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illustrare come un allestimento può produrre nel fruitore dell’esposizione (visitatore-
turista; visitatore-esperto d’arte) l’idea della cultura del Settecento veneziano.
Partendo da interviste rivolte ai turisti (impegnati nella visita del museo stesso)
cerco di fissare il modo in cui le convenzioni sociali portano a percepire alcuni aspetti
piuttosto di altri e a vederli in una certa maniera.
Solo alcune rappresentazioni visive e artefatti culturali possono arrivare alla
trasmissione di codici e simboli ed è grazie a questi che la visione può essere
considerata strumento per comunicare e interpretare
1
.
Nel Museo sono racchiusi i valori espressi da “un’opera antica che non sono
più contemporanei e raccontano il loro tempo, coloro che la contemplano oggi, quale
che sia la loro erudizione, non avranno mai lo sguardo di chi la vide per la prima
volta. E’ questa mancanza, questo vuoto, questo scarto fra la percezione scomparsa e
la percezione attuale che l’opera originale esprime oggi.”
2
Il Museo infine, come accennato prima, è anche luogo di riconoscimento
identitario. Grazie ad esso avviene un confronto fra la cultura del visitatore di ogni
luogo ed epoca e quella della venezianità del Settecento (che ha creato un background
culturale alla popolazione veneziana stessa nella modernità e post-modernità).
1
MARAZZI A. (2002), Antropologia della Visione, Carocci, Roma.
2
AUGE’ M. (2004), Rovine e Macerie,Bollati Boringhieri, Torino. Cit da pag. 25
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CAPITOLO I
IL MUSEO COME STRUMENTO DI TRASMISSIONE
CULTURALE E DEL SAPERE
1.1. Museo come strumento di trasmissione di alcune tradizioni
Entro una comunità, i musei nascono dal desiderio di mantenere viva la propria
storia e la propria tradizione.
Ci sono svariati tipi di musei, dai gabinetti di curiosità, ai musei storici, a quelli
folkloristici, e molti altri; tutti hanno lo scopo di lasciare un segno nel visitatore, di
esprimere un certo messaggio. Il fine di ogni esposizione permanente o temporanea è
quello di dare al pubblico un ricordo del passato o rimarcare nella mente di ciascuno
l’importanza della creatività umana.
Tra gli oggetti ritrovati nei siti neanderthaliani ce ne sono alcuni straordinari:
sono degli oggetti inutili. Sono la testimonianza della nascita del senso del bello, del
curioso. Raccogliere (e a un certo punto fabbricare) qualcosa che non serve per
tagliare, spaccare, cacciare ecc., ma che ha un puro valore estetico, è il segnale che
qualcosa sta cambiando nel cervello umano.
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All’interno delle Sale si trovano artefatti costruiti, inventati, prodotti da esseri
umani che nel corso della storia, in un passato remoto o più prossimo hanno
sviluppato delle conoscenze e le hanno messe in pratica producendo vari strumenti;
ed è proprio nel produrre questi, che si sono distinti dai lontani progenitori e sono
diventati pian piano Homo Sapiens Sapiens.
L’essere umano dal momento della nascita, come ci insegna l’antropologia,
subisce un costante processo di formazione e di inserimento in un preciso ambiente.
Questo fa crescere ognuno di noi ed avviene in molti ambiti, in famiglia, tra i
gruppi che si frequentano saltuariamente o quotidianamente, nelle istituzioni
scolastiche e da un po’ di anni anche attraverso i vari media e, più vicino a noi, con
l’uso di Internet. E’ attraverso questo che l’essere umano, il soggetto culturale
3
P.e A. ANGELA, (1989), La straordinaria storia dell’uomo , Mondatori editore, Milano.
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“cresce” e si forma attraversando le sue trasformazioni biologiche affiancate da
quelle culturali. Ed è perciò che, a sua volta, può diventare un portatore di cultura e
far crescere chi a lui è più prossimo.
Mi sono resa conto, durante la mia indagine all’interno del Museo del
Settecento, che la struttura museale può essere considerata un medium di conoscenza.
In questo caso il museo si occupa della cultura veneziana nel corso di tre secoli fa,
all’interno di esso, i visitatori in possesso di vari background culturali, riuscivano
(durante la visita) a farsi un’idea articolata di quel periodo storico e degli usi e
costumi. Questo mi ha fatto capire, che nel processo subito dal soggetto culturale,
anche una semplice e distratta visita turistica, può lasciare un segno concreto sia per
capire sé stesso sia per conoscere gli altri.
Quando il turista o il visitatore ha già informazioni su quello che va ad
osservare, il museo ne arricchisce la conoscenza e anche se non ci fossero
informazioni a priori, la visita dà messaggi acuti e impulsi educativi a chi intende
portare attenzione ai dettagli racchiusi negli artefatti o esplicati nelle varie guide.
Ho notato durante la mia permanenza al museo che chiunque, dopo la visita,
aveva compreso molto di quella cultura ed in poco tempo.
Ho intervistato persone di età ed istruzione scolastica diverse, tutti riuscivano a
parlare degli usi e costumi della Venezia del ‘700 come se avessero letto un libro a
riguardo; alcuni turisti erano già preparati sull’argomento, ma molti non sapevano
nulla prima di trascorre del tempo nel museo.
