4
Come obiettivo appare importante analizzare le nuove procedure
ad oggetto, PPP e dialogo competitivo, al fine di poter dimostrarne
l’applicabilità nella situazione italiana (oltre che comunitaria),
manifestandone i relativi benefici; per far ciò ci si serve, stante l’assenza
di precisi riferimenti (normativi, o meramente applicativi), delle prassi
vigenti nei paesi in cui già sussistono questi istituti, e che tipicamente,
sono riconducibili a tradizioni giuridiche di common law.
Ad ogni modo, il Partenariato pubblico-privato (PPP) vede il suo
riconoscimento dalla scarsità di risorse finanziarie (e di capacità
tecniche) in capo alla PA, per lo svolgimento di sue particolari funzioni,
quali il finanziamento, la costruzione, la gestione e la manutenzione di
un’infrastruttura, in alternativa con la fornitura di un servizio; ovvero, il
soggetto pubblico per la realizzazione di determinate opere ricorre alla
cooperazione con il settore privato, tipicamente più informato ed
efficiente.
Il Partenariato Pubblico-Privato può essere definito, come una
relazione incentrata sull’allocazione ottimale del rischio, per giungere
alla realizzazione di determinate politiche pubbliche, quali ad esempio, il
rafforzamento infrastrutturale, generalmente inteso, o con riferimento
alla riqualificazione territoriale di determinate aree urbane. Per essere
più precisi, si intende per partenariato pubblico-privato, “il contratto con il
quale un soggetto aggiudicatore affida ad un soggetto privato una concessione
o un altro contratto che comunque comporta la partecipazione dello stesso al
finanziamento nonché alla gestione tecnica o economica dell’opera eseguita
2
.”
Caratteristiche peculiari del PPP possono essere riscontrate nella
longevità delle operazioni, nella predisposizione di piani finanziari ad
hoc per ogni progetto, nella ripartizione dei costi, nonché nella lunga
contrattazione necessaria per raggiungere un accordo tra le parti, proprio
per allocare in maniera ottimale i rischi dell’operazione alla parte che sa
meglio gestirli (rischi di tipo legislativo, politico, economico,
finanziario). Inoltre, la remunerazione per il soggetto privato spesso può
consistere solamente nel diritto a gestire l’opera ottenuta, ed
eventualmente da contributi da parte della controparte pubblica (a
differenza da operazioni di Project financing pure, una forma specifica
5
di PPP, in cui non è previsto alcun contributo da parte
dell’amministrazione)
Questa particolare procedura ha visto le sue prime applicazioni nel
Regno Unito
3
, dove viene utilizzata con frequenza da anni, e ciò è
testimoniato da un mercato giunto ormai alla fase matura.
Dall’esperienze inglese sono quindi emersi gli obiettivi che una PA
persegue, utilizzando un simile strumento, tra i quali spicca in prima
battuta, l’ottimizzazione della struttura amministrativa, in modo da
renderla economicamente più efficace ed efficiente; in secondo luogo il
miglioramento del rapporto costi-benefici riguardante l’erogazione di un
servizio per un periodo medio compreso tra i venti ed i trent’anni,
cercando i massimizzare il cd. “value for money”, incrementando il
livello di innovazione. Non è da dimenticare che, in un’epoca
contrassegnata da vincoli alle politiche di bilancio, derivanti in primo
luogo dalla legislazione comunitaria, le PA possono trovare, tramite il
ricorso alla cooperazione con il settore privato, fonti alternative di
finanziamento per la realizzazione di infrastrutture ed opere pubbliche.
Il PPP, comunque, non garantisce di per sé il raggiungimento di
risultati positivi, anzi la fase iniziale, che consta degli studi di
prefattibilità si occupa proprio di trovare riscontri sull’idoneità di questo
strumento a garantire esiti ottimali per l’operazione in questione, ed
assicurarsi che non esistano metodologie più efficienti, ciò in quanto,
porre in essere relazioni di partenariato, caratterizzate da un forte
impegno finanziario, da una durata più che decennale, e da una
negoziazione tra le parti molto complessa, quando si hanno a
disposizione soluzioni più semplici, non è certo economicamente
efficiente. Per lo stesso motivo viene spesso utilizzato il criterio del
“Public Sector Comparator”, che consiste nel valutare il progetto giunto
da un promotore privato, e confrontarlo con l’alternativa più efficiente
possibile, ottenibile in ambito pubblico
4
.
