5
sia riguardo i rapporti con le popolazioni ospitanti e le autorità
statali.
La storia degli zingari è anche la storia delle rappresentazioni
sociali e culturali che di essi le società hanno creato nelle diverse
epoche storiche; così la nostra attenzione si è soffermata sulle
immagini e sugli stereotipi più comuni usati per definire gli zingari
e che sono diventati patrimonio culturale dell’immaginario
collettivo, constatando come ogni epoca abbia osservato questa
gente errante partendo dalla propria visione del mondo
“costruendone nella storia immagini di alterità sempre profonda e
tuttavia sempre differente”
2
.
A partire dal Medioevo fino ai nostri giorni, abbiamo
analizzato le principali immagini degli zingari prodotte dalle società
con cui questi sono venuti in contatto; immagini che, hanno
veicolato gli stereotipi più diffusi sugli zingari influenzando
radicalmente gli atteggiamenti mentali e sociali degli individui nei
confronti di questo popolo e, contribuito a giustificare le
persecuzioni e l’emarginazione di questa gente errante.
Anche il cinema, come la letteratura, la musica, la pittura, ha
subito il fascino irresistibile dei rom e, nello stesso tempo, ha
contribuito a creare e diffondere particolari immagini degli zingari;
immagini che, se da un lato costituiscono un importante punto di
vista sull’universo culturale dei rom, dall’altro sono entrate a far
parte del nostro immaginario collettivo influendo sul modo di
vedere, di pensare e di comunicare la diversità.
2
Tuozzi, C., Le maschere dello zingaro, in Angrisani, S., Marone, F., Tuozzi, C., Cinema e
cultura delle differenze, ETS, Pisa, 2001, p. 196.
6
Il presente lavoro ha assunto in questo modo la connotazione
di un’esperienza di ricerca delle immagini e delle rappresentazioni
che ritraggono gli zingari, così affascinanti e misteriosi, oppure
ladri e truffaldini e ancora liberi e selvaggi o sporchi e marginali,
artisti e fattucchiere e quanto ancora, scoprendo che in ogni epoca e
paese lo zingaro ha sempre rappresentato il “diverso” per
antonomasia
3
, riuscendo a suscitare timore e curiosità al tempo
stesso perché non facilmente classificabile in quelle categorie
predisposte dalla “normalità” per contraddistinguere se stessa
4
.
A questo punto abbiamo scelto di raccontare la
rappresentazione degli zingari e della cultura rom attraverso gli
sguardi del cinema, interrogandoci sulle forme di tale
rappresentazione. Una delle direttrici seguite è stata quella di
indagare come le diverse maschere dei rom si costruiscano e
ricostruiscano attraverso i film che li vedono protagonisti,
restituendoci immagini e impressioni di realtà sempre diverse e
significative per la comprensione degli stereotipi e dei pregiudizi
sul loro conto; altri spunti di riflessione sono derivati dalle
tematiche trattate dai vari film e dallo sguardo degli autori, in
particolare Emir Kusturica e Tony Gatlif.
Il racconto, articolato in base a queste linee guida
schematicamente riassunte, non ha seguito necessariamente tale
ordine; le direttrici citate sono state utilizzate come strumenti,
preziosi e utili in egual modo, di visione e comprensione delle
rappresentazioni filmiche degli zingari.
3
Ibidem.
4
Ibidem.
7
La scelta di utilizzare il cinema come strumento in grado di
mediare la conoscenza da parte dei non zingari del mondo rom è
stata effettuata a partire dalla constatazione che i rom non hanno un
linguaggio scritto. Di conseguenza l’unico altro modo per poter
affrontare un discorso sulla rappresentazione che la società dei
gagè
5
ha prodotto di questo popolo è quello di analizzare le
immagini che il cinema ha utilizzato per descrivere e raccontare gli
zingari; in particolare la nostra attenzione si è soffermata su quei
film, tutti abbastanza noti e facilmente reperibili, nei quali è
possibile analizzare e individuare gli stereotipi più comuni su cui
viene costruito il personaggio dello zingaro.
