8
Si è inoltre provveduto ad effettuare personalmente delle interviste, qualora
queste sono risultate indispensabili per avere informazioni sul caso di studio
scelto, i/le Giovani Comunisti/e, organizzazione giovanile del Partito della
Rifondazione Comunista, poiché ci è sembrato l’organizzazione che meglio
esprimeva la complessità della partecipazione politica giovanile, viste le relazioni
strettissime che la legano alla diverse realtà dell’universo dei consumi giovanili,
come il Movimento dei movimenti o il Movimento dei disobbedienti.
I primi due capitoli si riferiscono alla letteratura e alle ricerche effettuate
nell’ambito della partecipazione politica giovanile.
Nel primo capitolo viene introdotta la questione della condizione giovanile,
come condizione demografica e come generazione politica. Viene trattato poi il
concetto di militanza, considerando le diverse definizioni di politica e le ricerche
sulla partecipazione politica, con particolare riferimento ai giovani.
Nel secondo capitolo si introduce la ricerca vera e propria, con la dettagliata
spiegazione del questionario, del campione analizzato e del campo di indagine
scelto. Si presentano i risultati della ricerca, riguardanti l’interesse dei giovani per
la politica, la loro partecipazione elettorale, la fiducia nelle istituzioni e la
percezione della partecipazione e del contributo dato dai giovani alla politica.
Il terzo capitolo entra nel vivo del caso di studio scelto, analizzando la storia del
Partito della Rifondazione Comunista (Prc) e le condizioni in cui è nata la sua
organizzazione giovanile, i/le Giovani Comunisti/e (GC). Ci offre, in seguito, una
panoramica delle condizioni in cui questi operano, all’interno del Prc e all’interno
dell’intero panorama politico italiano, con uno specifico modus operandi che li
rende autonomi, seppur interni, rispetto al partito adulto.
Grazie all’analisi del questionario, si propone anche una lettura della percezione
che i giovani hanno dei Giovani Comunisti, del loro rapporto con il Prc e della
loro interazione con le richieste giovanili.
Il quarto capitolo ci offre uno sguardo profondo sul mondo dei movimenti, dalla
nascita dei Popoli di Seattle, nel 1999, fino all’ultimo Forum Sociale Mondiale
tenutosi a Mombay nel Gennaio 2004.
9
Si illustra, in seguito, la situazione del movimento italiano, all’interno del
Movimento dei movimenti, e il complesso rapporto che hanno con questo i
Giovani Comunisti.
Analizzando la querelle sul movimento che occupa le discussioni dei GC, si
svolge una digressione sulla dicotomia non-violenza - violenza e sul significato di
conflitto, seguita dall’analisi della interazione tra l’organizzazione giovanile del
Prc e il Movimento dei movimenti.
Si apre, quindi, una analisi del rapporto tra i GC e il Movimento dei
disobbedienti, di cui si spiega la nascita e la storia.
L’ultimo capitolo affronta la questione di genere, partendo dalla storia del
femminismo e dal modus essendi precipuo delle donne in politica, per poi
analizzare la percezione che i giovani hanno di queste, grazie alle risposte date al
questionario somministrato. Si passa, infine, ad analizzare, nel caso specifico, il
caso delle giovani militanti dei Giovani Comunisti, sia all’interno
dell’organizzazione, che nell’interazione con i movimenti e i disobbedienti.
Gli ultimi tre capitoli si basano sulle interviste personalmente condotte e
rilasciate dai tre coordinatori nazionali che si sono avvicendati alla guida dei
Giovani Comunisti e da una componente femminile del coordinamento nazionale.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di palesare le diverse sfaccettature del
consumo politico giovanile, dando una idea più esaustiva delle diverse realtà
presenti nel panorama della partecipazione politica dei giovani italiani.
10
Capitolo 1. I giovani e la politica
“La nostra meta non è mai un luogo, ma
un nuovo modo di vedere le cose”
Henry Miller
1.1 La condizione giovanile
1.1.1 L’iter problematico
Le ricerche sui giovani sono il riflesso, non sempre consapevole, di inquietudini
che accompagnano i nostri sforzi di decifrare il futuro. I giovani sono gli attori di
un domani che si carica, al di là dei più “freddi” strumenti di indagine della
capacità di offrire risposte persuasive alla complessità del nostro vivere collettivo.
