rimangono esclusi dal conteggio molti degli infortuni (almeno quelli meno
gravi), che si verificano nei casi di lavoro nero.
In più, le statistiche non comprendono tutti i settori produttivi, ma solo quelli
di cui l'Inail gestisce l'assicurazione contro gli infortuni.
Restano in questo modo esclusi dalle statistiche i dipendenti di gran parte delle
Pubbliche Amministrazioni, i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, delle Poste
e Telecomunicazioni, i lavoratori marittimi e il personale navigante delle
compagnie aeree.
L'analisi svolta non può che far rilevare la necessità di combattere
efficacemente gli infortuni sul lavoro, che, in Italia, sono in numero maggiore
rispetto agli altri Paesi della CE.
Il tema della sicurezza e della salute dei lavoratori è vasto e complesso.
È vasto in quanto spazia in tutti i settori dell'attività produttiva; è complesso in
quanto è disciplinato da molte norme, sia interne che di matrice comunitaria.
Le norme interne sono quelle meno recenti (art. 2087 del codice civile, gli artt.
437 e 451 del codice penale, i D.P.R. 547/55 e 303/56).
Le norme di derivazione comunitaria sono invece i Decreti Legislativi di
attuazione di diverse direttive della Comunità Europea emanate negli anni '80.
La distinzione tra norme interne e norme comunitarie indica semplicemente la
fonte delle stesse: tutte le norme che disciplinano la sicurezza e l'igiene del
lavoro sono emanate da leggi o decreti interni.
Le norme c.d. di derivazione comunitaria indicano che l'impulso all'adozione
dei provvedimenti deriva da direttive della Comunità Europea che l'Italia, in
qualità di Paese membro, deve recepire.
Il recepimento si attua attraverso un atto legislativo nazionale: il legislatore
italiano emana una norma interna, dotata di forza di legge, che contiene e
precisa i princìpi ispiratori della direttiva.
Tra le norme di derivazione comunitaria riguardanti la materia della sicurezza
sul lavoro che, abbiamo visto, recepiscono direttive emanate negli anni '80,
l'oggetto dell'analisi che verrà effettuata in questo lavoro è il D. Lgsl. n. 626
del 19/9/1994 (Attuazione di otto direttive CE riguardanti il miglioramento
della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro), nella versione
aggiornata dal D. Lgsl 242 del 19/3/1996.
Avremo modo altresì di analizzare marginalmente altre normative di sicurezza
sul lavoro derivanti da direttive della Comunità Europea (la principale è il D.
Lgsl. 277/91 relativo alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da
esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro).
Il presente lavoro si struttura in quattro capitoli.
Il primo analizza la normativa precedente il D. Lgsl. 626 (tuttora in vigore),
con lo scopo di dare al lettore una visione completa dell'apparato legislativo
vigente. La conoscenza della normativa meno recente consentirà di
comprendere meglio l'importanza e la ratio delle innovazioni apportate dal D.
Lgsl. 626.
Il secondo capitolo esamina i soggetti titolari delle obbligazioni di sicurezza.
L'attenzione è rivolta in modo particolare in due direzioni: ai nuovi soggetti
introdotti dal D. Lgsl. 626 (il Responsabile del Servizio di Prevenzione e
Protezione, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e il Medico
Competente); agli obblighi del garante primario (datore di lavoro) e alla delega
di funzioni.
Il capitolo terzo espone le fattispecie contravvenzionali previste dai titoli
II/VIII del D. Lgsl. 626, con esclusione della disciplina per i lavoratori addetti
ai videoterminali (TitoloVI) della quale si tratta in modo particolare al capitolo
quarto.
Il capitolo quattro tratta altresì della valutazione dei rischi, che può
pacificamente considerarsi la novità di maggior rilievo del D. Lgsl. 626.
CAPITOLO PRIMO
LE FONTI NORMATIVE
Sommario: 1) Norme Costituzionali; 2) Norme Comunitarie: A) dal Trattato
di Roma all'Atto Unico Europeo; B) dall'Atto Unico Europeo alle direttive in
materia di sicurezza sul lavoro; 3) L'art. 2087 del Codice Civile e l'art. 9 dello
Statuto dei Lavoratori.; 4/1) La sicurezza sul lavoro nel Codice Penale: L'art.
