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una sottile strategia di manipolazione, che ha
creato una rottura della contemporaneità, in
favore di una diffusa fabbricazione della
spettacolarità.
E, così, abbiamo assistito e assistiamo ad una
televisione che ripensa continuamente se stessa e
si organizza secondo le nuove leggi
dell’intrattenimento, sempre e comunque. Cadono
le barriere differenzianti di genere per fare posto
ad un unico flusso che fa della
spettacolarizzazione il suo cavallo di battaglia. La
neo-televisione, non solo ha ridimensionato il
ruolo educativo dei primi tempi, ma ha anche
attribuito una nuova dimensione all’atto di vedere
la Tv e, ha invaso l’immaginario del telespettatore
con un flusso di immagini continuo ed
ininterrotto. Serialità ripetitiva, conversatività
affabulatoria, proposte trasgressive, sono
caratteristiche che si impongono in quasi tutti i
programmi e, anche nei telegiornali. Sembrano,
ormai, lontani anni luce, i telegiornali “vecchio
stampo” trasmessi dalla Rai, patinati di una certa
istituzionalità e di un certo rigore.
L’analisi che segue si propone di dare una
panoramica circa i cambiamenti avvenuti in un
settore così frenetico come quello televisivo e, più
specificamente in quello dell’informazione,
analizzando, dapprima, l’evoluzione del sistema
televisivo nel suo complesso, per poi “stringere” e
focalizzare l’attenzione sul caso specifico della
“spettacolarità” nei programmi d’informazione,
analizzando il linguaggio, le scelte stilistiche e
9
contenutistiche e soprattutto gli effetti, che il
cosiddetto infotainment ha sul telespettatore.
Nel primo capitolo, oltre a proporre un sunto
dell’evoluzione cui il medium è andato incontro
nel corso degli anni, si è voluto porre l’attenzione
su come la Televisione sia entrata nella vita
quotidiana degli italiani e sui cambiamenti che
essa ha determinato. Successivamente, l’analisi si
è incentrata sull’evoluzione anche dal punto di
vista normativo, in quanto, come mezzo di
comunicazione di massa, forse il più pervasivo e
presente, la Televisione ha, fin dalle origini,
destato l’interesse da parte del potere politico.
Nel secondo capitolo, ho cercato di “sviscerare” a
fondo il discorso sulla Televisione, dapprima,
proponendo un’analisi del medium dal punto di
vista delle tecnologie che nel corso degli anni
hanno cambiato il suo aspetto e il suo linguaggio,
fino ad una breve parentesi della situazione
attuale, dominata dal discorso della nuova
tecnologia del digitale, per poi passare ad
un’analisi, per così dire, più “economica”, che ha
al centro la questione del palinsesto, in quanto
primario “strumento di competizione del
mercato”, analizzandone non solo le strategie che
portano alla sua realizzazione, ma anche i vari
modelli adottati dalle varie emittenti televisive e il
pubblico cui essi sono rivolti. Nella parte finale del
capitolo, l’attenzione si concentra sul “linguaggio
“ della Televisione, sulla sua evoluzione, sulla sua
forza e sull’importanza e predominanza della,
10
cosiddetta, “spettacolarizzazione” nel panorama
televisivo attuale.
Il terzo capitolo costituisce, insieme al quarto, il
fulcro di tutta l’analisi in quanto si occupa delle
declinazioni assunte dall’informazione in un
contesto dominato dalla cultura
dell’intrattenimento. Analizza la nascita
dell’infotainment, i suoi effetti e la sua diffusione
capillare in tutti i generi televisivi, comprese le
trasmissione di informazione come i Telegiornali.
Nel quarto capitolo, infine, si affronta il problema
dell’”informazione costumizzata”, intesa come
nuova modalità per avvicinare il pubblico al
programma, facendo un’analisi della
differenziazione della struttura dei vari telegiornali
e proponendo i modelli guida cui i Telegiornali
presi in esame si ispirano per la loro ideazione e
presentazione. Infine, la presentazione del caso e
della metodologia adottata ai fini della ricerca.