2
Art. 1, comma 2, lett. e) ddl. S. 3320
3
“Partnership Pubblico Privato: La professionalità britannica al servizio dei mercati
internazionali” International Financial Services London in “I Quaderni
dell’innovazione – L’outsourcing nella Pubblica amministrazione: il caso inglese” a
cura di LacavaC., MEF.
4
Department of Treasury and Finance, State of Victoria “Partnership Victoria – Public
Sector Comparator Technical Note”, 2001, pg. 1
6
Per quanto riguarda la scelta del socio privato, è prescritto che
avvenga secondo modalità che rispettino il principio di pari opportunità
e concorrenzialità, quindi mediante l’espletamento di una gara ad
evidenza pubblica. La Commissione Europea
5
nel “Libro verde”
ribadisce il principio in base al quale, anche in assenza di una specifica
normativa di diritto comunitario derivato (regolamenti e/o direttive
comunitarie) nell’assegnare la gestione di un servizio ad un terzo,
l’autorità pubblica deve sempre e comunque rispettare le norme del
Trattato CE ( libera prestazione dei servizi, diritto di stabilimento, ecc)
ed i principi fondamentali da questo derivanti (non discriminazione,
mutuo riconoscimento, proporzionalità, trasparenza, concorrenza).
Tra le questioni più rilevanti affrontate nel libro verde c’è quella
relativa alla trasparenza delle procedure di selezione del partner privato
(ed il problema della libertà, per le autorità pubbliche, di cambiare le
regole di affidamento, nel corso della durata del contratto, con il partner
privato, nel caso di sopraggiunti motivi di interesse pubblico) e ciò a
maggior ragione, se si considera la ragione che spinge le
amministrazioni ad effettuare le gare. Infatti, l’uso delle stesse, è
riconducibile all’esigenza di introdurre un certo livello di concorrenza,
laddove questo non può accadere, ovvero in ambiti in cui, di per sé si
assiste alla presenza dei cd. fallimenti di mercato, dove ad esempio, il
livello di competizione tra più operatori non è possibile, o lo è solamente
agli agenti riconducibili ad entità (societarie) particolarmente integrate.
Allo scopo di risolvere, o per lo meno di studiare possibili
contromisure, è stato introdotto da Demsetz nella letteratura
specialistica, la cd. competizione per il mercato, ovvero, in situazioni
nelle quali non è possibile, o non è conveniente avere un’effettiva
concorrenza nel mercato, ma sussistano determinate condizioni
6
affinché
Industry Canada, “The Public Sector Comparator – A Canadian best practices guide”,
Maggio 2003
5
Commissione delle Comunità Europee “Libro Verde relativo ai Partenariati
Pubblico-Privati e al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”,
Bruxelles, 3 Aprile 2004.
6
La Demsetz competition trova spazio nel momento in cui sono verificate due
condizioni: i fattori di produzione sono disponibili a tutti i concorrenti a determinati
prezzi di mercato, e il costo dell’eventuale collusione tra i partecipanti alla gara è
particolarmente elevato, si veda tra l’altro Baccolini et al., “Le relazioni difficoltose:
progetti pubblici e risorse private”, Bologna, Il Mulino, 1998, pag. 27, nota 18.
7
venga posta in essere una gara vera e propria, per assegnare il diritto ad
operare nel mercato in questione, spostando quindi a monte il processo
concorrenziale, senza porre in essere peculiari sistemi di
regolamentazione. È ovvio che, affinché la cosiddetta Demsetz
competition produca gli effetti sperati, vi è la necessità della presenza di
un’amministrazione in grado di esplicitare precisamente ed
efficacemente le proprie necessità, e gli eventuali vincoli procedurali cui
è sottoposta, nonché le caratteristiche dell’opera da realizzare o del
servizio da porre in essere, e che per converso, il partner idoneo
(appaltatore o concessionario) deve rispettare.