La constatazione immediatamente rilevabile è che tutte le
rappresentazioni della cultura rom sono frutto di un lavoro di
elaborazione esterno rispetto alla realtà che si va ad affrontare e
quindi “viziate” in qualche modo da uno sguardo “altro”.
Anche il nostro è uno sguardo estraneo all’universo rom; una
delle principali difficoltà di questa esperienza è stata infatti quella
di prendere coscienza della propria “alterità”, del sentirsi fuori
rispetto al mondo di cui si sta parlando, del sapersi portatori di
istanze culturali differenti e di una visione del mondo condizionata
dagli inevitabili pregiudizi che ne derivano.
La ricerca di un punto di vista cui guardare la cultura rom
attraverso le immagini filmiche è stata fondamentale per chiarire il
significato stesso da attribuire al termine cultura e il ruolo e
l’importanza del cinema nella rappresentazione di culture “altre”.
5
Nella lingua romanès, i gagè sono i non zingari.
8
Ecco perché il punto di vista del cinema: come se le
immagini e i film, potessero rappresentare uno spazio entro cui gli
individui avessero la possibilità di “sospendere la realtà quotidiana,
togliersi la maschera, abbandonare le solite posizioni e ruoli sociali
occupati, costruendo e vivendo nello spazio del possibile”
6
.
Dentro questo spazio abbiamo cercato di interrogarci sulla
cultura dei rom, sul loro pensiero, sul loro modo di vivere in
relazione con i gagè, e lo abbiamo fatto, in particolare, usando lo
sguardo di due autori, Emir Kusturica e Tony Gatlif.
Si tratta di due registi molto diversi tra loro, ma che hanno
dedicato ai rom una parte importante della loro filmografia: l’uno
affascinato dal mondo zingaro prende da quella cultura gli elementi
magici e favolistici per ricreare una realtà surreale e grottesca,
l’altro, di origini rom, adottando un punto di vista interno alla
propria cultura, non solo rende possibile una forma di “auto
rappresentazione”
7
che possa consentire ai rom di avere maggiore
consapevolezza di se stessi e della loro cultura, ma fornisce anche ai
gagè una sguardo scevro di stereotipi sulla complessità del mondo
zingaro, mette in scena le relazioni interculturali, problematiche e
conflittuali, tra universi culturali diversi, ma rappresenta anche la
possibilità dell’incontro.
6
Tuozzi C., Le maschere dello zingaro, op. cit. p. 150.
7
Edouard Chiline, intellettuale rom, scrive: “Il modo migliore di combattere gli stereotipi non
è forse assumersi la responsabilità di rivendicare il diritto di rappresentare se stessi?” Chiline,
E., Tzigani nel cinema russo. Storia di una rappresentazione, in Amalfitano, E., (a cura) Per
un cinema nomade, Il Gigante, Firenze, 2005, p. 45.
9
1. STORIA DI UN POPOLO MISTERIOSO
Porto il nome di tutti i battesimi
Ogni nome il sigillo di un lasciapassare
Per un guado una terra una nuvola un canto
Un diamante nascosto nel pane
Per un solo dolcissimo umore del sangue
Per la stessa ragione del viaggio viaggiare
Fabrizio De Andrè
1
1.1 Rom o zingari: un popolo, tante maschere.
“L’approccio al mondo degli zingari è spesso mediato da uno
stratificato filtro culturale ed è da questo che bisogna cominciare
per dimostrare che l’idea che si è diffusa di quelli che
genericamente chiamiamo zingari è spesso frutto di secolari
elaborazioni che in ogni epoca hanno prodotto il loro stereotipo”
2
.
Lo stesso termine zingaro
3
è un’etichetta che veicola una
serie di immagini stereotipate del popolo rom; tale appellativo
deriverebbe dal nome dell’antica setta eretica degli athingani o
atsingani, originaria dall’Asia Minore, conosciuta fin dall’VIII sec,
di cui si ha testimonianza nell’Impero Bizantino intorno al 1100
4
.