Perché la scelta di un programma come Costume
e Società? Innanzitutto perché è stato il primo
programma a votarsi palesemente
all’intrattenimento, scegliendo di occuparsi di
informazione con un tono “più leggero”, ma
rimanendo, pur sempre, un programma di
informazione, una sorta di "terza pagina filmata"
del Tg2Oretredici.
Un programma come Costume e Società ha
sposato in pieno la nuova filosofia
dell’infotainment, facendo propri gli elementi più
caratterizzanti di un’informazione centrata
soprattutto sull’intrattenimento, sviluppando un
11
modello di programmazione che fa della
spettacolarità allo stato puro e in tutte le forme, il
suo fulcro e asso vincente.
Attraverso un linguaggio apparentemente
leggero, in quanto, di fatto, segue le regole
proprie dell’informazione televisiva, riesce ad
entrare ogni giorno nelle case di milioni di italiani
portando una ventata di fresca informazione e
avvicinando in modo sapiente il pubblico alle
realtà da esso analizzate, sempre con un taglio,
per così dire, meno istituzionale rispetto alla
programmazione dei telegiornali contemporanei,
ma ugualmente incisivo.
12
Capitolo I: Breve storia della
Televisione Pubblica in Italia.
1- La televisione come simbolo di status e
volàno di sviluppo sociale.
La Televisione ha fin dalla sua nascita,
determinato cambiamenti sociali rilevanti sia nella
vita collettiva sia in quella familiare degli Italiani
degli anni della ricostruzione postbellica e del
miracolo economico. Nella società ha dato un
contributo culturale di notevole portata,
consentendo alle fasce sociali meno progredite,
confinate nella realtà di una vita paesana e
ancora rurale, di scoprire il mondo. Basti pensare
a quanto sia stato decisivo il contributo che la
Televisione degli esordi ha dato alla conoscenza
della lingua in un’Italia fatta da regionalismi vari,
ben lontani dall’idea di unità linguistica e non
solo, cui siamo abituati oggi. Tale partecipazione
alla creazione di una lingua e di una società
unitaria è stata riconosciuta anche da un grande
linguista come De Mauro, il quale a tal proposito
scrive: - l’italiano parlato ha avuto una crescita
altrimenti impensabile – e, ancora- l’unificazione
della lingua è avvenuta parallelamente alla
crescita delle antenne tv - per capire la rilevanza
di tale contributo apportato dal mezzo televisivo.
13
La nascita della televisione avviene in un
momento di forte espansione economica,
caratterizzato dalla crescita della produzione
industriale, a discapito invece, della crescita del
settore agricolo. In un arco di tempo piuttosto
ridotto si assiste alla quasi totale riconversione
della struttura produttiva, caratterizzata da un
forte sviluppo del settore manifatturiero,
accompagnato da un progressivo dualismo
industriale, tipico della storia del nostro paese.
Questo dualismo vede da un lato, il sorgere di
imprese tecnologicamente avanzate; dall’altro, il
permanere di piccole realtà rurali comunque
vivaci. Si tratta di un “dinamismo industriale” che
darà poi vita ad una nuova concezione del
mercato, basato su un tipo di consumo
innovativo, in cui è l’Offerta a determinare in
modo sempre più decisivo la Domanda, così come
dettato dalle nuove teorie del Marketing
dell’esperienza
1
e, dove si assiste ad un rapido
sviluppo dei consumi privati a fronte di una
sostanziale stagnazione di quelli pubblici.
In questa dinamica economica si colloca la nascita
del consumo televisivo di massa che fa da volàno
per il capitalismo italiano del suddetto periodo. Il
processo di profondo mutamento delle abitudini di
vita degli italiani, cui partecipa in modo decisivo
anche la Televisione è sintetizzabile in due fasi
1
Per Marketing dell’esperienza s’intende l’ insieme di strumenti e strategie,
attraverso le quali le aziende “mettono in scena” i loro brand, caricandoli di
emozioni intense, di una “personalità affascinante”, capace di attrarre il
maggior numero di consumatori.
