5
Bisogna inoltre sottolineare il fatto che queste sculture sono state
considerate solo all’interno di censimenti, come quello eseguito dal Comune
di Venezia nel 1905. Manca quindi una completa analisi relativa
all’iconografia e alla storia di questi rilievi considerati, spesso, solo opere
minori poiché non riconducibili ad una committenza aulica o ad una bottega
particolarmente importante attiva nel periodo da me considerato.
6
CAPITOLO I: LA FIGURA DELLA VERGINE NELL’ARTE
MEDIEVALE
Solo dal IV secolo in poi è possibile individuare un’arte cristiana, con
caratteri propri, un’arte originale, diversa da quella romana, che esprima il
senso trascendente del divino, definisca ciò che è infinito, renda visibile
l’invisibile
2
e rispecchi quindi la maggioranza della comunità.
L’arte cristiana delle origini era estremamente simbolica e caratterizzata
quindi dalla soppressione della verosimiglianza nella figurazione. Per questo
motivo nell’analizzare le prime rappresentazioni Mariane non dovremo
cercare dolcezza, bellezza, amorevolezza, tenerezza materna o altri attributi
che si troveranno in seguito, ma soprattutto l’essenza, l’idea del divino che
essa rappresenta
3
.
Abbandonando i secoli bui dell’alto – medioevo si entrò in un mondo
diverso: intorno all’anno mille si sviluppò uno spirito nuovo negli uomini e
nacque la consapevolezza che intorno al clero potesse rinascere l’assetto
urbano. Si assistette quindi al rifiorire delle città tramite questi inediti
borghesi e con la piena partecipazione del contado
4
.
In questo clima rinnovato i vecchi schemi di vita monastica si
trasformarono e dal comune germe benedettino nacquero nuovi ordini
religiosi: i cistercensi con l’abate Roberto e più tardi i Domenicani e i
Francescani. In questi ordini monastici si evidenziò fin dalle origini una
profonda devozione verso la Vergine che non aveva precedenti. Nelle città
sorsero cattedrali in suo onore. Si evidenziò il ruolo fondamentale svolto da
Maria e sempre più l’uomo del medioevo si pose sotto la sua protezione.
“Nella spiritualità religiosa medievale Maria è un punto di riferimento
essenziale e l’iconografia del tempo attinge, oltre che alle consuete fonti
bibliche e patristiche, agli inni liturgici, alle mirabili leggende, all’enorme
2
Adorno, 1992, p. 467.
3
Pisani, 2000, pp. 13-51.
4
Ibidem.
7
repertorio della pietà popolare. Il medioevo, inoltre, non rifugge
nell’attribuirle alcuni significati simbolici”.
5
Questo fervore religioso rinnovò anche l’arte che si allontanò sempre più
dagli schemi aulici bizantini. Architettura, scultura e pittura gareggiarono
nel proporre nuove soluzioni, in un crescendo di attività che si protrassero
per generazioni. Le comunità, sia civili che religiose, glorificarono il
Signore ed evidenziarono la loro fede con il proprio lavoro. Eressero
stupendi edifici sacri che riempirono di decorazioni scultoree e dipinsero le
pareti con storie bibliche ed evangeliche, di santi e di avvenimenti tratti dal
repertorio della pietà popolare. Servivano tutte a spiegare con immagini ciò
che il sacerdote ed i testi sacri insegnavano a parole. Si rivolgevano al
popolo dei fedeli parlando con semplicità
6
.
Nel passaggio dal mondo dominato dall’arte bizantina a quello dinamico e
più umano del medioevo, si assistette ad una serie di innovazioni nel campo
artistico. L’avvento di una borghesia imprenditoriale, di corti colte e
impegnate cristianamente, di ordini monastici nuovi nelle regioni
occidentali europee, anche se limitato ad alcune città e nazioni, allargò il
mondo dell’arte, modificando, con la diffusione di nuove idee, l’assetto
urbano e le singole costruzioni nonché le relative altre forme d’arte ad esse
collegabili. Sorsero le grandi cattedrali svettanti verso l’alto. I primi
approcci sono riscontrabili già nell’XI secolo ma è soprattutto nel XII – XIII
e XIV secolo che fiorirono linee architettoniche slanciate e movimentate.
