5
per eccellenza diventa lo spazio metropolitano, quello dei
flaneurs di Benjamin, in cui il visitatore che osserva con lo
sguardo di chi sembra venire dall’esterno, in realtà lo vive da
dentro diventando spettatore inconsapevole della
rappresentazione del proprio desiderio indotto. La gente si
sente partecipe e osserva le merci di ogni tipo esposte come
reperti in un Museo, ma nelle Grandi Esposizioni prima, nel
Grande Magazzino poi, gli oggetti, rientrando nelle logiche di
mercato, diventano acquistabili, dando inizio a quella
propensione al consumo, colpevole, secondo Rousseau, di
aver generato la corruzione delle società umane. Come nota il
filosofo francese, è l’opinione pubblica stessa a creare questo
male a cui gli individui sono piegati “dal momento ch’essi
preferiscono una stoffa perché è ricca, i loro cuori sono già
presi dall’amore del lusso, da tutti i capricci dell’opinione; e
questo gusto non è loro venuto certamente da essi stessi”
5
,
ma dalla forza attrattiva della merce-spettacolo che ha fin
dalle sue origini, la capacità di attirare a sé il pubblico
borghese delle grandi città, che creando e diffondendo i propri
codici di gusto nei centri vicini e lontani, dà vita ad un vasto
popolo di potenziali consumatori da immettere nel circuito
capitalistico. Nel corso del XIX secolo è la metropoli a fare da
sfondo alle numerose Esposizioni e alla conseguente
evoluzione dei consumi che da primari diventano imperdibili
5
Cfr., Rosseau, 1762c, p 424
6
simboli di status, il nuovo pubblico di massa è un pubblico
urbano , e gli oggetti del desiderio non sono soltanto oggetti
da ostentare, ma anche da fruire, come libri, periodici e
quotidiani che assumono “la loro funzione educatrice
attraverso un processo di coinvolgimento totale”
6
. Immerso nel
flusso commerciale l’uomo entra a far parte di una massa che
lo entusiasma e della quale non può fare a meno, infatti “il
conformismo implica essere influenzati da ciò che gli altri
fanno fino al punto di fare volontariamente delle cose (o avere
delle opinioni), che non si farebbero ( o non si avrebbero) se si
fosse da soli (…) in quanto accettiamo il giudizio del gruppo e
lo riteniamo un modello corretto cui adeguarci”
7
. L’individuo ha
bisogno del mondo circostante, dei modelli di comportamento
e delle idee altrui, in quanto, come nota Mc Dougall in The
Group Mind, l’individualità significa in un certo senso
isolamento, dal quale ognuno di noi si sente oppresso e anche
se non raggiunge uno stadio di piena chiarezza nella nostra
coscienza; viene abolito durante la fase di formazione delle
masse
8
. La moda, nel nuovo contesto, diventa l’eccellente e
rassicurante mezzo d’integrazione in una società dove
incombe la minaccia dell’opprimente isolamento e dove anche
i giudizi da individuali si fanno pubblici, di massa.
6
Cfr., Abruzzese, 1973, p.x
7
Cfr., Attili, 2000, p. 192
8
Mc Dougall, 1927, p24
7
Possedere i simboli giusti diventa indispensabile, semplici e
abituali oggetti di consumo determinano l’essere ‘in’ o ‘out’. La
folla urbana, cedendo alla tentazione di consumare i prodotti
dell’industria del divertimento, diviene inconsapevolmente
l’appetibile destinatario della nascente industria culturale che
presto si sarebbe evoluta in nuove e contaminate forme. Tarde
nel saggio del 1898, Le public et la foule, sottolinea come:
“Non ci si dovrebbe meravigliare di vedere i nostri
contemporanei così docili di fronte al vento delle opinioni
mutevoli, e non si dovrebbe allo stesso modo concludere
subito che i caratteri siano perciò divenuti più deboli. Quando i
pioppi e le querce vengono rovesciati dalla bufera, ciò non è
perché essi sono cresciuti più deboli, ma perché la tempesta è
diventata più forte”
9
. Era il 1898, il cinema, la radio e il fumetto
si stavano delineando come mezzi di comunicazione di
massa, la potenza dell’opinione pubblica doveva ancora
esplodere.
