6lapidazione non è la riunione di boia occasionali, è tutto il gruppo che
diventa boia.
Col passare del tempo la figura dell’esecutore arriva a specializzarsi e
non è più il gruppo che esegue la sentenza ma una o più persone
scelte dallo Stato.
Il boia nel Medio Evo non eseguiva solo le pene capitali, era
incaricato di adempiere ad altre mansioni come la tortura, lo
squartamento di animali morti, la cattura di cani randagi, il
seppellimento dei condannati, la pulizia delle cloache e la
sorveglianza dei bordelli.
Ma a partire dal XIII secolo, una regolamentazione, i Droits
Municipaux, definiscono la sua carica in Francia, i diritti gli
conferiscono un altro ruolo sociale e s’incarica sempre lo stesso uomo
ad eseguire le condanne a morte.
Nel XVIII secolo, il boia e la sua famiglia hanno l’obbligo di abitare
fuori dalle mura della città. Questo personaggio, allo stesso tempo
sacro e infame, vive nell’ombra. È rifiutato dalla città, dalla società e
mai nessuno si preoccupa di sapere chi è; la legge gli attribuisce un
codice d’onore ferreo che deve rispettare ed onorare.
Un giorno sfogliando una rivista lessi la notizia dell’uscita di un libro
di Balzac tradotto per la prima volta in quell’anno, era il 2004; si
trattava delle Memorie di Sanson. Lessi la trama e la trovai subito
interessante; era un romanzo storico, ma quello che colpì la mia
curiosità fu la vicenda del protagonista Charles-Henri Sanson, boia
durante il Terrore ed esecutore di Luigi XVI. Decisi di acquistare il
libro e scoprii altri aneddoti sulla genesi del libro, sulla storia di
Charles-Henri e della sua famiglia. I Sanson erano, dal 1688, una
7famiglia di esecutori e si tramandavano di padre in figlio questo
mestiere.
Coinvolto dall’argomento e dal fatto che era un romanzo bazalchiano
poco conosciuto, mi venne in mente di approfondire le ricerche ed
incentrare la mia tesi sul Terrore e i Mémoires de Sanson.
Non è stato facile trovare materiale sull’argomento, ma per mia
fortuna ho potuto iniziare la mia ricerca bibliografica in Francia. Ho
sfruttato l’ultimo periodo del mio Erasmus all’Université de
Bourgogne per ricercare libri e riviste; sul periodo storico, ed in
particolare sul terrore, di materiale ce n’era ma sui Mémoires de
Sanson e sui Sanson è stato difficile trovarlo.
Dopo accurate ricerche sono riuscito a trovare un interessante libro,
scritto dall’ultimo dei Sanson, Henri-Clément, che raccontava la storia
di tutta la famiglia, intitolato Sept Générations d’exécuteurs, ed altro
materiale sui Mémoires e la travagliata genesi dell’opera.
Oltre ad occuparmi della storia dei Sanson e di quella di Charles-
Henri, ho trovato interessante partire dalla definizione generale di
terrore, introdurre il periodo storico ed analizzare le varie pene a cui
gli uomini erano sottoposti prima dell’invenzione della ghigliottina.
Il diritto di punire è una necessità legata all’ordine sociale e permette
d’istituire delle pene per proteggere la vita, l’onore e la proprietà di
ciascuno dei suoi membri contro ogni danno violento, e queste pene
servivano proprio a questo.
Partendo dalle pene che non portano alla morte, molto spesso solo
morali, che colpiscono l’uomo al suo interno umiliandolo di fronte ai
suoi simili, arriviamo alle pene più dure e cruente che provocano la
morte psichica e fisica del condannato.
8Con l’invenzione della ghigliottina la morte è più umana, infatti
l’uomo non soffre e grazie alla macchina l’esecuzione è più rapida, ma
soprattutto non giocano brutti scherzi, durante tutta la fase, il fattore
umano né la stanchezza fisica; basta un gesto per far scendere la lama
e chiunque può farlo.