1
De Andrè, F., Khorakhanè (A forza di essere vento), cit.
2
Narciso, L., Perché tanto turbamento? Gli zingari come immagine tra terrore e poesia in
Amalfitano. E., (a cura), Per un cinema nomade, Il Gigante, Firenze, 2005, p. 119.
3
Nel corso dell’opera utilizzeremo il termine “zingaro” come sinonimo di “rom” privandolo
della connotazione negativa assunta nel linguaggio comune. Tale scelta risiede nella ampiezza
del termine, in quanto con esso si può far riferimento a tutto il gruppo di individui che in ogni
parte del mondo vivono appunto da zingari e che non sono solo rom, ma anche sinti,
manouche, kalè, gitanos, ecc…
4
Si veda Spinelli S., Baro romano drom : la lunga strada di rom, sinti, kale, manouches e
romanichals, Meltemi, Roma, 2003, p. 20 e De Vaux De Foletier, F., Mille anni di storia degli
Zingari, Jaca Book, Milano, 1978, p.46.
10
Questi godevano di cattiva fama perchè praticavano la magia ed
erano mal visti dalla popolazione locale che attribuì tale nome
anche alle popolazioni provenienti dall’India e con il nome anche,
purtroppo, la pessima reputazione.
Gli zingari sono stati anche denominati Egiziani perché i capi
delle comunità si titolavano per esempio “Duchi del Piccolo
Egitto”; da egiziano derivano invece i nomi Gypsies (inglese) e
Gitanos (spagnolo), ma sono anche stati chiamati Boemi e Tartari,
oltre ad un’infinità di altri nomi derivanti dai mestieri o dalle
caratteristiche fisiche: una molteplicità che rispecchia e testimonia
la varietà delle teorie e ipotesi fatte nel corso dei secoli sull’origine
e la provenienza della popolazione romanès e che ha contribuito a
creare confusione e diffidenza nei confronti di questa gente strana
dalla fama poco rassicurante che si spostava in gruppi e carovane
attraverso città e villaggi.
Gli “zingari” invece chiamano se stessi “rom” oppure “kalè”
o “sinti” ed ancora “manouches” e “romanichals”. Questi etnomini
sono considerarti tra loro sinonimi
5
e significano essenzialmente
“uomo”.
E’interessante notare come tale connotazione linguistica della
consapevolezza di sé da parte di un popolo sia universalmente
diffusa. Levi-Strauss a proposito scrive: “…molte popolazioni
cosiddette primitive si autodesignano con un nome che significa gli
“uomini” (o talvolta […] i “buoni”, gli “eccellenti”, i “completi”),
sottintendendo così che le altre tribù, gli altri gruppi o villaggi, non
partecipino delle virtù- o magari della natura- umane, ma siano
5
In realtà “rom” è l’etnomino originario, mentre tutti gli altri sono dei derivati. Per un quadro
chiaro ed esaustivo sull’origine e l’uso degli etnomini si veda Spinelli S., Baro romano drom,
op. cit. p. 87 e ss.
11
tutt’al più composti di “cattivi”, di “malvagi”, di “scimmie terrestri”
o di “pidocchi”. Si arriva spesso al punto di privare lo straniero
anche di quest’ultimo grado di realtà facendone un “fantasma” o
una “apparizione”
6
. Questo passaggio oltre ad evidenziare come
ciascun gruppo si attribuisca il sommo valore e attributo di
“umanità”, mette in risalto da un lato l’intrinseco e inevitabile
rapporto noi/gli altri e l’affermazione della propria “identità”
sociale a partire dalla contrapposizione e dal confronto con
l’“alterità”, ossia con l’altro da me, portatore di differenza e
diversità
7
; evidenzia inoltre l’importanza cruciale dell’
etichettamento o labelling nei confronti degli stranieri e degli
immigrati: definire, designare, denominare, sono infatti azioni
sociali, che riflettono giudizi di valore e che orientano i
comportamenti.