Tutto ciò venne proposto anche nella scultura e nelle cosiddette arti minori.
Si può definire come un passaggio da un modello fedele agli stereotipi del
mondo bizantino ad una visione nuova che si rispecchia nell’arte con la
ricerca di realtà e movimento
7
.
La fine del Trecento fu accompagnata da manifestazioni culturali
nostalgiche e fiabesche. Cavalieri, dame, corti religiose e laiche apparvero
nelle rappresentazioni artistiche. I presupposti di questo cambiamento si
riscontrano già nel medioevo nell’opera e nel pensiero di grandi personaggi
5
De Fiores -. Meo, 1988, p.138.
6
Pisani , 2000, pp. 13-51.
7
Treccani, 1994.
8
quali San Tommaso d’Aquino, Petrarca, Giotto. In loro si consolidò la
convinzione di poter vivere anche senza annullarsi nell’idea del divino, anzi
vissero coscientemente il proprio mondo spirituale e religioso. Nelle arti
figurative si ricercò l’eleganza e lo splendore attraverso l’estremo
acutizzarsi della linea flessuosa e dinamica e del color lucente
8
.
Sia nelle figurazioni prettamente religiose, sia nei codici miniati e in
affreschi e mosaici di chiese e monasteri si cercarono soggetti inusuali,
diversi da quelli solitamente legati ad argomenti tratti dal Nuovo
Testamento.
È in questi contesti che si sviluppa il culto legato alla Vergine che diviene
uno dei soggetti più raffigurati in tutti i secoli essendo colei in grado di
intercedere con Dio per la salvezza dell’uomo.
1.1 Il culto mariano
Con la progressiva separazione dell’impero d’oriente dal mondo
occidentale, il culto mariano subì una diversa evoluzione nella chiesa
bizantina e in quella occidentale.
In oriente il quadro storico – sociale si presentò abbastanza stabile per
secoli. L’interesse verso la Madonna rimase legato alla funzione da lei
svolta nell’incarnazione e fu sempre condizionato dalla relazione con il
Figlio.
In occidente invece la società subì profonde trasformazioni. Le condizioni
di insicurezza sociale, i pericoli, le guerre provocate dalle invasioni ed il
processo di assimilazione delle popolazioni barbariche nel territorio
dell’impero romano e del loro inserimento nella mentalità e nella civiltà
classica favorirono il culto di forti personalità che si imposero. Si impose
una chiara tendenza a sostituire Maria alla Chiesa; alla maternità di questa la
maternità della Vergine. Si diffuse così una pietà mariana con caratteristiche
tipiche della coscienza medievale. Si nota inoltre un forte individualismo
8
Pisani , 2000, p. 13 – 51.
9
nella pratica della vita cristiana in genere che considerava i valori personali
come dei valori assoluti. La concezione del mistero della salvezza era
prettamente individualistica ed i problemi che si posero al cristiano nei suoi
rapporti con Dio e con gli altri furono risolti in un approccio puramente
intimistico e sentimentale
9
.
In un clima religioso di questo tipo la Vergine fu coinvolta dai singoli
cristiani in un rapporto fortemente individualistico. Tuttavia la sua
immagine non fu quella della madre umile, ubbidiente, servizievole, perché
la grazia straordinaria e le singolari prerogative non furono considerate in lei
come dei doni ricevuti in vista di un servizio a favore del popolo di Dio, ma
come un appannaggio personale, conseguenza dei suoi rapporti unici e
privilegiati con il Signore. All’esaltazione della sacra gerarchia corrispose
l’esaltazione della Vergine, della quale si misero in risalto la grandezza, la
dignità, la santità e la potenza. Come madre di Cristo, capo della chiesa,
Maria ha tuttora un vero e proprio potere sui fedeli, che appartengono al
corpo del Divino
10
.