9
Tarde 1898, cit. Clark 1969
8
L’opinione è pubblica
Nel medesimo anno, il 1895, attraverso la tecnica la diffusione
di immagini, parole e suoni diventa riproducibile e destinata ad
un pubblico potenzialmente universale: i Lumière brevettano il
cinematografo, Outcault pubblica Yellow Kid (primo fumetto
della storia) e Marconi porta a termine la fase fondamentale
dei suoi esperimenti sulle onde hertziane. La prospettiva di
raggiungere molte persone diverse con uno stesso
messaggio, fa di questi apparati industriali potenti mezzi di
comunicazione di massa, capaci di influenzare le opinioni,
creare mode, globalizzare gli stili. Le conseguenze sociali
della neonata comunicazione moderna vengono analizzate
con estrema lucidità da Walter Lippmann che, in pochi
passaggi, definisce il concetto di opinione pubblica come
immagini in base a cui agiscono gruppi di persone, o individui
in nome di gruppi
10
. L’opinione pubblica muove la gente che,
inserita nel flusso comunicativo mediale, coglie dei messaggi,
li rielabora, li fa circolare, se ne appropria fino ad adattarvi le
proprie idee, nel tentativo di costruire un’immagine della
realtà, fingendo di non scorgere l’inganno, infatti, come nota
ancora Lippman “l’ambiente reale, preso nel suo insieme, è
troppo grande, troppo complesso e troppo fuggevole per
consentire una conoscenza diretta. Non siamo attrezzati per
10
Cfr., Lippmann, 1922, p30
9
affrontare tante sottigliezze, tanta varietà, tante mutazioni e
combinazioni. E pur dovendo operare in questo ambiente,
siamo costretti a costruirlo su un modello più semplice per
poterne venire a capo”
11
. Diventa indispensabile appropriarsi
di punti di vista altrui, plasmando la nostra immagine e i nostri
pensieri su una realtà rappresentata. L’impatto dei nuovi mezzi
di comunicazione con il pubblico avviene nelle metropoli
europee e statunitensi, dove l’interazione tra produttori e
spettatori crea quella rete di sottili equilibri tra ciò che viene
offerto, la conseguente creazione di bisogni , le attese e il
potere d’acquisto dei consumatori. Durante la fase di
avviamento del sistema dei media di massa si assiste a una
serie di fallimenti e sperimentazioni, come per il fumetto che
esordendo sul supplemento domenicale del New York World,
tentativo degli editori di offrire ai lettori riproduzioni dell’arte
classica, non ottiene alcun successo, ma legando le proprie
storie alla modernità, e creando dei veri e propri eroi
metropolitani, genera un vasto pubblico di suoi cultori.
L’industria culturale deve offrire valori e modelli di
comportamento, rappresentando le passioni dei suoi
personaggi e dando al lettore la possibilità di identificarsi
12
. I
testi devono dunque essere legati alla storia, la stessa in cui i
fruitori vivono, creando un sistema di identificazione diretto nel
11
Ibid., p 18-19
12
Cfr. Colombo, 2001, p. 37
10
quale risulta facile riconoscersi. Il lettore vuole essere
sorpreso, affascinato, attratto da una merce intertestuale
“capace di procurare un’esperienza del reale più intensa e
diretta di quella diretta”
13
.