La recente direttiva 2004/18/CE, nata al fine di unificare la
legislazione ad un unico corpus normativo, sostituendosi praticamente,
alle precedenti direttive
7
sugli appalti pubblici di lavori, servizi, e
forniture, stabilisce che le amministrazioni pubbliche aggiudicano gli
appalti di lavori, forniture e servizi mediante procedura aperta (la tipica
gara ad evidenza pubblica), o in alternativa ristretta (art. 24 l. 109/94),
alla quale possono partecipare solo i candidati individuati ed invitati
dall’amministrazione aggiudicatrice (licitazione privata e appalto
concorso).
Esiste inoltre, come opzione, la procedura negoziata (con o senza
pubblicazione del bando, nei soli casi ed alle sole condizioni previste
dagli artt. 30 e 31 della Direttiva stessa) tipicamente utilizzata nelle
operazioni di PPP, in cui la PA consulta i concorrenti di propria scelta,
negozia con essi le condizioni caratterizzanti l’iniziativa, e può essere
impiegata quando la natura del progetto o dei lavori non consentano
preliminarmente una fissazione globale dei prezzi.
Come procedimento di aggiudicazione è inoltre possibile utilizzare
la nuova procedura del “Dialogo Competitivo”, ove ricorrano le
condizioni previste dall’art. 29 della Direttiva 2004/18/CE, ed è questa
una delle sue innovazioni principali.
Il fatto però, che il PPP contrattuale possa essere ricondotto
all’istituto della concessione, crea delle contraddizioni, nel momento in
cui la Commissione vuole far applicare la procedura del “dialogo
7
E specificamente in ordine cronologico, 92/50/CEE servizi, 93/36/CEE forniture,
93/37/CEE lavori.
8
competitivo” (introdotta dalla predetta nuova direttiva 2004/18/CE, la
quale permette alle autorità pubbliche di poter incontrare, gli operatori
economici candidati, per ottenere le informazioni necessarie per
l’esecuzione di appalti definiti particolarmente complessi, al fine di
identificare le migliori soluzioni per l’opera in questione), dato che da
quanto risulta dall’art. 29 della direttiva, può essere utilizzata per
“appalti particolarmente complessi”, non citando esplicitamente le
concessioni. Simili problemi interpretativi sorgono anche perché,
l’istituto del dialogo competitivo non è tipicamente europeo, ed anzi è
stato originariamente creato negli Usa (dove è conosciuto come
“competitive negotiation”), ed in seguito diffuso in Paesi a matrice
prettamente anglosassone, (o da organizzazioni sovranazionali quale ad
esempio, l’Asian Development Bank
8
) dove è inquadrato come
un’alternativa alla tipica gara d’appalto, in cui la PA sceglie alcune
imprese rispondenti a particolari criteri, per poi negoziare con esse per
ottenere informazioni, ma soprattutto le migliori proposte basate su
obiettivi chiari. Inoltre, la competitive negotiation deve essere utilizzata
in caso d’urgenza o complessità, che non può essere affrontata con le
sole competenze della PA, in modo da conseguire un’opera idonea a
soddisfare le esigenze della collettività ed a produrre benefici economici
(maggior efficienza, minori costi), altrimenti (senza le informazioni e le
capacità del settore privato) non ottenibili
9
.
Si preannunciano dunque gli stessi benefici, qualora il dialogo
competitivo dovesse essere recepito negli ordinamenti nazionali dei
paesi membri UE, e quindi anche in quello italiano; ciò è dovuto al fatto
che in questa nuova procedura, le due controparti sono chiamate appunto
a confrontarsi, e specificamente ad esplicitare le proprie esigenze ed i
relativi obiettivi, al fine di non far fallire la successiva collaborazione.
Vi è allora la necessità di interpretare correttamente il recente
disposto normativo comunitario (direttiva 2004/18/CE), in modo da
individuare la corretta applicazione ed il conseguente inserimento
8
Asian Development Bank, “Competitive Bidding VS Negotiation”
http://www.adb.org/PrivateSector/Operations/bidnegot.asp#competitive
9
Miller, Surprenant, Lloyd “Public-Private Partnerships and Virginia’s PPEA” –
VGFOA Fall Conference 28.10.2004 pg, 32
9
all’interno della prassi nazionale, dei nuovi istituti
10
, ed in special modo
del dialogo competitivo, giungendo inoltre, ad un coordinamento della
disciplina (italiana) in materia, organizzando gli atti normativi in un
unico corpus legislativo, cosa che in Italia ancora non esiste, stante la
frammentarietà e non univocità con la quale è stata affrontata
l’introduzione di forme di Partenariato
11
.