Tuttavia questa posizione di grandezza in cui la Vergine fu posta non
pregiudicò la possibilità di rapporti personali con lei. I fedeli sentirono il
bisogni di modelli di comportamento religiosi e li trovarono nella Madonna
e nei Santi. I cristiani del tempo invocavano Maria come loro soccorritrice
nelle difficoltà della vita, soprattutto nello sforzo di garantirsi la salvezza
eterna, che rappresentava il problema fondamentale per l’uomo del
medioevo. Per questo sorse naturale nei fedeli l’istinto a collocare la
Vergine in una posizione superiore a quella della Chiesa; quasi tra terra e
cielo, tra chiesa e Cristo, pronta, secondo la dottrina di S. Bernardo, a porre
la sua intercessione e mediazione a loro favore. Ne segue che ella apparve
come una vera madre spirituale dei credenti, come la madre di misericordia,
il soccorso dei cristiani, titoli questi cari alla spiritualità cluniacense
11
.
Le narrazioni neotestamentarie riguardanti Maria la indicano soprattutto
come Vergine e madre di Gesù Cristo.
9
De Fiores - Meo, 1988, s. v. Culto p. 345.
10
Ibidem.
11
Ibidem.
10
Un ruolo importante ebbero anche i racconti apocrifi, diffusi in oriente già a
partire dai secoli Secondo e Terzo, che cercarono di colmare le lacune
narrative neotestamentarie sulla nascita e la morte di Maria
12
.
Le testimonianze scritturistiche e in parte quelle apocrife, furono alla base
dell’elaborazione della dottrina mariana da parte dei Padri. La discussione
del tema della maternità divina di Maria e della sua verginità, fu
strettamente associata alla dottrina cristologia, la cui formulazione al
concilio di Nicea (325) risultò fondamentale alla loro affermazione, alla
quale contribuirono anche gli autori dei secoli Quarto e Quinto (Atanasio,
Gregorio Nazianzeno, Cirillo di Alessandria, Ambrogio, Girolamo,
Agostino). Il riconoscimento generale del titolo di Theotòkos avvenne nel
concilio di Efeso del 431 e in quello di Calcedonia del 451. “Il solo nome
della Theotokos, Madre di Dio, contiene tutto il mistero dell’economia della
salvezza”, diceva S. Giovanni Damasceno
13
.
1.2 Tratti generali dell’Iconografia
Renato Pisani, nel suo studio sulle rappresentazioni di Maria in venti secoli
di cristianesimo, ricorda che la prima raffigurazione della Madonna avvenne
ad opera di San Luca, medico, evangelista, pittore ed autore di tre ritratti di
Maria dopo la Pentecoste, testimoniati dalla miniatura di un codice delle
Omelie di Gregorio Nazianzieno, del terzo quarto del secolo XI. Molte
icone in Siria, Egitto, sul Monte Athos, a Roma e in Russia vantano l’onore
di essere degli originali di S. Luca.
14
. L’intenzione di ribadire il concetto di
Theotokòs, fortemente contestato dalle eresie dei primi secoli cristiani, portò
all’utilizzo di una iconografia rispondente alle conoscenze dei fruitori,
traendo in parte origine dal substrato preesistente. Le origini delle immagini
più comuni della Madre di Dio nel Medioevo risalirebbero alla fine
12
Enciclopedia dell’arte Medievale, s.v. Maria p. 205 e seguenti.
13
Ibidem.
14
Pisani , 2000 p. 15- 51.
11
dell’antichità e avrebbero cominciato a far parte di diverse scene tratte dalla
vita della Theotokos
15
.