Il cinema cantore della metropoli
Il cinema coglie appieno l’importanza dell’identificazione
rendendola chiave di volta di tutta la sua produzione,
diventando archivio dei comportamenti umani, ma anche
struttura dell'immaginario collettivo, rendendo partecipe la
collettività e tutte le sue interpretazioni. Esso appare così
inserito nel sistema dei media della società post-industriale,
testimone e insieme motore di storia, per cui ogni prodotto
culturale che voglia ricostruire mentalità, comportamenti e
vissuti del quotidiano nel Novecento non può prescindere dalla
straordinaria fonte rappresentata dalle immagini inscritte sulla
pellicola
14
. Il cinema, come merce, ma anche come
contenitore nel quale si svolge lo spettacolo cinematografico,
ma questa piccola scatola che è il cinema, ne contiene una più
piccola, la cabina di proiezione, che racchiude a sua volta la
città e il mondo intero. Così in poco più di un secolo, il nuovo
mezzo di comunicazione di massa, è divenuto cantore della
società moderna e dei suoi spazi, e in particolare del luogo
13
Ibid., p. 41
14
Cfr. Brancato, 2003
11
simbolo della civiltà del XX secolo: la metropoli. È infatti
nell'itinerario della rappresentazione della metropoli che il
cinema diviene davvero la città delle luci di Chaplin. Quando il
film registra le immagini della città moderna e le ingloba dentro
di sé, finisce per restituirne un'immagine più luminosa e
leggermente deformata in cui lo spettatore, al contempo
oggetto e soggetto di rappresentazione, mette in scena i propri
desideri e li vede allo stesso tempo riflessi nel grande
specchio dello schermo
15
. Le immagini rimandano ad una rete
di significati che costituisce l’immaginario, “tanto flessibile da
poter cambiare continuamente la configurazione delle sue
maglie e le interconnessioni che esse stabiliscono, tanto
potente da non perdere mai la sua integrità di griglia e la
logica di queste interconnessioni nella sua trasformazione
continua”. L’immaginario filmico lega i propri contenuti alla
modernità della metropoli, cogliendo appieno i dinamici
processi sociali in continuo divenire. Nel breve saggio
Metropoli e personalità Simmel individua alcuni caratteri
essenziali della metropoli del proprio tempo fornendo chiavi
interpretative che tuttora, trascorso un secolo e cambiate
radicalmente le condizioni di vita dell'uomo, risultano di
estremo interesse ed attualità. L’analisi del discorso
simmelliano risulta indispensabile ai fini della comprensione
dell’evoluzione della metropoli moderna. Simmel guarda, con
15
Cfr. Brancato, 2003
12
un certo distacco, la metropoli, gli uomini che la popolano, le
interazioni sociali che in essa si verificano e confronta quanto
osservato con i corrispondenti fenomeni che avvengono in una
piccola città. Nella metropoli gli abitanti ricevono un ricco
insieme di stimoli che evolvono e cambiano rapidamente, un
susseguirsi di impressioni ed immagini che affollano la loro
mente. Spostandosi in ambiente rurale il veloce ritmo della
metropoli viene sostituito da un ritmo più lento e privo di quelle
intense stimolazioni nervose che abbondano nelle strade di
città. Come nota Simmel, utilizzando un approccio
evoluzionista, l'uomo metropolitano, per adattarsi all'ambiente,
ha sviluppato un organo di difesa che lo protegge dagli
eccessivi stimoli a cui è sottoposto: l'intelletto
16
. Il cittadino ha
sviluppato una intellettualità sofisticata, una indifferenza per
qualsiasi individualità e un'abitudine ad instaurare rapporti
formali e distaccati. Le relazioni, le interazioni con gli altri
divengono quasi sempre delle pure contrattazioni. Il
susseguirsi quotidiano di notizie ed emozioni fa divenire tutto
normale. Gli aspetti economici, l'economia monetaria e la
divisione del lavoro alimentano l'atteggiamento blasé
17
, ovvero
l'individuo risponde in maniera smorzata a un forte stimolo
esterno a causa di "stimolazioni nervose in rapido
movimento”
18
. La più immediata causa all'origine di questo
16
Cfr.,Simmel, 1971
17
Ibid.
18
Ibid.
