2
Fininvest e Rai controllano la società di rilevazione degli ascolti (Auditel) e, dall’altro,
Fininvest riesce ad esercitare una propria influenza sulle decisioni di alcuni
importanti operatori (ad es. Telecom Italia, neoentrante nel settore).
In Italia, la normativa di settore non ha impedito che, in presenza di scarse risorse
(frequenze e relative reti), un unico soggetto possa esercire tre emittenti televisive
nazionali. Tale situazione risulta unica in Europa, dove a nessun operatore
commerciale è stato concesso di diffondere tre canali nazionali in tecnica analogica
terrestre.
La disponibilità di un numero elevato e simmetrico di reti televisive in capo a
Fininvest e Rai ha prodotto un equilibrio di mercato caratterizzato da una limitata
differenziazione tra i due gruppi, con conseguente duplicazione del prodotto
televisivo, nonché da una elevata differenziazione intragruppo, consentendo ai due
operatori storici di saturare la parte commercialmente più profittevole dei
telespettatori (attraverso la predisposizione di un’ampia offerta di canali), e
lasciando ai concorrenti nicchie di mercato, e quindi il raggiungimento di quote
marginali di ascolto.
E’ comunque in atto un duplice cambiamento sia dal lato della domanda che da
quello dell’offerta di contenuti televisivi. Dal lato della domanda, si assiste, a livello
nazionale ed internazionale, ad una tendenza verso una minore omogeneizzazione
dei gusti dei telespettatori, idonea ad aprire nuovi segmenti di mercato che
potrebbero essere soddisfatti dall’offerta di operatori neoentranti. Dal lato
dell’offerta, il passaggio alla tecnica digitale terrestre crea le premesse per l’ingresso
di nuovi operatori nel mercato della raccolta pubblicitaria televisiva.
Inoltre, in un contesto in cui i due maggiori operatori possiedono tre reti ciascuno, gli
obblighi che gravano in capo alla società di servizio pubblico non hanno evitato, ed
anzi hanno favorito, un esito di mercato caratterizzato, nel versante degli ascolti, da
3
un equilibrio concorrenzialmente inefficiente in quanto, come sopra esposto,
diminuisce gli spazi di ingresso degli operatori neoentranti e ne aumenta i costi di
entrata.
È indispensabile auspicare che la transizione (c.d. switch-over) ed il passaggio (c.d.
switch-off) alla nuova tecnica trasmissiva non siano guidati a questo punto da pochi
ed integrati operatori dotati di un significativo potere di mercato in tutti gli stadi della
filiera del settore televisivo, rendendo inattuato, così come è avvenuto per la tecnica
analogica, il Piano di assegnazione delle frequenze, ma che con un’efficace
attuazione del previsto Piano Digitale, il passaggio al digitale terrestre possa
consentire l’introduzione in Italia di condizioni di mercato concorrenziali più idonee al
mercato a due versanti della raccolta pubblicitaria.
Fininvest e Rai hanno potuto sfruttare la loro posizione di rilievo storicamente
detenuta nel broadcasting analogico (e nelle infrastrutture per la trasmissione del
segnale televisivo) soprattutto per acquisire quote a valle nella concorrenza sugli
ascolti e nella raccolta pubblicitaria televisiva.
La rilevazione degli ascolti costituisce un elemento importante ai fini della
determinazione della struttura concorrenziale nella raccolta pubblicitaria televisiva.
Essa infatti rappresenta la convenzione su cui si regolano gli scambi commerciali tra
gli operatori. E’ dunque indispensabile che tale convenzione sia condivisa ex-ante
da tutti gli operatori e che venga sistematizzata attraverso meccanismi che
garantiscano la trasparenza e l’indipendenza della rilevazione.
L’esistenza di dati univoci e condivisi da tutti gli operatori è pertanto un requisito
imprescindibile al corretto funzionamento della domanda e dell’offerta di inserzioni
pubblicitarie televisive.
4
Detto ciò il presente lavoro si è voluto soffermare sulle problematiche relative alla
rilevazione degli ascolti televisivi, che in Italia è condotta dalla società Auditel, il cui
controllo è detenuto dai due principali operatori pubblicitari, Rai e Fininvest.
Tale organizzazione del mercato, che risulta difforme da quella di altri Paesi europei,
appare inidonea a fornire i corretti incentivi alle condotte della medesima società, e
come tale capace di determinare un esito staticamente e dinamicamente
inefficiente, con possibili effetti negativi nel collegato mercato della raccolta
pubblicitaria televisiva.
Come evidenziato nel corso di questa analisi, da più parti si sono levate voci che
hanno screditato l’attendibilità e l’affidabilità del sistema Auditel, voci di associazioni
sia di consumatori, sia di associazioni nate puramente con lo scopo di far luce su un
sistema del quale ai più è sconosciuto l’effettivo funzionamento, ma i cui indici di
ascolto quotidianamente ci vengono propinati da più parti (tv, stampa, internet),
affinché si tenga viva la cosiddetta battaglia all’ultimo punto di share.