Nel corso dei secoli non ci sono state mai pretese d’individuazione
fisionomica nell’immagine della Madonna, anche se Niceforo Callisto
(XIV) richiamandosi ad Epifanio (320-404) ne fece una precisa descrizione:
“La Vergine non era di alta statura, benché alcuni dicano che sorpassasse i
limiti della media… Il colorito, leggermente dorato dal sole della patria
sua, rifletteva il colore del frumento. Biondi i capelli, vivaci gli occhi, un
po’ olivastra la pupilla. Le sopracciglia arcuate e nere; il naso un poco
allungato, le labbra rosse e colme di soavità nel parlare. Il viso, né
tondeggiante né aguzzo, ma leggermente ovale, le mani e le dita
affusolate…”.
16
Le componenti di questo ritratto si sono conservate nei
manuali di iconografia e ciò è evidente dalle prime rappresentazioni
catacombali romane e nei vari tipi iconografici bizantini, dall’Hodigìtria
(conduttrice, con il bambino in braccio) alla Blacherniòtissa (Vergine
orante), dalla Nikopoià – Kryotissa (portatrice di vittoria; seduta col
bambino sulle ginocchia) alla Glikophilusa – Eleùsa (stante e nobilmente
vestita che vezzeggia Gesù) o alla Galaktotrophusa (Madonna del latte). Dal
Medioevo ad oggi tale libertà rappresentativa si è ripetuta con più
evidenza
17
.
La principale distinzione riguardo alle immagini della Vergine deve essere
fatta tenendo conto dei molteplici ruoli che Maria riveste nell’iconografia
bizantina. Infatti se, in base alle fonti apocrife, viene posta l’attenzione
sull’immagine di Maria inserita in una narrazione articolata, la Vergine
trova uno spazio definito anche come figura isolata, assumendo in questo
ruolo connotazioni precise, in relazione ad appellativi specifici
18
.
Per Madonna bisogna intendere l’immagine autonoma di Maria Vergine
nelle arti visive come pure nella pietà popolare mariana agevolata in Europa
da condizioni favorevoli negli ultimi due secoli del medioevo. Dalla fine del
XIII secolo apparvero dipinte o scolpite alcune immagini isolate di Maria in
15
Grabar, 1999, P.196.
16
De Fiores, Meo, 1988 voce Icona p. 672.
17
De Fiores - Meo, 1988, p. 672.
12
luoghi molto lontani dai centri di culto mariano conosciuti a cui venne
attribuito il potere di compiere miracoli.
19
Nel Quattrocento pittori e scultori raffigurarono la Madre di Dio con
tematiche differenziate. La Vergine senza il bambino divenne spesso la
Madonna della Misericordia, solitamente presentata in piedi con le braccia
tese ad aprire l’ampio manto per accogliere i devoti che l’invocano e da essa
protetti. A questo tipo di raffigurazione si affiancarono i vari episodi della
sua vita, dall’Annunciazione all’Assunzione, dalla Presentazione al Tempio
all’ Immacolata
20
.
Il tema della Madonna della Misericordia è inoltre connesso con quello
della Madonna del Rosario, realizzato per la prima volta in un trittico a
Colonia, dove San Domenico e San Pietro martire sorreggono il manto della
vergine mentre gli angeli la inghirlandano di rose (tale iconografia ebbe
origine domenicana e grande diffusione nel XVII secolo).
21
A Venezia in particolare sono noti molti artisti che si specializzano nella
realizzazione di opere a soggetto mariano e vengono definiti “Madonneri
22
”.
La produzione di iconografi e “Madonneri” risulta essere abbastanza
copiosa specialmente dal XIV secolo fino a tutto il XVII ed il soggetto era
quindi l’immagine della Vergine nelle sue svariate raffigurazioni
corrispondenti ad altrettante attribuzioni taumaturgiche. In particolare l’area
adriatica vide una vasta circolazione di tavole sia prodotte in loco che
provenienti da altre zone, specie da Venezia e Creta. Le madonne greche o
candiote, o genericamente “Odigitrie”, erano richieste sia da gente umile che
andava per mare sia da committenti qualificati o da personaggi influenti e
venivano realizzate in botteghe qualificate che si tramandavano il mestiere o
in botteghe artigianali anonime che riunivano pittori preti e laici,
intagliatori, doratori e altri artigiani specializzati. Con “Odighitria” si
18
Enciclopedia dell’arte medievale S.v. Maria p. 205 e seguenti.