Appare quindi necessario, dopo aver esaminato il PPP e le sue
varie sfaccettature (capitolo 1), facendo riferimento tra l’altro anche alla
prassi internazionale, e dunque alla situazione vigente nelle economie i
cui governi hanno introdotto da ormai quasi un decennio (in specie
Regno Unito, ma anche Stato della Victoria – Australia e USA) il PPP
stesso, analizzare la situazione italiana (capitolo 2), per certi versi ancora
ai primi stadi di applicazione, in modo da poter individuare eventuali
similitudini con la pratica internazionale, e punti da rivedere rispetto al
modello originale di partnership.
Di seguito è opportuno analizzare il dialogo competitivo, facendo
richiamo nuovamente, alla prassi seguita in campo internazionale
(capitolo 3), con riferimento altresì alla procedura suggerita dalle
organizzazioni sovranazionali, quali ad esempio World Bank ed
Organizzazione Nazioni Unite (ONU), per studiare i benefici e gli
eventuali svantaggi derivanti dall’utilizzo di un simile strumento, al fine
di poter ben considerare come applicare concretamente nell’UE, ma
specificamente in Italia (capitolo 4), il dialogo competitivo, stante le
peculiarità di cui si fa portatore il nostro ordinamento, e che pongono il
problema di fronteggiare le eventuali problematiche procedurali
derivanti dall’integrazione nel sistema italiano, di istituti di matrice
prettamente anglosassone, e quindi riconducibili al sistema di common
law.
10
Capaci di semplificare la disciplina riguardante infrastrutture e lavori pubblici, che
tipicamente vede il sorgere di iniziative di Partenariato, per lo meno negli ultimi anni.
11
Non a caso si sta cercando di modificare la struttura normativa di riferimento
italiana, ne è un esempio il ddl S. 3320 presentato in Senato recentemente.
La normativa ora vigente consta della l. 109/94 e ss. mm ed ii, la l. 443/2001 ed il
relativo decreto di attuazione, il d. lgs. n. 190/2002, il d. lgs. 267/2000, senza
considerare le leggi regionali in materia.
10
PARTE PRIMA
11
CAPITOLO 1
IL PARTENARIATO PUBBLICO-
PRIVATO
È necessario iniziare l’esposizione facendo riferimento alle prassi
più diffuse di PPP, in modo da poterne individuare pregi e limiti, allo
scopo tra l’altro di individuare i potenziali rischi che possono minare il
buon esito della procedura, e ciò analizzando le varie fasi di cui si
compone un partenariato.
In questo capitolo verranno trattate inoltre alcune delle fattispecie
tipiche del PPP, allo scopo di manifestarne il livello di flessibilità ed
adattabilità, mostrando oltre a questo, le caratteristiche della
concessione, lo strumento grazie al quale si rende possibile
l’applicabilità del PPP stesso.
1.1 IL PPP - PRESUPPOSTI E MOTIVI DEL SUO
SVILUPPO
Il Partenariato Pubblico-Privato (PPP) nasce per far fronte
all’esigenza di realizzare opere pubbliche senza aggravare la situazione
del bilancio statale, più precisamente, si tratta di una relazione a lungo
termine (di solito almeno venti anni) tra la Pubblica Amministrazione
(PA) ed una controparte privata, che trova fondamento nell’apporto
congiunto di capacità (finanziarie, tecniche, di allocazione del rischio,
ecc.) peculiari a ciascuna parte.
Emerge immediatamente come a legittimare la partecipazione delle
suddette parti siano motivazioni diverse. Se la PA cerca di ottenere la
creazione di un’infrastruttura, o l’erogazione di un servizio, il soggetto
privato vuole espandere la propria attività in settori dove, in precedenza,
la sua presenza non era permessa per legge. Ciò è stato possibile a causa
del mutamento d’approccio all’intervento dello Stato nell’economia,
infatti, a partire dagli anni ’80, da più parti sono giunte istanze per far
arretrare quella che per alcuni era un’ingerenza troppo marcata da parte
12
del governo, in modo da consentire che venisse sostituito da soggetti
ritenuti più idonei e con maggiori competenze
12
.