L’influenza dell’Auditel ha purtroppo accentuato la rigidità del sistema del duopolio
televisivo in Italia, riducendo l’interesse per chi si è affacciato più tardi nel mercato
ed ignorando sostanzialmente tutta la produzione delle televisioni locali; ma l’effetto
negativo che si vuole ancora una volta sottolineare è quello che dal dover essere un
mezzo di rilevazione utile soltanto per il mercato degli investimenti pubblicitari, è
divenuto uno strumento di valutazione nel merito dei programmi con tutte le
conseguenze, sostanzialmente esaltative e censorie, che esso ha prodotto.
Se è pur vero che sulla base degli indici di ascolto, e sul relativo successo di alcuni
programmi, questi diventano uno spazio privilegiato per gli investimenti pubblicitari,
ciò che alla fine passa realmente più che il messaggio delle marche è il messaggio
delle reti, della loro guerra all’audience, la conquista dello share e la creazione di
personaggi e fenomeni televisivi.
5
Ma qualcosa sta cambiando. L’evoluzione dei sistemi televisivi attualmente in corso
in Italia, e tutta l’Europa, richiederà di rivedere i criteri su cui si basano i sistemi di
misurazione di ascolti esistenti.
In primo luogo, la frammentazione degli ascolti, in parte conseguenza dell’offerta
digitale, ma che oggi è caratteristica del panorama televisivo di molti paesi europei,
rischierà di mettere in crisi la validità statistica di strumenti basati su campioni
adeguati all’ambito analogico tradizionale vigente.
Questa frammentazione sarà ulteriormente esasperata dalla crescente necessità di
analizzare i mercati televisivi attraverso segmentazioni sempre più dettagliate (non
più solo di natura sociodemografica, ma anche basate sulla modalità di ricezione,
sul tipo di dotazione tecnologica, sulle forme di abbonamento, ecc.).
Il medesimo canale verrà inoltre trasmesso secondo diverse modalità, situazione
che in parte oggi è già presente per le principali reti nazionali, ritrasmesse su
piattaforme digitali satellitari, richiedendo ai sistemi di misurazione delle soluzioni
tecniche specifiche che includano ogni porzione di pubblico all’interno del mercato
oggetto di valutazione.
Dal punto di vista pubblicitario, in primo luogo la moltiplicazione dei canali disponibili
amplierà la possibilità di scelta dell’utente e tendenzialmente consentirà quindi una
pianificazione pubblicitaria ancora più mirata e contestualizzata. In secondo luogo la
disponibilità del canale di ritorno interattivo porterà ad un cambiamento dei format,
sia dei programmi che dell’advertising, permettendo all’utente di fare buona parte
delle cose che oggi può fare su Internet: lascerà i suoi dati ed entrerà in relazione
con la marca e con tutto quello che questo comporta.
Esempio di tale novità è stato l’avvio in fase sperimentale, sulla piattaforma Digitale
terrestre Rai negli scorsi mesi, delle prime telepromozioni interattive e spot interattivi
da parte di Sipra, concessionaria di pubblicità del servizio pubblico.
6
Tali nuove forme di promozione permettono di dare non solo più informazioni allo
spettatore, ma di migliorare il ricordo del messaggio e del prodotto grazie
all’interazione del telespettatore, e del suo coinvolgimento attivo.
Solamente tra qualche anno comunque si potrà avere un effettivo quadro della
situazione, quando la penetrazione del digitale terrestre sarà solida ed efficiente e si
capirà quante delle potenzialità che questo permette, verranno effettivamente
implementate con successo.
Tornando al tema della misurazione, va tenuto presente che il riconoscimento dei
canali sul televisore delle famiglie campione, si basa oggi sulla corrispondenza
biunivoca tra frequenza e canale: il people meter è in grado di riconoscere la
frequenza su cui è sintonizzato l’apparecchio televisivo e di determinare senza
possibilità di errore il programma, dato che in ambito analogico ad ogni frequenza
corrisponde un solo canale. In un ambiente digitale questa corrispondenza
biunivoca viene a cessare, in quanto ogni frequenza può portare più canali e
pertanto è necessario ricorrere ad altri sistemi di riconoscimento.
I sistemi, che le società operanti nel settore della misurazione degli ascolti televisivi,
stanno approntando si possono classificare i due categorie:
⇒ metodi basati sulla lettura dei codici;
⇒ metodi basati sul riconoscimento matematico dell’audio e del video.
In questa sede d’analisi, in particolare si è voluto far luce su due apparecchiature
che sono in fase di test, ovvero il PPM (Portable People Meter) della società Arbitron
e del Media Monitor della società Eurisko; entrambi hanno dato finora buoni risultati,
considerando che tali sistemi non si occupano solo della rilevazione dei dati
d’ascolto televisivi, ma possono essere applicati anche ad altri mezzi di
comunicazione (radio, Internet) sino alla pubblicità affissionale.
7
In un prossimo futuro potremmo auspicare che anche in Italia, sulla scena dei
sistemi di rilevazione, compaiono queste novità, tenendo ben presente che
potrebbero anche semplicemente affiancare e non sostituire del tutto l’attuale
sistema.