437 del Codice Penale A) I soggetti attivi e la condotta; B) L'estensione ai casi
di malattia-infortunio; C) L'elemento psicologico e la nozione di pericolo per
l'incolumità pubblica 4/2) L'art. 451 del Codice Penale; 5) Le leggi speciali
precedenti il D. Lgsl. 626/94 e i rapporti con le norme del Codice Penale.
1) Norme Costituzionali.
Il riconoscimento del diritto alla salute come diritto inviolabile dell'uomo, in
particolare nei luoghi di lavoro, si trova nella Costituzione in diversi articoli:
- art. 2. Questa norma contiene il riconoscimento generale dei diritti
inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazione sociali ove si
svolge la sua personalità. Questo secondo periodo é espressamente riferibile
alla nostra materia, essendo il lavoro una delle principali formazioni sociali
dove la personalità del singolo si manifesta.
- art. 32. Questo articolo può essere considerato una specificazione
dell'art. 2: riconosce la salute dell' uomo come suo diritto fondamentale (e
quindi inviolabile), inoltre lo considera "interesse della collettività". Questo
interesse assume importanza sia dal punto di vista sociale (la perdita di vite
umane), sia dal punto di vista economico.
- art. 35. Il primo comma prevede la tutela del lavoro in tutte le sue
forme ed applicazioni. Il contenuto generale di questa norma costituzionale è
completato dall'art. 2060 c.c. che così recita "il lavoro è tutelato in tutte le sue
forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali"; il
contenuto del terzo comma promuove e favorisce gli accordi e le
organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
- art. 37. La norma garantisce alla donna lavoratrice, oltre agli stessi
diritti dell'uomo, condizioni di lavoro tali da poter consentire l'adempimento
della sua funzione familiare, definita "essenziale"; richiede inoltre una
speciale adeguata protezione per la madre e per il bambino. Il secondo comma
rinvia alla legge ordinaria il compito di stabilire il limite minimo di età per
l'ammissione al lavoro: il limite di età è stato fissato, dall'art. 3, comma 1 L.
17/10/1967 n. 977, in via generale con il compimento dei quindici anni, limite
abbassato a quattordici per l'agricoltura e i servizi familiari, ed alzato a sedici
o diciotto per attività particolari quali, ad esempio, cave, gallerie, miniere. La
stessa legge prevede inoltre una particolare protezione per i minori, stabilendo
ad esempio limiti di orario rispetto agli altri lavoratori.
- art. 38. L'articolo garantisce l'assistenza ed il mantenimento ai
cittadini inabili, prevede le assicurazioni sociali per le malattie, gli infortuni, le
invalidità, la vecchiaia e la disoccupazione involontaria. Prevede che i compiti
di cui sopra vengano svolti da organi e istituti predisposti dallo Stato,
lasciando comunque libera l'assistenza privata (ultimo comma).
- art. 41. E' questo un articolo importantissimo per la nostra materia,
in quanto segna il punto di equilibrio tra il diritto all'iniziativa economica e i
diritti fondamentali dei lavoratori. I primi due commi così recitano:
" L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno
alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana".
Quindi la libertà economica si deve fermare quando si scontra con la sicurezza
del lavoratore. Ciò significa che qualunque attività economica deve essere
gestita in modo da non ledere i diritti della sicurezza, libertà e dignità umana.
L'iniziativa economica dunque, pur essendo libera, è vincolata alla prioritaria
tutela riconosciuta dalla Costituzione ai diritti del lavoratore. Esemplificando,
per quanto riguarda la nostra materia, un'impresa che per qualunque ragione
sia impossibilitata ad operare in condizioni di sicurezza, deve astenersi
dall'esercizio delle attività connesse
3
.