Dopo aver parlato degli strumenti del terrore mi sono occupato, in una
seconda parte, dei Mémoires de Sanson. L’opera attribuita solo in un
secondo tempo a Balzac, consta di un’introduzione e del corpo vero e
proprio nel quale è lo stesso Charles-Henri a parlare ed a raccontare la
sua storia .
La genesi dei Mémoires è un po’ controversa, tra varie vicissitudini,
l’opera passò prima tra le mani di Balzac e poi tra quelle di L’Héritier
de l’Ain che ebbe l’incarico di terminarla; qui noi ci occuperemo solo
delle parti attribuite a Balzac. Analizzeremo il contenuto dell’opera
confrontandolo con la vera storia dei Sanson per vedere se il nostro
autore resta fedele alla realtà o se il testo nasce dalla sua fantasia,
magari con l’introduzione, qua e là, di qualche elemento reale.
Oltre al contenuto dei Mémoires è importante vedere come Balzac
descrive la figura del boia, se ce lo mostra come un cittadino comune
a tutti gli altri, con le sue paure e timori, o come un essere superiore.
Sarà anche interessante considerare se il lavoro del boia influisca nella
sua vita privata o se e come riesca a scindere le due cose; e se sia
possibile che un essere che dà la morte possa avere una vita tranquilla,
possa essere amato dalla sua famiglia e, perché no? Riesca anche a
fare del bene al prossimo.
9
PARTE I
IL TERRORE E I SUOI STRUMENTI
10
1. IL TERRORE
Il 14 luglio 1789 il giorno dello scoppio della Rivoluzione Francese
nessuno avrebbe mai pensato che la situazione sarebbe degenerata
così tanto, e che tutta la Francia sarebbe stata invasa da un periodo
buio e sanguinoso come lo è stato quello del Terrore.
Oltre al Terrore e alla storia delle sue tre fasi, analizzeremo la
definizione generale di terrore, le sue caratteristiche e gli effetti che ha
prodotto.
La grande differenza nella distribuzione della ricchezza dà lo stimolo
ai più poveri di insorgere contro i più ricchi e lo Stato ha il compito di
fermarli.
Sistemata sul patibolo, la ghigliottina, era l’elemento di forza dello
Stato che in questo periodo mandò a morte migliaia di uomini.
1.1 COS’È IL TERRORE
Partendo dalla definizione generale di terrore arriveremo a parlare e ad
analizzare la storia e la cronologia del Terrore rivoluzionario, uno dei
più cruenti periodi storici. Un breve periodo, infatti durò meno di due
anni, dal 1793 al 1794, che trasformò completamente la calma e
tranquilla Francia del lusso, dello splendore e dell’uguaglianza, in una
terribile macchina di distruzione e morte.
11
1.1.1 I DUE SENSI DEL TERRORE
« Terreur: émotion causée dans l’âme par l’image d’un mal ou d’un
péril prochaine; épouvante, grande crainte »
1
. Il terrore è inizialmente
uno stato psichico, più intenso della paura, dove tutti si trovano
minacciati da un pericolo estremo: un’eruzione vulcanica, il fatto di
attraversare una foresta deserta in una notte senza luna, l’avvicinarsi
di un’armata nemica, un bombardamento, la violenza o minaccia di
violenza.
Così, lasciando da parte le cause naturali, le forme di violenza
possono essere qualificate come terrorismo, quando la violenza
terrorizza le sue vittime. Ma la definizione di terrore resta troppo vaga
per mostrare una qualsiasi utilità. I dizionari contemporanei
aggiungono una seconda definizione, direttamente dedotta
dall’esperienza rivoluzionaria del Terrore: « Violenze, crimini
praticati sistematicamente con lo scopo di mantenere un gruppo di
individui dentro questo sentimento ».
Se la prima definizione si riferisce all’effetto del terrore, quello stato
soggettivo la cui causa è indeterminata, la seconda restringe l’impiego
del termine al dominio politico e mette l’accento, non più sull’effetto,
ma sulle cause di quello stato di paralisi della volontà: un’azione
umana e intenzionale con lo scopo di provocare questo stato.