Così il termine zingaro “è un termine con connotazione
negativa dato dall’esterno che denota sia un insieme di popolazioni
(rom, ma anche altre comunità che per stili di vita e caratteristiche
sociali vengono identificate con quelle rom) e che normalmente
non accettano di essere chiamate con questo nome”
8
. Tale
appellativo, che tecnicamente è un eteronomo, è stato creato dal
mondo non-zingaro per definire, generalmente con diffidenza e
6
Lévi-Strauss, C., Razza e storia e altri studi di antropologia, Einaudi, Torino, 1974, p. 105-
106.
7
Per maggiori approfondimenti sull’autodefinizione dei popoli e sui concetti di identità e
alterità sociale si veda il saggio di Angela Gregorini, Etnocentrismo e interdipendenza delle
culture, in Antropologia della comunicazione visiva. Educazione interculturale e linguaggi
audiovisivi, Iscos Marche Onlus, Ancona, 2002.
8
“In Europa Occidentale, ci sono popolazioni che non parlano lingue neo-indiane come ad
esempio i Voyageurs francesi, gli Jenis tedeschi, i Minceir irlandesi, i Tattaren nella penisola
scandinava che vengono chiamati “zingari” dalla popolazione locale. Nella letteratura
specializzata si denominano “zingari” solo le popolazioni che si ritengono originarie dell’India
e “viaggianti” solo quelle di origine autoctona”. Tratto da intervista al prof. Leonardo Piasere
a cura di Dafne Turilazzi trasmessa da Radio Sardegna. Il testo integrale è reperibile su
www.albertomelis.it/fondazione%20piasere.htm . Le parentesi sono nostre.
12
disprezzo, un insieme di gruppi non ben identificati che hanno
vagato in varie parti del mondo dove giungevano e risiedevano da
stranieri
9
.
Zingari, Tzigani, Gitani, Bohemiens, Gypsies sono tutti modi
usati per chiamare queste popolazioni erranti e per molti versi
stravaganti, e l’uso di tale terminologia è legato spesso
all’immagine stereotipata di gente vagabonda, socialmente
marginale, dedita all’accattonaggio e ai furti
10
.
Allo stesso modo ed in virtù del medesimo meccanismo
antropologico gli zingari chiamano tutti coloro che non sono rom
“gadjo” o “gagè” attribuendo al termine la stessa connotazione
negativa e dispregiativa
11
. Per i rom, infatti, l’umanità è suddivisa in
rom e gagè; tutti quelli che non sono rom, in qualunque parte del
mondo vivano, sono prima di tutto gagè, “gli altri per eccellenza”,
da suddividere solo successivamente in relazione alla loro
appartenenza nazionale. E’ evidente che, per chi rom non è, la
suddivisione è ben diversa: esistono differenti nazionalità di
individui, fra cui anche i rom, che sono, quindi, “degli altri fra i
tanti”
12
.
In sostanza, il termine gadjo
13
esprime una vasta gamma di
qualità negative che caratterizzano lo stereotipo del non rom.
9
Angrisani, S., Tuozzi, C., Tony Gatlif. Un cinema nomade, Lindau, Torino, 2003, p. 11.
10
Ibidem.
11
De Foletier fa notare come tale parola sia entrata in uso in molti dialetti italiani con il
significato di “contadino, individuo ingenuo e sempliciotto”. De Vaux De Foletier, F., Mille
anni di storia degli Zingari, op. cit. 1978, p. 227.
12
Si veda in particolare Piasere, L., Popoli delle discariche: saggi di antropologia zingara,
CISU, Roma, 1991, p. 175.
13
Essendo essenzialmente orale, non vi è un sistema di trascrizione precisa e universale della
lingua romanès. In questo testo, ove non espressamente indicato, adotteremo le soluzioni usate
dagli autori citati.
13
Un gadjo è tutto ciò che un rom non è. Non è un uomo per
esempio.