Vedremo proseguendo il lavoro in che modo le leggi, la dottrina e la
giurisprudenza hanno ottemperato al difficile compito di bilanciare gli interessi
contrapposti di lavoratori e imprese.
3
Vedi Cass. Sez. IV pen. 17/6/1991 n. 6750, Dir. & Prat. Lav., 1991, 2181 nella quale si legge, nei
motivi della decisione: "Come già ripetutamente affermato, non è logicamente nè giuridicamente
concepibile che il bene della salute e della vita resti sacrificato agli interessi economici"; vi si afferma
ancora che "il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le misure anche onerose atte a garantire la
sicurezza, e, in caso di impossibilità, deve astenersi dall'esercizio di quelle attività e dall'uso di quelle
attrezzature, che creino una situazione di pericolo".
2) Norme Comunitarie.
A) DAL TRATTATO DI ROMA ALL' ATTO UNICO EUROPEO.
Il Trattato della Comunità Economica Europea, sottoscritto a Roma il 25
marzo 1957, agli artt. 117 e 118 si occupa delle condizioni di lavoro nei Paesi
membri.
L'art. 117 rileva la necessità (riconosciuta dagli Stati aderenti), di promuovere
il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nella Comunità, attraverso
tre strade da percorrere contemporaneamente: 1) l'applicazione delle norme del
Trattato; 2) il funzionamento del Mercato Comune; 3) il ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative, come previsto dagli
artt. 100 e 101 del Trattato stesso (direttive del Consiglio deliberate
all'unanimità).
L'art. 118, prevede che la Commissione promuova una stretta collaborazione
tra gli Stati membri nel campo sociale di cui elenca in particolare sei materie:
occupazione, diritto al lavoro e perfezionamento professionale, sicurezza
sociale, protezione contro gli infortuni e le malattie professionali, igiene del
lavoro, diritto sindacale e trattative collettive tra datori di lavoro e lavoratori.
E` di tutta evidenza l'importanza sociale di queste materie. Il secondo comma
dell'art. 118 sancisce che la collaborazione della Commissione possa attuarsi
solamente fornendo agli Stati membri studi, pareri e consultazioni, tutti
strumenti giuridici per loro natura non vincolanti.
Da questa limitazione dipende la scarsa efficacia giuridica della norma.
Non esistevano dunque, al momento della istituzione della Comunità,
strumenti concreti per attuare una armonizzazione di politica sociale, perchè
gli organi istituzionali della Comunità erano privi delle competenze generali -
oltre che dei poteri- necessari per regolare direttamente le materie sociali che
restavano di esclusiva pertinenza dei singoli Stati, i quali temevano
presumibilmente di dover rinunciare -già al momento della nascita della
Comunità- alla sovranità su una materia di così decisivo rilievo economico.
È anche vero tuttavia che questo atteggiamento, comprensibile in quel
particolare momento storico (il ricordo della seconda guerra mondiale era
ancora molto vivo), è stato per troppi anni un grosso freno al lavoro della
Comunità.
Di importanza fondamentale, per poter sbloccare questa situazione, è stato il
ricorso all'art. 235 del Trattato, il quale prevede che: "quando un'azione della
Comunità risulti necessaria per raggiungere, nel funzionamento del mercato
comune, uno degli scopi della Comunità senza che il Trattato abbia previsto i
poteri di azione a tal uopo richiesti, il Consiglio, deliberando all'unanimità, su
proposta della Commissione e sentito il Parlamento, prende le decisioni del
caso."
Questa è una norma di potere implicito, prevista per far fronte ad eventuali
lacune contenute nel Trattato.
Grazie all'applicazione di questa norma alla politica sociale, è stato possibile
adottare strumenti vincolanti nella nostra materia.
È a partire dagli anni settanta che vedremo realizzati i primi passi verso
l'armonizzazione dei sistemi sociali.
Con Decisione 74/325, il Consiglio istituisce il Comitato consultivo per la
sicurezza, l'igiene e la tutela della salute dei lavoratori, con il compito di
assistere la Commissione nella preparazione e applicazione delle attività nel
campo della sicurezza sul luogo di lavoro.
