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elettronici e impianti chimici. Alle mani sono rimaste pochissime
funzioni creative; per contro le infinite funzioni del cervello sono
sempre più fruttate. Il cambiamento delle condizioni di lavoro ha
imposto alla scienza di confrontarsi, in maniera sistematica, con le
nuove situazioni.”
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Perciò, l’ergonomia studia il lavoro umano che
cambia senza sosta e può fare questo solo sviluppando competenze
adatte ai tempi, agli ambienti e alle diverse circostanze in cui il lavoro
umano si esplica. Ogni sapere importante nella ricerca ergonomica è
tanto dipendente dall’ambiente che, quando questo cambia, cambia
anche il problema e cambiano le discipline che se ne occupano.
Più recentemente l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha
definito l’ergonomia un’applicazione congiunta di scienze biologiche
e tecniche, per assicurare tra l’uomo e il lavoro, il massimo
adattamento reciproco al fine di accrescere il rendimento del
lavoratore e di contribuire al suo benessere. Una delle conquiste del
ventunesimo secolo è la valorizzazione della persona che va rispettata
e conservata integra in tutti i suoi valori, in tutto il suo patrimonio
fisico e psichico. L’attenzione delle imprese, si è rivolta per molto
3
Grandjean E., Il lavoro a misura d’uomo. Trattato di ergonomia, Comunità, Milano, 1986.
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tempo all’organizzazione materiale della produzione, vale a dire
sull’insieme dei mezzi e delle attività predisposte ed ordinate, tra loro
al fine di produrre qualsiasi bene o servizio.
Ora, l’obiettivo che l’ergonomia si pone è quello di contribuire alla
progettazione di oggetti, servizi, ambienti di vita e di lavoro affinché
rispettino i limiti dell’uomo e ne potenzino le capacità operative.
Quindi, la rivoluzione operata dall’ergonomia come scienza, può
essere inquadrata nello spostamento del vero polo d’interesse
nell’interazione uomo-macchina, vale a dire sull’individuo, al fine di
rendere le condizioni di lavoro più adatte alle sue esigenze
psicofisiche e correggere errori di progettazione che possono rendere
difficile e pericoloso il lavoro.
L’intervento dell’ergonomia si può allora intendere come un sistema
aperto che deve consentire continui adeguamenti riguardo
all’emergere di nuove esigenze, dettate sia dall’evoluzione socio-
economica e tecnologica della società che dall’evoluzione del sistema
stesso.
Con l’ergonomia dei sistemi, nella progettazione e nella costruzione
dell’ambiente di lavoro, il lavoratore non è solo l’elemento debole da
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proteggere, ma il punto di forza del sistema.
4
L’essere umano è il
soggetto dell’azione lavorativa, nella quale sono coinvolti, come
abbiamo visto, processi di vario genere che interagiscono
componendo la stabilità e regolarità necessarie per l’espletamento di
tale azione. Tutti i processi di cui abbiamo parlato sono necessari per
proteggere da un eventuale svantaggio occupazionale, intendendo con
questo una difficoltà nell’esecuzione, nell’organizzazione e nella
scelta dell’occupazione. Le cause sono svariate e molto spesso
richiedono soluzioni che non sono soltanto individuali, ma basate su
interventi coerenti con la collocazione territoriale e con le risorse
economiche locali. Affinché tali processi siano condotti
efficacemente, sono necessarie valutazioni di capacità effettuate con
strumenti validi e fornire indicazioni interpretabili da varie figure
professionali. Questo aspetto è travisato, perché la persona
svantaggiata non necessariamente è priva di effettive capacità
lavorative.
Tra le figure professionali considerate svantaggiate dobbiamo
considerare il “lavoratore anziano”. Attorno al tema “invecchiamento
4
Cfr. con: Mantovani N., Ergonomia. Lavoro, sicurezza e nuove tecnologie, il Mulino, 2000.
6
e lavoro” si è concentrate essenzialmente l’ergonomia, ma anche
discipline sulle quali essa si poggia come la fisiologia e la psicologia
del lavoro, assieme ad approcci legati alla demografia e
all’epidemiologia. Le preoccupazioni su questo tema sono due: una è
d’ordine scientifico e l’altra più legata al contesto socio-economico e
alle domande provenienti direttamente dall’impresa.
Per quanto riguarda il contesto scientifico, l’ergonomia deve
interessarsi molto più alla variabilità dei vari soggetti lavorativi. Una
parte importante della letteratura ergonomica fa riferimento
all’operatore, il quale s’immagina presenti a priori delle
caratteristiche medie. In realtà, solo una parte molto piccola della
popolazione racchiude queste caratteristiche: “non essere né molto
piccolo, né molto grande, né molto grosso; essere sufficientemente
giovane, ma avere esperienza; essere stato formato correttamente per
tale compito; non avere disturbi di salute importanti.”
5
Questo operatore è intercambiabile con altri ed è stabile durante la
giornata o l’arco dell’età della vita. In realtà, avviene il contrario, sul
5
Volkoff S., Deficienze e risorse dei lavoratori in relazione all’età:un approccio
multidisciplinare, Med Lav 2000; 91, 4: 313-325.
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lavoro si è mutevoli e diversi; quindi volendo tenere conto delle
differenze, nel nostro caso l’età, bisogna poterle descrivere.
Considerare le differenze è un lavoro complicato che può alimentare
delle strategie di selezione della manodopera, invece di generare
riflessioni sul miglioramento della situazione di lavoro.
L’altra preoccupazione dominante, è il contesto demografico, in
quanto, l’invecchiamento della popolazione attiva costituisce una
tendenza generale e duratura in Europa.