1.2 Il mito delle origini
La mancanza di documenti scritti riguardo il passaggio o la
descrizione degli antenati degli attuali rom contribuisce ancor oggi
a incrementare l’alone di mistero e fascino di questo popolo custode
di antichissime tradizioni culturali, ma privo di altrettante tradizioni
storiche documentate
14
. Il problema delle origini è rimasto a lungo
un enigma: nel tardo Medioevo e soprattutto nel Rinascimento
fioriscono ipotesi e leggende fantasiose che hanno cercato di
risolvere i dubbi e le curiosità e, nello stesso tempo, creato il germe
dei tanti pregiudizi sugli zingari che si perpetuano ancora ai giorni
nostri e che sono diventati parte integrante delle nostre tradizioni
culturali. Il loro aspetto miserabile ed eccentrico, la lingua
incomprensibile, le attività svolte come la lavorazione dei metalli,
la predizione, l’accattonaggio e i furti, l’aspetto fisico e lo stile di
vita nomade hanno da sempre reso difficili i rapporti tra i nuovi
arrivati, la popolazione locale e le autorità; tali caratteristiche sono
state oggetto di pregiudizi e diffidenza, ma nello stesso tempo
hanno affascinato e stimolato la fantasia dei cronisti dell’epoca, dei
viaggiatori e pellegrini, di chiunque sia venuto a contatto con
questa gente errante. Fascino e mistero che gli zingari hanno
14
De Foletier, F., op.cit. p. 19.
14
alimentato in modo stravagante e sfruttato a proprio vantaggio per
essere rispettati e temuti allo stesso tempo, per farsi accogliere e
sostentare dalle popolazioni sedentarie.
Tra le principali ipotesi e leggende ricordiamo quelle
dell’origine biblica: gli zingari sarebbero i discendenti di Caino e
perciò “razza maledetta”
15
; il libro della Genesi racconta che Dio
aveva condannato Caino a vagare per il mondo senza sosta per
espiare la sua terribile colpa e quindi le incessanti peregrinazioni
venivano così interpretate come il segno inequivocabile della
maledizione di Dio per l’uccisione di Abele
16
. Secondo un’altra
ipotesi, gli zingari sarebbero figli di Adamo e di una donna
precedente ad Eva, per cui essendo sfuggiti al peccato originale,
sarebbero esonerati dal lavorare e dal guadagnarsi il pane con il
sudore della fronte
17
; e ancora, Colocci riporta la tesi del Vaillant
(metà del XIX sec.) secondo il quale i Rom discenderebbero dai
magi per le loro pratiche chiromantiche e divinatorie
18
; sarebbero
quindi gli ultimi rappresentanti di un popolo misterioso all’origine
delle grandi civiltà orientali ed europee da cui deriverebbe anche
Romolo e Roma
19
; un’altra ipotesi parla degli zingari come i
sopravvissuti di Atlantide (Predari, 1841) e c’e anche chi ha
affermato che gli zingari non sarebbero altro che Ebrei tedeschi che
per sottrarsi alla crudele persecuzione in atto in Europa e in
Germania verso la metà del XIV sec. si rifugiarono in grotte e
15
Barbieri Stefanelli, M. e Nicolini, B., Zingari: Rom e Sinti, Piemme, Casale Monferrato,
1994, p 16.
16
Tale interpretazione la si deve ad un frate francescano Nicolò da Poggibonsi, secondo quanto
riferito da Narciso L. nel saggio Perché tanto turbamento? Gli zingari come immagine tra
terrore e poesia., in Per un cinema nomade, op. cit. p. 120.
17
Cozannet F., Gli zingari. Miti e usanze religiose, Jaca Book.,Milano, 1975., p. 26.
18
Colocci A., Gli Zingari storia di un popolo errante, Arnaldo Forni,Torino, 1889, p. 13.
19
Cozannet F., op. cit. p. 26
15
boschi fino a quando non si perse memoria degli Ebrei
20
.
