III
di questa alternativa. Il caso della musica jazz sta dalla parte di Strawinsky e di altre figure:
Wagner, Hindemith, Debussy.
Adorno non ha veramente mai ascoltato la musica jazz più genuina, quella cioè più sotterranea, più
legata all’estrazione sociale del proletariato afroamericano. Negli scritti sparuti e sommari che
dedica a questa musica, il jazz viene volta a volta identificato con la musica da ballo, con le marce
militari, con la musica da salotto. Certe volte viene ricordata la musica hot, ne vengono sottolineate
le origini nere, ma la dovizia di particolari messa in luce nella musica seria in merito al jazz non
fornisce alcun esempio illuminante. Oltretutto anche queste espressioni più impegnate vengono
stroncate sul nascere, quand’anche non si arrivi perfino a profetizzarne l’estinzione naturale. Le
stigmate di una mancanza di approfondimento adeguato non si ripercuotono solo sul jazz in se
stesso, ma anche su tutte le espressioni popular della musica. Al punto tale che jazz, folk, swing,
Tanzmusik si confondono costantemente, e fanno svanire il motivo del contendere. Adorno critica
quello che di per sé non è già così. Come il famoso aneddoto che vede Adorno all’ascolto
dell’altosassofonista Johnny Hodges: accompagnato al concerto nel mitico Cotton Club dal giovane
critico Leonard Feather, questi, vedendo l’amico tedesco apprezzare, sembra che gli sussurrasse
all’orecchio “Fucking Hodges is really bad!” Il malcapitato Adorno, da poco in America, non
avrebbe capito il parlare per antifrasi, e una volta tornato a casa cominciò a scrivere male sul jazz.
Si può immaginare che comunque, al massimo, ne avrebbe potuto scrivere tiepidamente. La
distanza che corre tra il jazz e la musica che invece valorizzava Adorno è troppo grande perché lo
potesse giudicare bene. L’obiettivo del mio lavoro allora non può essere quello di costringere
Adorno in un’interpretazione che possa far coincidere le proprie istanze estetiche con quelle del
jazz.
Uno dei punti di forza della sua teoria è che non si può separare acriticamente la sfera della musica
seria da quella della musica popular. Eppure queste due sfere non si assomigliano; per l’una vigono
processi produttivi completamente irriducibili a quelli dell’altra. La critica all’industria culturale,
alle factory musicali, alle radio, al mercato discografico, alla pubblicità musicale, appartiene al
IV
campo dell’arte leggera. Mentre l’arte alta è autonoma, disinteressata. Come d’incanto il carattere o
industriale o autonomo nell’analisi musicale si trasferisce alla sociologia degli ascoltatori. La
produzione in Adorno condiziona sia la forma del prodotto che il pubblico. Se la produzione è
standardizzata allora anche gli ascoltatori lo sono. Le parole grosse per descrivere questi soggetti
non vengono certo risparmiate da Adorno.
Dunque quello che ci si può permettere di fare è di considerare criticamente i tre passaggi chiave
(produzione – forma – ascoltatori) e, di riflesso, chiarificare le idee estetiche implicite nel jazz che
hanno sicuramente una valenza positiva per un tipo di critica sociale – oggi ancora più necessaria di
allora – sostanzialmente estranea alla visione adorniana.
1. Rumore di stoviglie.
La teoria musicale di Adorno si è focalizzata non solo sulla musica cosiddetta “seria” ma altrettanto
sulla produzione di musica popolare, jazz, musica folk. Adorno concentrò la maggior parte degli
scritti sulla musica leggera negli anni che vanno dal 1932 al 1941. Abschied vom Jazz
1
è del ’33,
Über Jazz
2
, scritto sotto lo pseudonimo di Hektor Rottweiler, è del ’36, Über den Fetischcharakter
in der Musik und die Regression des Hörens
3
è del ’38, On popular music
4
, scritto in inglese con
l’assistenza di George Simpson, è del ’41.
Pochi altri negli anni successivi: Zeitlose Mode
5
è del ’53, le lezioni raccolte in Einleitung in die
Musiksoziologie
6
del semestre invernale ’61 -’62 dedicano una parte alla musica leggera. Anche
questi scritti tuttavia ribadiscono le stesse considerazioni già dei precedenti: sostanzialmente
Adorno non rivide mai la propria posizione sulla musica leggera, insistendo nella sua analisi con
un’ostinazione che oggi costituisce il primo e più immediato rimprovero che le si può muovere. Di
1
Abschied vom Jazz, in GS XVIII, 1984., pp. 795-799. Tutte le traduzioni sono mie.
2
Über Jazz, in GS XVII, 1982, pp. 74-108. Tutte le traduzioni sono mie.
3
Über den Fetischcharakter in der Musik und die Regression des Hörens, in Dissonanzen, in GS XIV, 1973, pp. 14-50
(trad. it. Il carattere di feticcio in musica e il regresso dell’ascolto, in Dissonanze, a cura di G. Manzoni, Feltrinelli,
Milano, 1974²).
4
On popular music, in Studies in Philosophy and Social Science, vol. 9, 1941, pp. 17-48 (trad. it. Sulla popular music, a
cura di Marco Santoro, Armando, Roma, 2004).
5
Zeitlose Mode, in Prismen, in GS X, 1977, pp. 123-137 (trad. it. Moda Senza tempo, in Prismi, a cura di E.Filippini,
Einaudi, Torino, 1972).