Si dispone ormai di una larga messe di materiali, di ricerche e di riflessioni
teoriche, che sembrano poter costituire documentazione sufficiente, oltre che
necessaria, per tentare di capire quel fenomeno complesso e mutevole che si rileva
dal referente empirico “giovani”
2
.
Una tendenza abbastanza consolidata in questi anni mostra, non solo nelle
ricerche sulla condizione giovanile, lo slittamento dei paradigmi strutturali di
analisi e di interpretazione del sociale e della politica contestualizzata in esso,
laddove variabili considerate esplicative e condizionanti (composizione di classe,
2
Ci riferiamo all’ampia letteratura che in questi anni si è occupata di ricerca nel mondo giovanile.
11
estrazione sociale, struttura familiare, ecc.) sono state in parte ridimensionate da
una nuova attenzione per la soggettività. Si tratta di un dato che si fonda sia sul
declino di paradigmi consolidati, sia sull’evidenza di comportamenti e
orientamenti non più spiegabili attraverso livelli “macro” e strutturali. Questi due
livelli, pur se sovrapposti, non possono essere identificati completamente, perchè
il “macro” rinvia a letture generali, che inseriscono un certo risultato o un certo
ambito di ricerca all’interno del sistema sociale complessivo, mentre il termine
“strutturale” rinvia a ipotesi anch’esse generali, ma fondate essenzialmente su
variabili “forti” o “oggettive”. In generale il richiamo vale per i paradigmi di
analisi che evidenziano i nessi causali tra economia, società e, specie nel nostro
caso, politica.
Le ipotesi di lavoro da noi definite tengono conto, in ogni caso, del dibattito
sollevato da più fonti sulla condizione giovanile, indipendentemente dagli
strumenti privilegiati nell’analisi e nell’interpretazione dei dati.
In tale contesto ci sembra che non si possa non considerare come il disagio e il
disorientamento giovanile siano collegabili, direttamente o indirettamente, alla
crisi più generale del sistema sociale o politico. Si può dissentire sulle cause di
tale processo, si possono accentuare queste o quelle spiegazioni, ma è
difficilmente negabile che il caso italiano presenti una certa tendenza verso una
patologia sociale e politica che investe e condiziona fortemente le dinamiche che
regolano il “mondo” delle nuove generazioni.
Nel contesto più ampio e problematico del declino dello “stato sociale” si può
cogliere un nodo importante della crisi del nostro sistema politico e sociale, crisi
che non può non incidere sul piano strutturale e assiologico rispetto alle giovani
generazioni.
Le premesse di tale processo vanno colte nella rottura dell’equilibrio tra il
mondo sociale e il mondo politico. I problemi interni, assommati a quelli
internazionali, non fanno altro che rendere più complesso il fenomeno. Si pensi al
crescere della domanda politica verso uno Stato considerato destinatario quasi
automatico delle richieste provenienti dal sociale o anche al processo di crescente
12
complessificazione della società, connesso a sua volta a fenomeni indotti dallo
sviluppo, per quanto non lineare né omogeneo esso possa apparire in Italia.
Tali trasformazioni si estendono anche attraverso una fitta rete di processi di feed-
back, in una dialettica continua tra società, modelli di comportamento e sfera dei
valori e delle ideologie. Questo “declino della politica”, funzionale ad una radicale
crisi del modo di “fare politica”, se non della politica tout court, si accompagna ad
una frammentazione ed a una dispersione della domanda, indice, a sua volta, di un
più vasto processo di attenuazione delle istanze generali. Ci si trova quindi di
fronte ad un insieme di variabili e di situazioni molto varie e ampie, in cui
struttura e sovrastruttura, pubblico e privato, personale e politico, si intrecciano
con modalità disomogenee e complesse, tanto che la frammentazione e la
specificità di molte situazioni non possono essere ricomposte unitariamente in
modalità di lettura e di interpretazione lineari.