13
atteggiamento è la sovrastimolazione sensoriale offerta dalla
città, in cui il cittadino, sottoposto a continui impatti sensoriali,
in qualche modo si abitua, divenendone meno recettivo. Il
risultato è la perdita dell'essenza e del significato delle cose,
ma anche la possibilità di una maggiore libertà che deriva
proprio dalle caratteristiche fin qui descritte ed in particolare da
quel riserbo, quella indifferenza e quel distacco che
caratterizzano i rapporti interpersonali metropolitani. I temi che
emergono dal discorso di Simmel sono facilmente rintracciabili
nel cinema che allo stesso tempo riproduce l’immagine della
realtà e ne entra di diritto a far parte, giocando un ruolo
fondamentale nella strutturazione della metropoli, ma anche
nella costruzione dell’immaginario collettivo legato a essa. Il
cinema destruttura e ricombina le città e, attraverso la
fruizione dello spettacolo filmico, agisce inevitabilmente sul
tessuto della storia contemporanea “fungendo da principale
narratore dell’ordine del mondo (…) organizza lo sguardo della
metropoli su se stessa, sulle rivoluzionarie prospettive del
proprio territorio fisico come sulla fitta rete di relazioni che vi
hanno luogo”
19
. Si ritorna a Benjamin e a Baudrillard ed alla
riproducibilità della realtà che diviene sempre di più transitoria,
labile, fittizia. A questo proposito, ritroviamo molte delle
suggestioni di Baudrillard quando tratta la società dei consumi
che si è eclissata nei segni, dove la merce è divenuta puro
19
Cfr. Simmel, 1971
14
logo e il mondo pura simulazione. Gli Stati Uniti, intesi come il
più importante ed ascoltato paese produttore e creatore di
immagini, si pongono come modello di questa simulazione
totale, vivendo la metropoli senza mediazioni e senza freni
suggestionano anche il resto del mondo. Neutralità, mobilità,
superficialità, sfida alla natura e alla cultura, iperspazio senza
origine né riferimenti: le città divengono lunghe carrellate
segnaletiche. La città diventa il maxischermo del cinema.
La metropoli ‘ipercomunicattiva’
Esistono affinità di percorso che legano due fenomeni peculiari
dell’era contemporanea: da un lato, l’evoluzione del concetto e
dell’immagine della metropoli intesa come forma e destino
della contemporaneità, sia da un punto di vista strettamente
fisico-estetico, sia da un punto di vista metafisico, sociologico,
antropologico e culturale; dall’altro, la nascita ed il parallelo
sviluppo dello strumento cinematografico come supremo
mezzo di rappresentazione della contemporaneità stessa e, di
conseguenza, della civiltà metropolitana del XX secolo. Il
passaggio dalla città alla metropoli, il mutare della spazialità
urbana dall'era pre a quella post industriale, è indubbiamente
segnato dalla progressiva perdita del centro e dalla
conseguente crisi del concetto stesso di centralità e gerarchia
delle relazioni ed interazioni. L'imago urbis della città
preindustriale, codificata ed illustrata in forma di mappa o di
15
veduta, offre una rassicurante quanto statica visione di città,
cuore funzionale e simbolico. La metropoli invece è territorio
aperto, vasta spazialità non circoscritta, la cui geografia è data
dal sistema della rete relazioni sociali interne ad essa. Con
l'annullamento di confini fissi, la città-metropoli si destruttura
progressivamente sino a rendere difficile la percezione della
propria identità. Le città, sempre più regolate dal moto,
governate dal dinamismo e dalla permeabilità, stanno
conducendo inevitabilmente al dissolvimento degli stili di vita e
delle forme di comunicazione tradizionali. La diminuzione della
interazione personale tra soggetti e la crescente relazione tra
reti e terminali hanno prodotto, e produrranno sempre più
significativamente in futuro, un notevole effetto sui dettagli del
quotidiano così come sulle relazioni interpersonali e sugli
spazi a esse deputati. La metropoli è dominata da una
ipercomunicazione per segni ed immagini, dove la vita urbana
è segnata dal costante fluire delle masse di individui
‘metropolizzati’. L’identità di cittadini è sempre più il prodotto
del montaggio in sequenza di esperienze di vita percepite,
piuttosto che di una giustapposizione tra un significato e uno
spazio individuali. Nelle società contemporanee la crescente
mobilità delle idee, delle immagini e degli individui sta
riducendo luoghi dove nascere, vivere, incontrarsi, a luoghi da
cui scappare, da conquistare, da attraversare, da veder
scorrere; luoghi della memoria, dello spirito, dell'intelletto.