6
Einleitung in die Musiksoziologie, in GS XIV, 1973, pp. 169-433 (trad. it. Introduzione alla sociologia della musica, a
cura di G.Manzoni, Einaudi, Torino, 2002²).
2
certo, la vis polemica è solida e agguerrita e scoraggia lo studioso che voglia dare una certa
risonanza ai fenomeni musicali che Adorno liquidava senza troppi scrupoli; ciononostante è
necessario un confronto con essa, tantopiù che al di là dell’idiosincrasia si nasconde un ascolto
proficuo e complesso.
7
Se si compie lo sforzo di lasciare da parte tutti quei passaggi in cui il
discorso diventa inutilmente pretenzioso e arrogante, in cui la derisione diventa il carattere
fondamentale dell’analisi, ecco che non si può tralasciarne la generale perspicacia e attualità.
Con alcune precauzioni dunque, è estremamente utile l’approccio a questi testi adorniani, e la
pazienza viene presto ricambiata dalla soddisfazione per la trattazione così illuminata. Insomma il
rischio che si corre è quello di perdere un valido strumento, o come diceva Adorno stesso di
“gettare l’acqua del bagno col bambino dentro”.
Certo qui l’acqua si fa eccessivamente torbida. In primis, si può levare una voce che chieda conto
del tipo di musica jazz che ascoltava Adorno. Nei suoi scritti, infatti, si è legittimati a pensare che il
jazz sia un settore musicale che sostanzialmente spartisce con altri settori la propria essenza. I
concetti chiave dispiegati in Über Jazz sono gli stessi di On popular music, e qui il jazz fa parte del
genere più ampio della musica leggera. Anche nell’Introduzione alla sociologia della musica il jazz
viene esaminato non come settore musicale autonomo ma ancora come branca musicale della
musica leggera.
8
Di fronte alla Weltanschauung musicale dell’ovvietà
9
, il lettore di Adorno
potrebbe richiedere ulteriori distinguo. Nello scritto del ’36 il jazz, dice Adorno, benché si sottragga
alla definizione, può essere crudamente avvicinato alla musica da ballo da cui se ne distanzia “in
nome di un carattere moderno ancora da passare al vaglio.”
10
Questo carattere moderno emerge in
tutta la sua inconsistenza: anzi, la sua rivendicazione è in realtà la causa prima della liquidazione
del jazz. “La fede nel jazz come una forza fondamentale con cui una presunta musica europea
decadente può rigenerarsi, è solo ideologia”
11
. L’ambiguità di Adorno sembra rigettare il jazz non
7
Cfr. Richard Middleton, Studiare la popular music, Feltrinelli, Milano, 2001, pp. 59 e sgg..
8
Introduzione alla sociologia della musica, cit., pag. 41.
9
Ibid., p. 26.
10
Über Jazz, cit., pag. 74.
11
Ibid., pag. 82.
3
per ciò che è, ma per ciò che crede di essere, non perché moda eterna, ma perché falsamente
progressivo.
Il jazz non è ciò che “è” – l’articolazione estetica in se stessa è povera e si può capire in uno sguardo –
esso è ciò per cui lo si usa e questo a dire il vero pone domande la cui risposta richiederà una necessaria
analisi in profondità.
12
Infatti se si possono in qualche modo individuare le specificità del jazz all’interno della musica
leggera, queste riguardano, nonostante la succitata povertà estetica, una specie di elaborazione dei
caratteri fondamentali, grazie la quale il jazz emerge come una musica con un briciolo di
consapevolezza in più rispetto alle altre esperienze di musica popular. Adorno non esitava a
definirla come caso particolare di una “buona musica scadente”
13
. La maggiore qualità artistica di
questa musica trasmette alle classi dei propri ascoltatori l’illusione di essere culturalmente
aggiornati (o all’avanguardia) rispetto alla maggioranza della società. Cosicché si sentivano
legittimate ad associare al jazz il carattere moderno che faceva sobbalzare sulla sedia Adorno. La
modernità del jazz, assolutamente non moderna, ma risalente alla tradizione di Brahms per il ritmo
sincopato e a Debussy e all’impressionismo per le progressioni armoniche, costituisce un certo
indubitabile grado di bontà, dal momento che rappresenta un’evoluzione rispetto all’ammuffita
Gebrauchsmusick delle operette post–Johann Strauss. Ma di certo sia la struttura formale, cioè il
chorus di 32 misure con il bridge di otto che conduce alla ripetizione
14
, che la struttura ritmica, cioè
lo svolgimento “a partire da sincopi in qualche modo irritanti che non scalfiscono mai l’ottusa
uniformità del ritmo fondamentale, né i tempi sempre identici, i quarti”
15
, non rappresentano niente
di nuovo nella storia della musica. Anche il sassofono, che spesso si crede legato alla tradizione
afroamericana in realtà è vecchio già prima dell’uso jazzistico: è stato già discusso da Berlioz nel
12
Ibid., pag. 77. Trad. mia.
13
Introduzione alla sociologia della musica, cit., pag. 39.
14
Il fatto che si realizzi il dinamico nello statico, che la forma del jazz sia la ripetizione di un giro armonico, Adorno lo
fa risalire anch’esso alla stagione dell’impressionismo. Ma mi si permetta in proposito di avanzare qualche riserva.
15
Moda Senza tempo, cit., p.115.