Difficile dire quale definizione potrebbe riassumere la condizione giovanile nel
più generale contesto critico della nostra società. Quel che appare certo, a
fondamento del malessere giovanile nella società frammentata, è la mancanza di
riferimenti universali certi e definiti. In altre parole, la situazione attuale dello
stato sociale, la dispersione degli interessi parcellizzati e i processi di crescente
complessificazione sociale, se non possono essere considerati meccanicamente la
causa di certi appiattimenti e di certi pragmatismi, presumibilmente possono
essere visti come lo “sfondo” entro il quale maturano momenti di marginalità e
diffusi bisogni di sicurezza. La crisi dell’identità collettiva è anche questo, in un
intreccio di condizionamenti strutturali e di variabili soggettive, il cui dosaggio
solo in parte può essere colto nella rete vischiosa dei dati della ricerca empirica.
Soprattutto, si registra una forte contraddizione tra vincoli troppo condizionanti e
scarsa praticabilità delle opzioni apparentemente disponibili. La mancanza di
scenari e l’incapacità di costruirsi orizzonti praticabili, l’appiattimento nella
quotidianità e i percorsi individuali tesi al recupero della soggettività, molti
tentativi e poche vere, profonde esperienze: questi sembrano i sintomi di una
condizione giovanile, i cui tratti di crisi e di disorientamento sono la crisi e il
13
disorientamento del mondo degli adulti, pur con le differenze innegabili che
sottostanno al bagaglio culturale e storico con il quale le diverse generazioni
guardano al presente e al futuro
3
.
1.1.2 La gioventù come categoria socio-demografica
L’inizio degli studi e delle ricerche scientifiche sui giovani coincide col
riconoscimento della gioventù come categoria socio-demografica
4
. Prima della
seconda guerra mondiale, il concetto di gioventù era pressoché ignoto. E’ solo in
un secondo tempo, quindi, che viene riconosciuta la valenza sociale
5
della
categoria giovanile. Rositi definisce categoria sociale quell’insieme che possiede
un comune attributo rilevante per la definizione sociale dei ruoli
6
. Si tratta quindi
di una porzione di popolazione descrivibile con un’operazione classificatoria
stabilita a priori dal ricercatore
7
.
La prospettiva appare quindi capovolta, non sono le relazioni tra le età che
spiegano i cambiamenti della società, ma viceversa questi ultimi spiegano le
relazioni tra le diverse età. L’adolescenza sociale è qualcosa che la società
europea ha creato negli ultimi duecento anni e, in questo senso, possiamo
inquadrare la gioventù come un prodotto storico variabile in base alla struttura
sociale di appartenenza
8
.
Cavalli distingue tra “la gioventù corta”, compresa fra 15 e i 24 anni, e “la
gioventù lunga”, fra i 24 e i 29 anni
9
, mentre Bettin osserva che l’accelerazione
3
Cfr. Aa. Vv., Il trionfo del privato, Laterza, Bari-Roma, 1980.
4
Cfr. L. Tomasi (a cura di), La cultura dei giovani europei alle soglie del 2000. Religione, valori,
politica e consumi, Franco Angeli, Milano, 1998.
5
Scarpati considera come oltre alla categoria di età, anche quella di generazione non sia
appropriata perché rimanda, come la precedente, a qualcosa di più specifico che non riesce a
cogliere il mondo giovanile nella sua prospettiva storico-sociale; anche la categoria di “sub-
cultura” viene scartata, dato che i giovani non costituiscono alcuna sottocultura stabile. Cfr. R.
Scarpati (a cura di), La condizione giovanile in Italia, Franco Angeli, Milano, 1973, pp.45-49.
6
Cfr. F. Rositi, Tempo libero e consumo giovanile, Documenti Isvet, n.46, Roma, 1972.
7
Cfr. R. Scarpati (a cura di), La condizione giovanile in Italia, Franco Angeli, Milano, 1973, p.43.
8
Ibidem.
9
cfr. G. Bettin Lattes, (a cura di), Giovani e democrazia in Europa, Cedam, Padova, 1999.
14
dei processi di differenziazione sociale, che negli ultimi venti anni hanno
caratterizzato la società occidentale, favorisce la ridefinizione dell’identità in
termini di composizione provvisoria e reversibile. Quello che si delinea è un “io
plurale”, che corrisponde ad un mondo sociale plurale
10
, in cui le condizioni di
determinazione dell’identità acquistano i tratti della scelta. L’esperienza giovanile
attuale si caratterizza, quindi, secondo Beck, per “la pluralizzazione delle identità
e la trasformazione della giovinezza da processo a condizione”
11
. Una
conseguenza è appunto l’allungamento della categoria della giovinezza, che, nel
caso italiano, si caratterizza soprattutto per la prolungata permanenza all’interno
della famiglia d’origine.