Sono rimasta colpita dal fatto che molti tornassero spesso, per cercare sempre
più informazioni e osservare meglio certi oggetti esposti, più li osservavano più
avevano voglia di farsi domande e alle volte mi interpellavano sul perché un quadro
era stato dipinto o su come costruivano un certo lampadario e come lo potevano usare
senza che provocasse incendi; ho visto che anche gli addetti alle Sale dovevano a
volte rispondere a domande curiose. E’ certo che ciò che mi ha portato a scrivere di
un museo è la consapevolezza che sia uno degli strumenti utili a creare cultura.
Proprio per questo penso che ogni museo avrebbe bisogno di figure adatte a creare il
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dialogo fra il visitatore e l’oggetto dell’esposizione. Lo scopo da raggiungere è quello
di allestirli in modo da non lasciare zone d’ombra nella curiosità del pubblico che li
“legge”. Alcune lacune ci saranno sempre, ma bisogna fornire costantemente
informazioni secondo piani esplicativi e ordinate scelte comunicative.
1.2. Musei e antropologia: ipotesi sullo svolgimento di una ricerca
antropologica all’interno di un museo
L’antropologia studia l’uomo in tutti i suoi aspetti, per Geertz la natura
dell’uomo coincide con l’essere in un particolare universo culturale, per questo nasce
l’esigenza di un’etnografia che descriva i costumi e i significati in cui si realizza
“l’essere nel mondo” di ciascuno
4
. Quando mi sono accostata alla realtà del Museo
“Ca’ Rezzonico” l’ho fatto con gli strumenti che ho conosciuto durante il mio corso
di studi, mi sono posta in mezzo ad una realtà culturale ben definita e ho cominciato
ad osservare chi ne faceva parte e chi la strutturava. L’osservatore partecipante per
quanto può, deve essere neutrale, deve accostarsi alle attività quotidiane della
comunità da studiare cercando di non influire su di esse per poter conoscere come
funzionano.
Ho trascorso un mese intero a fianco degli operatori del museo, di visitatori e
turisti, ho cercato di capire le dinamiche che si creano nel gruppo dei lavoratori della
struttura ed i loro ruoli specifici, il mio interesse principale però era la trasmissione
culturale che una certa disposizione degli artefatti poteva creare nel visitatore. Volevo
capire come l’alterità identitaria poteva essere espressa in un luogo notoriamente
statico, che non subisce grandi processi culturali interni e che invece crea, come alla
fine della ricerca mi sono resa conto, un bagaglio culturale vivo nella mente di colui
che vi si accosta anche brevemente e riesce a far comprendere la vita di un gruppo
umano ad un target ampio di turisti. Per capirlo ho dovuto affiancare molti gruppi di
visitatori che a volte non si accorgevano della mia presenza, altre invece mi notavano
e cercavano di capire a loro volta lo scopo della mia insistenza nel seguirli. Ho rivolto
4
Cit.da Dizionario di Antropologia, a cura di FABIETTI U.,REMOTTI F. ,(2001), ,Zanichelli,Bologna pag.52.
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molte domande e con il permesso di alcuni di loro ho potuto portare avanti il mio
progetto. Non potevo certo non informarmi su quello che il museo offriva, ho quindi
studiato minuziosamente la disposizione dei vari oggetti al suo interno in modo tale
da essere pronta ad accostarmi alle intenzioni reali degli allestitori. Proprio per questo
motivo ho dovuto parlare con vari soggetti.
Sono molte le richieste del pubblico, ma i messaggi che si vogliono trasmettere
si decidono a tavolino, spesso per motivazioni di marketing; la stessa campagna
pubblicitaria del Museo o della mostra allestita ciclicamente in esso, può influenzare i
giudizi del turista oppure creare delle conoscenze che magari durante la visita
servono come trampolino di lancio per la comprensione di ciò che si va a scoprire.
Durante la mia ricerca ho dovuto quindi tenere in considerazione dei fattori che
vanno al di là dell’approccio diretto fra soggetto culturale e oggetto esposto, ho
dovuto tenere presente anche le intenzioni dei curatori, le aspettative del marketing
per poter comprendere il messaggio che intenzionalmente l’oggetto doveva
esprimere.
Nel periodo della mia indagine ho dovuto seguire tutti questi aspetti
contemporaneamente, non potevo certo frazionare una realtà così complessa di
intrecci fra attori sociali, oggetti posti per un fine di informazione e operatori i quali
cercavano di far sì che l’informazione arrivasse nel modo desiderato.
Tutti i giorni ho posto molte domande sia di carattere culturale che economico
a chi lavora all’interno del museo e quello che mi ha colpito di più è stata la grande
passione per il lavoro di ciascun operatore, dal guarda sala all’addetto alla sicurezza
al guardarobiere, tutti lavoravano ordinatamente per far andare avanti la giornata di
visite nel modo più fluido e scorrevole possibile. Tutti sono stati disponibili a dare le
risposte ai turisti che le sollecitavano e ciascun addetto ai lavori si adoperava per
ottimizzare i servizi all’interno anche se non pattuito dal loro contratto e non certo
ricompensato nella loro busta paga.
C’è un “leader” che coordina il lavoro giornaliero dei vari addetti, ogni mattina
sa chi deve andare in una Sala, chi invece dovrà accogliere i turisti, chi dovrà