Attualmente, la spinta verso la privatizzazione si è sopita, ma non è
venuta meno, e in un certo qual modo, ha lasciato spazio alle procedure
di PPP, viste di buon occhio in quanto prevedono comunque un certo
livello di presenza pubblica, sinonimo di garanzia per coloro i quali
ritengono troppo liberista il comportamento di soggetti che altrimenti
potrebbero operare indisturbati come su di un qualsiasi mercato.
Stante quindi il favore con il quale è visto il PPP, in vari Paesi si è
assistito ad una crescita elevata di operazioni di questo genere, anche a
causa delle scarse risorse a disposizione della PA per colmare
l’arretratezza infrastrutturale accumulata negli anni (Italia), con
riferimento ai vincoli di bilancio gravanti su determinati Paesi (ad
esempio, i membri UE per il patto di stabilità, oppure i Paesi in via di
sviluppo che per ottenere finanziamenti internazionali, sono condizionati
al raggiungimento di maggior efficienza, e quindi invitati, per quanto
possibile ad un risparmio forzato
13
).
Quindi, la possibilità di poter ottenere la realizzazione di opere
pubbliche (e la gestione dei relativi servizi) senza far gravare, almeno
totalmente, i relativi oneri alle casse statali, permette in una certa misura,
di superare il deficit infrastrutturale; ovviamente, ciò non significa che le
opere non ottenibile mediante i tradizionali metodi, quale l’appalto,
siano ricavabili sicuramente con una relazione di PPP, ovvero il
partenariato per poter funzionare necessita di condizioni ambientali e
strutturali ben precise (legislative, politiche, economiche, di esperienza e
di expertise, che verranno in seguito esposte), idonee ad incentivare la
presenza privata e a garantire procedure trasparenti ed efficienti.
È proprio l’efficienza un altro punto di forza del PPP, e ciò è
testimoniato dall’utilizzo di una simile procedura anche in Paesi non
vincolati da deficit di bilancio, come i Paesi Bassi, il Belgio, o il Regno
Unito
14
, i quali ponderando i costi ed i benefici ricavabili da questo
12
IFSL, “PPP – UK expertise for international market”, 2003, www.ifsl.org.uk.
13
South African PPP Unit, “Public Private Partnership”, 2004, www.treasury.gov.za.
14
Alfen, Elbing, Barckahn, “Tendering PPP road projects – International best
practise”.
13
genere di operazioni, con quelli afferenti alla tradizionale procedura
d’appalto, decidono soventemente di optare per la prima tipologia.
Insomma, il Partenariato Pubblico-Privato, con le sue diverse
sfaccettature riesce a penetrare nella prassi delle più diverse economie
(ad esempio, Sud Africa e USA), giungendo a velocizzare, una volta
consolidata la prassi, iter procedurali tipicamente molto lenti
15
.
Tra le motivazioni che conducono alla velocizzazione dell’iter vi è
senza dubbio la standardizzazione dei contratti e del flusso delle
interazioni intercorrenti tra la PA e la controparte privata, basata sulla
ripartizione dei rischi conosciuti (o facilmente prevedibili), inoltre,
l’aumento di esperienza e pratica da parte della PA (dall’individuazione
dell’opera, alla stipula del contratto di PPP, che per la verità, in Italia,
non è ancora contemplato esplicitamente in questo modo), consente di
avere maggiore chiarezza nella predisposizione dei documenti
riguardante il PPP, dal bando di gara alla firma del contratto con il
partner appositamente individuato. D’altro canto, anche la maggiore
esperienza degli operatori del mercato consente di ovviare ai problemi
interpretativi delle norme di settore, disponendo di casi di PPP, da
prendere come dei modelli, o come base di confronto (benchmarking).