Infatti, “negli ultimi decenni si è andata consolidando l’idea che nel
terzo millennio la percentuale d’anziani aumenterà; ed avremo
“un’ingente massa d’anziani.” Si tratta di un evento demografico che
interessa sia i Paesi occidentali sia quelli in via di sviluppo, perciò, la
longevità non deve più essere considerata un privilegio di una ristretta
cerchia, ma un traguardo alla portata di un numero sempre più ampio
di persone.
Il raggiungimento di questa proiezione demografica, novità assoluta
nella storia delle società europee, è dovuto a due fenomeni:
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- le generazioni molto popolate, nate tra il 1945 e il 1965 raggiungono
e sorpassano poco a poco i cinquant’anni;
- nello stesso tempo, le generazioni successive, meno numerose a
causa della ridotta natalità, entrano nella vita attiva tardivamente.
Oltre a questi due fenomeni, i progressi della medicina, l’interesse
della classe politica e, anche, la profonda crisi dello stato sociale ha
sollecitato e, qualche volta, obbligato persone d’età superiore a quella
prevista per il pensionamento a permanere al posto di lavoro.
Questa evoluzione è stata un po’ nascosta, per dieci o ventenni,
dall’abbassamento dell’età pensionabile o dalle pensioni anticipate.
Nel frattempo, esigenze di lavoro ritenute problematiche per i
lavoratori più anziani si sono estese e la stessa cosa sta accadendo per
l’apprendimento di nuove tecnologie, generando una sorta di
conflitto, perché le esigenze che prima pesavano sui giovani si stanno
espandendo proprio, mentre la proporzione dei giovani diminuisce.
È fuori dubbio, che la longevità sia una conquista straordinaria
dell’umanità; sovente, però, si presta poca attenzione a tale aspetto,
per concentrarsi molto di più sulle conseguenze dell’invecchiamento.
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È certamente chiaro che si tratti di trasformazioni rapide e profonde
che hanno modificato l’intera struttura della società, ed è giusto che la
medicina del lavoro e la psicologia, insieme a molte altre discipline,
s’impegnino per costruire le condizioni affinché non solo si possa
lavorare più a lungo, ma che questo possa avvenire senza generare
rischi e tenendo conto dei continui mutamenti del mondo del lavoro.
Bisogna fare in modo di partecipare in maniera più convinta e
continua nella costruzione di nuovi modelli in cui si può organizzare
il lavoro partendo proprio dai cambiamenti in atto e dall’introduzione
di nuove tecnologie, che può sia emarginare o escludere chi non ha un
bagaglio culturale sufficiente per seguire un programma di
formazione sia creare nuove patologie.
Diventa legittimo pensare all’invecchiamento con sufficiente
anticipo, per scegliere con tutta calma i piani d’azione per operare.
L’approccio ergonomico ci consente di migliorare la comprensione
dei cambiamenti nei comportamenti lavorativi che avvengono con il
progredire dell’età, la crescita dell’esperienza e l’acquisizione di
abilità. La manodopera, non è spettatrice passiva di un’eventuale
compatibilità tra il lavoro e il suo stato funzionale, ma consciamente
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o inconsciamente, modifica le sue operazioni, riduce il livello di
sforzo in alcuni compiti secondari, elabora migliori strategie per
evitare situazioni d’emergenza, riduce gli errori e aggiusta la
distribuzione dei compiti in situazioni di lavoro di gruppo.
Da qui si evidenzia tutta l’importanza dell’intervento del medico del
lavoro, il quale decide dell’eventualità di un programma di
riconversione professionale, molto spesso inevitabile per i lavoratori
più anziani, per passare poi all’intervento dello psicologo del lavoro
che accompagna la loro formazione; tutto ciò per garantire l’antico
obiettivo di offrire il lavoro più adatto alle possibilità di ognuno.
Se, “aggiungere anni alla vita” degli esseri umani ha rappresentato un
traguardo importante, il vero obiettivo che rimane da raggiungere, è
quello di “dare vita agli anni” nel concreto dell’esistenza di ciascuna
persona che sperimenta una longevità prima difficilmente sperabile.
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Molti interventi hanno portato all’attenzione i problemi connessi
all’aumento del numero delle persone in età avanzata. Di notevole
importanza è la risoluzione data dal Parlamento Europeo (16 aprile
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Cfr. con: Baldassarre G., Da fardello a ricchezza. L’anzianità del nuovo millennio, Edizioni dal
Sud, Bari, 1999.
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1999) il quale, dopo aver constatato con preoccupazione l’attuale
incremento del tasso di disoccupazione dei lavoratori anziani, si
auspica “l’innalzamento dell’età pensionabile, favorendo al contempo
il prepensionamento e l’adattamento dell’ambiente di lavoro, nonché
la modernizzazione dell’organizzazione del lavoro alle esigenze dei
lavoratori anziani.”
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In questa prospettiva, si evidenzia che il numero crescente di anziani
nella nostra società è allo stesso tempo un successo ed una sfida, a
partire dalla quale si sviluppa il concetto “dell’invecchiamento
sano”
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, anche in vista di una riduzione dei costi sociali del fenomeno.
In Italia, il tema dei rapporti e dei condizionamenti tra
invecchiamento e lavoro, è stato finora poco considerato; infatti, è
merito dell’INRCA (Istituto Nazionale di Riposo e Cura per Anziani)
l’avvio di una riflessione a proposito del suddetto argomento.
In conformità a queste premesse è emerso che entro il 2020 il numero
delle persone anziane aumenterà ancora, l’Europa manterrà il primato
di “più vecchia” del mondo e l’Italia in Europa sarà la nazione con il
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Costa G. e Greco A., Atti da seminario: Invecchiamento e lavoro, La medicina del lavoro 2000;
volume 91, n. 4
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Ibidem.