14
distinte: un primo periodo, che va dal 1954 al
1961, caratterizzato dal cosiddetto “consumo
collettivo”, concentrato soprattutto nei locali
pubblici o nei salotti più ricchi e, che non solo
realizzava forme di “fruizione rituali” intorno ad
appuntamenti cult come “Lascia o raddoppia?” del
giovedì sera; ma determinava, inoltre, una nuova
forma di socializzazione fino allora sconosciuta
agli italiani. Si costituiscono spontaneamente dei
gruppi di ascolto del tutto nuovi alla realtà della
fruizione mediale, che diventano veri e propri
“centri di interazione-discussione” sugli argomenti
più vari, che riguardavano non solo le realtà
locali, ma anche e soprattutto le realtà generali,
nazionali.
2
In sintesi, si può affermare che la
comparsa della televisione provoca una vera e
propria ristrutturazione delle reti di interazione
tradizionali, mettendo in crisi, non solo le
leadership di vecchio tipo, ma attuando anche un
radicale spostamento dell’interesse dall’ambito
locale a quello nazionale.
La Televisione, infatti, fin dagli esordi, si propone
di rappresentare un “altrove” che non è
irraggiungibile o frutto della fantasia, ma che
appartiene ad un “qui” che non coincide però con
il punto d’ascolto, ma che comunque evoca con
immagini suggestive e ricche di significazione. Da
qui, il successo di tutti quei programmi di ieri ed
oggi, che testimoniano la possibilità, o meglio la
realtà, di una partecipazione di tutti ad un campo
2
AA.VV., Televisione e vita italiana, Eri, Roma, 1968
15
sociale complesso ma comunque comune. Questa
nuova modalità di fruizione era perseguita
metodicamente dalla RAI al fine di favorire la
creazione di un pubblico sempre più unificato ed
omogeneo, al quale proporre modelli di
informazione e di comportamento standardizzati e
rispondenti alle esigenze di controllo sociale della
classe al potere e, nello specifico della
Democrazia Cristiana.
Il secondo periodo, che va dal 1961 in poi,
corrisponde agli anni del decollo e dell’esplosione
delle dinamiche dei comportamenti di consumo
“più individuali e privati”. È un periodo
caratterizzato non solo da un facile entusiasmo,
soprattutto popolare, dato dalle positive e
incoraggianti circostanze economiche favorite dal
boom; ma anche dall’evoluzione di sostanziali
mutamenti che andranno ad interessare i consumi
culturali e, più in generale, l’idea di tempo libero
degli italiani. Si verifica una “compressione”, ad
opera della Televisione, dello spazio occupato
solitamente da altri settori dell’industria culturale.
Il possesso del televisore modifica
immediatamente l’uso del tempo libero degli
italiani. Tale consumo si organizza e si realizza
soprattutto all’interno dello spazio domestico, che
si pone come sbocco naturale del consumo
televisivo. Con l’estensione e la copertura
dell’intero territorio nazionale, la Televisione avvia
un processo di profondo mutamento delle
abitudini di vita degli italiani: nel 1956 tre
famiglie su cento sono abbonate e comincia a
16
crescere d’importanza la questione degli indici
d’ascolto, ma il dato più interessante è il ruolo
che la televisione ha nel mutamento del “vissuto”
dei suoi consumatori, decretando il successo del
piano americano di sviluppo/consumo/massmedia
anche da noi. Con l’avvento della Televisione,
infatti, anche la famiglia muta le sue abitudini
quotidiane; il televisore collocato nell’ambiente
domestico, dove è solita riunirsi la famiglia,
diventa il punto focale di attenzione, occupando e
quasi esautorando il posto del capofamiglia.