Fatto sta, che resta da evidenziare come la transizione dalla televisione analogica a
quella digitale pone una serie di problemi sia tecnici, che statistici, che di analisi e
interpretazione dei dati raccolti; le soluzioni in fase di studio dovranno quindi tenere
conto della fase in cui si trova il sistema televisivo, gli strumenti che vanno
approntati per uno scenario misto (analogico e digitale) potranno non essere adatti
nel momento in cui la transizione sarà completata.
Una ipotesi futuristica potrebbe avvenire con l’utilizzo degli stessi decoder
attualmente in commercio per la ricezione del segnale digitale terrestre,
predisponendo gli stessi anche alla rilevazione degli ascolti televisivi; a quel punto
non sarebbe più solo un “semplice” campione a decidere le sorti del mercato
pubblicitario e televisivo, ma saremmo noi tutti telespettatori/consumatori ad avere
voce in capitolo, con una rilevazione che potrebbe addirittura avvenire in tempo
reale. Ma ovviamente questa è solo una ipotesi personale che non è al momento
contemplata, sulla quale si potrebbe sviluppare un’idea più ampia e dettagliata.
Una possibile strada in fase di studio è anche quella riguardante panel specializzati
per la misurazione di differenti segmenti del mercato, che possano poi venire
unificati attraverso processi di fusione statistica; o ancora che l’interesse nei
confronti delle informazioni sugli ascolti da parte di un numero crescente di
operatori, in aggiunta a quelli tradizionali, possa apportare a disponibilità di
finanziamento incrementali e consentire di conseguenza l’utilizzo di panel più ampi.
8
Se queste restano delle ipotesi sul prossimo futuro, è auspicabile che nello stesso
comunque alcuni accorgimenti, già in questa sede messi in evidenza, siano
finalmente attuati:
⇒ l’applicazione della legge 249/1997 e far si che l’AGCom sia in prima persona
a fare i rilevamenti degli ascolti;
⇒ la consegna da parte di Auditel dei dati grezzi (cioè non trattati dai suoi
software) ad esperti indipendenti per consentire elaborazioni alternative;
⇒ che la stessa Authority, di cui sopra, avvii ricerche qualitative che integrino e
correggano il dato Auditel nell’opinione pubblica, e le diffonda
contemporaneamente;
⇒ rendere pubblico l’IQS della Rai, ovvero la ricerca sul gradimento dei
programmi del servizio pubblico, che nonostante l’accordo tra Rai e Stato
continua ad essere tenuta segreta;
⇒ la creazione di un canale Rai fuori dal sistema Auditel, sovvenzionato
unicamente dal canone, dove si possa produrre una programmazione che sia
soggetta non alle necessità del mercato pubblicitario, ma ai parametri etici e
qualitativi del servizio pubblico. Un canale quindi dove non si sia costretti, per
inseguire gli ascolti, a scontrarsi sul terreno della televisione commerciale ed
a omologarsi alla programmazione e ai generi dei privati.
Resta da fare un’ultima riflessione guardando fuori del nostro Paese, all’America,
considerando questa progressione nelle cose.
Abbiamo detto che l’arrivo delle televisioni digitali avrà due effetti: aumenterà il
numero di contenuti, ma soprattutto cambierà la modalità di fruizione dei contenuti
stessi.
9
In America si parla già di “time shifting” e di “space shifting”, ossia di spostamento
temporale e spaziale dell’esperienza televisiva. La chiave è sia l’utilizzo di “video”
diversi dalla solita televisione, per esempio apparecchiature come gli smartphone
con ricezione del digitale terrestre mobile (DVB-H), ma soprattutto il fatto che uno
stream video digitale è facilmente manipolabile, registrabile, assemblabile da parte
dello spettatore. E visionabile poi, con tutta comodità, quando lo spettatore lo
decide.
Già negli Stati Uniti le grandi audience si raccolgono ormai solo per eventi in diretta,
in cui il fatto di essere visti nel momento in cui avvengono fa effettivamente premio,
ma sono pochissimi: il Super Bowl, la notte elettorale, forse quella degli Oscar,
l’NBA, poco altro. Nemmeno i reality show reggono il confronto, tant’è che ormai
sono pieni non di spot ma di promozioni di prodotto.
Il DVR (registratore video digitale), il cui antenato è l’ancora utilizzato
videoregistratore, è l’arma assoluta di questa corsa al palinsesto personale e visto
l’uso che ne fanno gli spettatori (eliminazione degli spot), le conseguenze sul
mercato pubblicitario sono facilmente prevedibili; il concetto di prime time si sta
modificando per lasciare il posto ad altre idee ancora vaghe, come il my time o forse
il window time, ossia il momento in cui lo spettatore è disposto a dare ascolto a un
commercial, a una promozione, a qualcosa che la tv può vendere a un’azienda,
ammesso che sia possibile convincere lo spettatore a non cancellarla.
A conti fatti con questa interattività, che cerca di coinvolgere gli spettatori in quello
che succede, chi realmente ci guadagnerà?