Nel 1977 viene emanata la prima direttiva in materia prevenzionale che
concerne il ravvicinamento delle disposizioni in tema di segnaletica di
sicurezza (direttiva 1977/576 modificata dalla direttiva 1979/640).
Nel 1978 viene adottato il primo programma europeo che determina le linee
fondamentali della politica comunitaria in materia di sicurezza ed igiene del
lavoro; programma nel quale, per la prima volta, si affronta un approccio
globale della materia.
Nel 1984 viene approvato il secondo programma europeo rivolto ad attuare
misure di armonizzazione delle legislazioni nazionali.
Per quanto riguarda la giurisprudenza, la Corte di Giustizia, sulla scia delle
interpretazioni del trattato favorevoli alla applicazione di una politica sociale
comunitaria, afferma, nella sentenza Nold
4
, che i diritti fondamentali che essa
tutela sono gli stessi garantiti dalla Costituzione degli Stati membri e dai
trattati internazionali.
Questi e altri numerosi interventi della Comunità nella nostra materia si
fondano -sotto il profilo giuridico- sugli artt. 100 e 235 del Trattato.
Sarà l'introduzione dell'Atto Unico Europeo, nel 1986, a determinare un
basilare mutamento di rotta.
4
Nold contro Commissione, sentenza del 14/05/1974 , Raccolta della giurisprudenza della Corte
delle Comunità Europee 1974, pag. 491.
B) DALL' ATTO UNICO EUROPEO ALLE DIRETTIVE IN MATERIA
DI SICUREZZA SUL LAVORO.
L'atto Unico Europeo, entrato in vigore l' 1 luglio 1987, integra il Trattato di
Roma con importanti innovazioni. Per quanto riguarda la politica sociale,
l'Atto Unico ha introdotto gli artt. 118A e 118B
5
.
L'art. 118A conferisce alla Comunità il potere di adottare direttive a
maggioranza qualificata in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori
nonchè dell'ambiente di lavoro e si pone l'obiettivo di armonizzare le
condizioni esistenti nel settore. Prevede inoltre che le disposizioni adottate
dalla Comunità non possano pregiudicare norme già esistenti nei singoli Stati
che prevedano una maggiore protezione per i lavoratori. In sostanza, la
Comunità stabilisce misure di protezione minime, lasciando in vigore nei
singoli ordinamenti eventuali norme più favorevoli per il lavoratore.
È importante sottolineare che, per la prima volta, grazie alla possibilità di
deliberare a maggioranza qualificata anzichè all'unanimità, la Comunità
acquista di fatto una maggiore autonomia legislativa rispetto ai singoli Stati.
L'art. 118B prevede lo sviluppo del dialogo tra le parti sociali, dialogo che
dovrà diventare il presupposto per creare una contrattazione collettiva europea.
Anche questa norma, dunque, riveste grande importanza, perchè per la prima
volta si riconosce l'importanza del dialogo e di una collaborazione, oltre che
5
Gli artt. 118A e 118B sono stati aggiunti rispettivamente dagli artt. 21 e 22 dell' Atto Unico.
tra le parti politiche, anche tra queste ultime e le parti sociali, che sono
nella realtà le dirette interessate.
Sulla base dell'art 118A si fonda il terzo programma sociale, adottato con
Risoluzione del Consiglio del 21/12/1987
6
, il quale prevede l'armonizzazione
delle condizioni di tutela, la possibilità per i singoli Stati di mantenere od
adottare ex novo misure di maggior protezione e la necessità di promuovere il
dialogo tra le parti sociali.
Questo terzo programma è per noi di importanza fondamentale, perchè nel suo
ambito viene emanata la Direttiva Quadro n. 391 del 1989 dal titolo
"Attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro".
La Direttiva Quadro prevede alcuni princìpi generali che costituiscono
l'intelaiatura della futura normativa prevenzionistica europea.