Questa entrata “prepotente” della televisione nel
tessuto familiare ha dato vita a forti critiche da
parte di sociologi, psicologi e, in generale, di tutti
quegli intellettuali
3
che non hanno inizialmente
compreso l’apporto più che positivo della
Televisione, concentrandosi sui suoi aspetti
negativi, più o meno fondati: dalla quasi
scomparsa della conversazione familiare, all’idea
di una Televisione che favorisce addirittura
l’obesità in alcuni spettatori che incantati dai
programmi da essa trasmessi, sono portati a
mangiucchiare distrattamente i generi più vari.
Anche se in parte le osservazioni sono fondate,
non bisogna dimenticare l’importante contributo
che la Televisione ha dato al processo di
unificazione, integrazione e acculturamento di
quello strato di popolazione dei piccoli centri, nei
quali, prima dell’avvento del medium, non si
leggeva, non si conversava e dove la più o meno
3
U. Eco, Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano, 1964.
17
rigida e consolidata struttura sociale, non
permetteva, di certo, una crescita culturale. Tale
rifiuto ideologico è il risultato dell’incapacità di
questo complesso ceto politico-intellettuale, di
comprendere non solo il grado di democraticità
del nostro paese; ma anche di una pervicace
volontà di “demonizzare” il nuovo mezzo, non
osservandolo per quello che in realtà era ed è, ma
attribuendogli un discutibile connotato di classe,
perché fondamentalmente preoccupati non tanto
di quanto l’offerta culturale della Televisione
elevasse realmente, dal paventato rischio di
appiattimento e massificazione cui il mezzo
sembrava naturalmente votato; ma soprattutto di
perdere il ruolo e la funzione di guida e di
orientamento a loro riconosciuta fin
dall’immediato dopoguerra. La Televisione
laddove è riuscita ad entrare con prepotenza nelle
realtà socioculturali meno progredite, ha
realizzato una “rottura costruttiva”, determinando
(anche se in misura minore, rispetto all’inizio)
effetti culturali positivi. Per questo e altri motivi,
soprattutto relativi allo status sociale desiderato e
perseguito, essa incontrò maggiore popolarità
proprio tra quelle categorie sociali che si
sentivano maggiormente escluse dalla società
moderna. Per molto tempo la Televisione è stata
considerata come il “cinema dei poveri” grazie,
soprattutto alla semplicità e all’immediatezza
delle sue immagini, le quali si conformavano
perfettamente alle qualità tradizionali di gran
parte della cultura popolare del nostro paese,
18
andandosi, di fatto, a sostituire al costume tutto
italiano del Caffè, del Varietà e della Rivista.
Più in generale, possiamo considerare la
Televisione come un fondamentale “strumento di
accertamento e di presa di coscienza della realtà”,
come “finestra sul mondo” che apre alle
possibilità di un mondo altro ma che possiamo
esperire e sentire come nostro grazie alla
pervasività delle immagini da essa trasmesse.
Essa si può pertanto considerare come il media
che più ha partecipato alla comunicazione di idee
e immagini. La Televisione è stata la prima
grande occasione di “incontro” con la cultura per
milioni di persone rimaste impermeabili ad altre
forme di divulgazione culturale. Essa è stata e
continua ad essere una “scuola di attualità” per
tutti coloro che sono confinati in una situazione di
isolamento non solo geografico, ma anche e
soprattutto culturale
4
. Fra i principali meriti
riconoscibili a tale mezzo possiamo annoverare: la
capacità di creare quel processo di circolazione
culturale definito “a lungo raggio”, perché
permette, di fatto, di venire a conoscenza,
partecipare ad eventi anche molto lontani dalla
propria persona; la capacità di assicurare la
crescita e il consolidamento di un senso di
comunità nazionale, trascendendo l’ambito locale
e concentrandosi sul contesto nazionale; un ruolo
decisivo nell’aumento dell’alfabetizzazione e
dell’istruzione vera e propria, attraverso la
4
AA.VV., Televisione e vita italiana, cit.
19
richiesta al proprio pubblico di competenze
sempre maggiori e più specifiche per capire e
contestualizzare ciò che essa propone e, ciò che
vede e percepisce il pubblico.