In sintesi, i seguenti elementi caratterizzano normalmente le
operazioni di PPP:
• la durata relativamente lunga della collaborazione, che implica una
cooperazione tra il partner pubblico ed il partner privato in relazione
a vari aspetti di un progetto da realizzare;
• la modalità di finanziamento del progetto, garantito da parte dal
settore privato, talvolta tramite relazioni complesse tra diversi
soggetti. Spesso, tuttavia, quote di finanziamento pubblico, a volte
assai notevoli, possono aggiungersi ai finanziamenti privati;
• il ruolo importante dell'operatore economico, che partecipa a varie
fasi del progetto (progettazione, costruzione, gestione,
15
Lacava C. (a cura di) “Partnership Pubblico Privato: La professionalità britannica
al servizio dei mercati internazionali” International Financial Services London in “I
14
finanziamento). Il partner pubblico si concentra principalmente sulla
definizione degli obiettivi da raggiungere in termini d'interesse
pubblico, di qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi, e
garantisce il rispetto di questi obiettivi;
• la ripartizione dei rischi tra il partner pubblico ed il partner privato,
sul quale sono trasferiti rischi di solito a carico del settore pubblico. I
PPP non implicano tuttavia necessariamente che il partner privato si
assuma tutti i rischi, o la parte più rilevante dei rischi legati
all'operazione. La ripartizione precisa dei rischi si effettua caso per
caso, in funzione della capacità delle parti in questione di valutare,
controllare e gestire gli stessi, sulla base di una fitta negoziazione tra
le parti;
• la trasparenza e la tutela della concorrenza, nella gestione delle
procedure di gara;
• l’ottimizzazione dei costi per il settore pubblico, e la maggior
efficienza conseguente, da intendersi non solo come costo effettivo
di realizzazione dell’infrastruttura, ma anche della gestione della
stessa opera, in funzione dei servizi da prestare all’utenza.
Il ricorso al PPP, attraverso le sue diverse metodologie attuative
può, in generale, essere evocato in tutti quei casi in cui il settore
pubblico intenda realizzare un progetto che coinvolga un'opera di
pubblica utilità, la cui progettazione, realizzazione, gestione e
finanziamento, in tutto o in parte, siano affidati al settore privato.
Questi progetti devono essere però dotati, per lo meno in parte, di
una intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi da utenza, in
modo da consentire al settore privato il recupero dei costi di
investimento, nell’arco di durata della concessione.
In tale tipologia di progetti, il coinvolgimento del settore pubblico
si limita ad identificare le condizioni necessarie per consentire la
realizzazione del progetto, facendosi carico delle fasi iniziali di
pianificazione, autorizzazione, indizione dei bandi di gara per
l'assegnazione delle concessioni e fornendo la relativa assistenza per le
procedure autorizzative.
Quaderni dell’innovazione – L’outsourcing nella Pubblica amministrazione: il caso
15
Esistono dei progetti però, in cui il concessionario privato fornisce
direttamente servizi alla pubblica amministrazione: è il caso di tutte
quelle opere pubbliche, carceri, ospedali, scuole, per le quali il soggetto
privato che le realizza e gestisce trae la propria remunerazione
esclusivamente (o principalmente) da pagamenti effettuati dalla pubblica
amministrazione su base commerciale.
D’altra parte sussistono inoltre, progetti che richiedono una
componente di contribuzione pubblica: è il caso di iniziative i cui ricavi
commerciali da utenza sono di per se stessi insufficienti a generare
adeguati ritorni economici, ma la cui realizzazione genera rilevanti
esternalità positive in termini di benefici sociali indotti dalla
infrastruttura. Tali esternalità giustificano l'erogazione di una
componente di contribuzione pubblica.
Tipicamente, per poter operare efficacemente, la parte privata
risultata vincitrice della gara ad evidenza pubblica, crea una società di
progetto composta da tutti i membri che hanno partecipato alla
procedura di selezione; infatti, è prassi che il soggetto privato sia
composto da una pluralità di operatori di mercato, ognuno con le proprie
competenze
16
messe a disposizione per la realizzazione del progetto,
tramite la costituzione di una società appositamente costituita (detta SPV
– Special Purpose Vehicle, ovvero società veicolo), e finalizzata
esclusivamente alla costruzione e gestione dell’opera, oltre che alla
raccolta sul mercato finanziario, delle risorse necessarie per porre in
essere tutto ciò.
La società di progetto è un’entità giuridicamente distinta, da quella
eventualmente presente, dei promotori privati, con la conseguente
separazione dei flussi generati dal progetto, da quelli relativi alle altre
attività del promotore. Il duplice risultato è che in caso di fallimento del
progetto, i finanziatori non potranno rivalersi sui beni del promotore
diversi da quelli di proprietà della società di progetto, ed inoltre se il
promotore dovesse fallire, la SPV continuerà ad esistere perseguendo le
proprie finalità.
inglese”, MEF.