16
Luoghi dell'oblio e dell'eterno ritorno. La natura di molti spazi
della società contemporanea è sempre più data dalla capacità
di ospitare una moltitudine di significati e di proiezioni. Sono
spazi aperti a molteplici interpretazioni, mobili e insieme statici,
dove diventa difficile distinguere la dimensione simbolica del
virtuale dalla vita reale. La società contemporanea ha prodotto
una proliferazione dei codici di significazione della città: codici
che testimoniano comportamenti passati o stili di vita ancora
attivi e codici mobili e plurali, che accompagnano la vita delle
molteplici popolazioni che abitano precariamente le diverse
parti del territorio. Codici da riconoscere nello spazio e codici
proiettati sullo spazio stesso, compresenti negli stessi territori
della vita quotidiana, fino a generare delle complesse e
mutevoli intersezioni di attese, proiezioni e reazioni di
significato su uno stesso luogo. Dunque l'identità di un luogo è
sempre meno una qualità stabile, ma al contempo resta
fortemente ancorata ad una dimensione statica, formale e
materiale di uno spazio
20
, proprio come accade nelle
scenografie metropolitane dove viene a crearsi un labirinto
d’immagini capaci di rendere sempre meno definito il confine
tra verità e illusione(la nascita del cinema coincide
sostanzialmente con quella delle grandi moderne metropoli
globali). Le riprese degli esterni, rese possibili grazie a
innovazioni tecniche, rendono strade, fabbriche, grattacieli
20
Cfr. Boeri, 1998
17
scenografie reali per vicende immaginate. La metropoli
moderna d’inizio ‘900 innalza i suoi grattacieli e produce il
conseguente bisogno di cinema, indispensabile strumento di
spettacolarizzazione, costruzione d’un’immagine possente,
sintetica e riproducibile. L’architettura dunque edifica spazi
concreti e il cinema, appropriandosene, amplifica le sensazioni
derivate dalla semplice visione d’insieme, rendendo
emozionante un ammasso di travi e cemento come una
vecchia fabbrica o connotando di valenza simbolica una
distesa d’asfalto. Grazie agli artifici cinematografici ogni luogo
diventa raggiungibile, mentre il corpo resta fermo in un preciso
punto dell’universo, lo sguardo può esplorare il mondo,
osservandolo per mezzo di occhi artificiali, nell’ingenua
convinzione di viverlo. Condizione questa, in cui l’uomo, che
“non è un dio aristotelico, capace di contemplare con un solo
sguardo l’intera esistenza”
21
, si sente appagato, in quanto egli
è appena in grado di abbracciare una porzione di realtà che gli
consenta di sopravvivere e di strappare al tempo pochi attimi
di intuizione e felicità. Attraverso la tecnologia ha inventato
mezzi per vedere quello che non si può vedere a occhio nudo,
per sentire quello che l’orecchio non può sentire, per pensare
masse immense e masse infinitesime, è riuscito a vedere
vaste zone del mondo che non potrebbe mai vedere con gli
occhi, o toccare, o odorare, o udire, o ricordare. Il cinema di
21
Lippman, 1922, p 29-30
18
massa, inteso come strumento di conoscenza, cattura la
realtà, i luoghi, le città: le immagini stanziano al di là della
retina per depositarsi nella memoria ed avere così la
sensazione di esserci già stati in certi posti, d’aver già visto
quella strada, quei taxi, quel ponte…Un po’ alla volta si
costruisce nella mente un’immagine attendibile del mondo che
sta al di là della sua portata”
22
. Attraverso il magico strumento
che è il cinema, storie nate nel cuore pulsante delle metropoli
vengono irradiate attraverso un circuito capillare, contaminano
gli stili di vita a livello mondiale, infatti “la nuova cultura dei
consumi(…) è riuscita costruire un sistema polisemico di
fruizione adattabile a ogni realtà sociologica, grazie alla
possibilità di essere tradotto in modi semioticamente
individualizzati e decentrati. In tal modo si elimina qualsiasi
riferimento alla storia e la dimensione sociale è presente solo
in quanto sollecita una ridondanza di psicologizzazioni: tutte le
vicende tra uomini e donne - l’intreccio – sono ridotte e
tradotte nella loro base drammaturgica di passioni
elementari”
23
. Lo spettatore moderno osserva, si identifica e,
nel contempo, si mantiene a forte distanza. Compone qualche
pezzo del puzzle di un'altra vita possibile, si immerge in questo
mondo possibile.
22
Lippman, 1922
23
Cit. Canevacci, 1995, p. 175