Il paradigma antropologico
che si ritrova a contemplare giorno dopo giorno, consapevolmente ed inconsapevolmente,
agisce su di lui plasmandone il carattere. Solo approfondendo l’indagine sugli influssi della
surmodernità sull’universo giovanile si possono intuire spunti interessanti per un’eventuale
risposta a livello educativo.
ad esempio M. AUGÉ, Nonluoghi. Introduzione ad una Antropologia della Surmodernità, Milano,
Elèuthera, 1996).
6
Cf POLLO, Animazione Culturale, 33.
7
Per capire cosa rappresenta per l’educazione la sfida del pensiero debole rimandiamo al contributo di G.
PASQUALETTO, Pensiero forte o debole? Il postmoderno nell’educazione, in «Orientamenti Pedagogici»
44 (1997) 2, 361-376.
8
Cf POLLO, Animazione Culturale, 36.
8
Cf POLLO, Le sfide, 18, e IDEM, Animazione culturale, 34.