A tal proposito, Mannheim scrive: “La gioventù non è per natura né progressiva
né conservatrice, ma è una potenzialità pronta a qualsiasi nuovo passo […] Nel
linguaggio del sociologo essere giovane significa soprattutto essere un uomo che
vive al margine, essere per molti aspetti un outsider. […] La gioventù è una parte
importante di quelle riserve latenti che sono presenti in ogni società. Dipende
dalla struttura sociale se quelle riserve, e quali di esse, sono mobilitate e integrate
in una funzione”
12
.
Il passo ci illustra efficacemente come sia ormai consolidata, nell’analisi delle
problematiche giovanili, la scelta di porre una particolare attenzione sul tema della
transizione. L’età giovanile può, infatti, essere considerata una condizione
transitoria che segna progressivamente l’abbandono dei ruoli tipici
dell’adolescenza e la contemporanea assunzione delle funzioni e delle competenze
dell’età adulta. E’ bene essere consapevoli, tuttavia, che il mondo giovanile,
quanto una categoria sempre in fieri, è travagliato da un continuo spostamento dei
suoi limiti, da considerarsi, dunque, instabili ed incerti per definizione.
10
cfr. Bontempi, si veda G. Bettin Lattes, Giovani Jeunes, Jovenes. Rapporto di ricerca sulle
nuove generazioni e la politica nell’Europa del sud, University Press, Firenze, 2001.
11
Ivi, p.391.
12
K. Mannheim, Freedom, Power and democratic planning, Oxford University Press, Oxford,
1950, pp.60-62.
15
1.1.3 L’età dell’incertezza
Una delle inevitabili conseguenze dell’attuale condizione giovanile,
caratterizzata da precarietà e difficoltà a crearsi un proprio percorso lontano
dall’apporto familiare, è “l’emarginazione volontaria”
13
che dipende, tra le altre
cose, dalla natura “contraddittoria” degli attuali assetti metropolitani. Le città
contemporanee, per la loro stessa struttura, condannano i giovani
all’autoemarginazione e li inducono ad un rifiuto dell’esistente in vista di una vita
diversa
14
. Secondo Ferrarotti la logica della massimalizzazione del profitto riduce
le possibilità di formazione e pertanto il giovane si trova spesso gettato nel
mercato, impossibilitato a trovare un alloggio e a staccarsi dalla famiglia con cui i
rapporti di convivenza protratta diventano spesso tesi
15
.
Da molto tempo nelle società occidentali si è consolidata una duplice tendenza
che, da un lato, ha avuto l’effetto di restringere il periodo dell’infanzia e,
dall’altro, ha determinato il prolungamento progressivo dei tempi necessari per
transitare verso l’età adulta. Nel nostro paese il fenomeno del rinvio delle tappe di
passaggio si è configurato in modo molto più intenso che altrove e si è andata via
via diffondendo quella nuova forma di famiglia caratterizzata dalla abnorme
permanenza dei figli nella casa dei propri genitori.
Un’altra caratteristica che appare distintiva della gioventù dell’attuale società
occidentale è quella dell’incertezza, da riferirsi non esclusivamente all’identità
personale, ma anche all’identità sociale. L’incertezza è conseguenza diretta della
precarietà, non solo occupazionale, ma anche delle aspirazioni e delle scelte di
molti giovani.
13
cfr. F. Alberini, F. Ferrarotti, C. Calvaruso, I giovani verso il Duemila, Edizioni Gruppo Abele,
1986, p.56.
14
Ibidem.
15
Ibidem.
16
Dai dati resi noti dall’ultima indagine Iard si evince, infatti, che la maggioranza
dei giovani italiani esprime una chiara ed evidente tensione verso la dimensione
presentistica dell’esistenza e una certa difficoltà a prefigurare i propri percorsi
futuri.