Detti princìpi possono essere schematizzati nei seguenti punti:
- L'adeguamento del lavoro all'uomo;
- La formazione;
- L'informazione;
- La partecipazione equilibrata di tutte le parti (datori di lavoro, lavoratori
e loro rappresentanze sindacali) in tutte le fasi della attuazione della
prevenzione;
- Il dialogo tra le parti.
L'obiettivo di questi princìpi è quello di attuare la prevenzione per evitare o
almeno diminuire i rischi professionali.
6
In GUCE 28 febbraio 1988.
L'art. 16 della direttiva 89/391 stabilisce che il Consiglio, su proposta della
Commissione secondo quanto previsto dall'art. 118A del Trattato, emani
direttive particolari riguardanti, tra l'altro, i settori di cui all'allegato.
Nell'allegato in parola, intitolato "elenco dei settori di cui all'art. 16 paragrafo
1", troviamo le seguenti materie: luogo di lavoro; attrezzature di lavoro;
attrezzature di protezione individuale; lavori con attrezzature dotate di video-
terminali; movimentazione di carichi pesanti comportanti rischi lombari;
cantieri temporanei o mobili; pesca e agricoltura.
Il Consiglio, ai sensi dell'art. 16 comma 1 della Direttiva Quadro, ha emanato
dodici Direttive Particolari riguardanti, oltre alle materie citate dall'allegato:
l'esposizione ad agenti cancerogeni; l'esposizione ad agenti biologici; la
segnaletica di sicurezza e/o salute nei luoghi di lavoro; la sicurezza e la salute
sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento; la
tutela nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee.
Di queste dodici Direttive, sette (le prime sette) verranno recepite, insieme alla
Direttiva Quadro, dal D.Lgsl. 626/94 del 19 settembre 1994
7
(di seguito
nominato D. Lgsl. 626), come modificato dal D. Lgsl. 242 del 19/3/1996
8
.
Queste Direttive riguardano:
1) Prescrizioni minime di sicurezza e salute per i luoghi di lavoro - Direttiva
89/654 del 30/11/1989;
2) Requisiti minimi per l'uso delle attrezzature da lavoro - Direttiva 89/655 del
30/11/1989;
7
Il testo è pubblicato in G.U. n. 265 del 12/11/1994, suppl. ord. n. 141.
8
Il testo è pubblicato in G.U. n. 104 del 6/5/1996, suppl. ord. n. 75.
3) Prescrizioni minime per l'uso delle attrezzature di protezione individuale -
Direttiva 89/656 del 30/11/1989;
4) Prescrizioni minime concernenti la movimentazione manuale dei carichi -
Direttiva 90/269 del 29/05/1990;
5) Prescrizioni minime per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di
videoterminali - Direttiva 90/270 del 29/05/1990;
6) Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad
agenti cancerogeni durante il lavoro - Direttiva 90/394 del 28/06/1990;
7) Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da una esposizione ad
agenti biologici durante il lavoro - Direttiva 90/679 del 26/11/1990.
Le Direttive comunitarie vincolano gli stati membri nel risultato da
raggiungere, ma non nella forma e nei mezzi (art. 189 comma 3 Trattato CEE).
Possiamo affermare che l'impulso comunitario è stato determinante per la
emanazione del D.Lgsl. 626/. Quest'ultimo, infatti, è composto di dieci titoli, i
cui primi otto sono di recepimento delle Direttive suddette.
Analizzeremo il contenuto di queste norme nel corso del lavoro, ma in
generale possiamo percepire un cambiamento radicale nella ratio delle norme
rispetto al passato.
La Comunità Europea ha il merito di aver spostato l'attenzione per la
sicurezza sul lavoro dalla macchina all'uomo. Tutti coloro che lavorano
nell'impresa divengono parti attive e cooperano per il comune fine della
sicurezza. Questo impulso comunitario, a sua volta, ha avuto impulso
dall'avvicinarsi del Mercato Unico Europeo e quindi da un bisogno concreto
di uniformare, in tutti i Paesi della Comunità, le norme che regolano una
materia che influisce senz'altro sui costi del prodotto o servizio venduto (in
quanto il puntuale adeguamento alle norme di sicurezza è un onere finanziario