L’avvento della Televisione ha creato non solo una
rivoluzione nel panorama sociale, ma anche nel
panorama mediale dell’epoca, andando ad
intaccare proprio il terreno che i media dell’epoca
si contendevano, o meglio avevano imparato a
spartirsi per una pacifica convivenza: il tempo
libero del consumatore.
Il primo a risentire di questo “restringimento” è
sicuramente il Teatro che, incapace di
fronteggiare l’ascesa del nuovo medium, così
saldamente interconnesso alla situazione
socioeconomica prodottasi nel nostro paese, va
incontro ad un triste declino ed emarginazione.
Anche la stampa, colpita da un’informazione più
rapida e immediata, risente della concorrenza
televisiva. Ma, il settore che risulta maggiormente
danneggiato è quello cinematografico che, fino
agli anni ’50 aveva assorbito praticamente l’intera
dimensione dello spettacolo, ponendosi come il
più forte mezzo di comunicazione di massa. Il
cinema con l’avvento del nuovo mezzo va
incontro ad una forte crisi, la più grave della sua
storia, favorita non solo dalla diffusione della
Televisione, ma anche di altre forme di consumo
e di svago che andranno ad erodere sempre più le
20
spese destinate a questo settore
5
. Di fronte ad
una situazione sempre più burrascosa fra Cinema
e Televisione, si decise per degli interventi
convenienti per entrambi: lo spostamento della
trasmissione cult di questo periodo, simbolo del
sogno e della rinascita italiana, ”primo delirio
massmediologico nazionale di massa”, così come
definito da Maurizio Costanzo, “Lascia o
raddoppia?”, dal sabato al giovedì sera, così da
non intaccare gli incassi del fine settimana,
generalmente i più alti per il settore
cinematografico. In secondo luogo, si giunse ad
un accordo fra AGIS, ANICA e la RAI per
l’installazione e la trasmissione dei quiz, genere
che aveva riscontrato il maggior successo e
gradimento da parte del pubblico, anche nelle
sale cinematografiche. Dal canto suo, la
Televisione aveva ottenuto da questo “accordo”
un rinnovamento nella programmazione,
proponendo riedizioni di vecchi film che avevano
fatto la storia del cinema.
Il dominio incontrastato della Televisione dura per
tutti gli anni Settanta e si alimenta di nuova vita
attraverso una programmazione sempre più “di
flusso”, tipica degli anni Ottanta.
I primi segnali di crisi si manifesteranno solo con
il decennio successivo: la Televisione non è più
percepita come medium centrale della propria
dieta mediale (così come era stato per le
5
MONTELEONI, F. Storia della radio e della televisione. Società, politica,
strategie, programmi 1922-1992,MARSILIO, Venezia, 1992
21
generazioni precedenti), come mezzo che
assomma in se tutta la capacità di
intrattenimento dell’offerta culturale; ma
l’attenzione si rivolge al sistema mediale nel suo
complesso e, a nuovi protagonisti capaci di creare
nuove istanze di piacevole intrattenimento, come
il gruppo amicale.
Nonostante l’avvento dei computer, dei CD-Rom e
di Internet, la televisione continua ancora oggi a
costituire la più efficace forma integrativa di
apprendimento dopo la scuola.
Naturalmente i pericoli, ai quali possono andare
incontro le fasce sociali meno provvedute, sono
molteplici. Fra queste: la difficoltà di distinguere
le notizie dalle opinioni, soprattutto quando
queste assumono autorevolezza perché espresse
da personaggi che hanno raggiunto grande
popolarità. Né può essere trascurata l’influenza
negativa provocata sia dalla sgrammaticatura
della lingua usata in televisione, sempre più
infarcita di neologismi, intercalari e frasi fatte, sia
da quei programmi che purtroppo attraggono una
gran parte di pubblico e che vengono considerati
dagli addetti al settore come Tv spazzatura o Tv
deficiente.