19
De Fiores - Meo, 1988, s. v. Madonna, p. 1097.
20
Wolters, 1976, p. 51.
21
Ibidem.
22
Bianco Fiorin, 1988, p. 71.
13
intende il culto imperiale bizantino dell’immagine miracolosa della
Madonna che venne anche assunto da confraternite di laici
23
.
1.3 L’immagine di Maria a Bisanzio: le Icone
La realizzazione di opere a soggetto sacro a Bisanzio è concentrata nella
produzione di icone, dal greco eikòn, immagine. Il nucleo della pittura ad
icone è costituito da tipi fissi che venivano ricondotti ad archetipi perché,
nella cultura orientale, era considerato venerabile solo una persona o un
“mistero” della fede. Nel primo caso l’autorità dell’immagine derivava dalla
sua antichità e dall’autenticità dell’aspetto del Santo, nel secondo dalla
correttezza della descrizione teologica di un avvenimento della storia della
salvezza
24
.
L’origine delle icone va posta agli inizi del cristianesimo. Le più antiche
pervenute fino a noi, tuttavia, non sono databili prima del V – VI secolo e
sono dipinte ad encausto. Alcune sono eseguite in mosaico e risalgono per
lo più all’epoca degli imperatori Paleologhi (XIII – XIV sec.). Centro
principale di produzione fu dapprima Costantinopoli, la capitale dell’impero
bizantino, che assimilò le tradizioni pittoriche della Siria e dell’Egitto
portando la pittura ad icone ad un raro grado di perfezione trasmettendolo
poi alle diverse province dell’Impero: Grecia, Cipro, Creta, Siria ecc. e ai
paesi limitrofi convertiti al cristianesimo dalla chiesa costantinopolitana:
Russia, Romania, Bulgaria ecc
25
.
Per la cristianità orientale l’icona è un oggetto di culto proposto dalla
chiesa alla venerazione dei fedeli come strumento didattico, come mezzo
che rende presente il mondo invisibile e come sacramentale della presenza
di Dio: secondo l’espressione di S. Giovanni Damasceno essa è un “canale
della grazia con virtù santificatrice”. Questa concezione dell’icona propria
alla chiesa orientale è stata definitivamente acquisita dopo aspra lotta,
contro l’iconoclastia, che aveva coinvolto chiesa e impero durante l’VIII e il
23
Belting, 2001, p. 235.
24
Ibidem, p. 49.
25
De Fiores - Meo, 1988, s. v. Icone, p.671.
14
IX secolo. Iniziata nel 726 la lotta si concluse più di un secolo dopo,
nell’842. Terminata la tempesta dell’iconoclastia nel cosiddetto “trionfo
dell’ortodossia”, le icone si moltiplicarono invadendo ogni manifestazione
di culto sia pubblico che privato
26
.
Nel Medioevo l’icona divenne il simbolo di stabili rappresentazioni di
ordine che le imposero di assumere un aspetto standard. Spontaneità e
prossimità alla natura vennero allontanate dal volto rappresentato nell’icona.
Il soggetto principale, nel nostro caso la Madonna, si trasformò in una
maschera impersonante un ruolo, tramite il quale si mantiene la distanza
dall’osservatore. La bellezza stessa venne regolarizzata e resistette ad ogni
materialismo nell’uso delle immagini dischiudendo quel mondo spirituale
che i bizantini definirono “noetico” per distinguerlo dall’esperienza
fisica”.