La lettura di Tomasi delle trasformazioni dei giovani in relazione al processo di
modernizzazione rivaluta la gioventù come fase significativa dell’esistenza e
registra un innalzamento del livello di qualificazione formale con maggiori
opportunità per le ragazze e un certo grado di “autonomizzazione” e di
“indipendentizzazione”
16
. Si parla, inoltre, di una “generazione invisibile”
17
, in
riferimento all’idea che, in seguito ad una trasformazione degli stili di vita, sia
divenuto complesso stabilirne la collocazione sociale.
Bettin definisce quindi l’attuale rapporto dei giovani con la politica sulla base
della definizione di “generazione invisibile”: rispetto al passato, in cui i giovani
venivano considerati un vero e proprio soggetto sociale, un movimento orientato
al cambiamento della società, i giovani di oggi appaiono come una generazione
ripiegata su se stessa, schiacciata nei numeri dagli adulti e dagli anziani, meno
idealista, pronta ad individuare strategie di adattamento alla frammentazione”
18
.
La presa di distanza dalla politica riflette quindi la condizione di isolamento e di
incertezza nella quale i giovani si trovano e che li spinge a prendere la distanze da
una politica che non li rappresenta e che è rappresentata da istituzioni politiche
che sembrano non considerarli. Beck parla di “figli della libertà” che non si
impegnano nelle organizzazioni che fanno politica, ma che preferisono
l’opposizione alla politica
19
.
16
cfr. L. Tomasi (a cura di), La cultura dei giovani europei alle soglie del 2000. Religione, valori,
politica e consumi, Franco Angeli, Milano, 1998.
17
I. Diamanti, La generazione invisibile. Inchiesta sui giovani del nostro tempo, Edizione il Sole
24 ore, Milano 1999, pp.11-27.
18
Cfr. G. Bettin Lattes (a cura di), La politica acerba. Saggi sull’identità civica dei giovani,
Rubbettino, Soneria Mannelli, 2001.
19
U. Beck, I rischi della libertà.L’individuo nell’era della globalizzazione, Il Mulino, Bologna,
2000.
17
1.2 Il concetto di generazione politica
1.2.1 I giovani come generazione politica
Lo studio degli atteggiamenti nei confronti della politica comporta innanzitutto
una serie di problemi di definizione, di “riempimento” del concetto stesso. La
“politica” raccoglie in sé un insieme composito di significati e implica una
molteplicità di sfere di esperienza, ad essa riconducibili, che le danno un
accentuato carattere multidimensionale.
In linea generale, il conferimento di politicità a determinati comportamenti
individuali e sociali e, quindi, la concezione stessa della politica, rimane in misura
principale legata a parametri di tipo tradizionale. Ciò non significa una sostanziale
adesione al modello tradizionale della politica ma, come vedremo in seguito, una
maggiore eterogeneità nei percorsi di definizione.
Sul piano della politica tradizionale, la rivendicazione di una autonomia
individuale produce una critica della militanza come paradigma di una adesione
acritica ai valori di una organizzazione, il cui sbocco finale è il rifiuto della delega
come pratica generalizzata di partecipazione.
Per alcuni giovani, l’estensività della politica diventa progressivamente una vera
e propria trasposizione di obiettivi dal pubblico al privato. Questa trasposizione
non coincide con il riconoscimento della complessità del potere, ma semmai con
un rifiuto delle pratiche tradizionali dell’agire politico, che nasce da una sorta di
individualismo di stampo esistenziale e da una esasperazione della propria
soggettività. Non che si tratti di un rifiuto di carattere critico, più che altro è un
non riconoscersi nella militanza politica, un sentirsi altro da sé.
L’estensione all’individuo dei significati della politica non coincide quindi con
una reale politicizzazione del proprio agire quotidiano, ma semmai in una
sublimazione del politico nella propria soggettività.
18
Essere se stessi, dire le proprie idee è, quindi, politico nel senso di esercizio
della propria soggettività, nel decidere per se stessi in un sistema di istituzioni e
organizzazioni politiche guardato con diffidenza e disagio. Ma l’accento sulla
propria soggettività non produce modelli alternativi di intervento politico e la
scarsa coscienza critica, l’incapacità di trovare chiavi di lettura del sociale
producono una situazione di estraneità, di giudizio sospeso, di incompletezza.