16
Tra le quali figurano capacità economiche, finanziarie, legali, tecniche,
ingegneristiche.
16
La costituzione di una SPV consente agli enti finanziatori
l’applicazione di formule di controllo molto stringenti, e l’imposizione
di vincoli contrattuali e societari necessari alla strutturazione di
un’operazione di PPP; la società di progetto in quanto tale permette
quindi, un miglior perseguimento dell’economicità dell’operazione posta
in essere, ed inoltre vista la composizione della stessa, consente una
miglior azione nel contrasto dei rischi.
1.1.1 I RISCHI DI UN’OPERAZIONE DI PPP
Una costante di ogni operazione di PPP è la presenza di elevati
rischi, che possono inficiare il buon esito di tutta la procedura posta in
essere, se non indurre al fallimento della stessa; per evitare ciò, una parte
importante della PPP si occupa propriamente di allocare alla parte della
partnership che sa meglio gestirli, i predetti rischi, cercando oltre che
evitarli, di individuare modalità operative capaci di alleviare i danni
conseguenti, una volta manifestatisi. Per semplicità, si possono
raggruppare in alcune categorie, e precisamente si individuano:
• rischi di costruzione
• rischi di gestione
• rischi di manutenzione
• rischi di disponibilità
• rischi di domanda
• rischi finanziari
• rischi istituzionali
• rischi di forza maggiore.
Con la prima fattispecie, si intende la possibilità che la
realizzazione dell’opera non avvenga nei tempi, costi e con le specifiche
concordate contrattualmente, e tipicamente, questo genere di rischio
viene affidato alla parte privata, specificamente i responsabili della
costruzione, che devono adoperarsi per rispettare quanto stabilito tra le
parti.
17
I rischi di gestione riguardano i costi operativi del progetto,
ovvero, il pericolo che questi ultimi siano diversi da quelli previsti in
sede di programmazione, o la possibilità di non raggiungere il livello di
performance previsto, o al limite, di non poter erogare il servizio in
questione. Anche in questo caso, la parte privata è la più adatta a gestire
la situazione, ciò in quanto ha il controllo fisico dell’opera realizzata,
dunque può porre in essere correttivi idonei.
Quando il costo stabilito nel progetto, per la manutenzione
dell’opera, si rivela diverso ovvero minore, rispetto a quanto avviene
nella realtà, il soggetto privato (nella fattispecie, il membro della SPV
incaricato alla cura ed al mantenimento) deve farsi carico dell’onere in
questione.
Il rischio che il servizio non sia disponibile secondo quanto
stabilito in sede contrattuale, grava sulla SPV, la quale deve adoperarsi
per rispettare quanto pattuito; situazioni simili possono manifestarsi
quando una volta realizzata l'opera, si ritardi con la messa in funzione
della stessa, o in caso di ritardo, nella fase di costruzione stessa.
I rischi di domanda sono tra i più pericolosi, ciò in quanto non
dipendono né dalla SPV, né dalla PA, e risentono della visione
dell’utenza nei confronti dell’infrastruttura, la quale può apparire
superflua o comunque non utile come previsto dalle parti della PPP, le
quali possono aver calcolato erroneamente il livello di domanda del
servizio corrispondente, all’opera in questione. Entrambe le parti sono
dunque chiamate a risolvere il problema, e a tarare nuovamente le loro
stime, incentivando i destinatari finali all’utilizzo dell’opera, tramite ad
esempio, una riduzione della tariffa richiesta, e nel contempo, un
allungamento della durata della concessione.
I rischi finanziari gravano inevitabilmente sulla SPV, e fanno
riferimento alle eventualità per lo stesso ente societario, di non riuscire
ad ottenere i finanziamenti necessari per operare, situazione che può
aggravarsi, laddove non vi sia un regime di responsabilità che preveda,
come unica garanzia per i creditori, esclusivamente l’opera in questione,
senza dover intaccare i capitali non afferenti alla SPV, dei singoli
componenti la società. Ma questa tipologia di rischi può gravare
ovviamente anche sui creditori stessi, nella misura in cui la SPV non