Ricordiamo inoltre la tesi dello ziganologo Paul Bataillard
21
secondo il quale gli antenati degli zingari sarebbero i Siginni
menzionati da Erodoto e Strabone abili lavoratori di metalli, e
quindi popolo favorito da Vulcano, che Omero descrive
nell’Odissea con il nome di Sinti. Un’ altra ipotesi è quella
dell’origine egiziana; tesi resa celebre da Voltaire che individuava
negli zingari i discendenti di antichi sacerdoti e sacerdotesse di
Iside
22
. Tuttavia gli studiosi hanno avuto modo di appurare che
l’Egitto in questione non era quello africano perchè l’itinerario delle
prime migrazioni zingare non è avvenuto attraverso l’Africa del
Nord; si tratta piuttosto dell’Epiro o anche di una regione del
Peloponneso ai piedi del monte Gype chiamata dai Turchi “Piccolo
Egitto” per le sue terre fertili e l’aspetto paradisiaco
23
.
La linguistica è stata la disciplina che per prima, nel XVIII
secolo, ha chiarito il mistero dell’origine della popolazione rom
stabilendo un’affinità tra la lingua zingara, il romanès
24
e le lingue
indiane. E’ stato così possibile individuare i luoghi da cui sono
partiti gli zingari e grazie al rilevamento degli imprestiti linguistici
e dialettali è stato possibile stabilire, seppur approssimativamente,
l’itinerario del loro cammino dall’India all’Europa attraverso
l’Asia
25
.
20
Questa tesi appartiene a Wagenseil citato in Colocci A., op. cit. p. 15.
21
Per maggior approfondimento si veda anche De Foletier, op cit. p 29-30 e Colocci, op cit. p.
17-18.
22
Per maggiori approfondimenti si consiglia lettura di Cozannet F. op cit p. 26 e De Foletier,
op cit, p.27-28.
23
Si veda De Foletier, op cit, p. 27.
24
Il romanès è una lingua indoeuropea che per grammatica e vocaboli si collega al sanscrito
come, ad esempio, l’italiano al latino.
25
Karpati, M., Storia degli Zingari in Europa in Karpati, M (a cura) Zingari Ieri e Oggi, Lacio
Drom, Roma, 1993, p. 15.
16
In base ad attenti e numerosi studi filologici
26
, si è
individuato il territorio originario delle comunità romanès nelle
regioni a nord-ovest dell’India. Da qui i primi gruppi si mossero a
partire dal III secolo, e la loro migrazione continuò fino al XIII sec.
Gli studi linguistici confermano che non fu una popolazione intera a
lasciare le terre d’origine ma distinte tribù provenienti da diverse
regioni dell’India del Nord in epoche successive
27
; le motivazioni
dell’esodo non sono documentate per cui si può supporre che
instabilità politica e sociale, carestie, guerre, ricerca di condizioni di
vita migliori spinsero gruppi di Rom o Dom
28
a lasciare il proprio
Paese e raggiungere la Persia. La permanenza nei territori bizantini
fu abbastanza lunga perché il vocabolario di questi gruppi, che
“formavano un’unica razza e che non parlavano la medesima
lingua”
29
si arricchì di termini e fonemi persiani.
26
Seppur gli studi filologici abbiano un’importanza e prestigio particolari per chiarire origini e
storia degli zingari, non verranno trattati in maniera dettagliata in questa sede. Per un maggior
approfondimento generale si consiglia la lettura delle opere di Spinelli e De Foletier già citate.
Sulle questioni più squisitamente filologiche si veda anche il saggio di Soravia G., La lingua
come spazio nella cultura nomade pubblicato in Ledda, L., Pau, P., (a cura) Gente dal mondo.
Voci e silenzi delle culture zingare, Artemide, Roma, 1994, pp. 105-112.
27
Spinelli, S., op cit. p. 12.
28
Dom è un altro nome con cui vengono chiamati gli antenati dei Rom. Dom in India è il nome
di un agglomerato di tribù molto diffuse e conosciute nell’antichità i cui membri sono citati
come musicisti, cantanti o cacciatori: Jules Bloch citato da De Foletier, F., op. cit. p. 37, Si
veda anche Spinelli,S., op. cit. p. 8.