1
Joseph Duplain, Dictionnaire de l’Academie française, Plon, Lyon, 1776, vol. II, p. 573.
12
Il terrore così definito richiede almeno due attori, un terrorista e un
terrorizzato, esso deriva dalla relazione che il terrorista stabilisce tra
loro.
Un mese dopo la morte di Robespierre, il convenzionale Tallien, che
conosceva bene il Terrore per averlo esercitato a Bordeaux dove era
stato inviato in missione, pronuncia un importante discorso sul
periodo terribile che la Francia aveva appena attraversato.
Tallien dà in questo discorso una definizione abbastanza esatta di
cos’è il terrore: una divisione della società in due classi, disuguale dal
punto di vista quantitativo, quella che fa paura, e quella che ha paura
2
.
Definizione esatta, ma ancora insufficiente, che non permette di
stabilire una distinzione precisa tra le differenti forme di violenza:
tutte hanno infatti per protagonisti i due compagni indispensabili che
sono il boia e la vittima.
1.1.2 TERRORE E VIOLENZA
L’identità del terrorista (folla, gruppo ristretto, individuo o Stato)
come le modalità e l’intensità della violenza messa in atto cambiano
secondo la situazione.
Il terrore non può essere riconducibile alla violenza. Senza dubbio,
tutta la violenza ispira un sentimento di terrore, mentre il terrore esige
sempre il ricorso a una dose variabile di violenza. Tuttavia, non tutte
le violenze dell’epoca rivoluzionaria sono di natura terrorista.
2
Patrice Gueniffey, La Politique de la Terreur, Fayard, Paris, 2000, p. 23 ; su questo punto vedi
anche Archives Parlementaires, J. Mavidal et E. Laurent, Paris, 1789-99.
13
Violenza e terrore si distinguono in due modi: da un lato per il loro
carattere intenzionale o no; dall’altro attraverso l’identificazione, o al
contrario la distinzione, tra la vittima colpita e lo scopo realmente
mirato.
La violenza delle folle colpisce senza premeditazione, mentre il
terrore ha la particolarità di essere l’applicazione deliberata della
violenza nei confronti di una vittima scelta per raggiungere uno scopo.
Questa violenza prodotta dal Terrore, collettiva e spontanea, di una
crudeltà spesso estrema per la durata e la ricercatezza dei servizi
inflitti alle vittime prima e dopo la morte, ma puntuale e localizzata,
non ha altro fine che la violenza stessa.
La morte delle vittime lascia gli uccisori e gli spettatori inebetiti, come
sazi, convinti in un certo modo che giustizia è stata fatta, ma incapaci
di dare una spiegazione razionale.
Denuncia, identificazione, castigo: la violenza si presenta come il
mezzo per dare un colpo d’arresto alla sovversione dell’ordine
naturale delle cose attraverso l’eliminazione del colpevole,
simbolicamente espulso come corpo estraneo e nocivo, affinché per
mezzo di questo sacrificio siano ristabilite la coesione e l’unità
ontologiche della comunità.
Il terrore si distingue dalle altre forme di violenza per la sua natura
intenzionale, quindi razionale, atta a produrre alcuni effetti in vista di
un fine determinato.
Poco importa che questo fine sia o non sia razionale, o che il ricorso al
terrorismo generi degli effetti che vadano direttamente contro lo scopo
richiesto o ancora che il mezzo sia intrinsecamente incapace di
raggiungere il fine che gli è stato fissato.
14
Il terrore è una strategia razionale che mira a costringere o a
sottomettere un soggetto, non attraverso la sofferenza e la morte ma
attraverso la minaccia di sofferenza e di morte inflitte a un certo
numero di vittime scelte.
I principali componenti del terrore sono: la sua dimensione strategica,
la violenza calcolata che mobilità e la relazione indiretta che instaura
tra differenti protagonisti.
La violenza collettiva mette in scena solo due attori (la folla e la sua
vittima), il terrore invece ne richiede almeno tre: il terrorista, la
vittima che colpisce, infine l’obbiettivo che lo spettacolo del supplizio
deve sufficientemente terrificare.