Le recenti ricerche circa l’atteggiamento dei giovani verso la politica hanno
quindi avvertito la necessità di capire in che modo questo sia influenzato dalle
particolari condizioni attuali. I giovani di oggi sembrano, infatti, al contrario di
quelli del ’68, disinteressati a tali questioni ed anche le relazioni interne all’area
giovanile sembrano ricercare meno la costituzione di una generazione politica
20
.
Per Bettin il concetto di generazione politica offre la lettura di quelle relazioni
che intercorrono fra mutamento sociale e mutamento politico e, inoltre, permette
una lettura delle trasformazioni politiche del rapporto tra individuo e società
mentre taglia trasversalmente l’analisi dei processi di socializzazione politica e
delle rappresentazioni ideologiche dello spazio politico
21
.
I principali precursori della teoria della generazione politica sono Ferrari, Ortega
e Mannheim. Il primo attribuisce alla categoria di generazione il significato di una
forma di realizzazione concreta di un aggregato che non avrebbe altrimenti alcun
significato tranne quello della presenza fisica . La generazione politica si deve,
quindi, comporre di uomini che nascono, vivono e muoiono nei medesimi anni e
appartengono alla medesima società
22
.
Per Ortega la generazione è “come un nuovo corpo sociale integro, con la sua
minoranza eletta e la sua moltitudine, che è stato lanciato nell’ambito
dell’esistenza con una sua traiettoria vitale determinata”
23
.
20
cfr. G. Bettin Lattes, (a cura di), Giovani e democrazia in Europa, Cedam, Padova, 1999.
21
Ibidem.
22
Cfr. G. Ferrari, Scritti politici (a cura di Silvia Rota Ghibaudi), UTET, Torino, 1973.
23
Cfr. G. Ortega, Scritti politici (a cura di Luciano Pellicani e Antonio Cavicchia Scalamonti),
Utet, Torino, 1979, pp. 145-148.
19
Le generazioni sono quindi quello strumento sociale che determina la
realizzazione del mutamento storico.
Il punto di vista di Mannhein propone, invece, una teoria delle generazioni
strettamente legata all’ambito politico, un’ipotesi che cerca di chiarire quale sia il
legame sociale che unisce gli individui nella stessa generazione. La coesistenza di
individui coetanei può dar luogo ad una o più unità di generazione, dove il legame
generazionale implica la condivisione dei destini di questa unità storico-sociale.
E’ in particolare la partecipazione ai problemi politici contemporanei che permette
il formarsi del legame di generazione, ma questo non impedisce la costituzione di
una pluralità di unità di generazione
24
. L’esempio attuale dimostra come nelle
società “globalizzate” vi sia una pluralità di universi giovanili. Il legame di
generazione si forma fra i giovani orientati in base alla stessa problematica storica.
Da uno stesso legame di generazione possono quindi formarsi più unità di
generazione, cosicché il nucleo di un’unità si può rintracciare nei principi che
rappresentano i presupposti della socializzazione politica
25
.
Cavalli, invece, sostiene che la generazione politica nasce con caratteristiche
distintive se intervengono fattori storici che ne condizionano il processo di
socializzazione politica, quelle esperienze, cioè, attraverso cui un individuo
apprende la politica. I fattori da considerare riguardano, da una parte, le
esperienze vissute negli anni di formazione dei principali tratti politici (fra i 15 e i
20 anni), dall’altra le caratteristiche della generazione dei genitori e di quella
subito precedente (dei fratelli maggiori). Questi fattori diversificano gli effetti
prodotti sui diversi soggetti.
Per rendere più chiaro il quadro entro il quale andiamo a situare l’analisi della
realtà politica giovanile, presentiamo l’ analisi dell’operativizzazione del concetto
di generazione politica di cui Bettin propone tre ordini di variabili dipendenti. La
prima, l’effetto del corso della vita o dell’età, si riferisce all’influenza che i
24
Cfr. K. Mannheim, Essays on the sociology of knowledge, Routeledge & Kegan, London, 1952.
25
cfr. G. Bettin Lattes (a cura di), Giovani e democrazia in Europa, Cedam, Padova, 1999.