29
De Foletier, op cit. p 43.
17
1.3 Un antichissimo popolo viaggiante
La carenza di documenti e testimonianze scritte ha sempre
lasciato molto spazio alle supposizioni e all’immaginazione
rendendo difficile una ricostruzione dettagliata e fondata delle
vicende storiche che interessano il popolo rom. Inoltre bisogna
tener presente che “la storia dei Rom è una storia che non nasce
dall’interno della sua comunità proprio perché essi rappresentano
un popolo senza scrittura che affida alla memoria e alla tradizione
orale il compito di trasmettere la propria storia e la propria
cultura”
30
.
La maggior parte delle ricerche a nostra conoscenza sono
state effettuate da “altri” così come le notizie, gli aneddoti, i dati
raccolti, tutto il materiale su cui si basano gli studi sono stati
compiuti da non zingari per cui mentre Spinelli afferma che “ non
potrà esistere una loro “vera” storia fino a che essi stessi non la
scriveranno analizzando i documenti scritti da altri”
31
, de Foletier
32
considera “Storia degli zingari” un titolo ambizioso in quanto “ la
storia degli zingari rompe i nostri schemi storici tradizionali […] è
una storia fatta di piccole cose di ogni giorno, di vicende personali,
di beffe, ma anche di sistematica incomprensione, di paternalismo
ottuso […] di persecuzioni feroci e sanguinose. Una storia non
scritta dagli zingari, popolo senza scrittura […] ma recuperata
30
Spinelli S., Il mondo dei Rom tratto da ‹‹Rivista Abruzzese›› Anno 1994 n°3 reperibile anche
su http://web.tiscalinet.it/themromano
31
Spinelli S., Baro romano drom, op. cit. p. 7.
32
De Foletier, op. cit. p. 15.
18
attraverso gli occhi di chi li osservava con diffidenza, paura o
simpatia”
33
.
Il viaggio è dunque la costante immediatamente rilevante
nella storia millenaria di quello che De Foletier definisce come “un
antichissimo popolo viaggiante”
34
.
Le più antiche testimonianze scritte riguardanti un popolo
venuto dall’India in Persia prima del X sec. le troviamo in Iran e
sono le opere dello storico arabo Hamzah d’Hispahan, che intorno
all’anno 950, compose la storia del re di Persia, e il Libro dei Re del
poeta persiano Firdusi, datato approssimativamente nell’anno 1011.
Entrambi raccontano, con varianti diverse, che il Sovrano nel 400
aveva fatto arrivare in Persia dall’India circa diecimila eccellenti
musicisti, ai quali aveva donato buoi, asini, sementi per farli
stabilire nelle sue terre, perché con le loro musiche rallegrassero il
popolo. Si tratta di testi epici e letterali preziosi alla ricerca storica
perché rappresentano i primi documenti scritti in cui si parla di una
popolazione nomade originaria dell’India, con fama di avere
musicisti di gran talento indispensabili per tutte le feste.
35
Comincia
così il lungo cammino della “Preistoria”
36
degli zingari; cammino
che li vedrà viaggiare dall’India all’Armenia fino all’Impero
Bizantino e che trova nella lingua parlata l’unica autentica fonte
documentaria della cultura e dell’identità storica della popolazione
romanì
37
. Di certo sappiamo che in Persia si divisero in due gruppi:
33
Ivi, brano di copertina.
34
Ivi, p 37.
35
Si vedano le opere di De Foletier, F., op. cit. p. 43, Spinelli, S., op. cit. p. 16, Djuric, R., in
Zingari ieri e oggi, op. cit. p. 12, e Colocci, A., op. cit. p. 18.
36
I documenti scritti sull’origine della popolazione romanès e sulle loro migrazioni sono così
scarsi che i romanologi parlano di una “Preistoria” nella storia degli Zingari . La loro “Storia”
comincia con l’insediamento in Europa a partire dal XIV secolo. De Foletier,F., op .cit. p. 15.
37
Spinelli S., Baro romano drom, op cit. p. 7.