27
Dall’XI secolo si fece sentire una tendenza opposta. Si sviluppò una pittura
“animata” che celebrava ruoli e ideali etici. Le icone vennero utilizzate per
la liturgia e in questo modo assunsero nuovi “ruoli parlati”. I due momenti
liturgici fondamentali erano il ricordo dei Santi e la celebrazione della vita
di Cristo e Maria: con questi si spiegavano due convinzioni generali
dell’icona medievale. Con la raffigurazione di un Santo si realizzava un
“ritratto di ruolo”: il volto rimandava ad un personaggio esemplare e per
questo motivo spesso veniva attribuito a più soggetti. Nel caso invece della
rappresentazione di episodi della vita di Cristo e della Madonna (che erano,
tra l’altro, i soli racconti autorizzati), venivano rappresentate anche le
festività solenni della Chiesa
28
.
Le prime icone realizzate non disponevano di alcun titolo riferito
all’immagine ma contenevano, al massimo, il nome del santo che
rappresentavano. Le cose cambiarono dopo la controversia iconoclastica:
per la prima volta alla Madonna fu attribuito il titolo di Madre di Dio,
circostanza che contribuì a collocarla nella storia della salvezza. Le icone
con la sua effige portavano il nome della chiesa dove si trovava l’originale o
26
Ibidem.
27
Belting , 2001, p.235.
28
Ibidem.
15
un titolo che si riferiva alla sua origine o alla sua funzione o ad una sua
qualità eminente. In certi casi il nome dell’immagine richiamava solo il
tema del dogma: un esempio è rappresentato dall’ attributo Platytera (più
vasto del cielo è il corpo che avvolge il creatore); del tutto simile è Eleousa
o Misericordiosa che si riferisce al ruolo esercitato da Maria nel piano della
salvezza
29
.
1.4 Oriente e Occidente a confronto: l’origine dell’Iconografia
Nel XIII secolo si svilupparono in particolare due immagini di culto: si
tratta della statua della Madonna e del crocifisso
30
.
La Madonna in trono su altari a portelli e su tavole cuspidali è erede della
Madonna sullo scrigno in legno o metallo, esposta in cassette di legno
custodite dietro gli altari.
L’immagine di Maria a mezza figura non era molto diffusa e in Occidente
non aveva una tradizione a cui collegarsi. Questa iconografia si evolse nella
pala d’altare a più riquadri, tipologia che rimase sempre sconosciuta in
oriente. Si è riscontrato un sostanziale cambiamento di direzione con
l’attribuzione di ruoli parlati al personaggio raffigurato che acquistava così
un’anima. Come donna del lamento Maria rispondeva ad una richiesta
diversa da quella che veniva rivolta ad una Madonna con il mantello di
protezione
31
.
Si modificarono anche le immagini che adottarono un atteggiamento più
narrativo, utilizzato in precedenza solo per le vicende storiche e mai per
quelle di culto. Le nuove icone incarnavano una persona, la rendevano un
tramite di comunicazione e aprivano un dialogo con l’osservatore. Per
evitare la perdita di autorità derivante dal dialogo si attribuì un’importanza
maggiore all’aura di alcune immagini che possedevano una tradizione
antica. Venne in aiuto l’idea che l’archetipo fosse orientale e quindi
29
Ibidem.
30
Ibidem.
31
Ibidem.
16
originario della terra della Bibbia: in questo modo il nuovo ruolo narrativo e
parlato poteva avvalersi dell’autorità di un antico modello orientale
32
.
Era importante inoltre stabilire un vincolo che non rimandasse
semplicemente ad una versione precedente dell’immagine conservata a
Bisanzio e che quindi poteva anche essere ignorata dall’artista. Sulla sua
creazione influiva molto il confronto diretto con opere già note, l’esperienza
dell’epoca e anche il fatto che alcune iconografie potevano essere adottate in
rappresentanza di qualche corporazione religiosa
33
.
32
Ibidem.
33
Ibidem.