20
comportamenti politici dell’individuo subiscono in base alla fase del ciclo di vita
in cui si trova. La seconda, l’effetto di coorte, si riferisce invece all’influenza
subita durante il periodo di socializzazione, che permane tutta la vita. L’effetto di
periodo, infine, si riferisce a quelli eventi caratteristici di un determinato periodo
storico che influenzano tutte le generazioni. Per misurare questi tre tipi di effetti
vengono proposti: il modello Cross-Sectional
26
, il Longitudinal Sequence e il
Time-Series
27
. Per analizzare le dimensioni della generazione politica si deve
considerare l’ampiezza in termini di membership, la durata come intervallo
temporale e il territorio come ambito spaziale di espressione
28
.
Le esperienze di aggregazione sociale dei giovani si diversificano nel tempo e,
ancora, dal punto di vista della generazione politica si possono individuare le
soglie di età che segnano il confine tra apatia e partecipazione. Il contesto attuale,
in cui le giovani generazioni sono pervase da un sentimento di insicurezza,
influisce anche sul profilo politico: “il declino delle vecchie forme politiche
approda anche ad una costellazione di valori alternativi di carattere neo-
conservatore fatta di rispetto per l’autorità, bisogno di ordine, domanda di
disciplina e intolleranza verso le minoranze”
29
.
26
Consiste nel raccogliere e confrontare gli atteggiamenti di diverse classi di età, entro un dato
periodo; la generazione viene intesa come l’insieme di individui che hanno la stessa età in un dato
momento. Con questo metodo si mettono in evidenza le differenze “generazionali”, ma non si
danno spiegazioni univoche sul tipo di effetto prevalente. Si veda per maggiori informazioni, G.
Bettin Lattes, Giovani e democrazia in Europa, Cedam, Padova, 1999.
27
Questi altri due metodi permettono di vedere se cambia o meno nel tempo l’atteggiamento
politico di una generazione. Il vantaggio è che si possono isolare gli effetti del ciclo di vita dagli
effetti di coorte. Il Longitudianl sequenze esamina nel ciclo di vita un campione di nati in un dato
arco di tempo. Il Time-Series indaga gli atteggiamenti politici di diversi campioni di nati in un
certo periodo.
28
cfr. G. Bettin Lattes, (a cura di), Giovani e democrazia in Europa, Cedam, Padova 1999.
29
M. Muxel et M. Cacouault (sous la direction de), Les jeunes d’Europe du sud et la politique.
Une enquete comparative France, Italie, Espagne, L’Harmattan, 2001, p.105.
21
1.2.2 I giovani di oggi e la politica
Occorre sicuramente venir fuori dalla diffusa e banale concezione che la
coscienza politica consista nella passiva adesione ad una idea politica di cui è
portatore un partito o movimento politico. Sostanzialmente questa concezione
deve postulare la passività di certi individui (i più) e l’iperattivismo di altri (i
pochi) e quindi la fatale ed eterna contrapposizione fra massa ed élite.
La variante più moderna della coscienza politica nasce come coscienza
democratica, cioè come coscienza di partecipazione alla decisione politica in
difesa di interessi comuni. Ma la stessa coscienza politica democratica viene a
riproporre vecchie antitesi. A un estremo si riproduce una coscienza politica
formale disinnestata dagli interessi diffusi e incline a risolversi in elementi
psicologici e, a un altro estremo, una coscienza politica così interessata da
disamorarsi della politica come affare generale.
Alla luce di queste considerazioni e calandole nel mondo giovanile, tutti gli
studi continuano a palesare la continua diminuzione dell’interesse politico da
parte dei giovani. Amerio, per esempio, rileva che le condizioni giovanili attuali
conducono ad un ripiegamento nel privato e ad un allontanamento rispetto alle
attività della sfera pubblica, fra le quali la politica
30
. Ad un primo sguardo,
potrebbe sembrare che l’aumentato livello di istruzione porti ad un maggior
interesse verso quelle dimensioni dell’attività umana, di cui la politica è parte.
A cambiare sono anche le forme della partecipazione politica ed, infatti,
l’iscrizione ai partiti e la partecipazione elettorale sono andate diminuendo,
lasciando il posto ad un tipo di partecipazione più vicina all’associazionismo
sociale
31
.
30
cfr. P. Amerio, Psicologia di comunità, Il Mulino, Bologna, 2000.
31
cfr. G. Bettin Lattes, (a cura di), Giovani e democrazia in Europa, Cedam, Padova 1999.