La violenza durante il Terrore serve per intimidire e contenere il
popolo, ma soprattutto la pena capitale è sanzione e pedagogia.
La pena inflitta pubblicamente al colpevole, l’orrore del cerimoniale e
i supplizi devono provocare effetti intensi nei confronti di chi non ha
commesso il crimine in modo da suscitare in loro l’interesse di non
commettere crimini per evitare la pena.
Si tratta di punire per recuperare ma ancora di punire per prevenire.
Così il giurista Muyar de Vouglans arriva a queste conclusioni:
Les peines ayant étè établies principalement pour l’exemple, c’est par
conséquent moins par les impressions qu’elles peuvent faire sur la
personne du coupable que par celles qu’elles font sur l’esprit du
peuple qui en est témoin que l’on doit juger de leur plus ou moins
grande rigueur
3
.
3
Patrice Gueniffey, op.cit., p. 29 .
15
La virtù dei grandi esempi, la punizione rapida e capitale dei
cospiratori deve prevenire le future cospirazioni inculcando nello
spirito la certezza del castigo e la paura del patibolo.
1.1.3 TERRORE E GIUSTIZIA
L’impresa del Terrore oltre ad inventare un nuovo posto per i
legislatori che ormai devono pienamente riconoscere la sovranità
popolare, mira a mettere dei freni all’eccezione sovrana, a mettere
freno alla violenza legittima del popolo e a dare una forma pubblica ed
istituita alla vendetta.
Il terrore come giustizia è un tentativo di contendere il crimine
politico e la vendetta popolare legittima che può risultarne. Ma
giustizia e terrore sono due entità separate, se la giustizia non è
sinonimo di clemenza, essa non può confondersi col terrore.
Esistono delle differenze, la giustizia colpisce solo le azioni, invece il
terrore colpisce le persone indipendentemente dai loro atti. Infondono
anche differenti tipi di timori.
La giustizia provoca un timore eventuale, un timore ragionato dalle
leggi, imponendo al colpevole la certezza del castigo e, allo stesso
tempo, assicura all’innocente la tranquillità della sicurezza.
Il terrore invece diffonde un timore universale, indefinito, simbolo
della violenza senza regole e leggi, minaccia ogni persona, colpevole
o innocente, per colpire casualmente, senza motivi e senza prove.
Il terrore è il regno universale e indefinito dell’arbitrario.
16
Questa violenza selvaggia è all’origine di alcuni degli episodi tra i più
drammatici della Rivoluzione Francese, s’iscrive in una lunga storia
dove gli anni 1789-1794 non occupano che un capitolo molto breve.
1.2 STORIA DEL TERRORE
La storia del Terrore si divide in tre epoche distinte dalle tre principali
leggi che organizzarono la repressione: la prima comincia con la
creazione del Tribunale rivoluzionario il 9 marzo 1793; la legge dei
sospetti del 17 settembre inaugura la seconda epoca e la legge del 22
pratile anno II (10 giugno 1794) segna il debutto dell’ultima, la più
breve, che termina con la caduta di Robespierre il 27 luglio.
Ognuna delle leggi repressive può essere fatta risalire a degli
avvenimenti esterni o interni i quali mostrano delle differenze
importanti tra le tre epoche.
La creazione del Tribunale rivoluzionario, il 9 e 10 marzo 1793 è il
risultato dell’incrocio di tre fattori: uno esterno, la sconfitta delle
truppe francesi in Belgio; gli altri due interni, da una parte la
variazione del rapporto di forza nella Convenzione a beneficio della
Montagna, causata dal regicidio del 21 gennaio, dall’altra parte il
movimento insurrezionale del 9 e 10 marzo che mirava a spingere
l’assemblea sulla via del rigore. Troviamo una congettura identica nel
settembre del 1793, quando la Convenzione, il 5, mette ufficialmente
il terrore « à l’ordre du jour » e vota, il 17, la legge dei sospetti.